martedì 13 novembre 2012

Marò in India: individuare e perseguire ‘soluzione’ che consenta loro rientro in Italia

Il 5 novembre scorso nella pagina web del sito http://www.rischiocalcolato.it  si leggeva: “…si può permettere che i marò siano ancora prigionieri in India dal giorno dell’incidente il 15 febbraio: Qualsiasi Stato degno di se sarebbe corso a riprendersi i propri soldati…”.
Parole che sembrano rispecchiare il pensiero che alberga nell’animo di molti in Italia e che quindi mette il dito nella piaga.
Indubbiamente, dopo tanto tempo trascorso senza aver ottenuto nulla, è opinione condivisa da molti che sia giunta ormai l’ora di trovare una soluzione, definitiva, per riportare a casa i due marò italiani, Massimiliano LaTorre e Salvatore Girone.
La loro vicenda è da mesi al centro della diatriba in atto tra Italia e India. Una vicenda che vede loro malgrado protagonisti i due militari italiani che sono trattenuti contro la loro volontà e quella del loro governo dalle autorità dello stato federale indiano del Kerala da quasi 9 mesi, tra due giorni.
Una vicenda che è soprattutto caratterizzata dall’atteggiamento intransigente dell’India che con questo suo modo di fare mette a rischio soprattutto la lotta al fenomeno della pirateria marittima.
Come andrà a finire è difficile poterlo dire in anticipo, ma è immaginabile che di certo nessuno vorrà rimanere con le mani in mano specie poi, se i due marò dovessero essere condannati.
I presupposti ci sono tutti.
Oggi il ministro degli Esteri Giulio Terzi ha dichiarato alla stampa esplicitamente: “I due marò italiani Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sono trattenuti immotivatamente e illegalmente in India e l'Italia si aspetta dalla Corte di Nuova Delhi un verdetto favorevole che possa consentire il loro ritorno in patria. Stiamo aspettando una decisione della Corte Suprema di Nuova Delhi che tarda ad arrivare. Di certo, dalla nostra ci sono tutte le ragioni giuridiche per aspettarci un verdetto favorevole su due aspetti fondamentali: quello della sovranità dello stato di bandiera per le navi in alto mare, e quello della giurisdizione funzionale sui militari, quali organi dello Stato. Questo secondo aspetto riguarda la dignità delle forze armate rappresentate da due uomini che sono immotivatamente e illegalmente trattenuti da otto mesi da uno Stato straniero e su questo l'Italia è determinata a far valere le sue ragioni”.        
In questi giorni, entro l’8 novembre, erano attesi con trepidazione nuovi sviluppi del caso che vede coinvolti loro malgrado i due militari italiani. Era attesa soprattutto l’agognata sentenza della Corte Suprema indiana, a cui l’Italia ha fatto ricorso per stabilire a chi spetti la giurisdizione del caso, e che ancora una volta non è venuta.
Un non decidere inspiegabile e discutibilissimo.
Questo organo giudiziario, il massimo, paragonabile alla Corte Costituzionale italiana, che ha sede a New Delhi, non si è finora, incomprensibilmente, ancora pronunciato in merito alla vicenda rimandando di volta in volta ogni pronunciamento in merito. A causa di questo mancato pronunciarsi, in merito alla vicenda, in India non è stato possibile celebrare ancora alcun giudizio, da parte del competente tribunale indiano di Kollam, sulle responsabilità dei due militari italiani che di conseguenza restano, contro la loro volontà e quella del governo italiano, in libertà su cauzione ancora trattenuti nel Paese asiatico.
In merito il numero uno della Farnesina ha spiegato che non esiste nessun rinvio e che la Corte Suprema indiana sta decidendo circa il caso dei due marò, e che le più alte autorità indiane hanno garantito una sentenza in tempi brevi.  Per il ministro gli unici rinvii sul dossier marò sono quelli del tribunale locale indiano del distretto di Kollam, che aspetta di celebrare il processo per omicidio. Terzi ha spiegato e che questi rinvii sono nell’assoluto interesse dell’Italia, dal momento che è bene che i due soldati italiani non vengano portati dinnanzi al tribunale locale per il processo per il presunto omicidio.
Nel frattempo, però, LaTorre e Girone  restano in sospeso ed attendono da mesi, fra due gironi saranno 9 mesi, di essere processati. Un processo che si deve svolgere appunto presso la corte del distretto di Kollam nel Kerala, e che è già stato rinviato innumerevoli volte.
Questa vicenda che riguarda questi due sottoufficiali della Marina Militare è iniziata il 15 febbraio scorso quando si trovavano insieme ad altri 4 commilitoni, come team di sicurezza, a bordo della petroliera Enrica Lexie della società F.lli D’Amato di Napoli. I due sono stati accusati dalle autorità del Kerala di aver ucciso per errore, in mare, due pescatori locali. I due sarebbero stati scambiati dai marò per pirati somali.
I militari italiani erano parte di un Nucleo Militare di Protezione, NMP, istituiti dall’Italia con la legge 130 del 2011 per difendere le navi commerciali di bandiera dagli attacchi pirati. Una legge fortemente voluta dagli Armatori e nettamente fatta male, come lo ha pubblicamente riconosciuto il numero due della Farnesina, Staffan de Mistura e a cui ora il Parlamento italiano sta lavorando per approntare misure idonee a sanarla mentre gli Armatori italiani, per bocca di CONFITARMA, continuano a spingere per l’introduzione di una norma che permetta anche, anzi l'utilizzo di team di sicurezza privati a bordo delle navi di bandiera sulle tratte a rischio pirateria.
Nel frattempo, l’Italia attende che l’India rispetti  pienamente il diritto internazionale. 
L'incidente infatti, è avvenuto quando la Enrica Lexie si trovava ormai a 22 miglia nautica dalle coste meridionali indiane, quindi oltre al limite internazionalmente riconosciuto delle 12 miglia.
Per questo motivo l’Italia sostiene che spetti ad essa giudicare e, se riconosciuti colpevoli, condannare i due militari italiani.
La vicenda dei due marò però, va per le lunghe ed ha finito per scatenare una vera e propria battaglia legale, a colpi di istanze, tra i due Paesi. Mentre di pari passo procede il lavoro certosino della diplomazia italiana e quello della politica per riportare a casa i  due marò sani e salvi.
Per tutti  è chiaro che il comportamento delle autorità locali indiane del Kerala è contrario al principio dal codice penale internazionale che stabilisce che gli organi dello Stato sono immuni dalla giurisdizione penale dello Stato straniero quando svolgono attività ‘iure imperii’.
La convinzione generale è che la Corte Suprema indiana è difficile che si possa pronunciare contro la richiesta di giurisdizione richiamata dall'Italia in base al diritto internazionale.  Diversamente verrebbero meno tutti i valori giuridici che tengono insieme la giurisprudenza nazionale e internazionale nel senso che chi si farebbe carico di una decisione contro macchierebbe il proprio onore e quello dell’istituzione che rappresenta. Forse per questo motivo si continua a tergiversare alla ricerca di un ‘miracolo’ per uscire dalla situazione creatasi. Con molta probabilità questo tergiversare da parte degli indiani è solo un modo per cercare di salvare capra e cavolo in maniera onorevole.
In merito alla vicenda il 27 ottobre scorso con una nota la Farnesina ha reso noto che il capo della diplomazia italiana, Giulio Terzi ha preso contatto con il neo ministro degli Esteri indiano, Salman Khurshid. Un contatto cercato da Terzi con il neo capo della diplomazia indiana per ribadirgli l'urgenza di una soluzione positiva e improcrastinabile del caso dei due marò sottolineando il fatto che il governo italiano annette importanza prioritaria alla vicenda nel quadro delle relazioni tra Italia e India.
Tra i due Paesi sono infatti, di rilevante importanza gli scambi specie nel settore degli investimenti e delle forniture militari.
Nel frattempo, quello del ministro della Difesa, Giampaolo di Paola appare come un atteggiamento del tutto opposto a quello del suo collega di governo , il ministro degli Esteri Giulio Terzi.
Ha infatti un significato davvero rilevante quello che è accaduto il 3 novembre scorso, quando il ministro della Difesa, Giampaolo Di Paola collegandosi dal Comando della squadra navale a Roma in videoconferenza, per inviare il consueto messaggio di saluto al personale militare italiano impegnato nei teatri operativi all'estero, in occasione della festa dell'Unità nazionale e Forze armate, a sorpresa si è collegato per pochi minuti in videoconferenza anche con i due marò. In un ambiente molto familiare agli addetti ai lavori i due marò in divisa bianca della Marina Militare sono apparsi in video suscitando sorpresa e clamore tra i presenti all’oscuro del collegamento fuori programma. Addirittura si racconta che il Capo di Stato Maggiore della Marina Militare, l’Ammiraglio di Squadra, Luigi Binelli Mantelli sia scattato verso il monitor alzandosi di sobbalzo dalla sedia su cui era seduto.
Il ministro della difesa nel portare loro la solidarietà di tutti ha poi, affermato: Ciao Massimiliano e Salvatore, un saluto affettuoso a voi, che siete ingiustamente trattenuti in India. Vi siamo vicini, fino alla giusta risoluzione del vostro caso. Sono fiducioso della soluzione della Corte suprema indiana, che riconoscerà il vostro diritto ad essere giudicati in Italia”. 
Da parte dei due marò sono state espresse parole di ringraziamento per la vicinanza da parte dell'Italia, ringraziamento non solo per Di Paola, ma anche per il ministro degli Esteri, Giulio Terzi e l'intero governo. Il ministro Di Paola ha replicato sottolineando che: "voi non dovete ringraziare, il nostro dovere è esservi al fianco. Siamo noi che vi ringraziamo per la dignità e per l'onore con cui state vivendo questo momento difficile e prolungato”. Nel corso del collegamento Di Paola ha anche affermato: “Facciamo quello che dobbiamo fare. Siamo fiduciosi che riabbraccerete presto i vostri cari in Italia”.
Parole che hanno suscitato la curiosità in tutti gli operatori dell’informazione presenti a cui successivamente il numero uno della Difesa ha spiegato che: “Siamo fiduciosi che la Corte Suprema indiana saprà riconoscere il diritto italiano, il giusto diritto dell'Italia di giudicare i suoi fucilieri di Marina. Sui tempi però, c’è incertezza anche la giustizia indiana ha i suoi tempi”.
Dopo tanto dire e poco fare sembra ormai naufragare quella linea soft tentata finora dalla diplomazia italiana che ha cercato di tenere quanto più basso possibile il profilo della vicenda per cercare di giungere ad un risultato, riportare i due marò a casa, che invece, si è allontanato sempre di più.
Quasi a volerne ribadire il passaggio ad un tono più forte rispetto al passato è stato poi, l’intervento del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano che nei giorni scorsi ha affermato: “L'Italia continuerà a compiere ogni tenace sforzo per riportare a casa i due marò detenuti in India a causa di un'insufficiente garanzia di tutela dell'impegno esplicato nella missione internazionale contro la pirateria nell'Oceano Indiano”.
Che i due fucilieri del reggimento San Marco, LaTorre e Girone, siano i veri responsabili della morte dei due pescatori indiani è ben chiaro a tutti che è del tutto da dimostrare e seppure fosse, il fatto è accaduto in acque internazionali dove l’India non ha giurisdizione e a bordo di una nave battente bandiera italiana.
Per cui è indubbiamente sindacabile il comportamento delle autorità indiane che trattengono contro la loro volontà e quella del loro governo due militari italiani, funzionari dello stato arrestati mentre svolgevano servizio per conto del loro Paese su una nave commerciale di bandiera.
Inoltre. È stato dimostrato che i due marò esplosero effettivamente alcuni colpi, senza nemmeno colpirla, per fermare un’imbarcazione che si stava avvicinando troppo alla nave su cui erano imbarcati e che questa certamente non era il Saint Anthony, il peschereccio indiano su cui erano imbarcati i due pescatori uccisi in mare.
I due sottoufficiali di marina attualmente si trovano in libertà su cauzione con l’obbligo di risiedere nella città portuale di Kochi nel Kerala e di potersi spostare per non più di 10 km. Si tratta della città da cui è iniziata questa vicenda dopo che la petroliera Enrica Lexie, della società armatrice partenopea F.lli D’Amato, il 15 febbraio scorso è tornata indietro, sebbene si trovasse già in acque internazionali, mettendo di fatto i due militari italiani nelle mani delle autorità dello stato meridionale indiano. La nave dopo un breve periodo sotto sequestro,  lo scorso mese di maggio, è tornata dal ‘suo’ armatore, mentre i due militari sono rimasti in India.
Ferdinando Pelliccia

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DARFUR:NON C'E' PIU' TEMPO DA PERDERE!

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Un bambino del Darfur

Un bambino del Darfur
aiuta ad aiutarlo sostieni le iniziative pro Darfur
In Darfur dal 2003 ad oggi sono state compiute esecuzioni, anche di massa, stupri, soprattutto di massa, nei confronti di donne, uomini e bambini e interi villaggi sono stati rasi al suolo. Il terrore è stato usato come pratica generalizzata e a sfondo razziale mentre lo stupro è diventato una vera e propria arma da guerra.
Il governo sudanese di Khartoum da parte sua ha bombardato senza sosta i civili, e ha reso sempre più difficili le operazioni di soccorso delle organizzazioni umanitarie nei confronti delle genti del Darfur, fino al punto di far scappare via la maggior parte delle Ong operanti nella regione sudanese e liberarsi così di scomodi testimoni di quanto accadeva in quei luoghi. La stessa tattica è stata seguita prima con i peacekeepers dell'Ua e poi con quelli dell'Onu...
Tutto il mondo è a conoscenza di quanto accade in quella remota regione sudanese e lancia denunce. Da un lato Washington parla di genocidio, dall’altro l'Onu parla di catastrofe umanitaria e di pulizia etnica.
Il tutto però resta nella totale impunità!
Intanto, dal Febbraio 2003 anno in cui è iniziata la ribellione della popolazione di etnia africana del Darfur, circa 6 milioni in maggioranza musulmana e in parte animista, contro il governo sudanese, musulmano ma integralista e soprattutto di etnia araba e bianca, è scoppiato il conflitto che ha causato finora circa 300mila morti e due milioni e mezzo di profughi. Una protesta nata per lo stato di totale abbandono e sfruttamento in cui la popolazione nera era tenuta. La repressione del governo centrale è stata spietata, soprattutto facendo uso dei Janjaweed, i diavoli a cavallo, che sono milizie nomadi di etnia araba che hanno compiuto tutti gli orrori possibili e inimmaginabili contro le genti del Darfur di etnia nera, per lo più contadini e pastori.

Il pianto di un innocente a Gaza

Il pianto di un innocente a Gaza
Ancora una volta il mondo intero si dovrebbe vergognare!!!
La guerra chi puo raccontarla? E' difficile farlo ma tutti possiamo immaginare come sia il sentire l'odore dei morti abbandonati nelle strade o sotto le macerie, il vedere i bambini che muoiono di fame accanto al cadavere della madre, il sentire il lamento dei feriti e lo strazio dei sopravvissuti, di chi si vede impotente e maledice chi gli ha portato via tutto.
Nella Striscia di Gaza siamo ormai quasi alla terza settimana di bombardamenti e inesorabilmente, come non potrebbe essere diversamente con tutta la tecnologia militare del 21° secolo che gli israeliani stanno usando, il numero dei morti tra i civili continuato ad aumentare, mentre l'esercito israeliano bombarda le loro case si moltiplicano tra i palestinesi le scene di disperazione e di dolore causati dagli effetti devastanti della guerra che certamente non sono cambiati nel tempo anzi al contrario.

Giugno 2009: La rivoluzione di velluto in Iran

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Sono solidale con i persiani che manifestano

Il 12 giugno 2010 è caduto il primo anniversario delle contestate elezioni iraniane. Elezioni che decretarono la riconferma a presidente dell’Iran di Mahmud Ahmadinejad. Il Paese ha vissuto le prime ora di questa giornata con una calma carica di tensione che poi, è scoppiata nel pomeriggio intorno alle 16, le 13.30 italiane con i primi scontri tra manifestanti e forze di sicurezza nei pressi dell’Università Sharif di Teheran. Era impensabile che l’opposizione iraniana del movimento riformista dell’Onda Verde si facesse scappare questa occasione per proclamare il proprio dissenso al regime degli Ayatollah. I luoghi delle sanguinose proteste post elettorali di un anno fa si sono quindi di nuovo riempiti di manifestanti. Questo, nonostante l’appello dei leader dell’opposizione, Moussavi e Karroubi, a evitare di scendere in piazza e nonostante che le forze di sicurezza avessero preso posizione in vari punti strategici del centro di Teheran per prevenire manifestazioni. Nonostante le proteste e le accuse di brogli elettorali il contestato presidente Ahmadinejad ha potuto proseguire nel suo mandato, quasi certamente usurpato, grazie all’appoggio dell’ayatollah Ali Khamenei, la Guida Suprema. La lotta continuerà. Viva la Persia! Viva il movimento riformista!


i 44 presidenti degli Usa

i 44 presidenti degli Usa
da www.patrickmoberg.com/blog/id:420/november-4-2008

The President United States of America

The President United States of America
Barack Obama

E' morta Miriam Makeba

E' morta Miriam Makeba
Addio Mama Afrika....io continuerò a sognare...

Notes

***

Italia. Violenza sessuale è allarme sociale


Dopo i recenti casi di stupri, a Roma, Bologna e Milano non si riesce quasi più a tenere il conto degli episodio di violenza sessuale che, dall'inizio dell'anno, si stanno susseguendo in Italia ad opera principalmente di stranieri. Un orribile reato che si verifica nelle grandi città metropolitane come nei piccoli centri urbani. Emergono dati da brividi dalle informazioni fornite dal Presidente facente funzioni del Tribunale di Como Giuseppe Anzani e dal Procuratore capo Alessandro Maria Lodolini. Ogni 4 giorni in Procura a Como arriva una denuncia per violenza sessuale. I fascicoli aperti tra luglio 2007 e giugno 2008 sono stati 89, tra violenze sessuali e pedofilia. Ma è solo la punta di un iceberg in quanto, il reato, per la quasi totalità è sommerso perché prevale ancora la paura e la vergogna a denunciare la violenza subita. Fino ad oggi la violenza che subivano le donne era soprattutto domestica, ma gli episodi di violenza che hanno visto protagoniste, loro malgrado, delle donne avvenuti negli ultimi giorni, per le strade, propongono una nuova emergenza. Un autorevole testimonianza è portata da Telefono Rosa che da anni conosce il fenomeno ed assiste le vittime. “Ciò che sta avvenendo dall'inizio dell'anno, precisa il presidente Maria Gabriella Carnieri Moscatelli, mi preoccupa. Non so se è solo l'effetto di maggiori denunce ma, dal nostro osservatorio, non era mai stato rilevata una cosa simile”. Gli avvenimenti degli ultimi giorni non fanno altro che conferma un'allarmante costante: in testa alla classifica degli autori di stupri ci sono gli stranieri. Il triste primato vede fra i primi i romeni, seguiti da marocchini e albanesi che sembra abbiano dato il via ad una esecrabile escalation di violenza contro le donne. Assodato che nella stragrande maggioranza dei casi questi episodi sono commessi da stranieri, spesso clandestini, ora si deve dare a tutto questo uno stop. Certezza della pena, custodia cautelare in carcere per chi è accusato di violenza sessuale ed esclusione di attenuanti per chi delinque sotto effetto di alcool e droghe. Tutto ovviamente tenendo conto di due elementi fondamentali: abbattere l'allarme sociale provocato da questo tipo di reati e tutelare la dignità della vittima, che va assicurata anche nel percorso dibattimentale.
Per raggiungere un risultato anzitutto è importante l'introduzione nel ddl sicurezza dell'obbligo del carcere per chi stupra. Forse il decreto 'anti-stupro' sarà pronto per venerdì esso dovrebbe contenere, come annunciato, importanti novità: gli accusati di stupro non potranno beneficiare della libertà condizionale, ci sarà un avvocato a spese dello Stato per le vittime di violenza sessuale, arriveranno nuovi presidi di polizia con relativi stanziamenti, saranno anticipate le norme contenute nel ddl anti-molestie che la Camera ha già approvato. Tra le altre cose, ci dovrebbero essere anche aggravanti se a commettere violenza sono familiari, partner o tutori; un pesante aggravio di pena se la vittima è sotto i 14 anni; uguale trattamento, invece, se la vittima è maggiorenne o appena sotto i 18; ergastolo sicuro, se allo stupro segue la morte della vittima. Mano pesante anche per i complici: nessuna possibilità di godere dei domiciliari neppure per i favoreggiatori.

***

La scuola pubblica in Italia con la 'Riforma Gelmini'

Esprimo la mia piena solidarietà con tutti coloro che protestano contro la Legge 133/08 la cosidetta 'Riforma Gelmini'....

Le cifre presentate nel decreto fanno venire i brividi: i tagli previsti dal decreto legge 112, poi convertito nella legge 133/08, e gli ulteriori provvedimenti contenuti nel decreto 137 porteranno, a livello nazionale, ad una riduzione di circa 100mila posti tra il personale docente e di 43mila posti tra quello Ata (ausiliari, tecnici e amministrativi).
Per molti, anche per i non addetti ai lavori, l'effetto provocato dalla legge che in pratica azzererà in poco tempo le faticose conquiste di anni e anni, non solo in termini di posti di lavoro, ma anche di mission- educativa e di didattica, rende il momento dei più cupi e tristi degli ultimi anni. Ai tagli vanno poi sommati, le conseguenze che scaturiranno dalla reintroduzione del maestro unico nelle scuole elementari.
L'Europa chiede più scuola, più sapere e l'Italia che fa?
Il contrario!
Rientrodurre il maestro unico è compiere, di sicuro, un passo indietro di almeno mezzo secolo. Se non addirittura si ritorna al tempo del libro cuore, senza offesa per quel libro mio compagno di tanti pomeriggi.
Perchè tutto questo? Bella domanda!
Molto probabilmente si tenta di mascherare con questa supposta riforma quello che è il vero scopo del provvedimento: incassare o meglio risparmiare in poco meno di 4-5 anni 8miliardi di euro. Questa è la cifra stimata, che dovrebbe restare nelle casse dello stato.
Un risparmio quindi certo ottenuto tagliando centinaia di migliaia di posti di lavoro ma al contempo che produrrà anche un effetto negativo: quello di un drastico ridimensionamento del servizio scolastico pubblico in favore forse di quello privato. Inoltre un'altra diretta conseguenza della L.133/08 sarà la chiusura di decine e decine di plessi scolastici.
Molte scuole, soprattutto nei piccoli centri urbani, non ci saranno più. A scomparire sarà anche un altro degli elementi cardine dell'istruzione primaria italiana: il tempo pieno. Bisogna fare attenzione, chi sostiene che il tempo pieno non sarà toccato dalla riforma o che addirittura aumenterà mente sapendo di farlo.
Rifletteteci un poco e capirete perchè!
Se prima, per ogni 2 classi, c'erano 3 insegnanti d'ora in poi sarà uno per classe, a seguire e istruire dai 20 ai 30 alunni e che svolgerà il suo orario lavorativo settimanale esclusivamente di mattina. Pertanto al pomeriggio non potrà esserci altro che un sorta di dopo-scuola, trasformando il tempo pieno di fatto in un parcheggio pomeridiano per i bambini, che nulla ha da condividere con l'offerta didattica di cui fino ad ieri, prima della 'riforma Gelmini', gli alunni potevano usufruire con il tempo pieno.

...

ARRIVERA' PER NATALE UNA 'SOCIAL CARD' AD OLTRE 1MLN DI ITALIANI 'POVERI'

C’è un detto che dice: "meglio poco che niente!".
In questo caso tra il poco e il nulla ci sono così poche differenze che è difficile distinguerli.
La 'social card, almeno per il momento, sembra più l’ennesimo spot varato dal governo che piuttosto un provvedimento serio in grado di aiutare per davvero i più bisognosi.
Nessuno però si è ricordato di dire che ogni spesa effettuata con la 'social card' in automatico sarà data una commissione alla Mastercard che è la società che ha emmesso ed è la proprietà della card.
Bhe! Almeno qualcuno di certo ci guadagnerà da questa iniziativa...
Appare strano che un'iniziativa così benefica abbia comunque dei costi accessori...stranezze tutte italiane!

***

Parole....di Abraham Lincoln

Non si può arrivare alla prosperità

scoraggiando l'impresa.
Non si può rafforzare il debole
indebolendo il più forte.
Non si può aiutare chi è piccolo
abbattendo chi è grande.
Non si può aiutare il povero
distruggendo il ricco.
Non si possono aumentare le paghe
rovinando i datori di lavoro.
Non si può progredire serenamente
spendendo più del guadagno.
Non si può promuovere la fratellanza umana
predicando l'odio di classe.
Non si può instaurare la sicurezza sociale
adoperando denaro imprestato.
Non si può formare carattere e coraggioto
gliendo iniziativa e sicurezza.
Non si può aiutare continuamente
la gente facendo in sua vece quello che potrebbe
e dovrebbe fare da sola.

USA 2008: ELETTO PRESIDENTE BARACK OBAMA

USA 2008: ELETTO PRESIDENTE BARACK OBAMA

marito e padre

i due rivali

genere umano

GIOCHI OLIMPICI DI PECHINO

GIOCHI OLIMPICI DI PECHINO
da peacereporter

23/02/2002 - 02/07/2008 Ingrid Betancourt è stata liberata!

23/02/2002 - 02/07/2008                  Ingrid Betancourt è stata liberata!
faccio mia la gioia di tutti!

Finalmente liberi!!!

Finalmente liberi!!!

Grazie a loro la Betancourt è libera

Grazie a loro la Betancourt è libera
il ministro della Difesa colombiano Santos e il generale Montoya

Grazie Uribe!!

Grazie Uribe!!
La Betancourt ha incontrato il presidente colombiano Uribe che vinse le elezioni del 2002

madre e figlia!

madre e figlia!
Yolanda Pulecio e Ingrid Betancourt

le due Betancourt

le due Betancourt
Ingrid abbraccia la madre Yolanda

La gioia della libertà riconquistata

La gioia della libertà riconquistata
Ingrid Betancourt dopo la liberazione