Iraq. Al Qaeda rivendica gli attentati di Baghdad mentre tra Damasco e Baghdad scoppia una crisi diplomatica

L'organizzazione terroristica ‘lo Stato Islamico in Iraq’, braccio armati di al Qaeda nel Paese, ha rivendicato gli attentati terroristici che la settimana scorsa a Baghdad sono costati la vita a oltre 100 persone e altre 600 sono rimaste ferite. Attentati che di fatto sono risultati i più sanguinosi degli ultimi due anni e che hanno portato un duro colpo all'immagine del premier iracheno Nouri al Maliki, il cui cavallo di battaglia era proprio il raggiungimento e il rafforzamento della sicurezza nel Paese. Una credibilità ora offuscata dalle stragi di questi giorni nel Paese. Forse al Maliki ha avuto troppa fretta nel presentare il ritiro statunitense come una vittoria irachena tanto da proclamare il 30 giugno giornata di festa nazionale. La rivendicazione è apparsa su un sito web islamico dove si legge che: “Con la grazia di Dio, i figli dello Stato Islamico hanno lanciato un nuovo raid nel cuore ferito di Baghdad per distruggere i bastioni dell'infedeltà e le cittadelle dell'ateismo del governo safavide apostata”. Alla vigilia del sanguinoso episodio terroristico il premier iracheno aveva annunciato di voler rivedere le misure di sicurezza adottate dopo il ritiro statunitense dalle principali città, come previsto dagli accordi con Washington. Tra queste, spiccava l'eliminazione dei muri in cemento armato anti attentati che proteggevano i principali edifici di Baghdad fuori dalla Zona Verde. Al Maliki aveva definito gli attentati un disperato tentativo di far fallire il processo politico e mettere a rischio le prossime elezioni legislative previste per gennaio nel Paese. Uno scenario questo, che stando agli analisti potrebbe in effetti verificarsi e portare alla caduta del governo. Le autorità irachene hanno attribuito uno degli attentati avvenuti lo scorso mercoledì a Baghdad ad una branca del partito Baath con base in Siria e per questo il governo iracheno ha richiamato il suo ambasciatore a Damasco in segno di protesta. Un gesto che nel giro di poche ore ha fatto scoppiare una crisi diplomatica tra Iraq e Siria. In seguito alla decisione del governo iracheno, la Siria ha deciso di fare altrettanto col proprio rappresentate diplomatico a Baghdad. Le relazioni tra i due Paese erano andate migliorando progressivamente dopo la caduta del regime di Saddam. Anche se l'Iraq aveva più volte accusato le autorità siriane di non fare abbastanza per contrastare l'afflusso di terroristi verso il territorio iracheno attraverso la frontiera comune. La scorsa settimana il premier iracheno al Maliki era stato in visita in Siria per discutere appunto della sicurezza del confine, oltre che della spartizione delle risorse idriche, della possibile riapertura dell'oleodotto che collega i pozzi iracheni di Kirkuk con il terminale siriano sul Mediterraneo di Baniyas, e dell'ampliamento della cooperazione nell'ambito commercio. Pertanto la rottura di oggi arriva come un fulmine a ciel sereno. In Siria inoltre sono ospitati circa un milione di rifugiati iracheni che ora potrebbero subire eventuali ritorsioni. Alla base della rottura vi è il fatto che il governo iracheno pretende da quello di Damasco la consegnare degli ex esponenti del partito Baath di Saddam Hussein rifugiatisi in Siria dopo la caduta del regime, nel 2003. Per Baghdad sono loro i responsabili nella strage di mercoledì scorso ricoprendo un ruolo diretto. Il governo siriano però rifiuta con forza e respinge quanto affermato dal governo iracheno sulle circostanze dei sanguinosi attentati a Baghdad. La Siria ha però dato la sua disponibilità ad incontrare una delegazione di Baghdad per conoscere quali sono le prove che l'Iraq ha sull'identità degli attentatori. Altrimenti, riterrà che quanto affermato finora sono prove artefatte con obiettivi politici interni. Domenica, le autorità irachene avevano diffuso un video con la confessione del principale sospettato degli attentati, Wissam Ali Kadim Ibrahim. L’uomo, circa un mese fa, avrebbe contattato dalla Siria Sattam Farham chiedendogli di compiere un'operazione terroristica per scuotere il governo iracheno. Sattam Farham è un esponente di un'ala del partito Baath, fuorilegge e clandestino dal 2003, guidata dal governatore della provincia di Mossul ai tempi di Saddam, Mohammed Youni al Ahmad, di cui pure Baghdad ha oggi chiesto esplicitamente la consegna. Baghdad inoltre vuole che Damasco consegni oltre tutte le persone ricercate dalla giustizia perchè responsabili di assassinii e distruzione contro gli iracheni, che metta al bando le organizzazioni terroriste che hanno fatto della Siria la loro base per lanciare operazioni contro il popolo iracheno.