“Non sono gli attacchi dei pirati il male peggiore per gli uomini di mare. Quel che li ferisce di più è l'assoluta noncuranza della maggior parte dell'opinione pubblica per la difficile situazione in cui vivono e lavorano quotidianamente”
Stamani il Papa ha lanciato da Castel Gandolfo, nel corso dell’Angelus domenicale, un significativo messaggio. Nel giorno in cui si celebra la ‘Domenica del Mare’ Benedetto XVI ha rivolto il suo pensiero ai tutti i Cappellani e i volontari che si prodigano per la cura pastorale dei marittimi, dei pescatori e delle loro famiglie. Però, al tempo stesso ha anche rivolto un pensiero speciale a tutti marittimi vittime incolpevoli di atti di pirateria marittima. Il Pontefice ha usato parole sentite e cariche di emozione. Ad ascoltarle oltre i fedeli anche i familiari di molti dei lavoratori del mare prigionieri dei pirati. “Assicuro la mia preghiera anche per i marittimi che purtroppo si trovano sequestrati per atti di pirateria. Auspico che vengano trattati con rispetto e umanità chiedendo che siano trattati con rispetto e umanità. Prego per i loro familiari, affinché siano forti nella fede e non perdano la speranza di riunirsi presto ai loro cari”, ha detto il Pontefice. Il valore di queste parole va ricercato nel fatto che il Papa in persona si è mosso per scuotere le coscienze e gli animi dei credenti e dei governanti. Nella sua edizione di ieri l'Osservatore romano aveva anticipato l'iniziativa del Papa. In un articolo in cui era espressa solidarietà e vicinanza ai marittimi e ai pescatori. Il quotidiano della Santa Sede enunciava un concetto. “Non sono gli attacchi dei pirati il male peggiore per gli uomini di mare. Quel che li ferisce di più è l'assoluta noncuranza della maggior parte dell'opinione pubblica per la difficile situazione in cui vivono e lavorano quotidianamente. Di loro, delle loro problematiche non si parla mai se non nei casi di disastri o, appunto, quando restano vittime della pirateria. E nessuno si rende conto di quanto sia invece indispensabile il servizio reso dai marittimi”. Parole forti, ma al tempo stesso vere, molto vere. Purtroppo è la sacrosanta verità. La gente, forse troppo presa dalla quotidianità, non si accorge di quanto vive distaccata da certe realtà. Realtà che forse crede che non la sfiorino, mentre in verità sono parte della loro vita e si incrocia con la loro esistenza che essi credono immune a certi drammi. Ad ascoltarle le parole del Santo Padre, tra i fedeli presenti nel cortile della sua residenza estiva, anche i familiari di alcuni dei marittimi prigionieri dei pirati. In particolare di quelli in Somalia. Una cui rappresentanza, insieme a don Giacomo Martino, direttore nazionale dell'Apostolato del Mare, che li accompagnava, ha poi, incontrato in privato il Papa. Di certo lo avranno fatto partecipe delle loro preoccupazioni, sofferenze e speranze. Tra essi Nicola Verrecchia, Nunzia Nappa, Libera Lubrano Lavatera, Cosma Cesaro, Teresa Anna Costagliola Di Fiore e Adriano Bon. Si tratta di cognomi che tutti hanno imparato a conoscere dopo il sequestro della petroliera ‘Savina Caylyn’ e della MV ‘Rosalia D’Amato’. Due navi italiane catturate rispettivamente l’8 febbraio e il 21 aprile scorsi insieme ai loro equipaggi. In tutto 43 marittimi, 15 filippini, 17 indiani e 11 italiani. Un dramma il loro, che si consuma, nel silenzio e indifferenza, rispettivamente da 5 mesi e da 71 giorni. E che è l’esempio di quanto sia globale il fenomeno della pirateria marittima. In mano ai pirati vi sono almeno 500 marittimi di diversa nazionalità. In gran parte provengono da Paesi in via di sviluppo come India, Ghana, Sudan, Pakistan, Filippine e Yemen. Tra essi però, anche dei minori, Rune, Hjalte e Naja, rispettivamente di 17, 15 e 13 anni, figli di una coppia danese, Jan e Marie, catturati lo scorso 24 febbraio mentre veleggiavano a bordo del loro Yacht, da turisti, nell’Oceano Indiano. Dopo un primo contatto con i pirati, che per il loro rilascio hanno chiesto un riscatto di circa 7 milioni di dollari, della famiglia Johansen di Copenaghen non si sa più nulla finiti nel limbo della Somalia. Con molta probabilità dovrebbero essere tenuti, come animali in gabbia, a bordo della ‘MV DOVER’ anch’essa sequestrata dai pirati somali e alla fonda al largo della costa somala. Purtroppo, a favore degli ostaggi non gioca il fatto che la situazione generale nei mari e lungo le coste della Somalia è sempre più drammatica con un aumento della violenza. Si ricorre infatti, sempre di più all’uso delle armi specie da parte delle navi da guerra impegnate nelle missioni antipirateria. Un situazione questa, che ha comportato l’uccisioni di diversi pirati e la morte di alcuni ostaggi. Inoltre, ha costretto, negli ultimi tempi, le varie gang del mare, a dover affrontare molti cambiamenti per evitare di correre rischi inutili, e questo ha influito molto sia sulle trattative per il rilascio degli ostaggi sia sul loro trattamento. A volte ostaggi sono stati usati dai pirati anche come scudi umani.
Stamani il Papa ha lanciato da Castel Gandolfo, nel corso dell’Angelus domenicale, un significativo messaggio. Nel giorno in cui si celebra la ‘Domenica del Mare’ Benedetto XVI ha rivolto il suo pensiero ai tutti i Cappellani e i volontari che si prodigano per la cura pastorale dei marittimi, dei pescatori e delle loro famiglie. Però, al tempo stesso ha anche rivolto un pensiero speciale a tutti marittimi vittime incolpevoli di atti di pirateria marittima. Il Pontefice ha usato parole sentite e cariche di emozione. Ad ascoltarle oltre i fedeli anche i familiari di molti dei lavoratori del mare prigionieri dei pirati. “Assicuro la mia preghiera anche per i marittimi che purtroppo si trovano sequestrati per atti di pirateria. Auspico che vengano trattati con rispetto e umanità chiedendo che siano trattati con rispetto e umanità. Prego per i loro familiari, affinché siano forti nella fede e non perdano la speranza di riunirsi presto ai loro cari”, ha detto il Pontefice. Il valore di queste parole va ricercato nel fatto che il Papa in persona si è mosso per scuotere le coscienze e gli animi dei credenti e dei governanti. Nella sua edizione di ieri l'Osservatore romano aveva anticipato l'iniziativa del Papa. In un articolo in cui era espressa solidarietà e vicinanza ai marittimi e ai pescatori. Il quotidiano della Santa Sede enunciava un concetto. “Non sono gli attacchi dei pirati il male peggiore per gli uomini di mare. Quel che li ferisce di più è l'assoluta noncuranza della maggior parte dell'opinione pubblica per la difficile situazione in cui vivono e lavorano quotidianamente. Di loro, delle loro problematiche non si parla mai se non nei casi di disastri o, appunto, quando restano vittime della pirateria. E nessuno si rende conto di quanto sia invece indispensabile il servizio reso dai marittimi”. Parole forti, ma al tempo stesso vere, molto vere. Purtroppo è la sacrosanta verità. La gente, forse troppo presa dalla quotidianità, non si accorge di quanto vive distaccata da certe realtà. Realtà che forse crede che non la sfiorino, mentre in verità sono parte della loro vita e si incrocia con la loro esistenza che essi credono immune a certi drammi. Ad ascoltarle le parole del Santo Padre, tra i fedeli presenti nel cortile della sua residenza estiva, anche i familiari di alcuni dei marittimi prigionieri dei pirati. In particolare di quelli in Somalia. Una cui rappresentanza, insieme a don Giacomo Martino, direttore nazionale dell'Apostolato del Mare, che li accompagnava, ha poi, incontrato in privato il Papa. Di certo lo avranno fatto partecipe delle loro preoccupazioni, sofferenze e speranze. Tra essi Nicola Verrecchia, Nunzia Nappa, Libera Lubrano Lavatera, Cosma Cesaro, Teresa Anna Costagliola Di Fiore e Adriano Bon. Si tratta di cognomi che tutti hanno imparato a conoscere dopo il sequestro della petroliera ‘Savina Caylyn’ e della MV ‘Rosalia D’Amato’. Due navi italiane catturate rispettivamente l’8 febbraio e il 21 aprile scorsi insieme ai loro equipaggi. In tutto 43 marittimi, 15 filippini, 17 indiani e 11 italiani. Un dramma il loro, che si consuma, nel silenzio e indifferenza, rispettivamente da 5 mesi e da 71 giorni. E che è l’esempio di quanto sia globale il fenomeno della pirateria marittima. In mano ai pirati vi sono almeno 500 marittimi di diversa nazionalità. In gran parte provengono da Paesi in via di sviluppo come India, Ghana, Sudan, Pakistan, Filippine e Yemen. Tra essi però, anche dei minori, Rune, Hjalte e Naja, rispettivamente di 17, 15 e 13 anni, figli di una coppia danese, Jan e Marie, catturati lo scorso 24 febbraio mentre veleggiavano a bordo del loro Yacht, da turisti, nell’Oceano Indiano. Dopo un primo contatto con i pirati, che per il loro rilascio hanno chiesto un riscatto di circa 7 milioni di dollari, della famiglia Johansen di Copenaghen non si sa più nulla finiti nel limbo della Somalia. Con molta probabilità dovrebbero essere tenuti, come animali in gabbia, a bordo della ‘MV DOVER’ anch’essa sequestrata dai pirati somali e alla fonda al largo della costa somala. Purtroppo, a favore degli ostaggi non gioca il fatto che la situazione generale nei mari e lungo le coste della Somalia è sempre più drammatica con un aumento della violenza. Si ricorre infatti, sempre di più all’uso delle armi specie da parte delle navi da guerra impegnate nelle missioni antipirateria. Un situazione questa, che ha comportato l’uccisioni di diversi pirati e la morte di alcuni ostaggi. Inoltre, ha costretto, negli ultimi tempi, le varie gang del mare, a dover affrontare molti cambiamenti per evitare di correre rischi inutili, e questo ha influito molto sia sulle trattative per il rilascio degli ostaggi sia sul loro trattamento. A volte ostaggi sono stati usati dai pirati anche come scudi umani.
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