sabato 27 giugno 2015

Somalia: gli al Shabaab sono stati sconfitti ma non vinti


Il tragico attentato terroristico di ieri è la chiara dimostrazione che in Somalia la situazione non è tanto rosea come invece, si cerca affannosamente di far credere. Da tempo circolano notizie che nel Paese africano il governo centrale di Mogadiscio ha  ripreso  il controllo di circa il 90 per cento del Paese. Come anche si cerca di  far credere che i ribelli islamici degli al Shabaab sono ormai in rotta sconfitti su tutti i fronti dalle ‘sgangherate’ truppe governative somale.
Nulla di più falso e l’attentato di ieri non poteva, nel peggiore dei modi, dimostrarlo. Nel dicembre del 2012 fu il presidente somalo, Hassan Sheikn Mohamud  ad annunciare ufficialmente che il gruppo islamico degli al Shabaab era stato sconfitto militarmente. A distanza di tre anni i fatti lo smentiscono e fortemente. L'annuncio infatti non rispecchia pienamente la realtà somala.
Comunque sia quello che sta avvenendo in Somalia e in particolare a Mogadiscio vanifica il tentativo del governo somalo di ‘spacciare’ alla comunità internazionale il ritiro degli al Shabaab come una sua grande vittoria. Il gruppo islamico è sempre
operativo e mantiene il controllo di quella parte del Paese africano che ha strappato ai governativi. Fino al 2011 i mujahedin somali erano arrivati a puntare il coltello alla gola del governo somalo. Sembrava che si fosse giunti alla spallata finale e anche l'ultima roccaforte democratica del Paese, Mogadiscio, sarebbe crollata. Unico loro ostacolo alla vittoria finale erano i pochi e svogliati soldati governativi e i peacekeeping della forza di pace Amisom dell'Ua. Poi è cambiato tutto, il Kenya ha deciso di intervenire militarmente nel Paese ed è stato l'inizio della fine ovvero il ridimensionamento degli al Shabaab. Di fatto i miliziani islamici in Somalia hanno dovuto cambiare strategia. Un cambio iniziato appunto nell'agosto del 2011. Da quando, di fatto, si sono ritirati dalla capitale Mogadiscio. Una ritirata definita da loro strategica e solo per adottare una nuova strategia quella del terrore.
In effetti  si è trattato di un compromesso da parte loro per cercare di ribaltare la situazione che ormai  volgeva a loro sfavore a causa del sostegno militare al governo somalo da parte dell’Unione africana, Ua. Ed ecco che da allora sono passati ad azioni terroristiche vere e proprie con autobombe e uomini bomba che si fanno esplodere nelle città somale per colpire i luoghi e gli uomini del potere nel Paese. Inoltre, hanno avviato anche una strategia basata su omicidi mirati di politici, militari, e rappresentanti della società civile e religiosa somala. Dal 2011 ad oggi gli al Shabaab hanno compiuto azioni terroristiche a 360 gradi.
La capitale somala Mogadiscio si è trasformata in un luogo di assassinii ed attentati suicidi. Tutto questo ha dimostrato con i fatti, in tutta la sua negatività, l’incapacità e la precarietà del governo somalo.
Gli stessi membri del governo e del Parlamento sono entrati nel mirino dei terroristi. Più volte sono scampati all'ultimo minuto ad agguati terroristici. Lo stesso Palazzo presidenziale, Villa Somalia, non è un luogo sicuro e il presidente somalo vi vive in esso trincerato e isolato dal resto della città. Di recente i miliziani del gruppo
estremista  islamico somalo hanno anche allargato la loro attenzione ai rappresentati degli altri Paesi amici della Somalia. Il 24 giugno scorso è stato condotto un attentato suicida contro l’ambasciatore degli Emirati Arabi Uniti a Mogadiscio, Mohamed Al Othman. Anche se il rappresentate diplomatico è rimasto incolume l’episodio denota quanto i terroristi stiano alzando il tiro.
Gli al Shabaab sono un gruppo terroristico che si contrappone al  governo somalo dal 2007. Essi sono nati come movimento giovanile dell'Unione delle Corti islamiche, UCI, che governò il Paese fino al dicembre del 2006. Si sono trasformati in combattenti solo dopo la cacciata dell’UCI ad opera delle truppe etiopi accorse in aiuto del governo somalo e rimaste nel Paese africano fino al 2009. Una trasformazione avvenuta nel tentativo di rovesciare il governo somalo di Mogadiscio, sponsorizzato dalla comunità internazionale, USA e Europa in testa, e stabilire una versione rigida della legge islamica, Sharia.
Tra i miliziani islamici militano parecchi combattenti estranei alla Somalia, provenienti dallo Yemen, Afghanistan e anche da Paesi occidentali. Essi sono da considerarsi una sorta di precursori del moderno esercito dell’IS. Dopo aver inizialmente preso il controllo di gran parte del Paese africano, compreso la capitale Mogadiscio, i miliziani islamici si sono visti lentamente ma inesorabilmente ridurre il territorio controllato. Questo, a causa dell’intervento nel Paese africano di un contingente di pace dell’Ua, l’Amisom sostenuto economicamente e logisticamente dagli USA e dall'Ue Un contingente militare dispiegato nel Paese del Corno d’africa per aiutare il governo centrale somalo di Mogadiscio a creare i presupposti per un democratico governo nel Paese africano dopo oltre un ventennio di guerra civile. La missione è iniziata otto anni fa ed era stata inviata in Somalia in sostegno allora, del debole governo di transizione somalo, Tfg. Si tratta di almeno 20mila soldati di diversa nazionalità e tutti africani. Di questi una gran parte proviene dal Burundi ma anche dall’Uganda. Il debole governo somalo di Mogadiscio senza il loro sostengo militare sarebbe già stato sopraffatto da tempo dalle milizie islamiche degli al Shabaab. Con questa consapevolezza i miliziani da sempre hanno messo in atto azioni terroristiche contro il contingente africano e sono arrivati a colpire con atti terroristici anche sul territorio dei Paesi di provenienza. Tutto questo allo scopo di fiaccarne la volontà di sostenere il governo somalo. Ecco perché ieri l’ennesimo attentato nei
confronti di questo contingente africano condotto contro una loro base nella città somala meridionale di Leego a circa 140 chilometri dalla capitale Mogadiscio.
La ribellione armata in Somalia quindi continua. Si tratta di quella stessa ribellione che inizialmente e lentamente ha preso piede per la  debolezza del governo somalo di Mogadiscio corrotto e paralizzato da lotte intestine. Il terreno fertile nella loro ascesa i terroristi di al Shabaab l’hanno trovato anche grazie al malcontento che serpeggiava tra la popolazione somala costretta ad una profonda indigenza nonostante i numerosi aiuti economici internazionali, specie di ONU ed USA. Aiuti che però, non sono mai arrivati a destinazione. Si stima che il 70% degli aiuti economici stranieri devoluti al governo di Mogadiscio è infatti, scomparso nel nulla. Oggi, come per miracolo, le cose si sono lentamente messe a posto. Man mano sono aumentate le vittorie militari governative e le popolazioni civili hanno tolto il loro appoggio ai terroristi motivando la decisione con il fatto che erano stanche della guerra.
In verità è stato il risultato di un lungo lavoro diplomatico e non solo. Lunghe trattative con i capi clan che alla fine hanno fatto prevalere l’interesse comune su quello individuale o dei clan.
I miliziani degli al Shabaab sono di certo stati indeboliti, ma sono ancora lontani dall'essere stati completamente sconfitti per cui è più coretto dire che nell’ultimo triennio hanno subito solo un forte e sensibile ridimensionamento. Un ridimensionamento sul terreno che è dovuto soprattutto all’azione militare svolta dalle forze armate keniote, meglio equipaggiate e motivate di quelle somale, che nel 2011 sono intervenute militarmente nel Paese africano in appoggio del governo somalo di Mogadiscio contro i  miliziani islamici.

Ferdinando Pelliccia

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Un bambino del Darfur

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aiuta ad aiutarlo sostieni le iniziative pro Darfur
In Darfur dal 2003 ad oggi sono state compiute esecuzioni, anche di massa, stupri, soprattutto di massa, nei confronti di donne, uomini e bambini e interi villaggi sono stati rasi al suolo. Il terrore è stato usato come pratica generalizzata e a sfondo razziale mentre lo stupro è diventato una vera e propria arma da guerra.
Il governo sudanese di Khartoum da parte sua ha bombardato senza sosta i civili, e ha reso sempre più difficili le operazioni di soccorso delle organizzazioni umanitarie nei confronti delle genti del Darfur, fino al punto di far scappare via la maggior parte delle Ong operanti nella regione sudanese e liberarsi così di scomodi testimoni di quanto accadeva in quei luoghi. La stessa tattica è stata seguita prima con i peacekeepers dell'Ua e poi con quelli dell'Onu...
Tutto il mondo è a conoscenza di quanto accade in quella remota regione sudanese e lancia denunce. Da un lato Washington parla di genocidio, dall’altro l'Onu parla di catastrofe umanitaria e di pulizia etnica.
Il tutto però resta nella totale impunità!
Intanto, dal Febbraio 2003 anno in cui è iniziata la ribellione della popolazione di etnia africana del Darfur, circa 6 milioni in maggioranza musulmana e in parte animista, contro il governo sudanese, musulmano ma integralista e soprattutto di etnia araba e bianca, è scoppiato il conflitto che ha causato finora circa 300mila morti e due milioni e mezzo di profughi. Una protesta nata per lo stato di totale abbandono e sfruttamento in cui la popolazione nera era tenuta. La repressione del governo centrale è stata spietata, soprattutto facendo uso dei Janjaweed, i diavoli a cavallo, che sono milizie nomadi di etnia araba che hanno compiuto tutti gli orrori possibili e inimmaginabili contro le genti del Darfur di etnia nera, per lo più contadini e pastori.

Il pianto di un innocente a Gaza

Il pianto di un innocente a Gaza
Ancora una volta il mondo intero si dovrebbe vergognare!!!
La guerra chi puo raccontarla? E' difficile farlo ma tutti possiamo immaginare come sia il sentire l'odore dei morti abbandonati nelle strade o sotto le macerie, il vedere i bambini che muoiono di fame accanto al cadavere della madre, il sentire il lamento dei feriti e lo strazio dei sopravvissuti, di chi si vede impotente e maledice chi gli ha portato via tutto.
Nella Striscia di Gaza siamo ormai quasi alla terza settimana di bombardamenti e inesorabilmente, come non potrebbe essere diversamente con tutta la tecnologia militare del 21° secolo che gli israeliani stanno usando, il numero dei morti tra i civili continuato ad aumentare, mentre l'esercito israeliano bombarda le loro case si moltiplicano tra i palestinesi le scene di disperazione e di dolore causati dagli effetti devastanti della guerra che certamente non sono cambiati nel tempo anzi al contrario.

Giugno 2009: La rivoluzione di velluto in Iran

Giugno 2009: La rivoluzione di velluto in Iran
Sono solidale con i persiani che manifestano

Il 12 giugno 2010 è caduto il primo anniversario delle contestate elezioni iraniane. Elezioni che decretarono la riconferma a presidente dell’Iran di Mahmud Ahmadinejad. Il Paese ha vissuto le prime ora di questa giornata con una calma carica di tensione che poi, è scoppiata nel pomeriggio intorno alle 16, le 13.30 italiane con i primi scontri tra manifestanti e forze di sicurezza nei pressi dell’Università Sharif di Teheran. Era impensabile che l’opposizione iraniana del movimento riformista dell’Onda Verde si facesse scappare questa occasione per proclamare il proprio dissenso al regime degli Ayatollah. I luoghi delle sanguinose proteste post elettorali di un anno fa si sono quindi di nuovo riempiti di manifestanti. Questo, nonostante l’appello dei leader dell’opposizione, Moussavi e Karroubi, a evitare di scendere in piazza e nonostante che le forze di sicurezza avessero preso posizione in vari punti strategici del centro di Teheran per prevenire manifestazioni. Nonostante le proteste e le accuse di brogli elettorali il contestato presidente Ahmadinejad ha potuto proseguire nel suo mandato, quasi certamente usurpato, grazie all’appoggio dell’ayatollah Ali Khamenei, la Guida Suprema. La lotta continuerà. Viva la Persia! Viva il movimento riformista!


i 44 presidenti degli Usa

i 44 presidenti degli Usa
da www.patrickmoberg.com/blog/id:420/november-4-2008

The President United States of America

The President United States of America
Barack Obama

E' morta Miriam Makeba

E' morta Miriam Makeba
Addio Mama Afrika....io continuerò a sognare...

Notes

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Italia. Violenza sessuale è allarme sociale


Dopo i recenti casi di stupri, a Roma, Bologna e Milano non si riesce quasi più a tenere il conto degli episodio di violenza sessuale che, dall'inizio dell'anno, si stanno susseguendo in Italia ad opera principalmente di stranieri. Un orribile reato che si verifica nelle grandi città metropolitane come nei piccoli centri urbani. Emergono dati da brividi dalle informazioni fornite dal Presidente facente funzioni del Tribunale di Como Giuseppe Anzani e dal Procuratore capo Alessandro Maria Lodolini. Ogni 4 giorni in Procura a Como arriva una denuncia per violenza sessuale. I fascicoli aperti tra luglio 2007 e giugno 2008 sono stati 89, tra violenze sessuali e pedofilia. Ma è solo la punta di un iceberg in quanto, il reato, per la quasi totalità è sommerso perché prevale ancora la paura e la vergogna a denunciare la violenza subita. Fino ad oggi la violenza che subivano le donne era soprattutto domestica, ma gli episodi di violenza che hanno visto protagoniste, loro malgrado, delle donne avvenuti negli ultimi giorni, per le strade, propongono una nuova emergenza. Un autorevole testimonianza è portata da Telefono Rosa che da anni conosce il fenomeno ed assiste le vittime. “Ciò che sta avvenendo dall'inizio dell'anno, precisa il presidente Maria Gabriella Carnieri Moscatelli, mi preoccupa. Non so se è solo l'effetto di maggiori denunce ma, dal nostro osservatorio, non era mai stato rilevata una cosa simile”. Gli avvenimenti degli ultimi giorni non fanno altro che conferma un'allarmante costante: in testa alla classifica degli autori di stupri ci sono gli stranieri. Il triste primato vede fra i primi i romeni, seguiti da marocchini e albanesi che sembra abbiano dato il via ad una esecrabile escalation di violenza contro le donne. Assodato che nella stragrande maggioranza dei casi questi episodi sono commessi da stranieri, spesso clandestini, ora si deve dare a tutto questo uno stop. Certezza della pena, custodia cautelare in carcere per chi è accusato di violenza sessuale ed esclusione di attenuanti per chi delinque sotto effetto di alcool e droghe. Tutto ovviamente tenendo conto di due elementi fondamentali: abbattere l'allarme sociale provocato da questo tipo di reati e tutelare la dignità della vittima, che va assicurata anche nel percorso dibattimentale.
Per raggiungere un risultato anzitutto è importante l'introduzione nel ddl sicurezza dell'obbligo del carcere per chi stupra. Forse il decreto 'anti-stupro' sarà pronto per venerdì esso dovrebbe contenere, come annunciato, importanti novità: gli accusati di stupro non potranno beneficiare della libertà condizionale, ci sarà un avvocato a spese dello Stato per le vittime di violenza sessuale, arriveranno nuovi presidi di polizia con relativi stanziamenti, saranno anticipate le norme contenute nel ddl anti-molestie che la Camera ha già approvato. Tra le altre cose, ci dovrebbero essere anche aggravanti se a commettere violenza sono familiari, partner o tutori; un pesante aggravio di pena se la vittima è sotto i 14 anni; uguale trattamento, invece, se la vittima è maggiorenne o appena sotto i 18; ergastolo sicuro, se allo stupro segue la morte della vittima. Mano pesante anche per i complici: nessuna possibilità di godere dei domiciliari neppure per i favoreggiatori.

***

La scuola pubblica in Italia con la 'Riforma Gelmini'

Esprimo la mia piena solidarietà con tutti coloro che protestano contro la Legge 133/08 la cosidetta 'Riforma Gelmini'....

Le cifre presentate nel decreto fanno venire i brividi: i tagli previsti dal decreto legge 112, poi convertito nella legge 133/08, e gli ulteriori provvedimenti contenuti nel decreto 137 porteranno, a livello nazionale, ad una riduzione di circa 100mila posti tra il personale docente e di 43mila posti tra quello Ata (ausiliari, tecnici e amministrativi).
Per molti, anche per i non addetti ai lavori, l'effetto provocato dalla legge che in pratica azzererà in poco tempo le faticose conquiste di anni e anni, non solo in termini di posti di lavoro, ma anche di mission- educativa e di didattica, rende il momento dei più cupi e tristi degli ultimi anni. Ai tagli vanno poi sommati, le conseguenze che scaturiranno dalla reintroduzione del maestro unico nelle scuole elementari.
L'Europa chiede più scuola, più sapere e l'Italia che fa?
Il contrario!
Rientrodurre il maestro unico è compiere, di sicuro, un passo indietro di almeno mezzo secolo. Se non addirittura si ritorna al tempo del libro cuore, senza offesa per quel libro mio compagno di tanti pomeriggi.
Perchè tutto questo? Bella domanda!
Molto probabilmente si tenta di mascherare con questa supposta riforma quello che è il vero scopo del provvedimento: incassare o meglio risparmiare in poco meno di 4-5 anni 8miliardi di euro. Questa è la cifra stimata, che dovrebbe restare nelle casse dello stato.
Un risparmio quindi certo ottenuto tagliando centinaia di migliaia di posti di lavoro ma al contempo che produrrà anche un effetto negativo: quello di un drastico ridimensionamento del servizio scolastico pubblico in favore forse di quello privato. Inoltre un'altra diretta conseguenza della L.133/08 sarà la chiusura di decine e decine di plessi scolastici.
Molte scuole, soprattutto nei piccoli centri urbani, non ci saranno più. A scomparire sarà anche un altro degli elementi cardine dell'istruzione primaria italiana: il tempo pieno. Bisogna fare attenzione, chi sostiene che il tempo pieno non sarà toccato dalla riforma o che addirittura aumenterà mente sapendo di farlo.
Rifletteteci un poco e capirete perchè!
Se prima, per ogni 2 classi, c'erano 3 insegnanti d'ora in poi sarà uno per classe, a seguire e istruire dai 20 ai 30 alunni e che svolgerà il suo orario lavorativo settimanale esclusivamente di mattina. Pertanto al pomeriggio non potrà esserci altro che un sorta di dopo-scuola, trasformando il tempo pieno di fatto in un parcheggio pomeridiano per i bambini, che nulla ha da condividere con l'offerta didattica di cui fino ad ieri, prima della 'riforma Gelmini', gli alunni potevano usufruire con il tempo pieno.

...

ARRIVERA' PER NATALE UNA 'SOCIAL CARD' AD OLTRE 1MLN DI ITALIANI 'POVERI'

C’è un detto che dice: "meglio poco che niente!".
In questo caso tra il poco e il nulla ci sono così poche differenze che è difficile distinguerli.
La 'social card, almeno per il momento, sembra più l’ennesimo spot varato dal governo che piuttosto un provvedimento serio in grado di aiutare per davvero i più bisognosi.
Nessuno però si è ricordato di dire che ogni spesa effettuata con la 'social card' in automatico sarà data una commissione alla Mastercard che è la società che ha emmesso ed è la proprietà della card.
Bhe! Almeno qualcuno di certo ci guadagnerà da questa iniziativa...
Appare strano che un'iniziativa così benefica abbia comunque dei costi accessori...stranezze tutte italiane!

***

Parole....di Abraham Lincoln

Non si può arrivare alla prosperità

scoraggiando l'impresa.
Non si può rafforzare il debole
indebolendo il più forte.
Non si può aiutare chi è piccolo
abbattendo chi è grande.
Non si può aiutare il povero
distruggendo il ricco.
Non si possono aumentare le paghe
rovinando i datori di lavoro.
Non si può progredire serenamente
spendendo più del guadagno.
Non si può promuovere la fratellanza umana
predicando l'odio di classe.
Non si può instaurare la sicurezza sociale
adoperando denaro imprestato.
Non si può formare carattere e coraggioto
gliendo iniziativa e sicurezza.
Non si può aiutare continuamente
la gente facendo in sua vece quello che potrebbe
e dovrebbe fare da sola.

USA 2008: ELETTO PRESIDENTE BARACK OBAMA

USA 2008: ELETTO PRESIDENTE BARACK OBAMA

marito e padre

i due rivali

genere umano

GIOCHI OLIMPICI DI PECHINO

GIOCHI OLIMPICI DI PECHINO
da peacereporter

23/02/2002 - 02/07/2008 Ingrid Betancourt è stata liberata!

23/02/2002 - 02/07/2008                  Ingrid Betancourt è stata liberata!
faccio mia la gioia di tutti!

Finalmente liberi!!!

Finalmente liberi!!!

Grazie a loro la Betancourt è libera

Grazie a loro la Betancourt è libera
il ministro della Difesa colombiano Santos e il generale Montoya

Grazie Uribe!!

Grazie Uribe!!
La Betancourt ha incontrato il presidente colombiano Uribe che vinse le elezioni del 2002

madre e figlia!

madre e figlia!
Yolanda Pulecio e Ingrid Betancourt

le due Betancourt

le due Betancourt
Ingrid abbraccia la madre Yolanda

La gioia della libertà riconquistata

La gioia della libertà riconquistata
Ingrid Betancourt dopo la liberazione