Dalla fine del 2014 gli afgani saranno
responsabili della sicurezza del loro Paese. Il processo di pace avviato
nel Paese, ormai da tempo, ha, secondo i protagonisti, raggiunto la sua ‘maturità’
ed è giunto il momento che gli afghani prendano in mano la situazione. Dal 2014
gli afghani saranno quindi responsabili
della loro sicurezza senza più poter contare su aiuto esterno. Una
consapevolezza più volte pienamente espressa dal presidente afghano Hamid
Karzai e ribadita in un suo recente intervento affermando: “L'Afghanistan sarà
sicuramente in grado di provvedere alla sicurezza della sua gente e del Paese”.
Un esempio vivo di quanto affermato dal capo di stato viene dal fatto che il processo
di transizione tra le forze della coalizione Isaf/Nato e le forze militari
locali, l’Afghan National Security Forces (ANSF), procede spedito. Una
transizione che nella regione ovest del Paese,
affidata al contingente italiano,
è ormai quasi completata. Un grado di autonomia operativa e di
coordinamento che le forze di sicurezza
locali hanno raggiunto grazie al sostegno ricevuto proprio dal Military Advisor
Team italiano. Segno tangibile della validità dell’impegno finora elargito
dalla Nato nell’ addestrare ed equipaggiare le forze di sicurezza afghane. Un
impegno che in molti si augurano continui anche dopo il 2014.
Del processo di pace in Afghanistan si è parlato
anche alla riunione ministeriale Nato tenutosi a Bruxelles il 23 aprile scorso.
La riunione dei ministri degli Esteri dell’Alleanza Atlantica nel trattare la
questione Afghanistan è stata allargata anche ai ministri degli Esteri dei
Paesi che contribuiscono alla missione Isaf e al ministro degli Esteri afghano Zalmay
Rasul. Seguita poi, da un incontro dello stesso presidente afghano Hamid
Karzai, che insieme al suo ministro della Difesa, Bismillah Khan Mohammadi
ha incontrato, in un trilaterale, il segretario di Stato americano John Kerry e
il capo dell'esercito pachistano Ashfaq Kayani e il segretario degli esteri,
Jalil Abbas Jilani. Un tentativo quest’ultimo, per cercare di mediare
una riappacificazione fra Pakistan e Afghanistan che è causa di
ulteriore destabilizzazione dell’area. I rapporti tra i due Paesi confinanti, che
condividono 2.400 chilometri di frontiera, si sono recentemente ulteriormente
deteriorati per lo scambio reciproco di accuse di violazione dei confini e di costruire
installazioni militari nella zona di frontiera. Un attrito alimentato
anche dal terrorismo transfrontaliero. Negli ultimi mesi militari afghani e
pachistani sono venuti più volte in contatto. L’ultimo episodio nei primi giorni
del mese di maggio al confine della provincia orientale afghana di Nangahar
dove si è svolta una vera e propria battaglia durata delle ore.
Come sempre le cause scatenanti sono le profonde
divergenze legate alla costituzione appunto di passaggi e posti di controllo militari
lungo la contestata, solo da Kabul, ‘Durand Line’, la linea di confine che
divide dal 1893 i due Paesi asiatici. L’episodio ha ulteriormente
aggravato i già difficili rapporti bilaterali tra i due Paesi asiatici e giunge
inappropriato proprio nel momento in cui si media invece, affinchè le due parti
trovino un accordo.
In Pakistan vi si trovano circa 2,6 milioni di
rifugiati afghani. In seguito a questo ultimo episodio il presidente Karzai ha inviato
i Talebani a rivolgere le loro armi con i nemici dell’Afghanistan. “Invece di
uccidere il loro stesso popolo e distruggere il loro Paese, devono rivolgere le
armi contro chi complotta contro il progresso e la prosperità afghana”, ha
dichiarato Karzai.
Come se non bastasse il tentativo politico di
riconciliazione con i talebani in Afghanistan è sempre di più in stallo.
Proprio nei giorni scorsi gli insorti hanno annunciato un'imminente 'offensiva
di primavera' contro il governo afgano, le forze Nato e i loro centri
diplomatici, minacciando l'uso di kamikaze e di agenti 'infiltrati'.
Nel frattempo c’è
la conferma che entro la fine del 2014 ci sarà il ritiro della Nato e dei suoi alleati dall'Afghanistan.
Un ritiro dal Paese asiatico che è già in corso da tempo e che a fine anno sarà
in pratica completato anche se non si esclude la possibilità che venga lasciato
un piccolo contingente Nato nel Paese. Questo, ovviamente, solo se ci sarà una
richiesta esplicita in tal senso da parte del governo di Kabul. In merito si è
espresso il mese scorso a Bruxelles Mario
Monti: “Non si può continuare
senza limite la presenza e l'intervento nel Paese, ma nessuno vuole dissipare
l'investimento di vite umane, risorse e impegno costato finora”. Parole che hanno trovato enorme consenso tra tutti
i protagonisti della missione miliare in Afghanistan. Una missione il cui costo
in vite umane e impegno ha raggiunto davvero cifre eccezionali.
A pagare il tributo più alto il contingente
statunitense che ha lasciato sul terreno ben 2215 soldati seguito a ruota da
quello britannico che ha perso 444 militari di sua Maestà.
In totale
finora i Afghanistan hanno perso la vita ben 3299 militari della coalizione
appartenenti ai diversi Paesi che ne fanno parte.
Una vera e propria mattanza che sarebbe
vanificata se un domani quello che si è riuscito finora a costruire in nel
Paese crollasse sotto i colpi dei Talebani.
La Coalizione militare internazionale presente in
Afghanistan ha proprio ieri vissuto una di quelle giornate definite 'nera'. In una serie di attentati, che
probabilmente rientrano nell’annunciata 'Offensiva di Primavera' dei talebani,
sono morti ben sette militari della coalizione militare.
In
un sol colpo ben cinque militari Nato sono morti nell'esplosione di
un ordigno nel sud dell'Afghanistan. I 5 erano tutti di nazionalità
americana. Poi, si è verificato anche un nuovo episodio di ‘insider attack’. Si
tratta di un tipo di attacco portato da un soldato afghano contro militari Nato
e per questo denominato anche 'green on blu'. I militari della Forza internazionale di
assistenza alla sicurezza, Isaf, uccisi erano anche
in questo caso degli americani. Nel solo 2012 questi ‘insider attack’
sono stati la causa della morte di almeno il 15% dei militari straniere uccisi
in Afghanistan ossia oltre 60. Un
aumento preoccupante visto che in tutto il 2011 i morti legati al fenomeno
erano stati invece, ‘solo’ 35.
Questi ultimi morti portano il bilancio delle
vittime straniere in Afghanistan, negli ultimi sette giorni, a 19, conteggiando
anche i militari morti in seguito a tre diversi incidenti aerei avvenuti nei
giorni scorsi nel Paese asiatico e i tre soldati britannici uccisi lo scorso
martedì dallo scoppio di una mina nella provincia meridionale di Helmand.
Poi, conteggiando il militare ucciso stamani durante
un attacco degli insorti nell'Afghanistan settentrionale, nei
primi 5 giorni del mese di maggio sono morti già 8 militari stranieri, quasi
tutti statunitensi, che vanno ad aggiungersi al pesante bilancio
di vittime tra i militari Nato in Afghanistan nei tredici
anni della cosiddetta ‘Missione di Pace’
nel Paese asiatico.
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