lunedì 21 aprile 2014

Sud Sudan: un Paese sconvolto dal scontri e uccisioni etniche senza fine


Una delle più importanti emergenze del momento è quella della popolazione civile in fuga dal dramma della guerra in corso in Sud Sudan. Un dramma che in questi giorni è esploso a livello mediatico in tutta la sua interezza. Purtroppo in questo Paese africano nonostante che dal 23 gennaio scorso sia in vigore un accordo di cessate il fuoco è in corso una lotta per il potere tra il presidente Sava Kiir che rappresenta l’etnia predominante del Paese i Dinka, e l’ex vice presidente Riek Machar di etnia minoritaria Lou Nuer. Il primo ha accusato il suo vice di tradimento mentre da più parti Kiir è stato accusato dello sfruttamento personale delle risorse naturali del Paese africano. Uno scontro scoppiato da oltre un anno e che ha dato vita ad una guerra sospesa tra conflitto civile, battaglia tribale e insurrezione patriottica. Una guerra però, rimasta finora nascosta agli occhi del mondo nonostante che abbia stremato e perseguitato la popolazione civile stretta tra i due fronti.

L'ONU stima che negli ultimi mesi siano state uccise almeno 10mila persone e oltre un milione abbiano cambiato il loro status in rifugiati e profughi.

In particolare le tragiche notizie che ci sono giunte da quella parte del mondo hanno riguardato due dei 10 Stati che costituiscono la Repubblica del Sudan del Sud, l‘Unit State e il  Jonglei State. In un documento reso noto in questi giorni l’ONU ha denunciato stragi e atrocità di ogni genere. Atti di cui sono stati vittime civili inermi e che secondo l’organismo internazionale sono stati compiuti all’inizio del mese di aprile dai miliziani dell'ex vicepresidente sud sudanese, in gran parte civili di etnia Lou Nuer o disertori dell’esercito, che hanno massacrato centinaia di civili inermi di altre etnie. Uccisioni etniche avvenute durante la conquista di Bentiu, capoluogo dello stato di Unity. La missione di pace dei caschi blu dell’ONU, UNMISS, dispiegata in Sud Sudan ha fatto sapere che si sono verificati attacchi in diverse chiese, in una moschea, in un ospedale e in un compound abbandonato del World Food Program. Il Consiglio di Sicurezza del Palazzo di Vetro ha condannato gli attacchi sottolineando che possono essere considerati Crimini di guerra.

Purtroppo quanto accaduto dimostra che ormai l’escalation della violenza è ormai a livelli incontrollabili.  La regione meridionale di quello che un tempo era un unico stato, il Sudan, e che da pochi anni, dal mese di luglio del 2011, è uno stato a se, è ormai chiaramente insanguinata da scontri e violenze che hanno finito per sfociare nello scoppio dell'ennesimo conflitto inter-etnico in quella parte del mondo. Come sempre a farne le spese è l’inerme popolazione civile e in particolare, come sempre accade, le donne e i bambini. Una guerra intestina che ha per epicentro appunto le regione dello Jonglei e di Unit che sono gli stati più ricchi di petrolio di un intero Paese che poggia la sua ricchezza proprio sulle sue risorse petrolifere. Pertanto il suo controllo è vitale per chi vuole detenere il potere nel Paese africano. Tanto è vero che fin dal suo primo anno di indipendenza dal Nord Sudan il neo stato africano non ha trovato più pace. Intensi combattimenti si sono avuti lungo il confine con il Nord specie nello stato di Jonglei a causa di lotte intestine e dal deterioramento delle relazioni con il Nord Sudan.  Il presidente nord sudanese Omar al Bashir non ha mai nascosto le sue intenzioni di volersi riprendere il controllo delle risorse petrolifere del Sud perse con la secessione. Purtroppo il greggio estratto nel Sud Sudan può raggiungere il Mar Rosso, e da qui le raffinerie, solo attraverso oleodotti che attraversano il Nord Sudan e questo passaggio è stato più volte bloccato, come forma di ritorsione e ricatto, da Khartoum. Ed ecco come è poi, nata l’idea di costruire un nuovo oleodotto che portasse il greggio sud sudanese a Lamu in Kenya passando per l’Uganda. L’accordo tra i tre Paesi è stato siglato nel giugno del 2013. Da quel momento la tensione nel Sud Sudan è andata crescendo in maniera esponenziale giorno dopo giorno, innescata dai tanti atti ostili per destabilizzare il governo centrale di Juba, forse anche alimentati dall’esterno. Da una parte si sarebbe creato l’asse Pechino–Kampala che appoggerebbe il presidente Kiir e dall’altra l’asse Washigton-Khartoum che appoggerebbe l’ex vice presidente Machar. E’ chiaro che la vittoria dell’una o dell’altra parte comporterà un radicale cambiamento degli scenari politico-militari e anche dei protagonisti nella vita petrolifera nel Paese.

Il precipitare della situazione, coincisa più o meno con la seconda metà del 2013, ha poi, comportato anche un aumento esponenziale di civili in fuga dai combattimenti. In tanti hanno abbandonato ogni loro avere per sfuggire al dramma della guerra. Tutto questo ha dato luogo ad un’emergenza umanitaria senza precedenti sconosciuta al resto del mondo. Il numero dei civili in fuga anche nei Paesi frontalieri è più che triplicato. Nella sola Uganda si stima che ci siano almeno un milione di profughi sud sudanesi. Altrettanti sono scappati in Etiopia e in Kenya. Il 50 per cento sono bambini di età inferiore ai 10 anni e donne. Molti altri si affidano a scafisti senza scrupoli. In migliaia rischiano la vita affrontando la pericolosa traversata del Golfo di Aden e del Mar Rosso per raggiungere lo Yemen o per arrivare in Europa attraverso il Mediterraneo. Ed è qui che si consuma un altro dramma. Questo nella totale indifferenza del mondo.

Il conflitto in corso nel Sud Sudan è considerato anche una minaccia, sia militare sia economica, soprattutto per l’Uganda. Verso il vicino Paese africano è indirizzata gran parte della produzione agricola ugandese. Inoltre, il conflitto mette in discussione la realizzazione dell’oleodotto ritenuto fondamentale per l’Uganda e a rischio la stabilità politica del Paese.
Pertanto quando lo scorso 15 dicembre nel Paese africano si sono rotti tutti gli equilibri politici e militari e lo scontro per il potere nel Paese è arrivato al suo culmine tra il Presidente Sava Kiir e il suo vice Riek Machar. La faida tribale, mai sopita, è riesplosa in tutta la sua interezza.  Ancora una volta infatti, l’origine di tutto è stata l’inimicizia tra le varie tribù di diversa etnie, almeno 63, in cui si divide la popolazione civile sudanese e di cui sono composte anche le forze governative. Tribù che si distinguono per etnia principalmente in quelle dei Ngok Dinka, che di fatto è la più numerosa e dominante, dei Lou Nuer, Acholi, Shilluk Kiir. Machar ha immediatamente lanciato una ribellione armata contro la capitale Juba e il governo centrale sud sudanese e occupando con i suoi miliziani gran parte dello Jonglei e dello stato di Unity. Il presidente Kiir nel tentativo di mantenere il potere a tutti i costi si è fortemente armato stabilendo anche una forte alleanza con il suo omologo ugandese Yoweri Museveni. In maniera non ufficiale a soccorrere Sava Kiir, chiaramente in difficoltà dopo il 15 dicembre scorso, è scesa in campo proprio l'Uganda. In poche ore ben due battaglioni ugandesi sono stati schierati nei dintorni di Juba. Un intervento fortemente criticato dall’Autorità Intergovernativa per lo sviluppo, IGAD. Il governo ugandese si è giustificato affermando che quella dei suoi militari era una missione avente lo scopo per proteggere gli interessi ugandesi nella regione meridionale del Sudan e facilitare e proteggere l’evacuazione dei suoi cittadini. Nel gennaio scorso però, il governo di Juba ha dovuto fare una scelta e alla fine i 1600 militari ugandesi presenti nel Paese africano sono scesi in campo a fianco dei governativi sud sudanesi. Da allora la regione del Jonglei e Unit è passata di mano diverse volte con relative ritorsione dei vincitori del momento sulla popolazione civile colpevole solo di appartenere all’etnia rivale.
Ferdinando Pelliccia

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DARFUR:NON C'E' PIU' TEMPO DA PERDERE!

IN DARFUR SONO DECINE SE NON CENTINAIA LE PERSONE CHE MUOIONO OGNI MESE...
FAI LORO DEL BENE... AIUTA I RIFUGIATI E I PROFUGHI DEL DARFUR FACENDO UNA DONAZIONE ALL'AGENZIA ONU PER I RIFUGIATI UNHCR CHIAMA LO 0680212304 PER SAPERE COME FARE....
RICORDATI BASTANO 31 EURO PER ACQUISTARE 8 COPERTE, 51 EURO PER UNA TENDA E 200 EURO PER DARE ASSISTENZA MEDICA A 25 FAMIGLIE...

Un bambino del Darfur

Un bambino del Darfur
aiuta ad aiutarlo sostieni le iniziative pro Darfur
In Darfur dal 2003 ad oggi sono state compiute esecuzioni, anche di massa, stupri, soprattutto di massa, nei confronti di donne, uomini e bambini e interi villaggi sono stati rasi al suolo. Il terrore è stato usato come pratica generalizzata e a sfondo razziale mentre lo stupro è diventato una vera e propria arma da guerra.
Il governo sudanese di Khartoum da parte sua ha bombardato senza sosta i civili, e ha reso sempre più difficili le operazioni di soccorso delle organizzazioni umanitarie nei confronti delle genti del Darfur, fino al punto di far scappare via la maggior parte delle Ong operanti nella regione sudanese e liberarsi così di scomodi testimoni di quanto accadeva in quei luoghi. La stessa tattica è stata seguita prima con i peacekeepers dell'Ua e poi con quelli dell'Onu...
Tutto il mondo è a conoscenza di quanto accade in quella remota regione sudanese e lancia denunce. Da un lato Washington parla di genocidio, dall’altro l'Onu parla di catastrofe umanitaria e di pulizia etnica.
Il tutto però resta nella totale impunità!
Intanto, dal Febbraio 2003 anno in cui è iniziata la ribellione della popolazione di etnia africana del Darfur, circa 6 milioni in maggioranza musulmana e in parte animista, contro il governo sudanese, musulmano ma integralista e soprattutto di etnia araba e bianca, è scoppiato il conflitto che ha causato finora circa 300mila morti e due milioni e mezzo di profughi. Una protesta nata per lo stato di totale abbandono e sfruttamento in cui la popolazione nera era tenuta. La repressione del governo centrale è stata spietata, soprattutto facendo uso dei Janjaweed, i diavoli a cavallo, che sono milizie nomadi di etnia araba che hanno compiuto tutti gli orrori possibili e inimmaginabili contro le genti del Darfur di etnia nera, per lo più contadini e pastori.

Il pianto di un innocente a Gaza

Il pianto di un innocente a Gaza
Ancora una volta il mondo intero si dovrebbe vergognare!!!
La guerra chi puo raccontarla? E' difficile farlo ma tutti possiamo immaginare come sia il sentire l'odore dei morti abbandonati nelle strade o sotto le macerie, il vedere i bambini che muoiono di fame accanto al cadavere della madre, il sentire il lamento dei feriti e lo strazio dei sopravvissuti, di chi si vede impotente e maledice chi gli ha portato via tutto.
Nella Striscia di Gaza siamo ormai quasi alla terza settimana di bombardamenti e inesorabilmente, come non potrebbe essere diversamente con tutta la tecnologia militare del 21° secolo che gli israeliani stanno usando, il numero dei morti tra i civili continuato ad aumentare, mentre l'esercito israeliano bombarda le loro case si moltiplicano tra i palestinesi le scene di disperazione e di dolore causati dagli effetti devastanti della guerra che certamente non sono cambiati nel tempo anzi al contrario.

Giugno 2009: La rivoluzione di velluto in Iran

Giugno 2009: La rivoluzione di velluto in Iran
Sono solidale con i persiani che manifestano

Il 12 giugno 2010 è caduto il primo anniversario delle contestate elezioni iraniane. Elezioni che decretarono la riconferma a presidente dell’Iran di Mahmud Ahmadinejad. Il Paese ha vissuto le prime ora di questa giornata con una calma carica di tensione che poi, è scoppiata nel pomeriggio intorno alle 16, le 13.30 italiane con i primi scontri tra manifestanti e forze di sicurezza nei pressi dell’Università Sharif di Teheran. Era impensabile che l’opposizione iraniana del movimento riformista dell’Onda Verde si facesse scappare questa occasione per proclamare il proprio dissenso al regime degli Ayatollah. I luoghi delle sanguinose proteste post elettorali di un anno fa si sono quindi di nuovo riempiti di manifestanti. Questo, nonostante l’appello dei leader dell’opposizione, Moussavi e Karroubi, a evitare di scendere in piazza e nonostante che le forze di sicurezza avessero preso posizione in vari punti strategici del centro di Teheran per prevenire manifestazioni. Nonostante le proteste e le accuse di brogli elettorali il contestato presidente Ahmadinejad ha potuto proseguire nel suo mandato, quasi certamente usurpato, grazie all’appoggio dell’ayatollah Ali Khamenei, la Guida Suprema. La lotta continuerà. Viva la Persia! Viva il movimento riformista!


i 44 presidenti degli Usa

i 44 presidenti degli Usa
da www.patrickmoberg.com/blog/id:420/november-4-2008

The President United States of America

The President United States of America
Barack Obama

E' morta Miriam Makeba

E' morta Miriam Makeba
Addio Mama Afrika....io continuerò a sognare...

Notes

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Italia. Violenza sessuale è allarme sociale


Dopo i recenti casi di stupri, a Roma, Bologna e Milano non si riesce quasi più a tenere il conto degli episodio di violenza sessuale che, dall'inizio dell'anno, si stanno susseguendo in Italia ad opera principalmente di stranieri. Un orribile reato che si verifica nelle grandi città metropolitane come nei piccoli centri urbani. Emergono dati da brividi dalle informazioni fornite dal Presidente facente funzioni del Tribunale di Como Giuseppe Anzani e dal Procuratore capo Alessandro Maria Lodolini. Ogni 4 giorni in Procura a Como arriva una denuncia per violenza sessuale. I fascicoli aperti tra luglio 2007 e giugno 2008 sono stati 89, tra violenze sessuali e pedofilia. Ma è solo la punta di un iceberg in quanto, il reato, per la quasi totalità è sommerso perché prevale ancora la paura e la vergogna a denunciare la violenza subita. Fino ad oggi la violenza che subivano le donne era soprattutto domestica, ma gli episodi di violenza che hanno visto protagoniste, loro malgrado, delle donne avvenuti negli ultimi giorni, per le strade, propongono una nuova emergenza. Un autorevole testimonianza è portata da Telefono Rosa che da anni conosce il fenomeno ed assiste le vittime. “Ciò che sta avvenendo dall'inizio dell'anno, precisa il presidente Maria Gabriella Carnieri Moscatelli, mi preoccupa. Non so se è solo l'effetto di maggiori denunce ma, dal nostro osservatorio, non era mai stato rilevata una cosa simile”. Gli avvenimenti degli ultimi giorni non fanno altro che conferma un'allarmante costante: in testa alla classifica degli autori di stupri ci sono gli stranieri. Il triste primato vede fra i primi i romeni, seguiti da marocchini e albanesi che sembra abbiano dato il via ad una esecrabile escalation di violenza contro le donne. Assodato che nella stragrande maggioranza dei casi questi episodi sono commessi da stranieri, spesso clandestini, ora si deve dare a tutto questo uno stop. Certezza della pena, custodia cautelare in carcere per chi è accusato di violenza sessuale ed esclusione di attenuanti per chi delinque sotto effetto di alcool e droghe. Tutto ovviamente tenendo conto di due elementi fondamentali: abbattere l'allarme sociale provocato da questo tipo di reati e tutelare la dignità della vittima, che va assicurata anche nel percorso dibattimentale.
Per raggiungere un risultato anzitutto è importante l'introduzione nel ddl sicurezza dell'obbligo del carcere per chi stupra. Forse il decreto 'anti-stupro' sarà pronto per venerdì esso dovrebbe contenere, come annunciato, importanti novità: gli accusati di stupro non potranno beneficiare della libertà condizionale, ci sarà un avvocato a spese dello Stato per le vittime di violenza sessuale, arriveranno nuovi presidi di polizia con relativi stanziamenti, saranno anticipate le norme contenute nel ddl anti-molestie che la Camera ha già approvato. Tra le altre cose, ci dovrebbero essere anche aggravanti se a commettere violenza sono familiari, partner o tutori; un pesante aggravio di pena se la vittima è sotto i 14 anni; uguale trattamento, invece, se la vittima è maggiorenne o appena sotto i 18; ergastolo sicuro, se allo stupro segue la morte della vittima. Mano pesante anche per i complici: nessuna possibilità di godere dei domiciliari neppure per i favoreggiatori.

***

La scuola pubblica in Italia con la 'Riforma Gelmini'

Esprimo la mia piena solidarietà con tutti coloro che protestano contro la Legge 133/08 la cosidetta 'Riforma Gelmini'....

Le cifre presentate nel decreto fanno venire i brividi: i tagli previsti dal decreto legge 112, poi convertito nella legge 133/08, e gli ulteriori provvedimenti contenuti nel decreto 137 porteranno, a livello nazionale, ad una riduzione di circa 100mila posti tra il personale docente e di 43mila posti tra quello Ata (ausiliari, tecnici e amministrativi).
Per molti, anche per i non addetti ai lavori, l'effetto provocato dalla legge che in pratica azzererà in poco tempo le faticose conquiste di anni e anni, non solo in termini di posti di lavoro, ma anche di mission- educativa e di didattica, rende il momento dei più cupi e tristi degli ultimi anni. Ai tagli vanno poi sommati, le conseguenze che scaturiranno dalla reintroduzione del maestro unico nelle scuole elementari.
L'Europa chiede più scuola, più sapere e l'Italia che fa?
Il contrario!
Rientrodurre il maestro unico è compiere, di sicuro, un passo indietro di almeno mezzo secolo. Se non addirittura si ritorna al tempo del libro cuore, senza offesa per quel libro mio compagno di tanti pomeriggi.
Perchè tutto questo? Bella domanda!
Molto probabilmente si tenta di mascherare con questa supposta riforma quello che è il vero scopo del provvedimento: incassare o meglio risparmiare in poco meno di 4-5 anni 8miliardi di euro. Questa è la cifra stimata, che dovrebbe restare nelle casse dello stato.
Un risparmio quindi certo ottenuto tagliando centinaia di migliaia di posti di lavoro ma al contempo che produrrà anche un effetto negativo: quello di un drastico ridimensionamento del servizio scolastico pubblico in favore forse di quello privato. Inoltre un'altra diretta conseguenza della L.133/08 sarà la chiusura di decine e decine di plessi scolastici.
Molte scuole, soprattutto nei piccoli centri urbani, non ci saranno più. A scomparire sarà anche un altro degli elementi cardine dell'istruzione primaria italiana: il tempo pieno. Bisogna fare attenzione, chi sostiene che il tempo pieno non sarà toccato dalla riforma o che addirittura aumenterà mente sapendo di farlo.
Rifletteteci un poco e capirete perchè!
Se prima, per ogni 2 classi, c'erano 3 insegnanti d'ora in poi sarà uno per classe, a seguire e istruire dai 20 ai 30 alunni e che svolgerà il suo orario lavorativo settimanale esclusivamente di mattina. Pertanto al pomeriggio non potrà esserci altro che un sorta di dopo-scuola, trasformando il tempo pieno di fatto in un parcheggio pomeridiano per i bambini, che nulla ha da condividere con l'offerta didattica di cui fino ad ieri, prima della 'riforma Gelmini', gli alunni potevano usufruire con il tempo pieno.

...

ARRIVERA' PER NATALE UNA 'SOCIAL CARD' AD OLTRE 1MLN DI ITALIANI 'POVERI'

C’è un detto che dice: "meglio poco che niente!".
In questo caso tra il poco e il nulla ci sono così poche differenze che è difficile distinguerli.
La 'social card, almeno per il momento, sembra più l’ennesimo spot varato dal governo che piuttosto un provvedimento serio in grado di aiutare per davvero i più bisognosi.
Nessuno però si è ricordato di dire che ogni spesa effettuata con la 'social card' in automatico sarà data una commissione alla Mastercard che è la società che ha emmesso ed è la proprietà della card.
Bhe! Almeno qualcuno di certo ci guadagnerà da questa iniziativa...
Appare strano che un'iniziativa così benefica abbia comunque dei costi accessori...stranezze tutte italiane!

***

Parole....di Abraham Lincoln

Non si può arrivare alla prosperità

scoraggiando l'impresa.
Non si può rafforzare il debole
indebolendo il più forte.
Non si può aiutare chi è piccolo
abbattendo chi è grande.
Non si può aiutare il povero
distruggendo il ricco.
Non si possono aumentare le paghe
rovinando i datori di lavoro.
Non si può progredire serenamente
spendendo più del guadagno.
Non si può promuovere la fratellanza umana
predicando l'odio di classe.
Non si può instaurare la sicurezza sociale
adoperando denaro imprestato.
Non si può formare carattere e coraggioto
gliendo iniziativa e sicurezza.
Non si può aiutare continuamente
la gente facendo in sua vece quello che potrebbe
e dovrebbe fare da sola.

USA 2008: ELETTO PRESIDENTE BARACK OBAMA

USA 2008: ELETTO PRESIDENTE BARACK OBAMA

marito e padre

i due rivali

genere umano

GIOCHI OLIMPICI DI PECHINO

GIOCHI OLIMPICI DI PECHINO
da peacereporter

23/02/2002 - 02/07/2008 Ingrid Betancourt è stata liberata!

23/02/2002 - 02/07/2008                  Ingrid Betancourt è stata liberata!
faccio mia la gioia di tutti!

Finalmente liberi!!!

Finalmente liberi!!!

Grazie a loro la Betancourt è libera

Grazie a loro la Betancourt è libera
il ministro della Difesa colombiano Santos e il generale Montoya

Grazie Uribe!!

Grazie Uribe!!
La Betancourt ha incontrato il presidente colombiano Uribe che vinse le elezioni del 2002

madre e figlia!

madre e figlia!
Yolanda Pulecio e Ingrid Betancourt

le due Betancourt

le due Betancourt
Ingrid abbraccia la madre Yolanda

La gioia della libertà riconquistata

La gioia della libertà riconquistata
Ingrid Betancourt dopo la liberazione