mercoledì 15 aprile 2009

Pirateria. A causa dei pirati sono molte le compagnie marittime che stanno ripercorrendo la vecchia rotta disegnata da Vasco de Gama

E' sempre più teso il braccio di ferro tra la comunità internazionale e i pirati somali. Quello della pirateria è un fenomeno che sta assumendo dimensioni preoccupanti. I pirati negli ultimi quattro giorni hanno sfidato le potenze navali mondiali presenti al largo della Somalia, allargando il loro raggio d'azione in profondità nell'Oceano Indiano e sequestrando numerose imbarcazioni.
Il fenomeno ha fatto lievitare fortemente i costi di spedizione su cui ha pesato molto l'aumento dei premi assicurativi. Lo scorso mese di maggio i Lloyds di Londra avevano già riclassificato l'area del Golfo di Aden come zona di guerra, paragonandola per quanto riguarda il rischio all’Iraq, e di conseguenza aveva aumentato i premi assicurativi. Ad un anno di distanza la situazione non è cambiata e si prefigurano nuovi aggiornamenti. Il rischio di fare brutti incontri ha anche costretto, le compagnie di trasporto marittimo, a cercare nuove rotte per proteggere le loro navi e i loro carichi. In molte stanno pensando di ritornare ad una vecchia rotta, quella di Vasco de Gama, scoperta nel 1498. Per raggiungere il Pacifico si dovrebbe compiere la circumnavigazione dell’Africa. E' dal 1869, anno dell'inaugurazione del canale di Suez, che in pratica pochi o nessuno segue più quella rotta che del resto è più lunga e rischiosa. Se fosse ripristinata, il fatto avrebbe un valore negativo in quanto costituirebbe un grosso passo indietro nella moderna società e tutto a causa dei pirati. Tra le compagnia marittima che hanno già deciso di ripercorrere la rotta di Vasco de Gama vi è la danese 'Moeller Maersk' che è stata subito imitata dalla norvegese 'Odfjell' che è tra le più grandi compagnia al mondo che trasportano greggio. Fatto questo che comporterà di certo anche un aumento del costo del trasporto del greggio e di conseguenza dei suoi derivati. Sebbene il fenomeno nelle acque al largo della Somalia abbia fatto 'capolino' nel 2006 e i pirati siano saliti alla ribalta nel settembre 2008, quando hanno sequestrato il cargo ucraino 'Faina' carico di armi rilasciato poi lo scorso febbraio, è indubbiamente il 2009 l'anno che ha visto l'intensificarsi dell'attività piratesca nel Golfo. Praticamente i sequestri di navi al largo della Somalia sono raddoppiati dal 2007 al 2008. Nel 2007 sono stati 41 mentre nel 2008 il numero degli attacchi sono stati 111. Nei primi 4 mesi del 2009 sono già 77. Nell'area, vasta circa 2,5 milioni di chilometri quadrati, da mesi incrociano navi da guerra di ben 15 nazioni. Dallo scorso giugno infatti, l’estensione delle attività dei filibustieri somali e la varietà degli interessi colpiti ha indotto la comunità internazionale alla costituzione di coalizione in chiave anti pirati, in barba a divisioni politiche e geografiche, composta da decine di navi da guerra messe a disposizione da Spagna, Germania, Francia, Italia, Danimarca, Portogallo, Grecia, Stati Uniti, Belgio, Olanda, Canada, Cina, Iran, Corea del Sud, Svezia, Giappone, Gran Bretagna, India e Russia. Alcune di queste navi pattugliano l’area in forma indipendente dalle altre, ma la gran parte della flotta anti pirati fa parte di 2 missioni, il dispositivo Combined Task Force, Ctf-151, a guida Usa e la missione 'Atalanta' a guida Ue. Tutto questo però, non basta per prevenire e sconfiggere gli atti di pirateria perché, nonostante la presenza delle navi è impossibile tenere sotto controllo un mare così vasto. Il Golfo di Aden è una delle vie marittime più trafficate al mondo. Per questa rotta vi transita la gran parte delle forniture energetiche mondiali, oltre che una buona parte del commercio marittimo tra Asia ed Europa. Prima di quella del mare di Somalia il fenomeno aveva interessato un’altra importante via marittima mondiale quella dello stretto di Malacca. Quell'area ora è stata 'bonificata'. Il risultato raggiunto è stato reso possibile da un'efficace contrastato favorito innanzitutto dal fatto che i Paesi della regione hanno trovato un intesa comune e sono intervenuti direttamente sui covi dei pirati situati sulla terraferma e senza limitazioni di confine. Cosa che purtroppo non è possibile attuare in Somalia. Il Paese del Corno d'Africa è una polveriera pronta ad esplodere. Sul suo territorio ci sono migliaia di miliziani armati fino ai denti e pronti a coalizzarsi contro chiunque tenti azioni di forza all'interno del Paese. Tra i gruppi più pericolosi ci sono quelli di 'al Shabaab', l'organizzazione islamica ritenuta vicina ai terroristi di al Qaeda e che controlla gran parte del Paese. Finora tranne alcune sortite di tipo punitivo compiute da commandos francesi, nessuno si è mai azzardato a pensare di poter interventi anche sulla terraferma. Secondo l'inviato speciale delle Nazioni Unite in Somalia, Ahmedou Ould-Abdallah, andrebbe per prima affrontato il problema della 'governance' in Somalia, dove dal 1991, anno della caduta del dittatore Siad Barre, regna un caos indescrivibile, per trovare poi una soluzione al problema dei pirati che ne è una diretta conseguenza. La mancanza di un governo legittimato dalla volontà popolare infatti, mentre da un lato spinge i più disperati a correre ogni rischio per assicurarsi la sopravvivenza dall’altro rende impossibile il controllo del territorio. Questo opzione però, sembra ricominciare a prendere piede. Sono in molti a ritenere che l'unica soluzione sia attaccare le basi a terra dei pirati che del resto sono tutte state identificate. L'ipotesi sarebbe l'invio di una forza anfibia internazionale che con una rapida azione ripulisca le coste dai bucanieri somali. Una soluzione questa che è prevista dal Trattato di Montego Bay del 1982 meglio conosciuto come la Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare che sancisce anche il diritto alla repressione della pirateria. Un diritto che comporta anche l'autorizzazione ad inseguire una nave dalle acque internazionale fino in quelle territoriali, e anche fino alla costa. E ancor di più, che vede il diritto di distruzione del 'sorgitore'. Quest'ultimo è il termine marinaresco il cui significato è: qualsiasi zona da cui può partire un mezzo marino che non sia un porto. A frenare il ricorso all'opzione di intervento armato sulla terraferma pesa anche il fatto che i pirati appaiono agli occhi delle popolazioni locali come degli eroi e pertanto, di certo, le genti somale sarebbero pronte ad aiutarli. Non a caso nei giorni scorsi uno dei predono del mare catturati recentemente in un 'intervista si è dipinto come un moderno Robin Hood. Sembra infatti che il messaggio che i pirati lanciano alla gente sia: “Noi togliamo dei soldi a chi ne ha tanti e li usiamo per stare meglio tutti”. Un'idea che ci riporta con la mente alle imprese del pirata Morgan. Con il cambio dell'inquilino alla Casa Bianca la pirateria in Somalia è diventata oggetto di forte dibattito anche negli Usa. Una discussione che ruota intorno alle due opzioni classiche: mantenere un profilo basso o attaccare le basi dei pirati sulla terraferma. Un confronto politico e militare che a Washington ha assunto connotati diversi dopo che è stato compiuto da parte dai pirati somali l'abbordaggio, il primo dopo 200 anni, di una nave americana. Il fatto che siano stati attaccati gli 'interessi americani' potrebbe ora far prevalere quella parte che protende per l'azione di forza. Tuttavia, pochi Paesi sono favorevoli a un'operazione militare condotta in terra di Somalia. In proposito l'edizione odierna del quotidiano americano 'Los Angeles Times' riporta una dichiarazione del premier somalo Omer Abdirashid Ali Sharmarke che ha affermato: “La lotta contro i pirati potrebbe contare su una soluzione rapida, semplice e relativamente poco costosa: il coinvolgimento delle autorità somale”. In effetti nei giorni scorsi il presidente somalo, Sheikh Sharif Ahmed, aveva sostenuto di avere un piano per sconfiggere i pirati simile a quello con cui nel 2006, quando era a capo dell'Unione delle Corti Islamiche, Uci, ebbe per qualche mese ragione del problema. Un piano che ipotizza l'invio di 1000 soldati in alcuni dei porti della costa somala per dare la caccia ai pirati e la creazione di una Guardia costiera composta da circa 3mila uomini. Purtroppo la mancanza di fondi ne ha finora impedito l'attuazione. Quando nei giorni scorsi, il deputato americano Donald Payne, si è recato in visita a Mogadiscio le autorità somale gli hanno fatto presente questa loro necessità illustrandogli quanto, nella lotta contro i pirati, il loro piano potrebbe dare risultati migliori rispetto all'attuale strategia. Trovando nell'inviato di Obama un valido sostenitore. “costa di meno affrontare questo problema sulla terra, prima che i pirati salpino per andare ad attaccare le navi nelle acque del Golfo di Aden”, ha affermato Payne, che ha annunciato la sua intenzione di chiedere fondi al Congresso.
Il presidente americano, Barack Obama, dopo aver seguito la linea del silenzio, ad aver aletto a portavoce del suo pensiero il segretario di Stato, Hillary Clinton, di recente ha dichiarato che intende porre fine alla pirateria al largo della Somalia, rafforzando la collaborazione con gli alleati e ha ordinato un blitz delle forze speciali americane contro i pirati per liberare un ostaggio americano nelle loro mani. Da parte loro, i pirati hanno minacciato rappresaglie e attacchi. “le recenti azioni di autodifesa effettuate da Francia ed Usa hanno lanciato un forte messaggio ai pirati e, ciò che più conta, a quanti li manovrano sfruttando la povertà e la disperazione dei loro giovani compatrioti”, con queste parole, il rappresentante speciale dell'Onu per la Somalia ha commentato i blitz. Gli Stati Uniti attualmente stanno valutando anche l'ipotesi di inviare navi da guerra lungo la costa somala per lanciare una campagna contro le navi madre dei pirati. Quelle grandi imbarcazioni da cui partono le veloci scialuppe utilizzate dai pirati durante gli attacchi e razzie via mare.
Nel contesto si inseriscono anche i timori degli operatori umanitari del Programma alimentare mondiale dell'Onu, Pam, i quali temono che la popolazione somala possa rimanere senza aiuti alimentari a causa del precipitare della situazione al largo della Somalia. Anche le navi cariche di aiuti umanitari vengono arrembate dai predoni del mare. Quasi metà dei 7 milioni di abitanti della Somalia dipendono da questi aiuti.

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Una fiammella accesa per tutte le persone che soffrono al mondo

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Nel mondo sono tante le persone che piangono e soffrono a loro dedico un affettuoso pensiero....

Unioni Civili

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SI ALLE UNIONI CIVILI NO ALLE ADOZIONI

STOP ALLE VIOLENZE IN SIRIA

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A tutti quei bravi ragazzi morti per l'Italia

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Non mi abituerò mai a quest'immagine! Onore ai caduti

Nel mondo ogni giorno vengono compiute carneficine immani in cui le vittime sono inermi civili

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il volto di un immigrato

...a quei bravi ragazzi, figli dell'America di oggi, morti in guerra!

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DARFUR:NON C'E' PIU' TEMPO DA PERDERE!

IN DARFUR SONO DECINE SE NON CENTINAIA LE PERSONE CHE MUOIONO OGNI MESE...
FAI LORO DEL BENE... AIUTA I RIFUGIATI E I PROFUGHI DEL DARFUR FACENDO UNA DONAZIONE ALL'AGENZIA ONU PER I RIFUGIATI UNHCR CHIAMA LO 0680212304 PER SAPERE COME FARE....
RICORDATI BASTANO 31 EURO PER ACQUISTARE 8 COPERTE, 51 EURO PER UNA TENDA E 200 EURO PER DARE ASSISTENZA MEDICA A 25 FAMIGLIE...

Un bambino del Darfur

Un bambino del Darfur
aiuta ad aiutarlo sostieni le iniziative pro Darfur
In Darfur dal 2003 ad oggi sono state compiute esecuzioni, anche di massa, stupri, soprattutto di massa, nei confronti di donne, uomini e bambini e interi villaggi sono stati rasi al suolo. Il terrore è stato usato come pratica generalizzata e a sfondo razziale mentre lo stupro è diventato una vera e propria arma da guerra.
Il governo sudanese di Khartoum da parte sua ha bombardato senza sosta i civili, e ha reso sempre più difficili le operazioni di soccorso delle organizzazioni umanitarie nei confronti delle genti del Darfur, fino al punto di far scappare via la maggior parte delle Ong operanti nella regione sudanese e liberarsi così di scomodi testimoni di quanto accadeva in quei luoghi. La stessa tattica è stata seguita prima con i peacekeepers dell'Ua e poi con quelli dell'Onu...
Tutto il mondo è a conoscenza di quanto accade in quella remota regione sudanese e lancia denunce. Da un lato Washington parla di genocidio, dall’altro l'Onu parla di catastrofe umanitaria e di pulizia etnica.
Il tutto però resta nella totale impunità!
Intanto, dal Febbraio 2003 anno in cui è iniziata la ribellione della popolazione di etnia africana del Darfur, circa 6 milioni in maggioranza musulmana e in parte animista, contro il governo sudanese, musulmano ma integralista e soprattutto di etnia araba e bianca, è scoppiato il conflitto che ha causato finora circa 300mila morti e due milioni e mezzo di profughi. Una protesta nata per lo stato di totale abbandono e sfruttamento in cui la popolazione nera era tenuta. La repressione del governo centrale è stata spietata, soprattutto facendo uso dei Janjaweed, i diavoli a cavallo, che sono milizie nomadi di etnia araba che hanno compiuto tutti gli orrori possibili e inimmaginabili contro le genti del Darfur di etnia nera, per lo più contadini e pastori.

Il pianto di un innocente a Gaza

Il pianto di un innocente a Gaza
Ancora una volta il mondo intero si dovrebbe vergognare!!!
La guerra chi puo raccontarla? E' difficile farlo ma tutti possiamo immaginare come sia il sentire l'odore dei morti abbandonati nelle strade o sotto le macerie, il vedere i bambini che muoiono di fame accanto al cadavere della madre, il sentire il lamento dei feriti e lo strazio dei sopravvissuti, di chi si vede impotente e maledice chi gli ha portato via tutto.
Nella Striscia di Gaza siamo ormai quasi alla terza settimana di bombardamenti e inesorabilmente, come non potrebbe essere diversamente con tutta la tecnologia militare del 21° secolo che gli israeliani stanno usando, il numero dei morti tra i civili continuato ad aumentare, mentre l'esercito israeliano bombarda le loro case si moltiplicano tra i palestinesi le scene di disperazione e di dolore causati dagli effetti devastanti della guerra che certamente non sono cambiati nel tempo anzi al contrario.

Giugno 2009: La rivoluzione di velluto in Iran

Giugno 2009: La rivoluzione di velluto in Iran
Sono solidale con i persiani che manifestano

Il 12 giugno 2010 è caduto il primo anniversario delle contestate elezioni iraniane. Elezioni che decretarono la riconferma a presidente dell’Iran di Mahmud Ahmadinejad. Il Paese ha vissuto le prime ora di questa giornata con una calma carica di tensione che poi, è scoppiata nel pomeriggio intorno alle 16, le 13.30 italiane con i primi scontri tra manifestanti e forze di sicurezza nei pressi dell’Università Sharif di Teheran. Era impensabile che l’opposizione iraniana del movimento riformista dell’Onda Verde si facesse scappare questa occasione per proclamare il proprio dissenso al regime degli Ayatollah. I luoghi delle sanguinose proteste post elettorali di un anno fa si sono quindi di nuovo riempiti di manifestanti. Questo, nonostante l’appello dei leader dell’opposizione, Moussavi e Karroubi, a evitare di scendere in piazza e nonostante che le forze di sicurezza avessero preso posizione in vari punti strategici del centro di Teheran per prevenire manifestazioni. Nonostante le proteste e le accuse di brogli elettorali il contestato presidente Ahmadinejad ha potuto proseguire nel suo mandato, quasi certamente usurpato, grazie all’appoggio dell’ayatollah Ali Khamenei, la Guida Suprema. La lotta continuerà. Viva la Persia! Viva il movimento riformista!


i 44 presidenti degli Usa

i 44 presidenti degli Usa
da www.patrickmoberg.com/blog/id:420/november-4-2008

The President United States of America

The President United States of America
Barack Obama

E' morta Miriam Makeba

E' morta Miriam Makeba
Addio Mama Afrika....io continuerò a sognare...

Notes

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Italia. Violenza sessuale è allarme sociale


Dopo i recenti casi di stupri, a Roma, Bologna e Milano non si riesce quasi più a tenere il conto degli episodio di violenza sessuale che, dall'inizio dell'anno, si stanno susseguendo in Italia ad opera principalmente di stranieri. Un orribile reato che si verifica nelle grandi città metropolitane come nei piccoli centri urbani. Emergono dati da brividi dalle informazioni fornite dal Presidente facente funzioni del Tribunale di Como Giuseppe Anzani e dal Procuratore capo Alessandro Maria Lodolini. Ogni 4 giorni in Procura a Como arriva una denuncia per violenza sessuale. I fascicoli aperti tra luglio 2007 e giugno 2008 sono stati 89, tra violenze sessuali e pedofilia. Ma è solo la punta di un iceberg in quanto, il reato, per la quasi totalità è sommerso perché prevale ancora la paura e la vergogna a denunciare la violenza subita. Fino ad oggi la violenza che subivano le donne era soprattutto domestica, ma gli episodi di violenza che hanno visto protagoniste, loro malgrado, delle donne avvenuti negli ultimi giorni, per le strade, propongono una nuova emergenza. Un autorevole testimonianza è portata da Telefono Rosa che da anni conosce il fenomeno ed assiste le vittime. “Ciò che sta avvenendo dall'inizio dell'anno, precisa il presidente Maria Gabriella Carnieri Moscatelli, mi preoccupa. Non so se è solo l'effetto di maggiori denunce ma, dal nostro osservatorio, non era mai stato rilevata una cosa simile”. Gli avvenimenti degli ultimi giorni non fanno altro che conferma un'allarmante costante: in testa alla classifica degli autori di stupri ci sono gli stranieri. Il triste primato vede fra i primi i romeni, seguiti da marocchini e albanesi che sembra abbiano dato il via ad una esecrabile escalation di violenza contro le donne. Assodato che nella stragrande maggioranza dei casi questi episodi sono commessi da stranieri, spesso clandestini, ora si deve dare a tutto questo uno stop. Certezza della pena, custodia cautelare in carcere per chi è accusato di violenza sessuale ed esclusione di attenuanti per chi delinque sotto effetto di alcool e droghe. Tutto ovviamente tenendo conto di due elementi fondamentali: abbattere l'allarme sociale provocato da questo tipo di reati e tutelare la dignità della vittima, che va assicurata anche nel percorso dibattimentale.
Per raggiungere un risultato anzitutto è importante l'introduzione nel ddl sicurezza dell'obbligo del carcere per chi stupra. Forse il decreto 'anti-stupro' sarà pronto per venerdì esso dovrebbe contenere, come annunciato, importanti novità: gli accusati di stupro non potranno beneficiare della libertà condizionale, ci sarà un avvocato a spese dello Stato per le vittime di violenza sessuale, arriveranno nuovi presidi di polizia con relativi stanziamenti, saranno anticipate le norme contenute nel ddl anti-molestie che la Camera ha già approvato. Tra le altre cose, ci dovrebbero essere anche aggravanti se a commettere violenza sono familiari, partner o tutori; un pesante aggravio di pena se la vittima è sotto i 14 anni; uguale trattamento, invece, se la vittima è maggiorenne o appena sotto i 18; ergastolo sicuro, se allo stupro segue la morte della vittima. Mano pesante anche per i complici: nessuna possibilità di godere dei domiciliari neppure per i favoreggiatori.

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La scuola pubblica in Italia con la 'Riforma Gelmini'

Esprimo la mia piena solidarietà con tutti coloro che protestano contro la Legge 133/08 la cosidetta 'Riforma Gelmini'....

Le cifre presentate nel decreto fanno venire i brividi: i tagli previsti dal decreto legge 112, poi convertito nella legge 133/08, e gli ulteriori provvedimenti contenuti nel decreto 137 porteranno, a livello nazionale, ad una riduzione di circa 100mila posti tra il personale docente e di 43mila posti tra quello Ata (ausiliari, tecnici e amministrativi).
Per molti, anche per i non addetti ai lavori, l'effetto provocato dalla legge che in pratica azzererà in poco tempo le faticose conquiste di anni e anni, non solo in termini di posti di lavoro, ma anche di mission- educativa e di didattica, rende il momento dei più cupi e tristi degli ultimi anni. Ai tagli vanno poi sommati, le conseguenze che scaturiranno dalla reintroduzione del maestro unico nelle scuole elementari.
L'Europa chiede più scuola, più sapere e l'Italia che fa?
Il contrario!
Rientrodurre il maestro unico è compiere, di sicuro, un passo indietro di almeno mezzo secolo. Se non addirittura si ritorna al tempo del libro cuore, senza offesa per quel libro mio compagno di tanti pomeriggi.
Perchè tutto questo? Bella domanda!
Molto probabilmente si tenta di mascherare con questa supposta riforma quello che è il vero scopo del provvedimento: incassare o meglio risparmiare in poco meno di 4-5 anni 8miliardi di euro. Questa è la cifra stimata, che dovrebbe restare nelle casse dello stato.
Un risparmio quindi certo ottenuto tagliando centinaia di migliaia di posti di lavoro ma al contempo che produrrà anche un effetto negativo: quello di un drastico ridimensionamento del servizio scolastico pubblico in favore forse di quello privato. Inoltre un'altra diretta conseguenza della L.133/08 sarà la chiusura di decine e decine di plessi scolastici.
Molte scuole, soprattutto nei piccoli centri urbani, non ci saranno più. A scomparire sarà anche un altro degli elementi cardine dell'istruzione primaria italiana: il tempo pieno. Bisogna fare attenzione, chi sostiene che il tempo pieno non sarà toccato dalla riforma o che addirittura aumenterà mente sapendo di farlo.
Rifletteteci un poco e capirete perchè!
Se prima, per ogni 2 classi, c'erano 3 insegnanti d'ora in poi sarà uno per classe, a seguire e istruire dai 20 ai 30 alunni e che svolgerà il suo orario lavorativo settimanale esclusivamente di mattina. Pertanto al pomeriggio non potrà esserci altro che un sorta di dopo-scuola, trasformando il tempo pieno di fatto in un parcheggio pomeridiano per i bambini, che nulla ha da condividere con l'offerta didattica di cui fino ad ieri, prima della 'riforma Gelmini', gli alunni potevano usufruire con il tempo pieno.

...

ARRIVERA' PER NATALE UNA 'SOCIAL CARD' AD OLTRE 1MLN DI ITALIANI 'POVERI'

C’è un detto che dice: "meglio poco che niente!".
In questo caso tra il poco e il nulla ci sono così poche differenze che è difficile distinguerli.
La 'social card, almeno per il momento, sembra più l’ennesimo spot varato dal governo che piuttosto un provvedimento serio in grado di aiutare per davvero i più bisognosi.
Nessuno però si è ricordato di dire che ogni spesa effettuata con la 'social card' in automatico sarà data una commissione alla Mastercard che è la società che ha emmesso ed è la proprietà della card.
Bhe! Almeno qualcuno di certo ci guadagnerà da questa iniziativa...
Appare strano che un'iniziativa così benefica abbia comunque dei costi accessori...stranezze tutte italiane!

***

Parole....di Abraham Lincoln

Non si può arrivare alla prosperità

scoraggiando l'impresa.
Non si può rafforzare il debole
indebolendo il più forte.
Non si può aiutare chi è piccolo
abbattendo chi è grande.
Non si può aiutare il povero
distruggendo il ricco.
Non si possono aumentare le paghe
rovinando i datori di lavoro.
Non si può progredire serenamente
spendendo più del guadagno.
Non si può promuovere la fratellanza umana
predicando l'odio di classe.
Non si può instaurare la sicurezza sociale
adoperando denaro imprestato.
Non si può formare carattere e coraggioto
gliendo iniziativa e sicurezza.
Non si può aiutare continuamente
la gente facendo in sua vece quello che potrebbe
e dovrebbe fare da sola.

USA 2008: ELETTO PRESIDENTE BARACK OBAMA

USA 2008: ELETTO PRESIDENTE BARACK OBAMA

marito e padre

i due rivali

genere umano

GIOCHI OLIMPICI DI PECHINO

GIOCHI OLIMPICI DI PECHINO
da peacereporter

23/02/2002 - 02/07/2008 Ingrid Betancourt è stata liberata!

23/02/2002 - 02/07/2008                  Ingrid Betancourt è stata liberata!
faccio mia la gioia di tutti!

Finalmente liberi!!!

Finalmente liberi!!!

Grazie a loro la Betancourt è libera

Grazie a loro la Betancourt è libera
il ministro della Difesa colombiano Santos e il generale Montoya

Grazie Uribe!!

Grazie Uribe!!
La Betancourt ha incontrato il presidente colombiano Uribe che vinse le elezioni del 2002

madre e figlia!

madre e figlia!
Yolanda Pulecio e Ingrid Betancourt

le due Betancourt

le due Betancourt
Ingrid abbraccia la madre Yolanda

La gioia della libertà riconquistata

La gioia della libertà riconquistata
Ingrid Betancourt dopo la liberazione