sabato 6 marzo 2010
Iraq. Un Paese al voto. Oggi versato ancora sangue alla vigilia del voto di domani
Pedofilia. Lo scandalo di abusi sessuali nella Chiesa cattolica tedesca
I vescovi tedeschi hanno chiesto pubblicamente perdono e hanno offerto la loro disponibilità a collaborare con la giustizia, oltre a mettere in campo apposite iniziative, come l'istituzione di un apposito ufficio guidato da monsignor Stephan Ackermann, vescovo di Treviri per accogliere tutte le denunce. Al momento sembra che siano almeno un centinaio i casi di vecchi abusi sessuali su minori denunciati ai vescovi tedeschi. Oggi con una lettera, pubblicata sul sito web della diocesi di Ratisbona, a firma del direttore del Coro, Roland Buecher, del responsabile degli studi, Berthold Wahl e del direttore del collegio, Rainer Schinko, il direttivo si è detto costernato per i casi di pedofilia registratisi in ambito ecclesiastico, compresi quelli che sarebbero avvenuti nella celebre istituzione di Ratisbona. Il cui vescovo, Gerhard Ludwig Mueller ha ammesso con una lettera, indirizzata ai genitori e pubblicata sul suo sito web, di essere venuto a conoscenza che sono stati commessi abusi sessuali nell'ambiente del coro. Il portavoce della diocesi, Clemens Neck, ha confermato che i casi di abusi sono avvenuti tra il 1958 e il 1973. Per un caso avvenuto negli anni '50 fu condannato il direttore del convitto, che nel frattempo è deceduto. Il vescovo Muller ha comunque garantito che la Chiesa intende fare chiarezza. Monsignor Georg Ratzinger, fratello del Pontefice, ha dichiarato, alla radio bavarese 'Bayerischen Rundfunk', di essere all'oscuro della vicenda. La diocesi di Ratisbona ha comunicato anche di aver messo a disposizione un avvocato per chiarire gli incidenti del passato, e identificare le potenziali vittime e colpevoli. Egli presenterà una prima relazione intermedia entro 14 giorni. Inoltre ha fatto sapere che dal 2008 è attivo uno staff di 5 persone che segue il tema degli abusi sessuali. Tra loro uno psicologo, un ex giudice, un giurista e due dipendenti del comune. Lo staff coordina l'attività della psicologa Birgit Boehm, responsabile diocesana per i casi di abusi.
Recentemente la chiesa cattolica è stata sommersa da un'ondata di scandali per abusi sessuali da parte del clero. La vicenda tedesca segue di poco infatti, lo scandalo scoppiato in Irlanda dove due rapporti governativi hanno scoperchiato la pentola di decenni di maltrattamenti e di abusi sessuali negli istituti cattolici. Una situazione endemica e protetta da un'omertà ambientale che ha indotto il Papa a convocare i vescovi irlandesi in Vaticano per un vertice chiarificatore. Non dopo che 4 vescovi si sono dimessi, e si è registrata la perdita totale di credibilità della chiesa cattolica. Ora la comunità cattolica irlandese è in attesa di una lettera pastorale dello stesso Benedetto XVI dedicata al tema. Allo stesso modo oltreoceano, in Canada, in Australia e negli Stati Uniti la pedofilia negli istituti religiosi è venuta fuori in tutta la sua brutalità. La chiesa cattolica statunitense in particolare è stata sommersa da un'ondata di scandali, seguiti alle ammissioni di abusi, testimonianze raccapriccianti e con la destituzione dai loro incarichi di numerosi sacerdoti. Una vicenda che ha condotto la chiesa americana a pagare anche un miliardo di dollari di risarcimenti. Quello che ha influito a far propagare il fenomeno è stata soprattutto l' abitudine, un tempo diffusa ora non più dopo l'avvento dell'era Ratzinger, di reagire allo scandalo con semplici trasferimenti dei colpevoli da un luogo all'altro, dove poi, questi erano liberi di trovare nuove prede. Tutto questo non mancherà di influenzare il futuro della Chiesa.
venerdì 5 marzo 2010
Pakistan. Attentato suicida nel nord-ovest del Paese
L'attacco di oggi è l'ultimo episodio, in ordine di tempo, delle violenze etnico religiose in corso nel Paese asiatico fra la maggioranza sunnita del Pakistan e la minoranza sciita. Nella zona dove è avvenuto l'attentato di oggi risiede una nutrita comunità sunnita, definita dalle autorità locali estremista filo talebana e al Qaeda. Per tutti loro gli sciiti sono degli infedeli.
Quella del terrorismo è per il Pakistan una piaga insanabile. A causa degli attentati, che hanno visto una loro escalation dal novembre 2008, nel Paese asiatico finora sono morti oltre 5mila persone e altre 13mila sono rimaste ferite a causa degli oltre 3mila attentati verificatisi. E' stato il sottosegretario agli Esteri pakistano, Salman Bashir a fornire recentemente questi dati ufficiali aggiornando di fatto le stime che finora davano un bilancio molto inferiore.
Iran. Per Teheran è una manovra politica l'arresto dei 2 iraniani. Convocato l'ambasciatore italiano
La Farnesina nel confermare che l'ambasciatore italiano a Teheran è stato convocato dal ministero degli Esteri iraniano ha respinto con fermezza qualunque insinuazione iraniana sull'uso strumentale dei recenti arresti da parte della magistratura italiana. Il ministro degli Esteri, Franco Frattini con una nota successiva alla convocazione di Bradanini ha definito quella iraniana una reazione 'scomposta' ed ha ricordato che: “l'Italia si fonda sulle regole e sui principi dello Stato di diritto, in base ai quali la magistratura è indipendente dal potere esecutivo”. Ricordando che: “Sono coinvolti cittadini iraniani ed italiani nel quadro dell'inchiesta sul traffico di armi e per violazioni delle norme internazionali. A tutti gli imputati verrà ovviamente garantito il pieno diritto di difesa e l' assistenza legale in tutte le fasi del processo. Verranno altresì garantite, come è evidente, condizioni di vita pienamente rispettose dei diritti della persona nella fase di detenzione”. Nessun commento in proposito è giunto invece, dalla Procura di Milano. Dell'indagine si sta occupando il Procuratore aggiunto Armando Spataro.
L'episodio che rischia di creare una crisi diplomatica tra Italia e Iran è accaduto lo scorso mercoledì quando la Guardia di Finanza di Milano ha eseguito l'arresto di 5 cittadini italiani e 2 iraniani, mentre altri 2 sono latitanti, con l'accusa di traffico illecito di armi e per non aver rispettato l'embargo verso la Repubblica islamica. I militari delle fiamme gialle hanno sequestrato un gran numero di esplosivi, proiettili anticarro, traccianti e munizioni varie oltre puntatori ottici di precisione e un elicottero. L'ipotesi ora al vaglio degli inquirenti è che gli arrestati facessero parte di un'organizzazione internazionale volta a introdurre armi in Iran eludendo le restrizioni varate dal Consiglio di Sicurezza dell'ONU. Il traffico sarebbe in corso dal 2007, grazie alla complicità di alcuni imprenditori italiani che operano nel settore dell'import-export e ad un sistema basato su una triangolazione che coinvolge anche altri Paesi europei, tra cui la Germania, la Gran Bretagna, la Svizzera e la Romania. Alcune spedizioni sono passate anche attraverso Dubai. A mettere gli investigatori sulle tracce del traffico sono stati 2 sequestri d'armi effettuati in Romania e a Londra.
Mauritania. Il governo irrigidisce la sua politica antiterrorismo
giovedì 4 marzo 2010
Togo al voto per le presidenziali. Gnassingbe in cerca del secondo mandato
Elezioni Iraq. Gli iracheni al voto tra paura e voglia di partecipare
Pakistan. Scontri tra militari e ribelli nella regione tribale del nord ovest del Paese
Rifiuti. Corte di Giustizia Ue condanna Italia per caso Campania
Nella sentenza, la Corte ha evidenziato che l'Italia ha messo in pericolo la salute umana e recato pregiudizio all'ambiente nella regione Campania. Questo perchè non ha creato una rete adeguata ed integrata di impianti di recupero e di smaltimento dei rifiuti nelle vicinanze del luogo di produzione. Un deficit strutturale di impianti, a cui non è stato possibile rimediare. Oltre a non aver adottato tutte le misure necessarie allo smaltimento dei rifiuti nella regione Campania. La corte ha sentenziato che l'Italia è venuta quindi meno agli obblighi che le incombono in forza della direttiva Ue sui rifiuti del 5 aprile 2006. Tale direttiva fissa obiettivi di protezione dell'ambiente e di tutela della salute umana. Non specifica però il contenuto concreto delle misure che devono essere adottate e lascia agli Stati membri un certo potere discrezionale. Per quanto riguarda quest'ultimo obiettivo la Corte però, ha precisato che esso ha una funzione preventiva nel senso che gli Stati membri non devono esporre la salute umana a pericolo nel corso di operazioni di recupero e smaltimento dei rifiuti, cosa che, secondo la corte, non è avvenuto in Campania. Per la Corte Ue, alla scadenza del termine fissato nel parere motivato, in Campania 55mila tonnellate di rifiuti riempivano le strade, almeno 110mila tonnellate di rifiuti erano in attesa di trattamento presso i siti comunali di stoccaggio e le popolazioni locali, esasperate, avevano incendiato i cumuli di spazzatura. Una fatto questo che ha anche provocato inconvenienti da odori e danneggiato il paesaggio, rappresentando così un pericolo per l'ambiente. D'altra parte, l'Italia stessa ha ammesso la pericolosità della situazione per la salute umana, esposta ad un rischio certo, ha ribadito la Corte affermando anche che “L'Italia ha peraltro ammesso che, alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato, gli impianti esistenti e in funzione nella regione erano ben lontani dal soddisfare le sue esigenze reali. “Ne' l'opposizione della popolazione, ne' gli inadempimenti contrattuali e neppure l'esistenza di attività criminali costituiscono casi di forza maggiore che possono giustificare la violazione degli obblighi derivanti dalla direttiva e la mancata realizzazione effettiva e nei tempi previsti degli impianti”, ha ribadito la Corte Ue nella sentenza pronunciata stamani con cui di fatto i giudici hanno accolto il ricorso presentato della Commissione europea nel luglio 2008. Allora scaturito dalla situazione di crisi nello smaltimento dei rifiuti manifestatasi nella regione Campania nel 2007. La Commissione aveva infatti, proposto un ricorso per inadempimento contro l'Italia, criticando la mancata creazione in quella regione di una rete integrata ed adeguata di impianti atta a garantire l'autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti sulla base del criterio della prossimità geografica.
mercoledì 3 marzo 2010
Iran. La morsa del regime iraniano. Arresti e condanne per motivi politici
Il reato di 'moharebeh', passibile in Iran della pena di morte, è stato contestato a numerosi oppositori arrestati nelle manifestazioni post-elettorali dell'estate scorsa. Altri 9 manifestanti infatti, di cui 5 arrestati durante i disordini avvenuti in occasione dell'Ashura, 3 uomini e 2 donne, sono stati condannati a gennaio anch'essi a morte con lo stesso capo d'accusa degli altri oppositori. Da tempo la Resistenza iraniana lancia un appello al Segretario Generale dell'ONU, al Consiglio di sicurezza e all'intera comunità internazionale affinché adottano misure urgenti e vincolanti per impedire l'esecuzione delle sentenza di morte emesse e che, secondo la legge iraniana potrebbero essere eseguite in qualsiasi momento, e ottenere anche il rilascio di tutti i prigionieri politici.
Nel frattempo non si arresta la morsa del regime iraniano anche nei confronti degli artisti e degli intellettuali dissidenti. L'ultimo, ma solo in ordine di tempo, è stato il regista di fama internazionale, Jafar Panahi autore di 'Il Cerchio' e 'Oro rosso' e vincitore nel 2000 del Leone d'oro al Festival di Venezia. Il regista è stato arrestato ieri a Teheran insieme con la moglie e la figlia. L'estate scorsa Panahi era già stato fermato dopo aver partecipato alla commemorazione per Neda Agha Soltan, la giovane uccisa durante le manifestazioni post elettorali della scorsa estate. A febbraio poi, gli era stato negato il visto per lasciare il Paese e partecipare alla 'Berlinale'. Secondo quanto riferito dal sito dell'opposizione 'Rahesabz' alcuni agenti in borghese avrebbero fatto irruzione nell'abitazione del regista, noto sostenitore dell'opposizione al regime, e lo avrebbero portato via insieme anche a ospiti che in quel momento si trovavano in casa del regista. Tra questi altri 3 registi iraniani: Mohammad Rasoulov, Mahnaz Mohammadi e Rokhsareh Ghaem-Maghami e il cameramen Ebrahim Ghafari. Rasoulov è anch'egli noto per essere critico del regime. Ha in più occasioni denunciato all'estero la censura nella Repubblica islamica e lamentato l'esistenza di una dittatura nel suo Paese. Quando il procuratore generale di Teheran, Abbas Jafari Dolatabadi, ha confermato l'arresto di Panahi, ha escluso che dietro vi siano motivazioni politiche. “Panahi, ha detto Dolatabadi, è sospettato di aver commesso alcuni reati”. Anche se le autorità iraniane non hanno specificato quali siano questi reati. E' certo che Panahi sia stato arrestato perchè stava realizzando un film sulle proteste post-elettorali nel suo Paese. L'ha rivelato oggi il sito dell'opposizione 'Rahesabz'. Nei giorni scorsi le autorità iraniane avevano anche compiuto un nuovo giro di vite contro la stampa d'opposizione nel Paese. Il Consiglio per la supervisione della stampa ha revocato la licenza di pubblicare, non precisando però i motivi della decisione, al quotidiano di Teheran 'Etemad-e Melli', diretta dal figlio del leader riformista Mehdi Karroubi, e ad altri 2 settimanali, 'Iran Dokht' e 'Sina', anch'essi vicini all'esponente dell'opposizione. 'Etemad-e Melli' già nell'agosto scorso aveva subito una chiusura temporanea ed è il giornale che aveva provocato l'ira degli ayatollah per aver pubblicato dichiarazioni di Karrobi secondo cui alcuni manifestanti dell'opposizione avevano subito violenze in carcere. Mentre il direttore del settimanale 'Iran Dokht',
Akbar Montajabi era già finito in carcere dallo scorso 8 febbraio. Dalla fine del mese di febbraio scorso invece, sono stati rilasciati diversi giornalisti su cauzione. Tra questi Abdolreza Tajik, Mashallah Shamsolvaezin, Mohammad Javad Mozafar e Behrang Tonkaboni che erano detenuti nel famigerato carcere di Evin, a Teheran. Rilasciati anche alcuni esponenti dell'opposizione, Ali Hekmat e Behrang Tonekaboni. Anche Mohammad Sadeq Rabbani, un professore in pensione dell'Università di Teheran è ritornato in libertà. Si tratta di una una concessione simbolica per festeggiare il nuovo anno iraniano, il 21 marzo secondo il calendario persiano.
Pirateria. Stagione dei monsoni finita. I pirati somali riprendono l'attività
Caucaso russo. Inguscezia annientato cellula terroristica
martedì 2 marzo 2010
Terremoto Cile. Il governo intensifica gli sforzi per la sicurezza interna
A 4 giorni dal sisma si continua a scavare tra le macerie alla ricerca dei dispersi, i morti accertati sono circa 800 morti. Un bilancio che è ancora provvisorio. Per i sopravvissuti la situazione si fa sempre più difficile. In molte delle zone colpite dal sisma manca ancora l'elettricità e comincia a scarseggiare cibo e acqua. Il governo cileno ieri ha chiesto aiuto alla comunità internazionale. Mentre oggi è giunta a Santiago il segretario di Stato americano, Hillary Clinton. Domani sarà invece, parzialmente riaperto l'aeroporto internazionale 'Comodoro Arturo Merino Benítez' di Santiago del Cile che aveva subito gravi danni. L'attività dovrebbe riprendere al 15 per cento e sarà normalizzata del tutto a partire da venerdì ha promesso le autorità aeroportuali. Questo evento potrebbero permettere l'arrivo dei primi voli con gli aiuti internazionali. Nel frattempo già dalla vicina Argentina, attraverso le Ande, è in arrivo un ospedale da campo e c'è l'impegno a fornire mezzo milione di litri di acqua potabile. Mentre il presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva ha annunciato l'invio di squadre di soccorso e di un ospedale da campo. L'Australia ha deciso di inviare 4,5 milioni di dollari di aiuti, l'Unione Europea 3 milioni, stessa cifra il Giappone e la Cina 1 milione. Gli USA hanno inviato una fornitura di telefoni satellitari, necessari per ristabilire le comunicazioni con molte delle zone colpite. Cuba ha pronta una squadra medica composta da 27 operatori e la Bolivia sta inviando 60 tonnellate di aiuti umanitari e acqua potabile. La Russia invece ha pronti due aerei con aiuti umanitari comprese tende, coperte e generatori elettrici. Una prima stima dei danni causati dal terremoto è stata quantificata intorno ai 30 miliardi di dollari. La Rsa, una società britannica proprietaria della più grande compagnia assicurativa cilena, la 'Seguros Chile', ha dichiarato che dovrà versare ai propri clienti colpiti dal terremoto fino a 30 milioni sterline. Il violento terremoto che ha colpito il Cile ha provocato uno spostamento dell'asse di rotazione terrestre e un corrispondente accorciamento della durata del periodo di rivoluzione del pianeta. In parole povere avrebbe accorciato la durata del giorno. E' questo il risultato di studi effettuati dal 'Jet Propulsion Laboratory', Jpl, della Nasa. L'alterazione della durata del giorno sarebbe poco più di un milionesimo di secondo e lo spostamento dell'asse terrestre di 2,7 millesimi di secondo d'arco, corrispondente ad uno spostamento lineare di circa 8 centimetri. Quelle del Jpl però sono ipotesi teoriche. Le misure vere e proprie, a livello mondiale, le sta coordinando l'Italia, attraverso il 'Centro di Geodesia Spaziale dell'Agenzia Spaziale Italiana', Asi, a Matera.
Per la stampa algerina la Mauritania non accetterà il ricatto di al Qaeda
Nella sua edizione odierna il quotidiano filo-governativo algerino 'el-Khabar' ha trattato la vicenda attraverso le sue colonne con un'attenta disamine. Già il titolo dell'articolo parlava chiaro: “L'organizzazione di al Qaeda ha giocato una carta sbagliata con la Mauritania”. Secondo il giornale, le autorità di Algeri stanno seguendo con grande interesse il modo in cui il governo di Nouakchott risponderà alle richieste del gruppo terroristico al Qaida per il Maghreb islamico, Aqmi, e in particolare per quanto riguarda la liberazione dei due ostaggi italiani. “Si piegherà la Mauritania alle richieste di al Qaeda come ha fatto il Mali? Eserciterà l'Italia delle pressioni sulla Mauritania in questo senso come la Francia ha fatto col il Mali?”, si chiede il giornale. Nei giorni scorsi l'Algeria, come la Mauritania, aveva fortemente protestato con il Mali per essere scesa a patti con i terroristi. Le autorità di Bamako infatti, avevano accettato di rilasciare 4 terroristi, arrestati nell'aprile 2009 nel nord del Mali, detenuti nel Paese in cambio della liberazione dell'ostaggio francese, Pierre Camatte. Sia le autorità di Nouachkott sia quelle di Algeri hanno ritirato il loro ambasciatore da Bamako in reazione alla trattativa per l'ostaggio francese. Tra i 4, oltre ad un mauritano e uno del Burkina Faso, vi erano anche 2 algerini. Il governo algerino ha accusato quello del Mali della mancata osservanza della convenzione bilaterale di cooperazione giudiziaria. In nome della quale aveva inoltrato la richiesta di estradizione dei 2 cittadini algerini liberati, perchè perseguiti nel loro Paese per atti terroristici. La richiesta era stata formulata nel settembre 2009 e ribadita nel febbraio 2010, secondo il portavoce del ministero degli Esteri di Algeri. “A differenza della situazione relativa all'ostaggio francese, in Mauritania non si vedono significative attività diplomatiche straniere, come abbiamo visto invece in Mali”, scrive il giornale.
A differenza della Francia, che ha esercitato pressioni sulla sua ex colonia 'costringendola' alla fine ad accettare le condizioni dei terroristi, l'Italia è infatti, concentrata nell'intrattenere invece, rapporti e contatti all'interno della Mauritania, lavorando sul campo per salvare la vita dei suoi connazionali.
Ieri è stato diffuso su internet un messaggio audio dell'ostaggio che ha lanciato un disperato appello al premier Silvio Berlusconi: “Spero tanto che mi possa aiutare e che possa aiutare mia moglie”, ha detto Cicala con voce rotta dall'emozione. L'audio era accompagnato da una foto che mostrava l'italiano inginocchiato davanti a un gruppo di uomini armati di kalashnikov e con il volto coperto. Un segnale questo che le trattative sono ferme ed un modo, per i terroristi, per spingere. Sull'intera vicenda la Farnesina continua a mantenere la linea di riservatezza scelta già all'inizio del sequestro e che ha seguito anche in precedenti vicende. Ultimamente questa linea ha dato ottimi risultati nella gestione del sequestro del rimorchiatore Buccaneer. La nave venne catturata insieme al suo equipaggio dai pirati somali nel golfo di Aden, e rilasciata dopo 4 mesi e senza pagare alcun riscatto. Uno caso, questo, unico al mondo. Finora tutti i Paesi coinvolti nel fenomeno della pirateria marittima al largo della Somalia hanno sempre pagato un riscatto per ottenere il rilascio dei loro connazionali sequestrati. Dopo il messaggio audio di Cicala, postato ieri sui siti jihadisti, i terroristi ora hanno preso altri 25 giorni di tempo per attendere una risposta dal governo italiano. Nel frattempo sembra che anche i negoziati per il rilascio dei 3 ostaggi spagnoli, rapiti dallo stesso gruppo appartenente al braccio nordafricano di al Qaeda, sono ad un punto morto. I 3 volontari, membri della Ong catalana 'Acciò Solidaria', sono stati rapiti il 29 novembre scorso e trasferiti nelle zone settentrionali del Mali. Nei giorni scorsi anticipazioni della stampa spagnola, davano per certo il loro rilascio in quanto sembrava che il governo di Madrid avesse accettato di pagare il riscatto di 5 milioni di dollari richiesto dai sequestratori per il loro rilascio.
Nucleare. Gli USA discutono il ritiro delle armi atomiche dall'Europa
Caso Battisti. L'assordante silenzio dell'Italia sulla sua ritardata estradizione
Finora la vicenda si è sviluppata in maniera controversa. Per meglio dire in maniera equivoca.
In Italia Cesare Battisti è stato condannato all'ergastolo in contumacia come responsabile di 4 omicidi compiuti durante gli anni di piombo. Tre come concorrente nell'esecuzione, uno co-ideato ed eseguito da altri: Il 6 gennaio 1978 a Udine viene assassinato a bruciapelo e alle spalle mentre passeggiava con moglie e figli, Antonio Santoro, maresciallo della polizia penitenziaria. Dell'omicidio Battisti fu accusato dal pentito Pietro Mutti che poi, si assunse la responsabilità diretta dell'azione. Battisti avrebbe avuto solo un ruolo di copertura. La colpa di Santoro era quella di presunti maltrattamenti ai danni di detenuti. 16 febbraio 1979 a Santa Maria di Sala (Ve) viene ucciso Lino Sabbadin macellaio di Mestre. Anche in questo caso Battisti fece da copertura armata all'esecutore materiale Diego Giacomin. La colpa di Sabbadin essersi opposto con le armi ad un tentativo di rapina nel suo esercizio commerciale. 16 febbraio 1979 a Milano viene assassinato PierLuigi Torregiani un gioielliere. Battisti fu condannato come co-ideatore e co-organizzatore. Nel corso nell'agguato a Torreggiani venne coinvolto nella sparatoria anche suo figlio Alberto, che da quel giorno vive paralizzato su una sedia a rotelle. Torregiani era colpevole di aver ucciso il 22 gennaio precedente un rapinatore durante una tentata rapina in una pizzeria in cui si trovava con i gioielli che aveva mostrato ad una vendita televisiva. 19 aprile 1979 a Milano venne assassinato Andrea Campagna un agente della DIGOS. L'omicidio avvenne davanti a testimoni che riconobbero Battisti come l'esecutore materiale. La colpa di Campagna era di aver partecipato ai primi arresti legati al caso Torregiani. Per i fatti sopracitati Battisti si è sempre dichiarato innocente. Recentemente si è anche detto pronto ad incontrare i parenti delle vittime degli omicidi a lui contestati e ha dichiarato di avere già avuto un rapporto epistolare di amicizia, sincerità e rispetto con Alberto Torregiani. Circostanza questa, confermata da Torregiani il quale ha aggiunto che ha risposto come avrebbe fatto con chiunque altro gli avesse scritto.
Sulla mancata estradizione dell'ex terrorista dei Pac il governo italiano sembra chiudere entrambi gli occhi come se volesse accettarla dandola per scontata. Possibilità che appare come implicitamente confermata dalle ricostruzioni fatte in questi mesi da alcuni giornali brasiliani. Giornali, come il 'Fohla de Sao Paulo', che danno per certa la conferma dello status di rifugiato 'per ragioni umanitarie' all'ex terrorista. Il 'FSP' a gennaio aveva rivelato dalle sue colonne che il capo di Stato brasiliano avrebbe elaborato una 'strategia' al fine di giustificare il prolungamento dell'asilo politico per il terrorista italiano impedendone l'estradizione. Secondo quanto riportava la testata latinoamericana, sarebbe stato adottato un pacchetto di misure giuridiche e mediatiche per sostenere la tesi umanitaria.
Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, nei prossimi giorni sarà in visita ufficiale in Brasile. Una visita programmata da tempo, prevista in un primo momento per il 18 febbraio è poi, posticipata al 9 marzo prossimo. In quell'occasione il capo del governo italiano incontrerà il presidente brasiliano, Luiz Ignacio Lula da Silva. Di certo i due affronteranno tra gli altri anche il caso Battisti. Nel frattempo però, sembra quasi che Lula voglia prendere tempo circa la decisione che dovrà prendere sulla vicenda dell'ex terrorista rosso. Alla fine dello scorso anno infatti, il Supremo Tribunal Federal brasiliano, Stf, ha votato a favore dell'estradizione lasciando però, l'ultima parola, sul controverso caso, al capo dello Stato che non si è ancora pronunciato in merito. Il presidente brasiliano continua a posticipare la decisione finale che l'Alta Corte gli ha affidato. Tutto questo sembra, secondo alcuni analisti, faccia parte di una elaborata strategia. L'Stf si pronuncia a favore dell'estradizione, ma lascia la decisione finale a Lula. A questo punto due sono le possibilità o Lula decide di lasciare Battisti nel Paese, concedendogli l'asilo politico, oppure da il via libera alla sua estradizione avanzata da tempo dall'Italia. Come è stata concepita la cosa, in ambedue i casi il Brasile non viola il trattato di estradizione firmato tra Italia e Brasile. Questo perchè, anche se il capo dello Stato decide di lasciare Battisti in Brasile, il processo comunque potrà essere riaperto.
Di fronte a tutte queste incertezze che lasciano la porta aperta a tante soluzioni anche quelle che vanno nel senso opposto alla volontà dell'Italia. Il silenzio assordante del governo italiano si fa sempre più forte.
“C'è da augurarsi che non siano vere le notizia riferite dalla stampa brasiliana circa l'intenzione del presidente Lula di non estradare il terrorista Cesare Battisti in Italia, come del resto gli stessi organi supremi della giustizia brasiliana hanno deciso. L'ostruzionismo in atto è già preoccupante. L'intenzione poi di farsi beffe dell'Italia avrebbe nefaste conseguenze sui rapporti tra l'Italia e il Brasile”. Con queste parole, lo scorso 11 gennaio, il presidente del gruppo Pdl al Senato, Maurizio Gasparri commentava la notizia diffusa dal quotidiano 'Fohla de Sao Paulo'. Dopodiché più nulla fino a qualche giorno fa quando il presidente dell'UdC Rocco Buttiglione, in vista del viaggio di Berlusconi in Brasile ha affermato che: “Il premier Berlusconi...ha il dovere morale e istituzionale di incalzare il presidente Lula perchè proceda all'estradizione di Cesare Battisti. Ben vengano i rapporti economici e commerciali tra Italia e Brasile, ma la dignità dell'Italia non ha prezzo”. “Il quotidiano 'Avvenire' ha riportato le ricostruzione del giornale brasiliano 'Folha de Sao Paulo' in base alla quale ci sarebbe un accordo a far slittare la decisione di Lula un mese dopo la visita di Berlusconi, e questo perchè tale decisione sarebbe nella direzione di confermare lo status di rifugiato per motivi umanitari a Battisti, condannato in Italia per quattro omicidi”. “Sarebbe una decisione inaccettabile, ha continuato Buttiglione, cui il premier Berlusconi non deve sottostare ne' tantomeno deve dare l'impressione di un assenso”. “La mancata estradizione di Battisti sottintende che l'Italia negli anni del terrorismo, e forse anche adesso, non abbia rispettato i diritti civili. Al contrario noi ci gloriamo che l'Italia abbia battuto il terrorismo sul terreno della legalità, e chiunque lo neghi reca un grave affronto all'Italia e non è amico del nostro Paese”, ha aggiunto il presidente dell'UdC. “Non vorremmo che per ottenere qualche commessa in più si umiliasse la dignità della nazione, il dolore delle vittime e dei loro familiari, nonchè la nostra giustizia delegittimando platealmente la magistratura italiana. I giudici che hanno condannato Battisti sono onesti servitori dello Stato e il loro prestigio sta a cuore a tutti gli italiani”, ha concluso Buttiglione.
Parole che mostrano il clima che si respira in Italia intorno a questa vicenda e indicano chiaramente l'orientamento della politica italiana in merito. Di fronte a queste scenario sono molti quelli che non sanno che posizione prendere e si limitano ad attendere. Purtroppo però, a volte l'attendismo in cui ci si rifugia può anche condurre ad effetti sfavorevoli.
Lasciano molto pensare anche le recenti dichiarazioni rilasciate da Luis Roberto Barroso, uno delgi avvocati di Cesare Battisti in Brasile. Dichiarazioni che sembrano voler esprimere fiducia sulla possibilità di un 'NO' di Lula all'estradizione del terrorista e poi, anche volerne ribadire l'innocenza. Barroso ha affermato che: “La Francia ha recentemente negato l'estradizione di una ex terrorista italiana dello stesso periodo”, il riferimento è al caso dell'ex brigatista rossa Marina Petrella. L'episodio avvenne nel 2008, ma in quel caso le ragioni erano giustificate dal precario stato di salute della Petrella (ndr). La stessa Francia inoltre negò la prima richiesta di estradizione di Battisti, che rimase sul suolo francese per più di un decennio, il riferimento è al periodo francese quando Battisti, come tanti altri, beneficiò a lungo della dottrina Mitterrand (ndr). Ma non mi pare che tra Francia e Italia le relazioni siano peggiorate”, ha continuato l'avvocato. “Ecco perché penso che non ci sarà nessuna conseguenza negativa nelle relazioni tra Italia e Brasile se Battisti, come credo, non verrà estradato. La decisione finale spetta solo al presidente Lula. Il Supremo Tribunale Federale, la più alta carica brasiliana, ha riconosciuto espressamente che la competenza per questo tipo di decisione spetta al Presidente della Repubblica, che può fare una propria valutazione politica sulla questione. Nel caso il Presidente decida di non consegnare Battisti ci sono diversi appigli consistenti che possono giustificare la Sua decisione. E' importante dire anche che la competenza del Capo del Potere Esecutivo in questa materia è riconosciuta in molti Paesi, ad esempio gli Stati Uniti, la Spagna e la Francia. Non ci sarebbe quindi niente di eccezionale se il Brasile non concedesse l'estradizione di Battisti”, ha concluso l'avvocato Barroso.
Parole chiare, dirette, convinte che non lasciano spazio ad equivoci.
Quindi Cesare Battisti non verrà estradato in Italia? Non è possibile dare ora una risposta sincera e corretta, ma certamente sono in molti che non ne dubitano.
“Se Battisti è così tranquillo che il presidente Lula gli conceda l'immunità io non capisco perchè continui a parlare. Questo dimostra che invece, non ha questa grande sicurezza e che continua invece a fare grosse pressioni”. Le parole sono di Alberto Torregiani, il figlio dell'orefice Pierluigi, ucciso nel febbraio 1979 a Milano dai Pac. L'occasione per pronunciarle è stata un'intervista rilasciata a Cnr media. “Battisti ha il coraggio di venire davanti a me e dire 'Io sono innocente'? Vediamolo!”, ha concluso il figlio di una delle vittime per il cui omicidio Battisti è stato condannato in Italia. Lo scorso mese di gennaio Alberto aveva già commentato le indiscrezione pubblicate dai media brasiliani rilasciando un'intervista a un'intervista a Liberal: “Se la vicenda dovesse avere anche un fondo di verità, chiamerò a raccolta le associazioni delle vittime e scenderemo in piazza a gridare la nostra rabbia”. “Le pallottole di Battisti ci hanno strappato i nostri cari, ma il mancato rientro di un delinquente comune ci strapperebbe per sempre la fiducia nello Stato. E soprattutto la speranza. Sarebbe un tradimento dello Stato. Non si può barattare la dignità per quattro carri armati”. In un'altra intervista rilascita invece, a Cnr media aveva affermato che: “Qui si parla di un assassino, di uno che ha ucciso due persone e ne ha fatte uccidere altre due, uno che si è fatto beffe dell'Italia e della Francia, mi chiedo che cosa bisogna dimostrare ancora per far capire a certi personaggi che cosa deve essere fatto”.
Nel frattempo Battisti, in attesa di una decisione sulla sua estradizione in Italia, continua a dedicarsi all'attività che lo ha reso ricco e famoso, quella di scrittore noir. Un'arte questa acquisita nel corso della sua lunga latitanza. In questi giorni è in uscita in Brasile il suo nuovo libro dal titolo 'Ser bambu', Essere bambù edito dalla casa editrice brasiliana Martins Fontes. Nell'intenzione del suo autore il libro vuole essere una continuazione di 'La mia fuga senza fine', del 2007. Nelle pagine di questo nuova testo Battisti, mescolando finzione e riflessioni autobiografiche, continua a descriversi come un uomo in fuga permanente, con un destino incerto e senza nessuna sicurezza, perseguitato dalla paura e dalla solitudine nel tormento di quello che chiama 'la mia saga'. Tempestivo quanto ricco di significati. Al libro l'ex terrorista affida i suoi pensieri, idee e speranze, prima fra tutte quella di tornare ad essere un uomo libero.
Da ricordare che Battisti nel 2006 ha presentato un ricorso, contro la richiesta di estradizione in Italia, alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo. Ricorso respinto dalla Corte perchè dichiarato inammissibile in quanto manifestamente infondato.
Sull'intera vicenda pesa anche il pressing attuato su Lula da personalità del mondo politico e sociale internazionali tra questi il presidnete francese Nicolas Sarkozy la cui sensibilità umanitaria nei confronti dell'ex terrorista sembra sia dettata dall'amicizia che lega la First Lady Carla Bruni a Battisti.
lunedì 1 marzo 2010
Ripreso il processo a Karadzic accusato di pulizia etnica durante la guerra di Bosnia
Islam. I 'Kamikaze' vanno all'inferno!!
Assassinio del leader di Hamas. Per la polizia di Dubai sono in Israele tutti i sospettati
Sarebbero negli USA 2 dei 27 sospettati dell'assassinio di Hamas Mahmoud al-Mabhouh. Il dirigente di Hamas venne ucciso a Dubai lo scorso 20 gennaio. Uno sarebbe entrato il 21 gennaio con un passaporto irlandese e l'altro il 14 febbraio con documenti britannici. A rivelarlo il 'Wall Street Journal' smentendo di fatto le dichiarazioni rilasciate ai media dal capo della polizia della capitale degli Emirati Arabi Uniti, EAU, il generale Dahi Khalfan che riterrebbe tutti i sospettati fuggiti in Israele. Per le autorità americane i due uomini non abbiano lasciato il Paese, almeno non con i documenti con cui sono entrati, che è stato spiegato sarebbero stati falsificati. Le autorità degli EAU hanno chiesto un mandato d'arresto internazionale per tutti i sospettati, identificati attraverso le telecamere di sicurezza dell'aeroporto di Dubai e dell'albergo dove è avvenuto il delitto. Il capo della polizia di Dubai si è detto certo che dietro all'operazione ci siano i servizi segreti israeliani senza però, fornire prove. La scorsa settimana il suo ministro degli esteri aveva detto che non ci sono prove contro Israele. Da parte sua il Mossad non ha fatto dichiarazioni. Nel frattempo il generale Khalfan ha annunciato nuove restrizioni. Oltre a chi è solo cittadino dello Stato ebraico anche chi ha doppia nazionalità non sarà più autorizzato ad entrare nel Paese.
Nel frattempo Hezbollah ha dichiarato di aver innalzato la soglia delle misure di sicurezza in seguito all'omicidio di un dirigente di Hamas a Dubai. L'organizzazione militante libanese ha inoltre chiesto alle autorità libanesi di aumentare le misure ai valichi di frontiera per scongiurare l'ingresso nel Paese di potenziali assassini. Anche se i dubbi sul coinvolgimento del Mossad in questa vicenda sono tanti la questione sembra al momento restare nel vivo del dibattito e non accennare ad abbassare i toni della polemica. Questo, nonostante che la scorsa settimana lo scrittore e giornalista Yossi Melman, che ha fama di esperto di servizi segreti israeliani, aveva esternato con valide argomentazioni i suoi dubbi sulle responsabilità dei servizi israeliani nel delitto di Dubai. Un suo editoriale era stato pubblicato dal quotidiano liberale 'Haaretz'. Per Melman già il fatto che per compiere un 'delitto' del genere siano stati impiegati quasi 30 uomini non è nello stile dei servizi israeliani. Aggiungendo poi, che è inconcepibile che dopo l'eliminazione di al-Mabhouh, vi siano stati agenti del Mossad che siono scappati in Iran, che è uno dei peggiori nemici di Israele. “ E' chiaro, spiega il giornalista, che tutto questo lascia pensare che faccia parte di un complotto in cui sono stati seminati elementi di disinformazione”.
DIRITTI E UTILIZZO RISERVATI
GRAZIE
Una fiammella accesa per tutte le persone che soffrono al mondo
Unioni Civili
STOP ALLE VIOLENZE IN SIRIA
Tutta la verità sul sequestro del rimorchiatore Buccaneer
A tutti quei bravi ragazzi morti per l'Italia
Nel mondo ogni giorno vengono compiute carneficine immani in cui le vittime sono inermi civili
sono solidale con gli immigrati clandestini
...a quei bravi ragazzi, figli dell'America di oggi, morti in guerra!
DARFUR:NON C'E' PIU' TEMPO DA PERDERE!
FAI LORO DEL BENE... AIUTA I RIFUGIATI E I PROFUGHI DEL DARFUR FACENDO UNA DONAZIONE ALL'AGENZIA ONU PER I RIFUGIATI UNHCR CHIAMA LO 0680212304 PER SAPERE COME FARE....
RICORDATI BASTANO 31 EURO PER ACQUISTARE 8 COPERTE, 51 EURO PER UNA TENDA E 200 EURO PER DARE ASSISTENZA MEDICA A 25 FAMIGLIE...
Un bambino del Darfur
Il governo sudanese di Khartoum da parte sua ha bombardato senza sosta i civili, e ha reso sempre più difficili le operazioni di soccorso delle organizzazioni umanitarie nei confronti delle genti del Darfur, fino al punto di far scappare via la maggior parte delle Ong operanti nella regione sudanese e liberarsi così di scomodi testimoni di quanto accadeva in quei luoghi. La stessa tattica è stata seguita prima con i peacekeepers dell'Ua e poi con quelli dell'Onu...
Tutto il mondo è a conoscenza di quanto accade in quella remota regione sudanese e lancia denunce. Da un lato Washington parla di genocidio, dall’altro l'Onu parla di catastrofe umanitaria e di pulizia etnica.
Il tutto però resta nella totale impunità!
Intanto, dal Febbraio 2003 anno in cui è iniziata la ribellione della popolazione di etnia africana del Darfur, circa 6 milioni in maggioranza musulmana e in parte animista, contro il governo sudanese, musulmano ma integralista e soprattutto di etnia araba e bianca, è scoppiato il conflitto che ha causato finora circa 300mila morti e due milioni e mezzo di profughi. Una protesta nata per lo stato di totale abbandono e sfruttamento in cui la popolazione nera era tenuta. La repressione del governo centrale è stata spietata, soprattutto facendo uso dei Janjaweed, i diavoli a cavallo, che sono milizie nomadi di etnia araba che hanno compiuto tutti gli orrori possibili e inimmaginabili contro le genti del Darfur di etnia nera, per lo più contadini e pastori.
Il pianto di un innocente a Gaza
Nella Striscia di Gaza siamo ormai quasi alla terza settimana di bombardamenti e inesorabilmente, come non potrebbe essere diversamente con tutta la tecnologia militare del 21° secolo che gli israeliani stanno usando, il numero dei morti tra i civili continuato ad aumentare, mentre l'esercito israeliano bombarda le loro case si moltiplicano tra i palestinesi le scene di disperazione e di dolore causati dagli effetti devastanti della guerra che certamente non sono cambiati nel tempo anzi al contrario.
Giugno 2009: La rivoluzione di velluto in Iran
Il 12 giugno 2010 è caduto il primo anniversario delle contestate elezioni iraniane. Elezioni che decretarono la riconferma a presidente dell’Iran di Mahmud Ahmadinejad. Il Paese ha vissuto le prime ora di questa giornata con una calma carica di tensione che poi, è scoppiata nel pomeriggio intorno alle 16, le 13.30 italiane con i primi scontri tra manifestanti e forze di sicurezza nei pressi dell’Università Sharif di Teheran. Era impensabile che l’opposizione iraniana del movimento riformista dell’Onda Verde si facesse scappare questa occasione per proclamare il proprio dissenso al regime degli Ayatollah. I luoghi delle sanguinose proteste post elettorali di un anno fa si sono quindi di nuovo riempiti di manifestanti. Questo, nonostante l’appello dei leader dell’opposizione, Moussavi e Karroubi, a evitare di scendere in piazza e nonostante che le forze di sicurezza avessero preso posizione in vari punti strategici del centro di Teheran per prevenire manifestazioni. Nonostante le proteste e le accuse di brogli elettorali il contestato presidente Ahmadinejad ha potuto proseguire nel suo mandato, quasi certamente usurpato, grazie all’appoggio dell’ayatollah Ali Khamenei, la Guida Suprema. La lotta continuerà. Viva la Persia! Viva il movimento riformista!
i 44 presidenti degli Usa
The President United States of America
E' morta Miriam Makeba
Notes
Italia. Violenza sessuale è allarme sociale
Dopo i recenti casi di stupri, a Roma, Bologna e Milano non si riesce quasi più a tenere il conto degli episodio di violenza sessuale che, dall'inizio dell'anno, si stanno susseguendo in Italia ad opera principalmente di stranieri. Un orribile reato che si verifica nelle grandi città metropolitane come nei piccoli centri urbani. Emergono dati da brividi dalle informazioni fornite dal Presidente facente funzioni del Tribunale di Como Giuseppe Anzani e dal Procuratore capo Alessandro Maria Lodolini. Ogni 4 giorni in Procura a Como arriva una denuncia per violenza sessuale. I fascicoli aperti tra luglio 2007 e giugno 2008 sono stati 89, tra violenze sessuali e pedofilia. Ma è solo la punta di un iceberg in quanto, il reato, per la quasi totalità è sommerso perché prevale ancora la paura e la vergogna a denunciare la violenza subita. Fino ad oggi la violenza che subivano le donne era soprattutto domestica, ma gli episodi di violenza che hanno visto protagoniste, loro malgrado, delle donne avvenuti negli ultimi giorni, per le strade, propongono una nuova emergenza. Un autorevole testimonianza è portata da Telefono Rosa che da anni conosce il fenomeno ed assiste le vittime. “Ciò che sta avvenendo dall'inizio dell'anno, precisa il presidente Maria Gabriella Carnieri Moscatelli, mi preoccupa. Non so se è solo l'effetto di maggiori denunce ma, dal nostro osservatorio, non era mai stato rilevata una cosa simile”. Gli avvenimenti degli ultimi giorni non fanno altro che conferma un'allarmante costante: in testa alla classifica degli autori di stupri ci sono gli stranieri. Il triste primato vede fra i primi i romeni, seguiti da marocchini e albanesi che sembra abbiano dato il via ad una esecrabile escalation di violenza contro le donne. Assodato che nella stragrande maggioranza dei casi questi episodi sono commessi da stranieri, spesso clandestini, ora si deve dare a tutto questo uno stop. Certezza della pena, custodia cautelare in carcere per chi è accusato di violenza sessuale ed esclusione di attenuanti per chi delinque sotto effetto di alcool e droghe. Tutto ovviamente tenendo conto di due elementi fondamentali: abbattere l'allarme sociale provocato da questo tipo di reati e tutelare la dignità della vittima, che va assicurata anche nel percorso dibattimentale.
Per raggiungere un risultato anzitutto è importante l'introduzione nel ddl sicurezza dell'obbligo del carcere per chi stupra. Forse il decreto 'anti-stupro' sarà pronto per venerdì esso dovrebbe contenere, come annunciato, importanti novità: gli accusati di stupro non potranno beneficiare della libertà condizionale, ci sarà un avvocato a spese dello Stato per le vittime di violenza sessuale, arriveranno nuovi presidi di polizia con relativi stanziamenti, saranno anticipate le norme contenute nel ddl anti-molestie che la Camera ha già approvato. Tra le altre cose, ci dovrebbero essere anche aggravanti se a commettere violenza sono familiari, partner o tutori; un pesante aggravio di pena se la vittima è sotto i 14 anni; uguale trattamento, invece, se la vittima è maggiorenne o appena sotto i 18; ergastolo sicuro, se allo stupro segue la morte della vittima. Mano pesante anche per i complici: nessuna possibilità di godere dei domiciliari neppure per i favoreggiatori.
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La scuola pubblica in Italia con la 'Riforma Gelmini'
Le cifre presentate nel decreto fanno venire i brividi: i tagli previsti dal decreto legge 112, poi convertito nella legge 133/08, e gli ulteriori provvedimenti contenuti nel decreto 137 porteranno, a livello nazionale, ad una riduzione di circa 100mila posti tra il personale docente e di 43mila posti tra quello Ata (ausiliari, tecnici e amministrativi).
Per molti, anche per i non addetti ai lavori, l'effetto provocato dalla legge che in pratica azzererà in poco tempo le faticose conquiste di anni e anni, non solo in termini di posti di lavoro, ma anche di mission- educativa e di didattica, rende il momento dei più cupi e tristi degli ultimi anni. Ai tagli vanno poi sommati, le conseguenze che scaturiranno dalla reintroduzione del maestro unico nelle scuole elementari.
L'Europa chiede più scuola, più sapere e l'Italia che fa?
Il contrario!
Rientrodurre il maestro unico è compiere, di sicuro, un passo indietro di almeno mezzo secolo. Se non addirittura si ritorna al tempo del libro cuore, senza offesa per quel libro mio compagno di tanti pomeriggi.
Perchè tutto questo? Bella domanda!
Molto probabilmente si tenta di mascherare con questa supposta riforma quello che è il vero scopo del provvedimento: incassare o meglio risparmiare in poco meno di 4-5 anni 8miliardi di euro. Questa è la cifra stimata, che dovrebbe restare nelle casse dello stato.
Un risparmio quindi certo ottenuto tagliando centinaia di migliaia di posti di lavoro ma al contempo che produrrà anche un effetto negativo: quello di un drastico ridimensionamento del servizio scolastico pubblico in favore forse di quello privato. Inoltre un'altra diretta conseguenza della L.133/08 sarà la chiusura di decine e decine di plessi scolastici.
Molte scuole, soprattutto nei piccoli centri urbani, non ci saranno più. A scomparire sarà anche un altro degli elementi cardine dell'istruzione primaria italiana: il tempo pieno. Bisogna fare attenzione, chi sostiene che il tempo pieno non sarà toccato dalla riforma o che addirittura aumenterà mente sapendo di farlo.
Rifletteteci un poco e capirete perchè!
Se prima, per ogni 2 classi, c'erano 3 insegnanti d'ora in poi sarà uno per classe, a seguire e istruire dai 20 ai 30 alunni e che svolgerà il suo orario lavorativo settimanale esclusivamente di mattina. Pertanto al pomeriggio non potrà esserci altro che un sorta di dopo-scuola, trasformando il tempo pieno di fatto in un parcheggio pomeridiano per i bambini, che nulla ha da condividere con l'offerta didattica di cui fino ad ieri, prima della 'riforma Gelmini', gli alunni potevano usufruire con il tempo pieno.
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ARRIVERA' PER NATALE UNA 'SOCIAL CARD' AD OLTRE 1MLN DI ITALIANI 'POVERI'
In questo caso tra il poco e il nulla ci sono così poche differenze che è difficile distinguerli.
La 'social card, almeno per il momento, sembra più l’ennesimo spot varato dal governo che piuttosto un provvedimento serio in grado di aiutare per davvero i più bisognosi.
Nessuno però si è ricordato di dire che ogni spesa effettuata con la 'social card' in automatico sarà data una commissione alla Mastercard che è la società che ha emmesso ed è la proprietà della card.
Bhe! Almeno qualcuno di certo ci guadagnerà da questa iniziativa...
Appare strano che un'iniziativa così benefica abbia comunque dei costi accessori...stranezze tutte italiane!
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Parole....di Abraham Lincoln
Non si può arrivare alla prosperità
scoraggiando l'impresa.
Non si può rafforzare il debole
indebolendo il più forte.
Non si può aiutare chi è piccolo
abbattendo chi è grande.
Non si può aiutare il povero
distruggendo il ricco.
Non si possono aumentare le paghe
rovinando i datori di lavoro.
Non si può progredire serenamente
spendendo più del guadagno.
Non si può promuovere la fratellanza umana
predicando l'odio di classe.
Non si può instaurare la sicurezza sociale
adoperando denaro imprestato.
Non si può formare carattere e coraggioto
gliendo iniziativa e sicurezza.
Non si può aiutare continuamente
la gente facendo in sua vece quello che potrebbe
e dovrebbe fare da sola.