domenica 22 aprile 2012

Sudan e Sud Sudan: non si alleviano le tensioni tra i due Paesi africani

A nove mesi dalla secessione del Sud dal Sudan dal Sudan non si alleviano le tensioni tra questi due Paesi africani che li stanno portando sull’orlo della guerra.
Ad avvallare la convinzione l’annuncio fatto l’11 aprile scorso dal Parlamento di Khartoum la sospensione di tutte le trattative, mediate dall’Ua, con il Sud Sudan. Mentre il Presidente del Parlamento di Juba, James Wani Igga ha annunciato che il Paese si deve preparare alla guerra.
Si tratta di un annuncio che ha fatto seguito alle schermaglie progressivamente divenute più intense registratesi negli ultimi mesi proprio nelle aree di produzione del petrolio lungo la comune frontiera tra i due Paesi africani.
Il Sud Sudan si è proclamato indipendente dal Sudan lo scorso 9 luglio. Un’indipendenza frutto di un accordo di pace raggiunto nel 2005 tra le due parti e che aveva messo fine ad una ventennale guerra civile con milioni di morti da ambo le parti.
Da quel momento però, si registrano un crescendo di continui scontri al confine tra militari di ambo le parti.
Scontri che potrebbero essere l’avvisaglia di una guerra non dichiarata in corso tra i due Paesi africani.
Alla base dei combattimenti in corso tra il Sudan ed il Sud Sudan vi è la definizione dei confini e la ripartizione dei profitti del petrolio che non sono stati definiti al momento della separazione come doveva essere, ma rimandati a dopo. Ed ora se ne paga il prezzo.
La secessione ha portato una forte perdita economica, stimata in miliardi di dollari in entrate dai proventi dal petrolio, per Khartoum. Questo perchè erano nel Sud concentrati i giacimenti petroliferi che prima della divisione in due stati del Paese africano producevano il 75 per cento dell'intero patrimonio petrolifero del Sudan unito.
Dopo la separazione in due Stati del Sudan ora è la sola area del distretto di Heglig a produrre la maggior parte del petrolio prodotto dal Sudan, circa 115mila barili al giorno.
Questo ne fa il punto più critico lungo la comune frontiera tra i due Paesi africani, un tempo tutt’uno ed ora divisi in Sudan e Sud Sudan.
Comunque è lungo tutta la fascia di confine che sono frequenti i combattimenti anche con intensi scambi di colpi d'artiglieria e bombardamenti aerei.
Di recente anche la città di Bentiu, capitale dello Stato sud-sudanese di Unity e che rientra nell’area di produzione del petrolio del Sud Sudan, è stata coinvolta in questo scontro. La città è stata più di una volta bombardata dall’aviazione di Khartoum.
Da cui sono scaturite una serie di accuse reciproche di voler puntare alla guerra sfociate poi, in schermaglie.
Controversie che sono scaturite dal fatto che le autorità di Khartoum erano solite trattenere per se una parte del grezzo estratto dai pozzi del territorio Sud Sudan e che veniva inviato a Port Sudan per l'esportazione, circa 350mila barili al giorno.
Khartoum dichiarava che il greggio veniva trattenuto in pagamento per l'utilizzo degli oleodotti sudanesi di cui le autorità di Juba si servivano. Un pagamento che le autorità di Juba affermavano che invece, non era dovuto. Alla fine il flusso di greggio verso il mar Rosso si è arrestato.
La tensione però, sembrava essersi raffreddata, ma in questi giorni è tornata di nuovo alta dopo che
lo scorso 10 aprile si è registrata l’occupazione, da parte dell’esercito del Sud Sudan, di Heglig stappandola al controllo del Sudan.
Dopo gli scontri di fine marzo i combattimenti sono ripresi con intensità.
Al centro dei nuovi scontri la città di Heglig, nell’omonimo distretto petrolifero dello stato del Kordofan del Sud. Un territorio che rientra in quello del Sudan in seguito ad un arbitrato internazionale che ha deliberato anche in base alle linee di confine concordate il primo gennaio 1956.
Una decisione che però, il Sud Sudan continua a contestare in quanto ritiene suo quel territorio.
La reazione di Khartoum all’occupazione militare non si è fatta attendere.
Sono state avviate azioni diplomatiche, ma soprattutto militari per mettere fine con le buone o con le cattive all’occupazione. Il 20 aprile scorso dopo una dura controffensiva l'esercito sudanese ha ripreso il controllo di Heglig. Almeno così avrebbe dichiarato Khartoum visto che le autorità di Juba affermano invece, di aver ordinato alle sue truppe il ritiro in ottemperanza alle richieste pervenute dalla comunità internazionale. Ieri poi, il Sud Sudan ha accusato il Sudan di bombardare le sue truppe in ritirata da Heglig.
Purtroppo una prima evidente conseguenza dell’escalation del conflitto armato tra i due Paesi africani è l’aggravarsi della già precaria situazione umanitaria nella regione.
Come sempre accade in questi casi per sfuggire al dramma della guerra sono state almeno 20mila le persone che in poche settimane hanno abbandonato ogni loro avere e sono scappati dal distretto di Heglig per rifugiarsi nelle regioni confinanti.
Il presidente del Sudan, Omar Hassan el Bashir, ricercato dalla Corte penale internazionale dell'Aja per crimini contro l'umanità, genocidio e crimini di guerra compiuti nella regione sudanese del Darfur, continua ad alimentare le tensioni con proclami e minacce, mentre il suo omologo sud sudanese, Salva Kiir continua a denunciare violazioni territoriali da parte dei militari di Khartoum sia per aria sia per cielo.
Ad alimentarla ulteriormente il fatto che il 16 aprile scorso il Parlamento di Khartoum ha designato il Sud Sudan ‘Stato Nemico’.
Il 18 aprile scorso poi, nell’ambito dei proclami lanciati dall’una e dall’altra parte nella guerra non dichiarata in corso tra Sudan e Sud Sudan, il presidente sudanese el Bashir ha parlato che la crisi in corso tra i due Paesi africani, un tempo tutt’uno, vedrà un solo vincitore.
In questo contesto sembra possano fare poco le diplomazie internazionali.
Inutile ogni sforzo finora condotto dall'Unione Africana, Ua, per portare le parti a riunirsi intorno ad un tavolo per negoziare. Mediatore per l’Ua è l'ex presidente sudafricano Thabo Mbeki. Dopo un primo timido approccio alle trattative dei mesi scorsi è di nuovo ritornato tutto in alto mare.
L'Ua si mostra preoccupata da quanto accade ed ha chiesto al governo di Juba di ritirare le sue truppe da Heglig e sollecitando tutte e due le parti a contenere le proprie azioni militari. Sulla stessa linea la reazione di Washington e del segretario generale ONU, Ban ki Moon. Il 17 aprile scorso il Consiglio di sicurezza dell'ONU ha evocato l'ipotesi di imporre sanzioni ai due Stati per indurli ad abbandonare la loro ‘logica di guerra’, come l’hanno definita i due mediatori Haile Menkarios e Thabo Mbeki inviati nella regione rispettivamente da ONU e Ua.
Il Presidente sud sudanese Salva Kiir in un primo momento pur respingendo ogni richiesta da parte della comunità internazionale di ritirare le sue truppe dall'area di Heglig ha ribadito di non voler tornare in guerra con Khartoum, ma che se il suo Paese sarà aggredito si difenderà. Salva Kiir ha anche ricordato che le truppe di Khartoum occupano dal maggio del 2011 il distretto petrolifero di Abyei in territorio sud sudanese. Si tratta di un area estremamente ricca di petrolio e di conseguenza ambita da ambo le parti. In questo distretto petrolifero però, non si è partecipato alla scelta per aderire al Sudan o al Sud Sudan rimandando pericolosamente il referendum.
In base a ciò il governo di Juba aveva posto tra le condizioni per il ritiro del suo esercito dalla regione di Heglig il ritiro di quello di Khartoum dalla regione di Abyei.

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DARFUR:NON C'E' PIU' TEMPO DA PERDERE!

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Un bambino del Darfur

Un bambino del Darfur
aiuta ad aiutarlo sostieni le iniziative pro Darfur
In Darfur dal 2003 ad oggi sono state compiute esecuzioni, anche di massa, stupri, soprattutto di massa, nei confronti di donne, uomini e bambini e interi villaggi sono stati rasi al suolo. Il terrore è stato usato come pratica generalizzata e a sfondo razziale mentre lo stupro è diventato una vera e propria arma da guerra.
Il governo sudanese di Khartoum da parte sua ha bombardato senza sosta i civili, e ha reso sempre più difficili le operazioni di soccorso delle organizzazioni umanitarie nei confronti delle genti del Darfur, fino al punto di far scappare via la maggior parte delle Ong operanti nella regione sudanese e liberarsi così di scomodi testimoni di quanto accadeva in quei luoghi. La stessa tattica è stata seguita prima con i peacekeepers dell'Ua e poi con quelli dell'Onu...
Tutto il mondo è a conoscenza di quanto accade in quella remota regione sudanese e lancia denunce. Da un lato Washington parla di genocidio, dall’altro l'Onu parla di catastrofe umanitaria e di pulizia etnica.
Il tutto però resta nella totale impunità!
Intanto, dal Febbraio 2003 anno in cui è iniziata la ribellione della popolazione di etnia africana del Darfur, circa 6 milioni in maggioranza musulmana e in parte animista, contro il governo sudanese, musulmano ma integralista e soprattutto di etnia araba e bianca, è scoppiato il conflitto che ha causato finora circa 300mila morti e due milioni e mezzo di profughi. Una protesta nata per lo stato di totale abbandono e sfruttamento in cui la popolazione nera era tenuta. La repressione del governo centrale è stata spietata, soprattutto facendo uso dei Janjaweed, i diavoli a cavallo, che sono milizie nomadi di etnia araba che hanno compiuto tutti gli orrori possibili e inimmaginabili contro le genti del Darfur di etnia nera, per lo più contadini e pastori.

Il pianto di un innocente a Gaza

Il pianto di un innocente a Gaza
Ancora una volta il mondo intero si dovrebbe vergognare!!!
La guerra chi puo raccontarla? E' difficile farlo ma tutti possiamo immaginare come sia il sentire l'odore dei morti abbandonati nelle strade o sotto le macerie, il vedere i bambini che muoiono di fame accanto al cadavere della madre, il sentire il lamento dei feriti e lo strazio dei sopravvissuti, di chi si vede impotente e maledice chi gli ha portato via tutto.
Nella Striscia di Gaza siamo ormai quasi alla terza settimana di bombardamenti e inesorabilmente, come non potrebbe essere diversamente con tutta la tecnologia militare del 21° secolo che gli israeliani stanno usando, il numero dei morti tra i civili continuato ad aumentare, mentre l'esercito israeliano bombarda le loro case si moltiplicano tra i palestinesi le scene di disperazione e di dolore causati dagli effetti devastanti della guerra che certamente non sono cambiati nel tempo anzi al contrario.

Giugno 2009: La rivoluzione di velluto in Iran

Giugno 2009: La rivoluzione di velluto in Iran
Sono solidale con i persiani che manifestano

Il 12 giugno 2010 è caduto il primo anniversario delle contestate elezioni iraniane. Elezioni che decretarono la riconferma a presidente dell’Iran di Mahmud Ahmadinejad. Il Paese ha vissuto le prime ora di questa giornata con una calma carica di tensione che poi, è scoppiata nel pomeriggio intorno alle 16, le 13.30 italiane con i primi scontri tra manifestanti e forze di sicurezza nei pressi dell’Università Sharif di Teheran. Era impensabile che l’opposizione iraniana del movimento riformista dell’Onda Verde si facesse scappare questa occasione per proclamare il proprio dissenso al regime degli Ayatollah. I luoghi delle sanguinose proteste post elettorali di un anno fa si sono quindi di nuovo riempiti di manifestanti. Questo, nonostante l’appello dei leader dell’opposizione, Moussavi e Karroubi, a evitare di scendere in piazza e nonostante che le forze di sicurezza avessero preso posizione in vari punti strategici del centro di Teheran per prevenire manifestazioni. Nonostante le proteste e le accuse di brogli elettorali il contestato presidente Ahmadinejad ha potuto proseguire nel suo mandato, quasi certamente usurpato, grazie all’appoggio dell’ayatollah Ali Khamenei, la Guida Suprema. La lotta continuerà. Viva la Persia! Viva il movimento riformista!


i 44 presidenti degli Usa

i 44 presidenti degli Usa
da www.patrickmoberg.com/blog/id:420/november-4-2008

The President United States of America

The President United States of America
Barack Obama

E' morta Miriam Makeba

E' morta Miriam Makeba
Addio Mama Afrika....io continuerò a sognare...

Notes

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Italia. Violenza sessuale è allarme sociale


Dopo i recenti casi di stupri, a Roma, Bologna e Milano non si riesce quasi più a tenere il conto degli episodio di violenza sessuale che, dall'inizio dell'anno, si stanno susseguendo in Italia ad opera principalmente di stranieri. Un orribile reato che si verifica nelle grandi città metropolitane come nei piccoli centri urbani. Emergono dati da brividi dalle informazioni fornite dal Presidente facente funzioni del Tribunale di Como Giuseppe Anzani e dal Procuratore capo Alessandro Maria Lodolini. Ogni 4 giorni in Procura a Como arriva una denuncia per violenza sessuale. I fascicoli aperti tra luglio 2007 e giugno 2008 sono stati 89, tra violenze sessuali e pedofilia. Ma è solo la punta di un iceberg in quanto, il reato, per la quasi totalità è sommerso perché prevale ancora la paura e la vergogna a denunciare la violenza subita. Fino ad oggi la violenza che subivano le donne era soprattutto domestica, ma gli episodi di violenza che hanno visto protagoniste, loro malgrado, delle donne avvenuti negli ultimi giorni, per le strade, propongono una nuova emergenza. Un autorevole testimonianza è portata da Telefono Rosa che da anni conosce il fenomeno ed assiste le vittime. “Ciò che sta avvenendo dall'inizio dell'anno, precisa il presidente Maria Gabriella Carnieri Moscatelli, mi preoccupa. Non so se è solo l'effetto di maggiori denunce ma, dal nostro osservatorio, non era mai stato rilevata una cosa simile”. Gli avvenimenti degli ultimi giorni non fanno altro che conferma un'allarmante costante: in testa alla classifica degli autori di stupri ci sono gli stranieri. Il triste primato vede fra i primi i romeni, seguiti da marocchini e albanesi che sembra abbiano dato il via ad una esecrabile escalation di violenza contro le donne. Assodato che nella stragrande maggioranza dei casi questi episodi sono commessi da stranieri, spesso clandestini, ora si deve dare a tutto questo uno stop. Certezza della pena, custodia cautelare in carcere per chi è accusato di violenza sessuale ed esclusione di attenuanti per chi delinque sotto effetto di alcool e droghe. Tutto ovviamente tenendo conto di due elementi fondamentali: abbattere l'allarme sociale provocato da questo tipo di reati e tutelare la dignità della vittima, che va assicurata anche nel percorso dibattimentale.
Per raggiungere un risultato anzitutto è importante l'introduzione nel ddl sicurezza dell'obbligo del carcere per chi stupra. Forse il decreto 'anti-stupro' sarà pronto per venerdì esso dovrebbe contenere, come annunciato, importanti novità: gli accusati di stupro non potranno beneficiare della libertà condizionale, ci sarà un avvocato a spese dello Stato per le vittime di violenza sessuale, arriveranno nuovi presidi di polizia con relativi stanziamenti, saranno anticipate le norme contenute nel ddl anti-molestie che la Camera ha già approvato. Tra le altre cose, ci dovrebbero essere anche aggravanti se a commettere violenza sono familiari, partner o tutori; un pesante aggravio di pena se la vittima è sotto i 14 anni; uguale trattamento, invece, se la vittima è maggiorenne o appena sotto i 18; ergastolo sicuro, se allo stupro segue la morte della vittima. Mano pesante anche per i complici: nessuna possibilità di godere dei domiciliari neppure per i favoreggiatori.

***

La scuola pubblica in Italia con la 'Riforma Gelmini'

Esprimo la mia piena solidarietà con tutti coloro che protestano contro la Legge 133/08 la cosidetta 'Riforma Gelmini'....

Le cifre presentate nel decreto fanno venire i brividi: i tagli previsti dal decreto legge 112, poi convertito nella legge 133/08, e gli ulteriori provvedimenti contenuti nel decreto 137 porteranno, a livello nazionale, ad una riduzione di circa 100mila posti tra il personale docente e di 43mila posti tra quello Ata (ausiliari, tecnici e amministrativi).
Per molti, anche per i non addetti ai lavori, l'effetto provocato dalla legge che in pratica azzererà in poco tempo le faticose conquiste di anni e anni, non solo in termini di posti di lavoro, ma anche di mission- educativa e di didattica, rende il momento dei più cupi e tristi degli ultimi anni. Ai tagli vanno poi sommati, le conseguenze che scaturiranno dalla reintroduzione del maestro unico nelle scuole elementari.
L'Europa chiede più scuola, più sapere e l'Italia che fa?
Il contrario!
Rientrodurre il maestro unico è compiere, di sicuro, un passo indietro di almeno mezzo secolo. Se non addirittura si ritorna al tempo del libro cuore, senza offesa per quel libro mio compagno di tanti pomeriggi.
Perchè tutto questo? Bella domanda!
Molto probabilmente si tenta di mascherare con questa supposta riforma quello che è il vero scopo del provvedimento: incassare o meglio risparmiare in poco meno di 4-5 anni 8miliardi di euro. Questa è la cifra stimata, che dovrebbe restare nelle casse dello stato.
Un risparmio quindi certo ottenuto tagliando centinaia di migliaia di posti di lavoro ma al contempo che produrrà anche un effetto negativo: quello di un drastico ridimensionamento del servizio scolastico pubblico in favore forse di quello privato. Inoltre un'altra diretta conseguenza della L.133/08 sarà la chiusura di decine e decine di plessi scolastici.
Molte scuole, soprattutto nei piccoli centri urbani, non ci saranno più. A scomparire sarà anche un altro degli elementi cardine dell'istruzione primaria italiana: il tempo pieno. Bisogna fare attenzione, chi sostiene che il tempo pieno non sarà toccato dalla riforma o che addirittura aumenterà mente sapendo di farlo.
Rifletteteci un poco e capirete perchè!
Se prima, per ogni 2 classi, c'erano 3 insegnanti d'ora in poi sarà uno per classe, a seguire e istruire dai 20 ai 30 alunni e che svolgerà il suo orario lavorativo settimanale esclusivamente di mattina. Pertanto al pomeriggio non potrà esserci altro che un sorta di dopo-scuola, trasformando il tempo pieno di fatto in un parcheggio pomeridiano per i bambini, che nulla ha da condividere con l'offerta didattica di cui fino ad ieri, prima della 'riforma Gelmini', gli alunni potevano usufruire con il tempo pieno.

...

ARRIVERA' PER NATALE UNA 'SOCIAL CARD' AD OLTRE 1MLN DI ITALIANI 'POVERI'

C’è un detto che dice: "meglio poco che niente!".
In questo caso tra il poco e il nulla ci sono così poche differenze che è difficile distinguerli.
La 'social card, almeno per il momento, sembra più l’ennesimo spot varato dal governo che piuttosto un provvedimento serio in grado di aiutare per davvero i più bisognosi.
Nessuno però si è ricordato di dire che ogni spesa effettuata con la 'social card' in automatico sarà data una commissione alla Mastercard che è la società che ha emmesso ed è la proprietà della card.
Bhe! Almeno qualcuno di certo ci guadagnerà da questa iniziativa...
Appare strano che un'iniziativa così benefica abbia comunque dei costi accessori...stranezze tutte italiane!

***

Parole....di Abraham Lincoln

Non si può arrivare alla prosperità

scoraggiando l'impresa.
Non si può rafforzare il debole
indebolendo il più forte.
Non si può aiutare chi è piccolo
abbattendo chi è grande.
Non si può aiutare il povero
distruggendo il ricco.
Non si possono aumentare le paghe
rovinando i datori di lavoro.
Non si può progredire serenamente
spendendo più del guadagno.
Non si può promuovere la fratellanza umana
predicando l'odio di classe.
Non si può instaurare la sicurezza sociale
adoperando denaro imprestato.
Non si può formare carattere e coraggioto
gliendo iniziativa e sicurezza.
Non si può aiutare continuamente
la gente facendo in sua vece quello che potrebbe
e dovrebbe fare da sola.

USA 2008: ELETTO PRESIDENTE BARACK OBAMA

USA 2008: ELETTO PRESIDENTE BARACK OBAMA

marito e padre

i due rivali

genere umano

GIOCHI OLIMPICI DI PECHINO

GIOCHI OLIMPICI DI PECHINO
da peacereporter

23/02/2002 - 02/07/2008 Ingrid Betancourt è stata liberata!

23/02/2002 - 02/07/2008                  Ingrid Betancourt è stata liberata!
faccio mia la gioia di tutti!

Finalmente liberi!!!

Finalmente liberi!!!

Grazie a loro la Betancourt è libera

Grazie a loro la Betancourt è libera
il ministro della Difesa colombiano Santos e il generale Montoya

Grazie Uribe!!

Grazie Uribe!!
La Betancourt ha incontrato il presidente colombiano Uribe che vinse le elezioni del 2002

madre e figlia!

madre e figlia!
Yolanda Pulecio e Ingrid Betancourt

le due Betancourt

le due Betancourt
Ingrid abbraccia la madre Yolanda

La gioia della libertà riconquistata

La gioia della libertà riconquistata
Ingrid Betancourt dopo la liberazione