domenica 21 ottobre 2012

Pirateria marittima: l’Italia deve adeguare impiego team sicurezza armata difesa navi commerciali

 
 
Il fenomeno della pirateria marittima è uno dei principali mali che colpisce il mare del Corno d’Africa e Oceano Indiano.
In queste acque operano i ‘feroci’ pirati somali che minacciano la rotta che collega l’Asia all’Europa e lungo la quale ogni anno transitano almeno 40mila navi di diverse nazionalità di cui almeno 2mila sono italiane.
Per difendere queste navi dai predoni del mare si è tentata la via militare.  Dal 2008 sono state dispiegate, in quei mari, navi da guerra di diverse nazionalità per contrastare il fenomeno della pirateria marittima. I risultati sono stati poco proficui. Nell’estate del 2011 poi, è ‘esploso’ il ricorso ai team di sicurezza per la difesa armata delle navi dimostratosi un valido deterrente che associato al contrasto militare sta ora dando i suoi frutti.
In Italia però, un problema è al centro di un forte dibattito politico e non solo. Il problema è quello di dover adeguare l’impiego dei team di sicurezza armati per difesa delle navi commerciali di bandiera. Attualmente questi team sono composti da soli militari attivi, marò del Reggimento San Marco.
In meno di un anno i team di sicurezza armati, imbarcati a bordo delle navi mercantili di tutti quei Paesi che hanno deciso di adottarli per la loro difesa dagli attacchi dei pirati somali, sono riusciti la dove intere flotte di navi da guerra internazionali hanno finora fallito.
Al solo vederli a bordo delle navi i pirati somali cambiano rotta in cerca di ‘prede’ più facili da catturare o meglio ‘indifese’.
Un fatto questo, che ha portato, almeno al largo della Somalia, a far registrare un regredire del fenomeno fino a raggiungere quote ‘misere’ nella cattura di navi. Dalle 4-5 navi la settimana catturate in passato ora il numero si è ridotto ad una sola e anche a nessuna nave catturata.

Un dato di fatto che ha dimostrato vincente il ricorso, da parte degli Armatori, ai team di sicurezza armati a bordo dei loro mercantili. Un fatto questo assodato e confermato dai risultati raggiunti. Però, la domanda che sorge spontanea è a quale prezzo?
A causa del fenomeno della pirateria marittima nel corso degli ultimi tre anni sono stati infatti, non pochi i Paesi che hanno deciso di acconsentire ad imbarcare sulle navi mercantili di bandiera team di sicurezza armati per difenderle dai tentativi di abbordaggio e sequestro dei predoni del mare. 
Il problema di fondo per tutti è stato uno solo.
I governi dei vari Paesi, tra cui l’Italia, hanno dovuto decidere se autorizzare o meno il ricorso a team di sicurezza armati e se affidare tale servizio ad una società di sicurezza privata o ai propri militari attivi.
In Europa, il Belgio è stato il primo Paese a ricorrere a guardie armate a bordo. Nel maggio del 2009 i militari della marina belga sono stati autorizzati ad essere imbarcati sulle navi di bandiera ed è stato stabilito che gli Armatori avrebbero dovuto pagare per questo servizio. La stessa scelta è stata poi, seguita successivamente dalla Francia e appena un anno fa anche dall’Italia.
Altri Paesi europei invece, come Spagna, Germania e Gran Bretagna hanno deciso di ricorrere ai ‘Security Contractor’. Si tratta di guardie private, in genere ex militari delle forze speciali dei vari eserciti del mondo, in particolare USA e Gran Bretagna, che  lavorano per conto di un privato, una società di sicurezza.  La Spagna ha voluto anche mettere dei paletti stabilendo che il servizio può essere fornito solo da società spagnole, registrate presso il ministero degli Interni e con particolari autorizzazioni. Un modo questo per evitare possibili eccessi o altro da parte dei privati che di certo, rispetto ai militari, devono sottostare a regole meno rigide. Di fatto si tratta di un modo per avere, anche se parzialmente, un controllo su questi team di sicurezza armati privati. Cosa che non è necessaria se i team sono composti da militari attivi che rispondono ad una gerarchia mentre, i privati a chi li paga ossia gli Armatori.
Nel resto del mondo il ricorso ai team di sicurezza armati è stato adottato da tantissimi altri Paesi come Stati Uniti, Tanzania, Giappone, Sudafrica, India e tanti altri ancora. Quasi sempre sono stati preferiti i privati ai militari. Questo, molto probabilmente, perché alla base del rapporto che si stabilisce tra società di sicurezza-Armatore vi è un rapporto di lavoro tra soggetti privati e che non implica quindi, coinvolgimenti dello stato a cui appartengono le guardie armate, mentre non sarebbe lo stesso nel caso di militari attivi che di fatto sono funzionari dello stato che si troverebbero a lavorare per dei privati.
Un coinvolgimento che invece, è successo  quando si è verificato il tragico incidente del 15 febbraio scorso al largo delle coste meridionali dell’India. Un incidente che ha coinvolto, loro malgrado, dei soldati italiani. Militari della marina che erano imbarcati a bordo della petroliera italiana, Enrica Lexie della società armatrice F.lli D’Amato di Napoli. Questi uomini in divisa componevano il team di sicurezza armata imbarcato sulla nave italiana in virtù di una legge italiana, la 130 del 2011.
I militari italiani sono stati coinvolti nella morte di due pescatori locali. I due sarebbero stati uccisi in mare dagli uomini del team di sicurezza perché scambiati per pirati somali. Un fatto, questo, non nuovo in quella parte del mondo dove sono in aumento, o per lo meno ora se ne denunciano di più, i casi di pescatori uccisi per errore in mare dal personale dei team di sicurezza, militare o privato, impegnati a protezione delle navi mercantili di quei Paesi che hanno deciso di difendere le loro navi quando sono in transito nelle acque infestate dai predoni del mare come Oceano Indiano e mare del Corno D’Africa. 
La vicenda in corso in India, dove due sottoufficiali della Marina Militare italiana sono trattenuti  dalle autorità con l’accusa di omicidio, ha dimostrato la fondatezza dei timori, da sempre espressi, da chi riteneva la 130 del 2011 una legge fatta male e per questo motivo ritenevano meglio tenere fuori da tutto questo i militari italiani.
Sono non pochi, in prima fila gli Armatori, quelli che ritengono sia meglio avere ‘Security Contractor’ anziché militari attivi a bordo delle navi commerciali di bandiera per difenderle dagli attacchi pirati.
In Italia la vicenda indiana ha finito per alimentare se non inasprire questo dibattito e i militanti del questo ‘partito’  pro privati hanno trovato subito campo fertile per le loro motivazioni.
In base alla legge 130 del 2011 le navi battenti il tricolore che devono recarsi nelle aree a rischio pirateria possono imbarcare a bordo militari della Marina italiana. A tal scopo, in base alla legge, sono stati istituiti i Nuclei Militari di Protezione, NMP, composti da fucilieri del Reggimento San Marco per offrire il servizio che è a pagamento. L’onere del costo per l’utilizzo i militari è infatti, a totale carico degli Armatori, e corrisponde a circa 3mila euro al giorno per un nucleo composto da sei marò.
Il piano di impiego degli NMP è abbastanza articolato e leggendolo si evince che tra l’altro prevede anche che le navi scortate dai militari seguano rotte particolari in modo da evitare interferenze con la giurisdizione degli stati costieri. Inoltre, le regole di ingaggio che regolamentano l’attività di questi team si basano sul principio dell'autodifesa e sono perseguibili solo ai sensi del codice militare penale in tempo di guerra. Ed è stabilito anche, che non vi sarebbe stato alcun vincolo gerarchico nei confronti dei civili, né del comando della nave.
Nel caso della nave Enrica Lexie, che ha portato l’Italia a ritrovarsi da 8 mesi con due suoi militari alla mercè delle autorità indiane dello stato federale del Kerala,  quanto stabilito dalla legge 130 del 2011 è stato disatteso o meglio eluso. La vicenda indiana è infatti, figlia della inadeguatezza di questa legge.
Anche se i militari non rispondono ne all’Armatore ne al comandante della nave che li imbarca, non possono interferire nella loro attività. Per cui quando l’ex comandante dell’Enrica Lexie, Umberto Vitelli, inspiegabilmente è stato esonerato dall’Armatore dal comando della nave dopo che questa è stata rilasciata dagli indiani, su ordine del suo Armatore ha fatto rotta verso le coste indiane ritornando nelle acque territoriali dell’India nessuno dei militari a bordo ha potuto impedire che ciò avvenisse. La legge non lo prevedeva. Ed ecco che dei civili di fatto, hanno deciso della sorte di militari.
Secondo la Confederazione italiana armatori, Confitarma, il provvedimento era necessario per ‘difendere’ le navi italiane.
Ogni anno nel mare del Corno D’Africa e nell'Oceano Indiano vi sono quasi 2mila transiti di navi battenti il tricolore o connessi a interessi nazionali. I transiti nel solo Golfo di Aden sono di circa 900  navi  italiane l’anno.
Purtroppo il problema di fondo è che la legge 130, una legge fortemente voluta da una parte del Parlamento, il Pdl ha presentato, nel corso degli anni, ben tre disegni di legge in merito, e dagli Armatori italiani, è nata incompleta e fatta male. Una legge italiana che ha coinvolto i militari della Marina in una dinamica di ‘sicurezza sussidiaria’ che è più adatta ad un privato che lavora per un altro privato. Come i fatti indiani hanno poi, dimostrato.
Alla fine si è solo permesso agli Armatori italiani di ‘affittare’ i militari della marina per difendere i loro interessi e null’altro e i fatti indiani lo hanno dimostrato.
L’idea di un privato che lavora per un altro privato è senza ombra di dubbio, sotto l’aspetto pratico, migliore in quanto in qualsiasi situazione mai coinvolgerà il Paese di appartenenza, ma resterà una questione tra privati.
In verità anche in Italia l’idea originaria era poter ricorrere anche all’impiego di guardie armate private in operazioni di scorta ai mercantili italiani. Un’idea fatta propria da diversi politici e dagli Armatori italiani. Ed quando nel luglio del 2011 è giunto il via libera del governo Berlusconi e dall’allora ministro alla Difesa, Ignazio La Russa a poter imbarcare team di sicurezza armati a bordo delle navi mercantili italiane questi, potevano essere militari o personale privato armato. Successivamente però, per la mancanza di norme che consentano l'impiego di guardie private a bordo dei mercantili italiani, il loro imbarco, almeno armati, è stato rinviato lasciando il campo libero solo ai militari. In Italia in effetti, manca un decreto che riconosca la figura professionale del ‘Secutity Contractor’. Un provvedimento questo, che deve venire dal ministero dell'Interno e serve a regolarne l'attività.
Al momento del varo, nell’ottobre del 2011, della difesa dagli attacchi pirati delle navi italiane con i militari attraverso gli NMP nessuno si è preoccupato dell’assenza di garanzie per i militari della marina ‘affittati’ agli Armatori e che si imbarcavano su una nave commerciale. Oggi invece, dopo che è scoppiata la vicenda dei due marò in India e i nodi sono venuti tutti al pettine evidenziando l’incompletezza della legge 130, tanto è vero che il Parlamento sta cercando di correre ai ripari cercando di mettere in atto un decreto per imbarcare personale armato privato munito però, di relative e comprovate pari capacità e competenze dei militari italiani, come la Spagna, tutti sembrano ora voler ‘sbarcare’ i militari dai mercantili di bandiera. Nessuno però, sembra preoccuparsi che i problemi si potrebbero ripresentare sotto altre forme.
In Italia a sollecitare di adottare nuove norme in merito alla difesa delle navi dai pirati è nuovamente Confitarma che come sempre è ‘preoccupata’ per i suoi associati, gli Armatori.
E’ stato il suo presidente, Paolo D'Amico intervenendo al convegno 'Shipping and the law' tenutosi a Napoli lo scorso 8 ottobre a ribadire la necessità di aprire anche ai privati nella difesa delle navi commerciali italiane dai pirati. D’Amico ha spiegato che i privati sono necessari in quanto i militari non possono rispondere a tutte le richieste degli Armatori. Una motivazione che non sembra rispecchiare ne risolvere il problema sorto. Sembra invece, come se si volesse ‘sbarcare’ i militari per far posto ai privati. Infatti, nella scelta, l’Armatore potrebbe essere ‘tentato’ di scegliere i privati che di certo si mostrerebbero più ‘concedenti’.
Eppure Confitarma nel luglio del 2011, alla vigilia del varo della L. 130 e dopo l’approvazione del decreto legge 12 luglio 2011, n. 107, esprimeva soddisfazione per le nuove misure decise dal governo Berlusconi per contrastare la pirateria marittima.  Lo stesso D’ Amico affermava: “La difesa attiva delle nostre navi  è diventata indispensabile per la salvaguardia dei nostri equipaggi. Siamo grati al governo e al ministro La Russa per aver compreso l'urgenza delle nostre richieste, peraltro condivise anche da tutti gli schieramenti politici in Parlamento….”.
Nessuno, ne il governo ne i militari ne tantomeno gli Armatori, si preoccuparono allora se effettivamente il ricorso alla difesa armata delle navi commerciali era la scelta giusta. Forse era sufficiente per molti che si fosse aperta la porta a nuovi orizzonti poi, che quella militare o privata fosse l’opzione giusta o meno poco contava al momento. La sorpresa in tanti, soprattutto chi vi basava le sue ‘speranze’, la ebbero quando poi, il ricorso ai privati venne meno.
E’ chiaro che la disponibilità data da subito dallo Stato Maggiore della Marina ad ‘affittare’ i propri militari agli Armatori, venendo a mancare il ricorso anche ai privati, si commuta in una colpa per loro. Gli alti papaveri della Marina Militare in questo modo, dando una soluzione al problema, hanno impedito che ci si ragionasse sopra e si capisse in tempo che i militari sono poco adatti a compiti del genere ed oggi forse, Massimiliano LaTorre e Salvatore Girone, i due marò, non si troverebbero nelle mani degli indiani rischiando di essere riconosciuti colpevoli del reato ascrittogli e forse essere condannati all’ergastolo o alla pena di morte.
 

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aiuta ad aiutarlo sostieni le iniziative pro Darfur
In Darfur dal 2003 ad oggi sono state compiute esecuzioni, anche di massa, stupri, soprattutto di massa, nei confronti di donne, uomini e bambini e interi villaggi sono stati rasi al suolo. Il terrore è stato usato come pratica generalizzata e a sfondo razziale mentre lo stupro è diventato una vera e propria arma da guerra.
Il governo sudanese di Khartoum da parte sua ha bombardato senza sosta i civili, e ha reso sempre più difficili le operazioni di soccorso delle organizzazioni umanitarie nei confronti delle genti del Darfur, fino al punto di far scappare via la maggior parte delle Ong operanti nella regione sudanese e liberarsi così di scomodi testimoni di quanto accadeva in quei luoghi. La stessa tattica è stata seguita prima con i peacekeepers dell'Ua e poi con quelli dell'Onu...
Tutto il mondo è a conoscenza di quanto accade in quella remota regione sudanese e lancia denunce. Da un lato Washington parla di genocidio, dall’altro l'Onu parla di catastrofe umanitaria e di pulizia etnica.
Il tutto però resta nella totale impunità!
Intanto, dal Febbraio 2003 anno in cui è iniziata la ribellione della popolazione di etnia africana del Darfur, circa 6 milioni in maggioranza musulmana e in parte animista, contro il governo sudanese, musulmano ma integralista e soprattutto di etnia araba e bianca, è scoppiato il conflitto che ha causato finora circa 300mila morti e due milioni e mezzo di profughi. Una protesta nata per lo stato di totale abbandono e sfruttamento in cui la popolazione nera era tenuta. La repressione del governo centrale è stata spietata, soprattutto facendo uso dei Janjaweed, i diavoli a cavallo, che sono milizie nomadi di etnia araba che hanno compiuto tutti gli orrori possibili e inimmaginabili contro le genti del Darfur di etnia nera, per lo più contadini e pastori.

Il pianto di un innocente a Gaza

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Ancora una volta il mondo intero si dovrebbe vergognare!!!
La guerra chi puo raccontarla? E' difficile farlo ma tutti possiamo immaginare come sia il sentire l'odore dei morti abbandonati nelle strade o sotto le macerie, il vedere i bambini che muoiono di fame accanto al cadavere della madre, il sentire il lamento dei feriti e lo strazio dei sopravvissuti, di chi si vede impotente e maledice chi gli ha portato via tutto.
Nella Striscia di Gaza siamo ormai quasi alla terza settimana di bombardamenti e inesorabilmente, come non potrebbe essere diversamente con tutta la tecnologia militare del 21° secolo che gli israeliani stanno usando, il numero dei morti tra i civili continuato ad aumentare, mentre l'esercito israeliano bombarda le loro case si moltiplicano tra i palestinesi le scene di disperazione e di dolore causati dagli effetti devastanti della guerra che certamente non sono cambiati nel tempo anzi al contrario.

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Sono solidale con i persiani che manifestano

Il 12 giugno 2010 è caduto il primo anniversario delle contestate elezioni iraniane. Elezioni che decretarono la riconferma a presidente dell’Iran di Mahmud Ahmadinejad. Il Paese ha vissuto le prime ora di questa giornata con una calma carica di tensione che poi, è scoppiata nel pomeriggio intorno alle 16, le 13.30 italiane con i primi scontri tra manifestanti e forze di sicurezza nei pressi dell’Università Sharif di Teheran. Era impensabile che l’opposizione iraniana del movimento riformista dell’Onda Verde si facesse scappare questa occasione per proclamare il proprio dissenso al regime degli Ayatollah. I luoghi delle sanguinose proteste post elettorali di un anno fa si sono quindi di nuovo riempiti di manifestanti. Questo, nonostante l’appello dei leader dell’opposizione, Moussavi e Karroubi, a evitare di scendere in piazza e nonostante che le forze di sicurezza avessero preso posizione in vari punti strategici del centro di Teheran per prevenire manifestazioni. Nonostante le proteste e le accuse di brogli elettorali il contestato presidente Ahmadinejad ha potuto proseguire nel suo mandato, quasi certamente usurpato, grazie all’appoggio dell’ayatollah Ali Khamenei, la Guida Suprema. La lotta continuerà. Viva la Persia! Viva il movimento riformista!


i 44 presidenti degli Usa

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da www.patrickmoberg.com/blog/id:420/november-4-2008

The President United States of America

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Barack Obama

E' morta Miriam Makeba

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Addio Mama Afrika....io continuerò a sognare...

Notes

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Italia. Violenza sessuale è allarme sociale


Dopo i recenti casi di stupri, a Roma, Bologna e Milano non si riesce quasi più a tenere il conto degli episodio di violenza sessuale che, dall'inizio dell'anno, si stanno susseguendo in Italia ad opera principalmente di stranieri. Un orribile reato che si verifica nelle grandi città metropolitane come nei piccoli centri urbani. Emergono dati da brividi dalle informazioni fornite dal Presidente facente funzioni del Tribunale di Como Giuseppe Anzani e dal Procuratore capo Alessandro Maria Lodolini. Ogni 4 giorni in Procura a Como arriva una denuncia per violenza sessuale. I fascicoli aperti tra luglio 2007 e giugno 2008 sono stati 89, tra violenze sessuali e pedofilia. Ma è solo la punta di un iceberg in quanto, il reato, per la quasi totalità è sommerso perché prevale ancora la paura e la vergogna a denunciare la violenza subita. Fino ad oggi la violenza che subivano le donne era soprattutto domestica, ma gli episodi di violenza che hanno visto protagoniste, loro malgrado, delle donne avvenuti negli ultimi giorni, per le strade, propongono una nuova emergenza. Un autorevole testimonianza è portata da Telefono Rosa che da anni conosce il fenomeno ed assiste le vittime. “Ciò che sta avvenendo dall'inizio dell'anno, precisa il presidente Maria Gabriella Carnieri Moscatelli, mi preoccupa. Non so se è solo l'effetto di maggiori denunce ma, dal nostro osservatorio, non era mai stato rilevata una cosa simile”. Gli avvenimenti degli ultimi giorni non fanno altro che conferma un'allarmante costante: in testa alla classifica degli autori di stupri ci sono gli stranieri. Il triste primato vede fra i primi i romeni, seguiti da marocchini e albanesi che sembra abbiano dato il via ad una esecrabile escalation di violenza contro le donne. Assodato che nella stragrande maggioranza dei casi questi episodi sono commessi da stranieri, spesso clandestini, ora si deve dare a tutto questo uno stop. Certezza della pena, custodia cautelare in carcere per chi è accusato di violenza sessuale ed esclusione di attenuanti per chi delinque sotto effetto di alcool e droghe. Tutto ovviamente tenendo conto di due elementi fondamentali: abbattere l'allarme sociale provocato da questo tipo di reati e tutelare la dignità della vittima, che va assicurata anche nel percorso dibattimentale.
Per raggiungere un risultato anzitutto è importante l'introduzione nel ddl sicurezza dell'obbligo del carcere per chi stupra. Forse il decreto 'anti-stupro' sarà pronto per venerdì esso dovrebbe contenere, come annunciato, importanti novità: gli accusati di stupro non potranno beneficiare della libertà condizionale, ci sarà un avvocato a spese dello Stato per le vittime di violenza sessuale, arriveranno nuovi presidi di polizia con relativi stanziamenti, saranno anticipate le norme contenute nel ddl anti-molestie che la Camera ha già approvato. Tra le altre cose, ci dovrebbero essere anche aggravanti se a commettere violenza sono familiari, partner o tutori; un pesante aggravio di pena se la vittima è sotto i 14 anni; uguale trattamento, invece, se la vittima è maggiorenne o appena sotto i 18; ergastolo sicuro, se allo stupro segue la morte della vittima. Mano pesante anche per i complici: nessuna possibilità di godere dei domiciliari neppure per i favoreggiatori.

***

La scuola pubblica in Italia con la 'Riforma Gelmini'

Esprimo la mia piena solidarietà con tutti coloro che protestano contro la Legge 133/08 la cosidetta 'Riforma Gelmini'....

Le cifre presentate nel decreto fanno venire i brividi: i tagli previsti dal decreto legge 112, poi convertito nella legge 133/08, e gli ulteriori provvedimenti contenuti nel decreto 137 porteranno, a livello nazionale, ad una riduzione di circa 100mila posti tra il personale docente e di 43mila posti tra quello Ata (ausiliari, tecnici e amministrativi).
Per molti, anche per i non addetti ai lavori, l'effetto provocato dalla legge che in pratica azzererà in poco tempo le faticose conquiste di anni e anni, non solo in termini di posti di lavoro, ma anche di mission- educativa e di didattica, rende il momento dei più cupi e tristi degli ultimi anni. Ai tagli vanno poi sommati, le conseguenze che scaturiranno dalla reintroduzione del maestro unico nelle scuole elementari.
L'Europa chiede più scuola, più sapere e l'Italia che fa?
Il contrario!
Rientrodurre il maestro unico è compiere, di sicuro, un passo indietro di almeno mezzo secolo. Se non addirittura si ritorna al tempo del libro cuore, senza offesa per quel libro mio compagno di tanti pomeriggi.
Perchè tutto questo? Bella domanda!
Molto probabilmente si tenta di mascherare con questa supposta riforma quello che è il vero scopo del provvedimento: incassare o meglio risparmiare in poco meno di 4-5 anni 8miliardi di euro. Questa è la cifra stimata, che dovrebbe restare nelle casse dello stato.
Un risparmio quindi certo ottenuto tagliando centinaia di migliaia di posti di lavoro ma al contempo che produrrà anche un effetto negativo: quello di un drastico ridimensionamento del servizio scolastico pubblico in favore forse di quello privato. Inoltre un'altra diretta conseguenza della L.133/08 sarà la chiusura di decine e decine di plessi scolastici.
Molte scuole, soprattutto nei piccoli centri urbani, non ci saranno più. A scomparire sarà anche un altro degli elementi cardine dell'istruzione primaria italiana: il tempo pieno. Bisogna fare attenzione, chi sostiene che il tempo pieno non sarà toccato dalla riforma o che addirittura aumenterà mente sapendo di farlo.
Rifletteteci un poco e capirete perchè!
Se prima, per ogni 2 classi, c'erano 3 insegnanti d'ora in poi sarà uno per classe, a seguire e istruire dai 20 ai 30 alunni e che svolgerà il suo orario lavorativo settimanale esclusivamente di mattina. Pertanto al pomeriggio non potrà esserci altro che un sorta di dopo-scuola, trasformando il tempo pieno di fatto in un parcheggio pomeridiano per i bambini, che nulla ha da condividere con l'offerta didattica di cui fino ad ieri, prima della 'riforma Gelmini', gli alunni potevano usufruire con il tempo pieno.

...

ARRIVERA' PER NATALE UNA 'SOCIAL CARD' AD OLTRE 1MLN DI ITALIANI 'POVERI'

C’è un detto che dice: "meglio poco che niente!".
In questo caso tra il poco e il nulla ci sono così poche differenze che è difficile distinguerli.
La 'social card, almeno per il momento, sembra più l’ennesimo spot varato dal governo che piuttosto un provvedimento serio in grado di aiutare per davvero i più bisognosi.
Nessuno però si è ricordato di dire che ogni spesa effettuata con la 'social card' in automatico sarà data una commissione alla Mastercard che è la società che ha emmesso ed è la proprietà della card.
Bhe! Almeno qualcuno di certo ci guadagnerà da questa iniziativa...
Appare strano che un'iniziativa così benefica abbia comunque dei costi accessori...stranezze tutte italiane!

***

Parole....di Abraham Lincoln

Non si può arrivare alla prosperità

scoraggiando l'impresa.
Non si può rafforzare il debole
indebolendo il più forte.
Non si può aiutare chi è piccolo
abbattendo chi è grande.
Non si può aiutare il povero
distruggendo il ricco.
Non si possono aumentare le paghe
rovinando i datori di lavoro.
Non si può progredire serenamente
spendendo più del guadagno.
Non si può promuovere la fratellanza umana
predicando l'odio di classe.
Non si può instaurare la sicurezza sociale
adoperando denaro imprestato.
Non si può formare carattere e coraggioto
gliendo iniziativa e sicurezza.
Non si può aiutare continuamente
la gente facendo in sua vece quello che potrebbe
e dovrebbe fare da sola.

USA 2008: ELETTO PRESIDENTE BARACK OBAMA

USA 2008: ELETTO PRESIDENTE BARACK OBAMA

marito e padre

i due rivali

genere umano

GIOCHI OLIMPICI DI PECHINO

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da peacereporter

23/02/2002 - 02/07/2008 Ingrid Betancourt è stata liberata!

23/02/2002 - 02/07/2008                  Ingrid Betancourt è stata liberata!
faccio mia la gioia di tutti!

Finalmente liberi!!!

Finalmente liberi!!!

Grazie a loro la Betancourt è libera

Grazie a loro la Betancourt è libera
il ministro della Difesa colombiano Santos e il generale Montoya

Grazie Uribe!!

Grazie Uribe!!
La Betancourt ha incontrato il presidente colombiano Uribe che vinse le elezioni del 2002

madre e figlia!

madre e figlia!
Yolanda Pulecio e Ingrid Betancourt

le due Betancourt

le due Betancourt
Ingrid abbraccia la madre Yolanda

La gioia della libertà riconquistata

La gioia della libertà riconquistata
Ingrid Betancourt dopo la liberazione