mercoledì 28 dicembre 2011

Pirateria somala: urgenti misure a difesa della navigazione mercantile, ma...

Dopo che un’altra nave italiana è caduta nelle mani dei pirati somali, da più parti, specie da quella degli armatori, si sollecitano urgenti misure a difesa della navigazione mercantile italiana, ma….
Si tratta della terza nave battente il tricolore sequestrata nel 2011 in Africa Orientale. Dopo la petroliera ‘SAVINA CAYLYN ‘ e la MV ‘ROSALIA D’AMATO’ ora è toccato alla MV 'ENRICO IEVOLI' con 18 uomini di equipaggio di cui 6 sono italiani, tra cui il comandante, 5 ucraini e 7 indiani.
A dire il vero le navi italiane catturate dai pirati nel 2011 sono state però, sei.
La ‘quota’ si raggiunge se si calcola anche la nave cisterna ‘Dominia’ catturata dai pirati al largo delle coste nigeriane, la petroliera ‘Alessandra Bottiglieri’ catturata al largo del porto di Cotonou, nel Benin e la petroliera, ‘Anema e Core' catturata nel golfo della Nigeria.
Questi atti di pirateria sono però, avvenuti dall’altro lato del continente africano, nell’Africa Occidentale, e forse per questo motivo scaturiscono meno ‘indignazione’.
Però, essa dimostra che c’è pirateria e pirateria.
Una pirateria i cui atti si risolvono in pochi giorni e un’altra che invece, quasi non hanno fine.
Una pirateria per cui non si spende un euro per contrastarla, ma che comunque non produce ingenti danni, ed una pirateria per cui si spendono mld di dollari all’anno per contrastarla e che comunque produce ingenti danni economici e non solo.
Una pirateria che ha uno sfondo politico e sociale e una che ha uno sfondo criminale.
Una pirateria che ‘giova’ a pochi e una pirateria che ‘avvantaggia’ molti.
Comunque sia, per tanti motivi, anche oscuri, il mare al largo della Somalia ‘resta’ quello più pericoloso per la navigazione marittima ed ora sembra, per il fatto che nel 2011 siano italiane 3 navi catturate su oltre un centinaio attaccate, si voglia sottolineare soprattutto un pericolo per quella italiana.
Eppure nel Golfo della Nigeria erano italiane 3 delle navi catturate dai pirati su 19 attaccate in tutto il 2011. Una proporzione altissima che però, non ha suscitato lo stesso allarmismi.
Questo ennesimo episodio di pirateria nel mare del Corno d’Africa, che vede vittima una nave italiana, ha finito per fare da sponda alle richieste di coloro i quali ritengono che vadano adottate urgenti misure a difesa della navigazione mercantile italiana come imbarcare anche guardie armate private a difesa della nave.
In Italia ‘purtroppo’ non vi sono strumenti legislativi che consentono, alle navi mercantili, di imbarcare personale di sicurezza privato.
Il ricorso alle guardie armate private italiane non potrà avvenire prima di qualche anno.
Su questo fronte l’Italia è molto in ritardo rispetto a Francia e Gran Bretagna leader del settore.
In Italia entro la fine del 2012 dovrebbero forse partire i primi corsi di Ship Security Officer, SSO, e Ports and Facilities Security Officer, PFSO. Questo in attesa che venga legiferato un riconoscimento pubblico delle agenzie di sicurezza private italiane. Un decreto che riconosca appunto la figura professionale del ‘contractor’. Un provvedimento questo, che deve venire dal ministero dell'Interno e serva a regolarne l'attività.
Un ritardo grave questo, che potrebbe aprire ‘varchi’ ad altre ‘entità’ anche straniere.
Comunque sia per tutti, le regole di ingaggio si baseranno sul principio di autodifesa, cioè il ricorso dell'uso della forza solo quando sarà necessario.
I primi team di sicurezza sono stati imbarcati su navi del Belgio e poi francesi e spagnole già dal 2009 ed è questa una delle regioni che le navi di bandiera di questi Paesi sono state le meno colpite.
I pirati somali sono sempre ben informati e sanno bene quali navi sono difese e quali non lo sono.
Mentre, nulla vieta all’Italia invece, di proteggere i propri connazionali e naviglio con militari di tutte le forze armate italiane. I Nuclei militari di protezione, NMP.
Purtroppo sono disponibili solo 10 NMP di 6 unità ciascuno per proteggere per lo meno i 900 mercantili italiani che ogni anno attraversano il solo Golfo di Aden. Pertanto, è chiaro che si dovrà allargare la partecipazione ai team di sicurezza formati da militari ad altro personale delle altre forze armate italiane.
In teoria potrebbero partecipare tutti, dalla Guardia Forestale alla Polizia Penitenziaria e volendo anche la Polizia Municipale. L’importante che siano unità in servizio marittimo. Trattandosi però, di un lavoro ‘delicato’ per ora si ricorrerà solo a unità con una preparazione specifica e di eccellenza come potrebbero essere i NOCS della Polizia di Stato e i GIS dell’Arma dei Carabinieri.
Le scorte armate sono state contemplate per la prima volta dall'articolo 5 del decreto legge del 12 luglio 2011.
Stamani è stata pubblicata dal 'Corriere della Sera' l’intervista rilasciata dal vicepresidente della Confederazione italiana degli armatori, Confitarma, Stefano Messina. “Noi abbiamo bisogno di poter ingaggiare, come fanno gli armatori di altri Paesi, sicurezze private con armi a bordo. La pirateria è sempre più aggressiva, più evoluta e più ricca. Le sue aree di azione si sono allargate. Da ottobre è operativo l'accordo che Confitarma ha concluso con la difesa, la Farnesina e altri ministeri sulla presenza di uomini della Marina militare a bordo nave” afferma nell'intervista Sefano Messina spiegando che: “Ho sentito dei colleghi soddisfatti però le forze che la Marina militare può dedicare a questo servizio purtroppo non sono sufficienti per tutte le navi. I militari non bastano, anche perchè il numero delle nostre navi sulle rotte a rischio è sempre maggiore. E' necessario che si riprenda la legge sulla possibilità di ingaggiare società private”.
Il riferimento è alla convenzione che consentirà a personale armato, militari della marina militare e di tutte le altre forze armate italiane e ‘contractors’ forniti da società di sicurezza private italiane, di imbarcarsi a bordo dei mercantili italiani in navigazione nell'Oceano Indiano. I militari italiani imbarcati su cargo non saranno sottoposti alla catena di comando della nave, ma risponderanno alle gerarchie militari.
Comunque sia ora i mercantili italiani dovranno anche ‘adattarsi’. Nel senso che quelli che imbarcheranno i team di sicurezza dovranno avere un locale idoneo per il deposito e trasporto armi e munizioni. Una norma questa contenuta in un recente decreto della Capitaneria di Porto. Il provvedimento disciplina le procedure tecnico-amministrative relative all'imbarco dei militari a protezione a bordo del naviglio nazionale che si reca nelle aree pericolose.
Per quanto riguarda l’arresto di eventuali pirati che siano catturati nel corso di un attacco ad una nave difesa dai team di sicurezza sorge un piccolo dilemma.
Il diritto internazionale marittimo prevede che ogni stato che fermi, tramite una propria nave da guerra, una nave pirata, possa arrestare i suoi membri e processarli presso i propri tribunali.
Ora sorge un dubbio, se sono i militari forse il diritto è osservato, ma quando saranno i contractor? Anche in questo caso c’è un vuoto legislativo da colmare.
Nel frattempo, è sempre valido l’appello lanciato lo scorso mese di aprile dalla Camera di Commercio Internazionale, ICC, ai governi a rafforzare la tutela della marina mercantile nel corno d'Africa e nella zona settentrionale dell'Oceano Indiano. Nella nota dell’ICC si leggeva che le azioni dei pirati al largo delle coste somale: “Sono azioni violente che non solo danneggiano il commercio internazionale e mettono a rischio la vita di migliaia di lavoratori del settore marittimo, ma rappresentano dei veri e propri crimini extraterritoriali che necessitano di una forte risposta internazionale nell'ambito della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto della navigazione”.
Come pure si spera sia stato superato il richiamo che l’Europa ha inviato agli armatori italiani ad inizio anno. La commissione europea segnalava che alcune unità mercantili italiane che attraversano le aree a rischio pirateria, non si attengono, come dovuto, alle raccomandazioni riportate nelle best management del mschoa. Si tratta dell’organismo che funge da punto di contatto primario per le navi mercantili e di collegamento con le forze navali militari internazionali che operano nel mare dei pirati e che ha sede a Dubai negli Emirati Uniti e che gestisce il ‘Reportin Scheme’.
Il documento è consultabile anche sul sito del Sindacato Marittimi, SDM, al seguente link: http://www.sindacatomarittimi.eu/articoli.php?mode=search_ID&ID=598
In particolare, sembra che alcuni mercantili italiani, secondo quanto si leggeva nel documento dell’Ue, omettevano di comunicare sul sito http://www.mschoa.org/Links/Pages/UKMTO.aspx, come da procedura, i dati del viaggio nell'area a rischio e omettevano di riportare via telefono e via email i dettagli del viaggio all'UMKTO o mschoa.
Di fatto veniva omessa la registrazione del transito della nave nel mare dei pirati e quindi, la nave si autoescludeva dalla protezione navale militare che è in atto nelle acque infestate dai pirati.
Cosa questa che, sempre nel documento Ue, è fortemente evidenziata nel punto in cui si legge: “…al gravissimo pericolo cui il mercantile stesso si sottopone nell'attraversare le aree a rischio pirateria senza alcuna possibilità di assistenza”.
Un fatto questo inspiegabile, ma che di certo evidenzia che ci sono anche altre ragioni che espongono il naviglio italiano al rischio sequestro da parte dei pirati somali e che spiega come finora non sempre gli assalti siano stati sventati.

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Un bambino del Darfur

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aiuta ad aiutarlo sostieni le iniziative pro Darfur
In Darfur dal 2003 ad oggi sono state compiute esecuzioni, anche di massa, stupri, soprattutto di massa, nei confronti di donne, uomini e bambini e interi villaggi sono stati rasi al suolo. Il terrore è stato usato come pratica generalizzata e a sfondo razziale mentre lo stupro è diventato una vera e propria arma da guerra.
Il governo sudanese di Khartoum da parte sua ha bombardato senza sosta i civili, e ha reso sempre più difficili le operazioni di soccorso delle organizzazioni umanitarie nei confronti delle genti del Darfur, fino al punto di far scappare via la maggior parte delle Ong operanti nella regione sudanese e liberarsi così di scomodi testimoni di quanto accadeva in quei luoghi. La stessa tattica è stata seguita prima con i peacekeepers dell'Ua e poi con quelli dell'Onu...
Tutto il mondo è a conoscenza di quanto accade in quella remota regione sudanese e lancia denunce. Da un lato Washington parla di genocidio, dall’altro l'Onu parla di catastrofe umanitaria e di pulizia etnica.
Il tutto però resta nella totale impunità!
Intanto, dal Febbraio 2003 anno in cui è iniziata la ribellione della popolazione di etnia africana del Darfur, circa 6 milioni in maggioranza musulmana e in parte animista, contro il governo sudanese, musulmano ma integralista e soprattutto di etnia araba e bianca, è scoppiato il conflitto che ha causato finora circa 300mila morti e due milioni e mezzo di profughi. Una protesta nata per lo stato di totale abbandono e sfruttamento in cui la popolazione nera era tenuta. La repressione del governo centrale è stata spietata, soprattutto facendo uso dei Janjaweed, i diavoli a cavallo, che sono milizie nomadi di etnia araba che hanno compiuto tutti gli orrori possibili e inimmaginabili contro le genti del Darfur di etnia nera, per lo più contadini e pastori.

Il pianto di un innocente a Gaza

Il pianto di un innocente a Gaza
Ancora una volta il mondo intero si dovrebbe vergognare!!!
La guerra chi puo raccontarla? E' difficile farlo ma tutti possiamo immaginare come sia il sentire l'odore dei morti abbandonati nelle strade o sotto le macerie, il vedere i bambini che muoiono di fame accanto al cadavere della madre, il sentire il lamento dei feriti e lo strazio dei sopravvissuti, di chi si vede impotente e maledice chi gli ha portato via tutto.
Nella Striscia di Gaza siamo ormai quasi alla terza settimana di bombardamenti e inesorabilmente, come non potrebbe essere diversamente con tutta la tecnologia militare del 21° secolo che gli israeliani stanno usando, il numero dei morti tra i civili continuato ad aumentare, mentre l'esercito israeliano bombarda le loro case si moltiplicano tra i palestinesi le scene di disperazione e di dolore causati dagli effetti devastanti della guerra che certamente non sono cambiati nel tempo anzi al contrario.

Giugno 2009: La rivoluzione di velluto in Iran

Giugno 2009: La rivoluzione di velluto in Iran
Sono solidale con i persiani che manifestano

Il 12 giugno 2010 è caduto il primo anniversario delle contestate elezioni iraniane. Elezioni che decretarono la riconferma a presidente dell’Iran di Mahmud Ahmadinejad. Il Paese ha vissuto le prime ora di questa giornata con una calma carica di tensione che poi, è scoppiata nel pomeriggio intorno alle 16, le 13.30 italiane con i primi scontri tra manifestanti e forze di sicurezza nei pressi dell’Università Sharif di Teheran. Era impensabile che l’opposizione iraniana del movimento riformista dell’Onda Verde si facesse scappare questa occasione per proclamare il proprio dissenso al regime degli Ayatollah. I luoghi delle sanguinose proteste post elettorali di un anno fa si sono quindi di nuovo riempiti di manifestanti. Questo, nonostante l’appello dei leader dell’opposizione, Moussavi e Karroubi, a evitare di scendere in piazza e nonostante che le forze di sicurezza avessero preso posizione in vari punti strategici del centro di Teheran per prevenire manifestazioni. Nonostante le proteste e le accuse di brogli elettorali il contestato presidente Ahmadinejad ha potuto proseguire nel suo mandato, quasi certamente usurpato, grazie all’appoggio dell’ayatollah Ali Khamenei, la Guida Suprema. La lotta continuerà. Viva la Persia! Viva il movimento riformista!


i 44 presidenti degli Usa

i 44 presidenti degli Usa
da www.patrickmoberg.com/blog/id:420/november-4-2008

The President United States of America

The President United States of America
Barack Obama

E' morta Miriam Makeba

E' morta Miriam Makeba
Addio Mama Afrika....io continuerò a sognare...

Notes

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Italia. Violenza sessuale è allarme sociale


Dopo i recenti casi di stupri, a Roma, Bologna e Milano non si riesce quasi più a tenere il conto degli episodio di violenza sessuale che, dall'inizio dell'anno, si stanno susseguendo in Italia ad opera principalmente di stranieri. Un orribile reato che si verifica nelle grandi città metropolitane come nei piccoli centri urbani. Emergono dati da brividi dalle informazioni fornite dal Presidente facente funzioni del Tribunale di Como Giuseppe Anzani e dal Procuratore capo Alessandro Maria Lodolini. Ogni 4 giorni in Procura a Como arriva una denuncia per violenza sessuale. I fascicoli aperti tra luglio 2007 e giugno 2008 sono stati 89, tra violenze sessuali e pedofilia. Ma è solo la punta di un iceberg in quanto, il reato, per la quasi totalità è sommerso perché prevale ancora la paura e la vergogna a denunciare la violenza subita. Fino ad oggi la violenza che subivano le donne era soprattutto domestica, ma gli episodi di violenza che hanno visto protagoniste, loro malgrado, delle donne avvenuti negli ultimi giorni, per le strade, propongono una nuova emergenza. Un autorevole testimonianza è portata da Telefono Rosa che da anni conosce il fenomeno ed assiste le vittime. “Ciò che sta avvenendo dall'inizio dell'anno, precisa il presidente Maria Gabriella Carnieri Moscatelli, mi preoccupa. Non so se è solo l'effetto di maggiori denunce ma, dal nostro osservatorio, non era mai stato rilevata una cosa simile”. Gli avvenimenti degli ultimi giorni non fanno altro che conferma un'allarmante costante: in testa alla classifica degli autori di stupri ci sono gli stranieri. Il triste primato vede fra i primi i romeni, seguiti da marocchini e albanesi che sembra abbiano dato il via ad una esecrabile escalation di violenza contro le donne. Assodato che nella stragrande maggioranza dei casi questi episodi sono commessi da stranieri, spesso clandestini, ora si deve dare a tutto questo uno stop. Certezza della pena, custodia cautelare in carcere per chi è accusato di violenza sessuale ed esclusione di attenuanti per chi delinque sotto effetto di alcool e droghe. Tutto ovviamente tenendo conto di due elementi fondamentali: abbattere l'allarme sociale provocato da questo tipo di reati e tutelare la dignità della vittima, che va assicurata anche nel percorso dibattimentale.
Per raggiungere un risultato anzitutto è importante l'introduzione nel ddl sicurezza dell'obbligo del carcere per chi stupra. Forse il decreto 'anti-stupro' sarà pronto per venerdì esso dovrebbe contenere, come annunciato, importanti novità: gli accusati di stupro non potranno beneficiare della libertà condizionale, ci sarà un avvocato a spese dello Stato per le vittime di violenza sessuale, arriveranno nuovi presidi di polizia con relativi stanziamenti, saranno anticipate le norme contenute nel ddl anti-molestie che la Camera ha già approvato. Tra le altre cose, ci dovrebbero essere anche aggravanti se a commettere violenza sono familiari, partner o tutori; un pesante aggravio di pena se la vittima è sotto i 14 anni; uguale trattamento, invece, se la vittima è maggiorenne o appena sotto i 18; ergastolo sicuro, se allo stupro segue la morte della vittima. Mano pesante anche per i complici: nessuna possibilità di godere dei domiciliari neppure per i favoreggiatori.

***

La scuola pubblica in Italia con la 'Riforma Gelmini'

Esprimo la mia piena solidarietà con tutti coloro che protestano contro la Legge 133/08 la cosidetta 'Riforma Gelmini'....

Le cifre presentate nel decreto fanno venire i brividi: i tagli previsti dal decreto legge 112, poi convertito nella legge 133/08, e gli ulteriori provvedimenti contenuti nel decreto 137 porteranno, a livello nazionale, ad una riduzione di circa 100mila posti tra il personale docente e di 43mila posti tra quello Ata (ausiliari, tecnici e amministrativi).
Per molti, anche per i non addetti ai lavori, l'effetto provocato dalla legge che in pratica azzererà in poco tempo le faticose conquiste di anni e anni, non solo in termini di posti di lavoro, ma anche di mission- educativa e di didattica, rende il momento dei più cupi e tristi degli ultimi anni. Ai tagli vanno poi sommati, le conseguenze che scaturiranno dalla reintroduzione del maestro unico nelle scuole elementari.
L'Europa chiede più scuola, più sapere e l'Italia che fa?
Il contrario!
Rientrodurre il maestro unico è compiere, di sicuro, un passo indietro di almeno mezzo secolo. Se non addirittura si ritorna al tempo del libro cuore, senza offesa per quel libro mio compagno di tanti pomeriggi.
Perchè tutto questo? Bella domanda!
Molto probabilmente si tenta di mascherare con questa supposta riforma quello che è il vero scopo del provvedimento: incassare o meglio risparmiare in poco meno di 4-5 anni 8miliardi di euro. Questa è la cifra stimata, che dovrebbe restare nelle casse dello stato.
Un risparmio quindi certo ottenuto tagliando centinaia di migliaia di posti di lavoro ma al contempo che produrrà anche un effetto negativo: quello di un drastico ridimensionamento del servizio scolastico pubblico in favore forse di quello privato. Inoltre un'altra diretta conseguenza della L.133/08 sarà la chiusura di decine e decine di plessi scolastici.
Molte scuole, soprattutto nei piccoli centri urbani, non ci saranno più. A scomparire sarà anche un altro degli elementi cardine dell'istruzione primaria italiana: il tempo pieno. Bisogna fare attenzione, chi sostiene che il tempo pieno non sarà toccato dalla riforma o che addirittura aumenterà mente sapendo di farlo.
Rifletteteci un poco e capirete perchè!
Se prima, per ogni 2 classi, c'erano 3 insegnanti d'ora in poi sarà uno per classe, a seguire e istruire dai 20 ai 30 alunni e che svolgerà il suo orario lavorativo settimanale esclusivamente di mattina. Pertanto al pomeriggio non potrà esserci altro che un sorta di dopo-scuola, trasformando il tempo pieno di fatto in un parcheggio pomeridiano per i bambini, che nulla ha da condividere con l'offerta didattica di cui fino ad ieri, prima della 'riforma Gelmini', gli alunni potevano usufruire con il tempo pieno.

...

ARRIVERA' PER NATALE UNA 'SOCIAL CARD' AD OLTRE 1MLN DI ITALIANI 'POVERI'

C’è un detto che dice: "meglio poco che niente!".
In questo caso tra il poco e il nulla ci sono così poche differenze che è difficile distinguerli.
La 'social card, almeno per il momento, sembra più l’ennesimo spot varato dal governo che piuttosto un provvedimento serio in grado di aiutare per davvero i più bisognosi.
Nessuno però si è ricordato di dire che ogni spesa effettuata con la 'social card' in automatico sarà data una commissione alla Mastercard che è la società che ha emmesso ed è la proprietà della card.
Bhe! Almeno qualcuno di certo ci guadagnerà da questa iniziativa...
Appare strano che un'iniziativa così benefica abbia comunque dei costi accessori...stranezze tutte italiane!

***

Parole....di Abraham Lincoln

Non si può arrivare alla prosperità

scoraggiando l'impresa.
Non si può rafforzare il debole
indebolendo il più forte.
Non si può aiutare chi è piccolo
abbattendo chi è grande.
Non si può aiutare il povero
distruggendo il ricco.
Non si possono aumentare le paghe
rovinando i datori di lavoro.
Non si può progredire serenamente
spendendo più del guadagno.
Non si può promuovere la fratellanza umana
predicando l'odio di classe.
Non si può instaurare la sicurezza sociale
adoperando denaro imprestato.
Non si può formare carattere e coraggioto
gliendo iniziativa e sicurezza.
Non si può aiutare continuamente
la gente facendo in sua vece quello che potrebbe
e dovrebbe fare da sola.

USA 2008: ELETTO PRESIDENTE BARACK OBAMA

USA 2008: ELETTO PRESIDENTE BARACK OBAMA

marito e padre

i due rivali

genere umano

GIOCHI OLIMPICI DI PECHINO

GIOCHI OLIMPICI DI PECHINO
da peacereporter

23/02/2002 - 02/07/2008 Ingrid Betancourt è stata liberata!

23/02/2002 - 02/07/2008                  Ingrid Betancourt è stata liberata!
faccio mia la gioia di tutti!

Finalmente liberi!!!

Finalmente liberi!!!

Grazie a loro la Betancourt è libera

Grazie a loro la Betancourt è libera
il ministro della Difesa colombiano Santos e il generale Montoya

Grazie Uribe!!

Grazie Uribe!!
La Betancourt ha incontrato il presidente colombiano Uribe che vinse le elezioni del 2002

madre e figlia!

madre e figlia!
Yolanda Pulecio e Ingrid Betancourt

le due Betancourt

le due Betancourt
Ingrid abbraccia la madre Yolanda

La gioia della libertà riconquistata

La gioia della libertà riconquistata
Ingrid Betancourt dopo la liberazione