venerdì 4 marzo 2011

Pirateria somala: la doppiezza con cui viene affrontato il fenomeno

L’8 febbraio scorso 22 marittimi, equipaggio della petroliera italiana Savina Caylyn sono caduti nelle mani dei pirati somali. Si tratta di una superpetroliera lunga 266 metri e con una stazza di 105mila tonnellate appartenente alla società armatrice campana ‘Fratelli D’Amato’ con sede a Napoli. La petroliera italiana carica di greggio era in navigazione dal terminal petrolifero di Bashayer, in Sudan, al porto di Pasir Gudang, in Malaysia. L’assalto è avvenuto in pieno Oceano Indiano, tra le coste indiane e quelle somale. I predoni del mare ora li trattengono tutti in ostaggio in attesa che il governo del loro Paese di origine o la società armatrice paghi un riscatto per il loro rilascio. Cinque di essi sono italiani, tre campani, un laziale e un triestino, gli altri 17 sono indiani. Dalla Farnesina hanno fatto sapere che la situazione è sotto controllo e che l’equipaggio sta bene. Dalla Fratelli D’Amato hanno riferito che l’equipaggio ha a disposizione provviste per oltre un mese. Sull’intera vicenda però, è calata una cappa di silenzio. Un silenzio voluto e imposto dal governo italiano in specie il ministro della Difesa, Ignazio La Russa che ha ‘zittito’ i vertici della Marina Militare che forse avevano ‘aperto troppo la bocca’. Nel frattempo, ovviamente le redini sono state prese in mano dalla Farnesina che si dice impegnata in una frenetica attività, animata quasi certamente dalla ‘speranza’ di riuscire a chiudere al più presto la vicenda, per riportare tutti sani e salvi a casa. Si tratta di un nuovo capitolo della pirateria marittima al largo della Somalia che vede uomini e nave italiani vittime di un sequestro. La petroliera è all’ancora presso le coste somale del Puntland, dove hanno i loro covi le varie gang del mare che operano nel mare del Corno D’Africa e Oceano Indiano, sono sette in tutto. Il Puntland è la regione semiautonoma a Nord est della Somalia. Una vera e propria moderna Tortuga composta da una serie di porticcioli, un tempo di pescatori ed ora basi logistiche pirate. Però, pur conoscendo il luogo esatto dove vengono condotte navi e uomini catturati, fino ad oggi la comunità internazionale non è intervenuta per porre fine a tutto questo. Non si è nemmeno preoccupata, una volta che è stato pagato il riscatto e l’equipaggio è stato messo al sicuro, di cercare di intercettare sia i pirati sia il denaro. Nessuno si è nemmeno mai preoccupato di identificare e bloccare i colletti bianchi che verosimilmente operano per riciclare il denaro frutto dei sequestri. Questo è uno degli aspetti che evidenzia la doppiezza con cui viene affrontato il fenomeno della pirateria somala da parte della comunità internazionale. Dopo circa 18 mesi altri italiani sono caduti nelle mani dei pirati somali. La volta precedente era ‘toccato’ al rimorchiatore d’altura ‘Buccaneer’ con il suo equipaggio di 16 marittimi di cui dieci italiani. Catturati nel Golfo di Aden alla vigilia di Pasqua del 2009, era l’11 aprile, sono stati poi rilasciati quasi 4 mesi dopo, il 9 agosto dello stesso anno. Per il loro rilascio sono stati ‘sborsati’ milioni di dollari. Di questi milioni alcuni sono andati anche alla gang del mare che tratteneva in ostaggio nave e equipaggio. A loro, in mare, hanno consegnato 4 borsoni cellofanati in cui, con loro immensa sorpresa, i pirati somali hanno trovato più di quanto chiedevano. Ogni borsone conteneva un milione di dollari. E’ questo il motivo per il quale nel mare del Corno D’Africa e nell’Oceano Indiano un migliaio di somali si dedicano alla pirateria marittima. Un’attività criminale che in meno di sette anni ha permesso loro di raccogliere milioni di dollari proventi dei riscatti che chiedono e ottengono per il rilascio delle navi e dei loro equipaggi che catturano. Come insegnano tutti gli episodi verificati finora per giungere al rilascio degli ostaggi occorre avviare una paziente trattativa tessendo anche contatti internazionali e ricorrendo anche a intermediari locali. Ovviamente sostenendo dei costi. E’ grazie ai riscatti pagati che i moderni filibustieri si sostengono pertanto, nessuna forma di negoziato che non porti ad esso ha mai avuto finora successo. Gli ostaggi tornano a casa solo se il governo del loro Paese d’origine o la loro società armatrice pagano. Solo in determinate occasioni, in cui si è ricorso al blitz militare per liberare gli ostaggi, non è stato pagato alcun riscatto. Però, purtroppo in alcuni casi si sono registrate delle perdite umane tra gli ostaggi. Per cui il ricorso al blitz militare resta sempre l’ultima opzione. Mentre, cresce l’ipotesi di dotare tutti i mercantili, che transitano nel mare dei pirati, di guardie private armate a bordo. Meglio prevenire che curare secondo alcuni. L’ipotesi però, ha incontrato diversi ostacoli giuridici e non poche opposizioni che in molti Paesi, Italia in testa, si lavora per superare. Sono molti però, che ritengono che esso possa inasprire le modalità di sequestro con un aumento della violenza. Alla luce del fatto che la liberazione di ogni cargo catturato è successiva solo al pagamento di un riscatto mette in evidenza ancora una volta la doppiezza del comportamento di molti Paesi. Nel mare dei pirati sono infatti, operative delle missioni navali militari internazionali di contrasto ai pirati somali. La stessa Italia vi ha finora impiegato oltre una decina di navi da guerra della Marina militare italiana. Navi che si sono avvicendate periodicamente in questo teatro operativo a partire dal 2005. Navi da guerra che operano sia sotto bandiera nazionale sia integrate all'interno di dispositivi anti pirateria internazionali ed europei. L’ultima arrivata è la Fregata Espero che dal primo marzo ha sostituito la Fregata Zeffiro, al termine dei tre mesi di attività operativa, nell’ambito della missione Ue di contrasto alla pirateria, Atalanta. I Paesi che sono impegnati in queste missioni anti pirati, mentre da un lato li combattono dall’altro trattano con loro scendendo a patti e pagandogli un riscatto per ottenere il rilascio dei loro mercantili catturati. Riscatti che di fatto, in parte, vanno a finanziare quell’attività piratesca che questi Paesi cercano invece, di contrastare. La cosa fa un po’ sorridere, ma è una delle tante realtà che avvolgono il fenomeno. In effetti nel mare dei pirati scorre un mare di dollari a cui direttamente o indirettamente attingono in tanti. Dalle stesse missioni di contrasto ne traggono giovamento in tanti. Il mantenimento delle varie missioni navali internazionali anti pirateria ha un costo per il Paese che vi partecipa. La stima fatta è di circa 100mila dollari al giorno per nave militare. Un costo ripartito tra costi carburante, viveri e indennità degli equipaggi. A fornire assistenza nell’area sono alcuni Paesi come Gibuti e Yemen. La sola missione Ue Atalanta ha un costo di circa 2 milioni di euro al giorno pari a 720milioni l’anno. L’Italia spende, per circa tre mesi di missione di un’unità navale della Marina Militare, circa 9 milioni di euro. Un contrasto che sulla carta ha raggiunto tanti obiettivi. Però, il fatto che, finora i pirati somali hanno catturato centinaia di imbarcazioni e un migliaio di marinai, equipaggi delle navi catturate sembra in pratica inefficiente, dimostra che un manipolo di uomini tiene in scacco un’intera flotta navale militare. Gli attacchi infatti, vengono condotti da una mezza dozzina di pirati che poi, impossessatisi del mercantile, si prendono anche gioco dei militari che giungono sul posto richiamati dal segnale di soccorso lanciato dal cargo attaccato. Gli ostaggi nelle mani dei pirati sono in gran parte di nazionalità filippina, egiziana, thailandese, indiana, siriana, pachistana, ucraina, cinese e cingalese. Vi sono anche alcuni cittadini europei, inglesi, greci, italiani e danesi. Tra i marittimi trattenuti vi sono anche dei minori, almeno sette. Si tratta di ragazzi e adolescenti di nazionalità egiziana e danese. I primi erano mozzi a bordo di alcuni pescherecci egiziani caduti nelle mani pirati somali, mentre i secondi erano a bordo dello Yacht ING catturato lo scorso 24 febbraio nell’Oceano Indiano. Non è dato sapere con precisione quanti siano le navi, almeno una trentina, e quanti i marittimi, almeno settecento, trattenuti in ostaggio dai pirati somali. Per loro oltre che trattare e scendere a patti con i loro sequestratori null’altro è stato mai fatto finora. Il perché potrebbe essere facilmente comprensibile. Dopo un anno e mezzo si è tornato a parlare di nuovo del sequestro del rimorchiatore italiano Buccaneer. La cui vicenda per molti aspetti somiglia, per le tante analogie che li accomunano, a quella della Savina Caylyn. Finirà anche nello stesso modo? Per ora non è dato saperlo. Comunque i marittimi del Buccaneer al loro ritorno in patria hanno raccontato cosa voglia dire finire nelle mani dei pirati somali. Per 118 gironi hanno trascorso giornate difficili e ancora oggi ne mostrano i segni, fisici e psicologici. I pirati li sorvegliavano a vista, non hanno mangiato ne bevuto a sufficienza, le provviste se le sono prese i pirati, e non sono riusciti nemmeno a dormire abbastanza. L’incubo sembrava non finire mai. A volte hanno subito torture psicologiche inimmaginabili. I giorni sembravano non passassero mai, mentre a casa cresceva l’ansia dei familiari e il timore per la loro sorte. Il tutto nel totale distacco dello stato sia prima sia dopo il sequestro. I marittimi del Buccaneer hanno vissuto una terribile esperienza che ha segnato la vita di molti di loro e dei loro familiari. Questo però, è quello che accade a tutti i marittimi che cadono nelle mani dei pirati somali. Del resto questi uomini sono lavoratori e non sono soldati che vanno a combattere una guerra e pertanto, non sono preparati a sopportare le angherie e le privazioni che invece, poi subiscono se cadono nelle mani dei pirati somali.

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Una fiammella accesa per tutte le persone che soffrono al mondo

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Nel mondo sono tante le persone che piangono e soffrono a loro dedico un affettuoso pensiero....

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Non mi abituerò mai a quest'immagine! Onore ai caduti

Nel mondo ogni giorno vengono compiute carneficine immani in cui le vittime sono inermi civili

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il volto di un immigrato

...a quei bravi ragazzi, figli dell'America di oggi, morti in guerra!

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DARFUR:NON C'E' PIU' TEMPO DA PERDERE!

IN DARFUR SONO DECINE SE NON CENTINAIA LE PERSONE CHE MUOIONO OGNI MESE...
FAI LORO DEL BENE... AIUTA I RIFUGIATI E I PROFUGHI DEL DARFUR FACENDO UNA DONAZIONE ALL'AGENZIA ONU PER I RIFUGIATI UNHCR CHIAMA LO 0680212304 PER SAPERE COME FARE....
RICORDATI BASTANO 31 EURO PER ACQUISTARE 8 COPERTE, 51 EURO PER UNA TENDA E 200 EURO PER DARE ASSISTENZA MEDICA A 25 FAMIGLIE...

Un bambino del Darfur

Un bambino del Darfur
aiuta ad aiutarlo sostieni le iniziative pro Darfur
In Darfur dal 2003 ad oggi sono state compiute esecuzioni, anche di massa, stupri, soprattutto di massa, nei confronti di donne, uomini e bambini e interi villaggi sono stati rasi al suolo. Il terrore è stato usato come pratica generalizzata e a sfondo razziale mentre lo stupro è diventato una vera e propria arma da guerra.
Il governo sudanese di Khartoum da parte sua ha bombardato senza sosta i civili, e ha reso sempre più difficili le operazioni di soccorso delle organizzazioni umanitarie nei confronti delle genti del Darfur, fino al punto di far scappare via la maggior parte delle Ong operanti nella regione sudanese e liberarsi così di scomodi testimoni di quanto accadeva in quei luoghi. La stessa tattica è stata seguita prima con i peacekeepers dell'Ua e poi con quelli dell'Onu...
Tutto il mondo è a conoscenza di quanto accade in quella remota regione sudanese e lancia denunce. Da un lato Washington parla di genocidio, dall’altro l'Onu parla di catastrofe umanitaria e di pulizia etnica.
Il tutto però resta nella totale impunità!
Intanto, dal Febbraio 2003 anno in cui è iniziata la ribellione della popolazione di etnia africana del Darfur, circa 6 milioni in maggioranza musulmana e in parte animista, contro il governo sudanese, musulmano ma integralista e soprattutto di etnia araba e bianca, è scoppiato il conflitto che ha causato finora circa 300mila morti e due milioni e mezzo di profughi. Una protesta nata per lo stato di totale abbandono e sfruttamento in cui la popolazione nera era tenuta. La repressione del governo centrale è stata spietata, soprattutto facendo uso dei Janjaweed, i diavoli a cavallo, che sono milizie nomadi di etnia araba che hanno compiuto tutti gli orrori possibili e inimmaginabili contro le genti del Darfur di etnia nera, per lo più contadini e pastori.

Il pianto di un innocente a Gaza

Il pianto di un innocente a Gaza
Ancora una volta il mondo intero si dovrebbe vergognare!!!
La guerra chi puo raccontarla? E' difficile farlo ma tutti possiamo immaginare come sia il sentire l'odore dei morti abbandonati nelle strade o sotto le macerie, il vedere i bambini che muoiono di fame accanto al cadavere della madre, il sentire il lamento dei feriti e lo strazio dei sopravvissuti, di chi si vede impotente e maledice chi gli ha portato via tutto.
Nella Striscia di Gaza siamo ormai quasi alla terza settimana di bombardamenti e inesorabilmente, come non potrebbe essere diversamente con tutta la tecnologia militare del 21° secolo che gli israeliani stanno usando, il numero dei morti tra i civili continuato ad aumentare, mentre l'esercito israeliano bombarda le loro case si moltiplicano tra i palestinesi le scene di disperazione e di dolore causati dagli effetti devastanti della guerra che certamente non sono cambiati nel tempo anzi al contrario.

Giugno 2009: La rivoluzione di velluto in Iran

Giugno 2009: La rivoluzione di velluto in Iran
Sono solidale con i persiani che manifestano

Il 12 giugno 2010 è caduto il primo anniversario delle contestate elezioni iraniane. Elezioni che decretarono la riconferma a presidente dell’Iran di Mahmud Ahmadinejad. Il Paese ha vissuto le prime ora di questa giornata con una calma carica di tensione che poi, è scoppiata nel pomeriggio intorno alle 16, le 13.30 italiane con i primi scontri tra manifestanti e forze di sicurezza nei pressi dell’Università Sharif di Teheran. Era impensabile che l’opposizione iraniana del movimento riformista dell’Onda Verde si facesse scappare questa occasione per proclamare il proprio dissenso al regime degli Ayatollah. I luoghi delle sanguinose proteste post elettorali di un anno fa si sono quindi di nuovo riempiti di manifestanti. Questo, nonostante l’appello dei leader dell’opposizione, Moussavi e Karroubi, a evitare di scendere in piazza e nonostante che le forze di sicurezza avessero preso posizione in vari punti strategici del centro di Teheran per prevenire manifestazioni. Nonostante le proteste e le accuse di brogli elettorali il contestato presidente Ahmadinejad ha potuto proseguire nel suo mandato, quasi certamente usurpato, grazie all’appoggio dell’ayatollah Ali Khamenei, la Guida Suprema. La lotta continuerà. Viva la Persia! Viva il movimento riformista!


i 44 presidenti degli Usa

i 44 presidenti degli Usa
da www.patrickmoberg.com/blog/id:420/november-4-2008

The President United States of America

The President United States of America
Barack Obama

E' morta Miriam Makeba

E' morta Miriam Makeba
Addio Mama Afrika....io continuerò a sognare...

Notes

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Italia. Violenza sessuale è allarme sociale


Dopo i recenti casi di stupri, a Roma, Bologna e Milano non si riesce quasi più a tenere il conto degli episodio di violenza sessuale che, dall'inizio dell'anno, si stanno susseguendo in Italia ad opera principalmente di stranieri. Un orribile reato che si verifica nelle grandi città metropolitane come nei piccoli centri urbani. Emergono dati da brividi dalle informazioni fornite dal Presidente facente funzioni del Tribunale di Como Giuseppe Anzani e dal Procuratore capo Alessandro Maria Lodolini. Ogni 4 giorni in Procura a Como arriva una denuncia per violenza sessuale. I fascicoli aperti tra luglio 2007 e giugno 2008 sono stati 89, tra violenze sessuali e pedofilia. Ma è solo la punta di un iceberg in quanto, il reato, per la quasi totalità è sommerso perché prevale ancora la paura e la vergogna a denunciare la violenza subita. Fino ad oggi la violenza che subivano le donne era soprattutto domestica, ma gli episodi di violenza che hanno visto protagoniste, loro malgrado, delle donne avvenuti negli ultimi giorni, per le strade, propongono una nuova emergenza. Un autorevole testimonianza è portata da Telefono Rosa che da anni conosce il fenomeno ed assiste le vittime. “Ciò che sta avvenendo dall'inizio dell'anno, precisa il presidente Maria Gabriella Carnieri Moscatelli, mi preoccupa. Non so se è solo l'effetto di maggiori denunce ma, dal nostro osservatorio, non era mai stato rilevata una cosa simile”. Gli avvenimenti degli ultimi giorni non fanno altro che conferma un'allarmante costante: in testa alla classifica degli autori di stupri ci sono gli stranieri. Il triste primato vede fra i primi i romeni, seguiti da marocchini e albanesi che sembra abbiano dato il via ad una esecrabile escalation di violenza contro le donne. Assodato che nella stragrande maggioranza dei casi questi episodi sono commessi da stranieri, spesso clandestini, ora si deve dare a tutto questo uno stop. Certezza della pena, custodia cautelare in carcere per chi è accusato di violenza sessuale ed esclusione di attenuanti per chi delinque sotto effetto di alcool e droghe. Tutto ovviamente tenendo conto di due elementi fondamentali: abbattere l'allarme sociale provocato da questo tipo di reati e tutelare la dignità della vittima, che va assicurata anche nel percorso dibattimentale.
Per raggiungere un risultato anzitutto è importante l'introduzione nel ddl sicurezza dell'obbligo del carcere per chi stupra. Forse il decreto 'anti-stupro' sarà pronto per venerdì esso dovrebbe contenere, come annunciato, importanti novità: gli accusati di stupro non potranno beneficiare della libertà condizionale, ci sarà un avvocato a spese dello Stato per le vittime di violenza sessuale, arriveranno nuovi presidi di polizia con relativi stanziamenti, saranno anticipate le norme contenute nel ddl anti-molestie che la Camera ha già approvato. Tra le altre cose, ci dovrebbero essere anche aggravanti se a commettere violenza sono familiari, partner o tutori; un pesante aggravio di pena se la vittima è sotto i 14 anni; uguale trattamento, invece, se la vittima è maggiorenne o appena sotto i 18; ergastolo sicuro, se allo stupro segue la morte della vittima. Mano pesante anche per i complici: nessuna possibilità di godere dei domiciliari neppure per i favoreggiatori.

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La scuola pubblica in Italia con la 'Riforma Gelmini'

Esprimo la mia piena solidarietà con tutti coloro che protestano contro la Legge 133/08 la cosidetta 'Riforma Gelmini'....

Le cifre presentate nel decreto fanno venire i brividi: i tagli previsti dal decreto legge 112, poi convertito nella legge 133/08, e gli ulteriori provvedimenti contenuti nel decreto 137 porteranno, a livello nazionale, ad una riduzione di circa 100mila posti tra il personale docente e di 43mila posti tra quello Ata (ausiliari, tecnici e amministrativi).
Per molti, anche per i non addetti ai lavori, l'effetto provocato dalla legge che in pratica azzererà in poco tempo le faticose conquiste di anni e anni, non solo in termini di posti di lavoro, ma anche di mission- educativa e di didattica, rende il momento dei più cupi e tristi degli ultimi anni. Ai tagli vanno poi sommati, le conseguenze che scaturiranno dalla reintroduzione del maestro unico nelle scuole elementari.
L'Europa chiede più scuola, più sapere e l'Italia che fa?
Il contrario!
Rientrodurre il maestro unico è compiere, di sicuro, un passo indietro di almeno mezzo secolo. Se non addirittura si ritorna al tempo del libro cuore, senza offesa per quel libro mio compagno di tanti pomeriggi.
Perchè tutto questo? Bella domanda!
Molto probabilmente si tenta di mascherare con questa supposta riforma quello che è il vero scopo del provvedimento: incassare o meglio risparmiare in poco meno di 4-5 anni 8miliardi di euro. Questa è la cifra stimata, che dovrebbe restare nelle casse dello stato.
Un risparmio quindi certo ottenuto tagliando centinaia di migliaia di posti di lavoro ma al contempo che produrrà anche un effetto negativo: quello di un drastico ridimensionamento del servizio scolastico pubblico in favore forse di quello privato. Inoltre un'altra diretta conseguenza della L.133/08 sarà la chiusura di decine e decine di plessi scolastici.
Molte scuole, soprattutto nei piccoli centri urbani, non ci saranno più. A scomparire sarà anche un altro degli elementi cardine dell'istruzione primaria italiana: il tempo pieno. Bisogna fare attenzione, chi sostiene che il tempo pieno non sarà toccato dalla riforma o che addirittura aumenterà mente sapendo di farlo.
Rifletteteci un poco e capirete perchè!
Se prima, per ogni 2 classi, c'erano 3 insegnanti d'ora in poi sarà uno per classe, a seguire e istruire dai 20 ai 30 alunni e che svolgerà il suo orario lavorativo settimanale esclusivamente di mattina. Pertanto al pomeriggio non potrà esserci altro che un sorta di dopo-scuola, trasformando il tempo pieno di fatto in un parcheggio pomeridiano per i bambini, che nulla ha da condividere con l'offerta didattica di cui fino ad ieri, prima della 'riforma Gelmini', gli alunni potevano usufruire con il tempo pieno.

...

ARRIVERA' PER NATALE UNA 'SOCIAL CARD' AD OLTRE 1MLN DI ITALIANI 'POVERI'

C’è un detto che dice: "meglio poco che niente!".
In questo caso tra il poco e il nulla ci sono così poche differenze che è difficile distinguerli.
La 'social card, almeno per il momento, sembra più l’ennesimo spot varato dal governo che piuttosto un provvedimento serio in grado di aiutare per davvero i più bisognosi.
Nessuno però si è ricordato di dire che ogni spesa effettuata con la 'social card' in automatico sarà data una commissione alla Mastercard che è la società che ha emmesso ed è la proprietà della card.
Bhe! Almeno qualcuno di certo ci guadagnerà da questa iniziativa...
Appare strano che un'iniziativa così benefica abbia comunque dei costi accessori...stranezze tutte italiane!

***

Parole....di Abraham Lincoln

Non si può arrivare alla prosperità

scoraggiando l'impresa.
Non si può rafforzare il debole
indebolendo il più forte.
Non si può aiutare chi è piccolo
abbattendo chi è grande.
Non si può aiutare il povero
distruggendo il ricco.
Non si possono aumentare le paghe
rovinando i datori di lavoro.
Non si può progredire serenamente
spendendo più del guadagno.
Non si può promuovere la fratellanza umana
predicando l'odio di classe.
Non si può instaurare la sicurezza sociale
adoperando denaro imprestato.
Non si può formare carattere e coraggioto
gliendo iniziativa e sicurezza.
Non si può aiutare continuamente
la gente facendo in sua vece quello che potrebbe
e dovrebbe fare da sola.

USA 2008: ELETTO PRESIDENTE BARACK OBAMA

USA 2008: ELETTO PRESIDENTE BARACK OBAMA

marito e padre

i due rivali

genere umano

GIOCHI OLIMPICI DI PECHINO

GIOCHI OLIMPICI DI PECHINO
da peacereporter

23/02/2002 - 02/07/2008 Ingrid Betancourt è stata liberata!

23/02/2002 - 02/07/2008                  Ingrid Betancourt è stata liberata!
faccio mia la gioia di tutti!

Finalmente liberi!!!

Finalmente liberi!!!

Grazie a loro la Betancourt è libera

Grazie a loro la Betancourt è libera
il ministro della Difesa colombiano Santos e il generale Montoya

Grazie Uribe!!

Grazie Uribe!!
La Betancourt ha incontrato il presidente colombiano Uribe che vinse le elezioni del 2002

madre e figlia!

madre e figlia!
Yolanda Pulecio e Ingrid Betancourt

le due Betancourt

le due Betancourt
Ingrid abbraccia la madre Yolanda

La gioia della libertà riconquistata

La gioia della libertà riconquistata
Ingrid Betancourt dopo la liberazione