mercoledì 14 marzo 2012

Pirateria marittima. Difesa navi commerciali: prevale ‘partito’ dei favorevoli Contractors

In Italia si continua a discutere sui problemi emersi dal ricorso di team di sicurezza militari a bordo dei mercantili italiani per difenderli dai pirati.
Soprattutto si evidenzia la necessità di ridefinire con precisione le regole di ingaggio dei militari italiani e i ruoli fra il ministero della Difesa, la Marina Militare e gli Armatori.
In questo momento due dei sei militari della marina militare italiana che erano a bordo della nave commerciale italiana, Enrica Lexie, della società armatrice F.lli D’Amato Spa di Napoli, sono in prigione nello stato federale indiano del Kerala. I due specialisti di marina, parte di un Nucleo Militare di Protezione, NMP, sono accusati di aver provocato la morte di due pescatori indiani. I due sono stati uccisi il 15 febbraio scorso al largo delle coste meridionali indiane perchè scambiati per pirati.
I militari italiani si sono ritrovati in questa situazione ‘a causa’ di una legge fortemente voluta da una parte del Parlamento che l’ha ‘approvata’ lo scorso anno, la Legge 130 del 2011.
Si tratta di una legge che ha permesso ai militari di imbarcarsi a bordo dei mercantili italiani per difenderli dai pirati somali.
Il provvedimento legislativo è stato ‘stimolato’ dal concetto, sostenuto dagli armatori italiani e da alcuni politici, che un mercantile senza difese viene facilmente abbordato dai pirati somali. Pirati che, dopo essersi avvicinati con barchini veloci, accostano e prendono la nave che è indifesa senza colpo ferire. Nave che poi, è condotta, insieme al suo equipaggio, nei loro porti-covi lungo la costa del Puntland, regione semiautonoma nel Nord est della Somalia. Da qui poi, inizia la prigionia dei lavoratori del mare catturati e per il cui rilascio i pirati somali pretendono un riscatto che è unica e sola soluzione alla prigionia. Diversamente la prigionia dura anche mesi se non anni.
La legge 130 del 2011 è però, nata incompleta ed ora l’Italia ne sta pagando le conseguenze.
Di questo ormai se ne sono resi conti tutti tanto è vero che dal 28 febbraio scorso la Commissione Difesa del Senato ha anche avviato un approfondimento sullo stato di attuazione della normativa per il contrasto della pirateria con l'impiego degli NMP a bordo di navi commerciali.
Un esame che contempla anche un’indagine conoscitiva sulle vigenti norme anti pirateria con particolare riguardo alle acque del Corno d'Africa e dell'Oceano Indiano che la Commissione Difesa da oggi avvierà attraverso una serie di audizioni con rappresentanti di Confitarma e Federpesca. A cui poi, dovrebbero seguire anche quelle del comandante in Capo della squadra navale della Marina Militare, il Prefetto responsabile del tavolo tecnico interministeriale per l'impiego dei servizi di vigilanza privata sul naviglio mercantile, il Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, i capi servizi Dipartimento dei Ministeri interessati e i rappresentanti del Corpo delle Capitanerie di Porto.
Di fatto tutti i principali attori che hanno partecipato ai lavori da cui poi, sono state varate le vigenti norme anti pirateria
La legge 130 del 2011 è una legge che è figlia di ben 4 disegni di legge presentati nel corso degli anni alla Camera e al Senato. Tre sono di parlamentari del Pdl e uno del Pd.
In Parlamento la prima proposta presentata era stata una proposta di legge, la n. 3406, ‘Disposizioni concernenti lo svolgimento di servizi di vigilanza privata per la protezione delle navi mercantili italiane in alto mare contro gli atti di pirateria' di cui sono promotore, che prevede la possibilità degli armatori di imbarcare personale armato incaricato della sicurezza delle navi’.
Una proposta che di fatto prevedeva nello specifico l’impiego di guardie armate private a bordo delle navi commerciali italiane.
L’idea è stata poi, pian piano fatta propria da diversi politici e alla fine è arrivato il via libera dal Governo e dall’allora ministro alla Difesa, Ignazio La Russa a poter imbarcare militari della marina o delle altre armi o personale privato armato, a bordo delle navi mercantili italiane.
Fino al 15 febbraio scorso in Italia quasi nessuno si era nemmeno lontanamente posto alcun dubbio sulla validità del ricorso ai militari dati in ‘affitto’ agli Armatori italiani per fare la ‘guardia’ alle loro navi.
Ora invece, un coro unanime si è levato a chiedere nuove regole d’ingaggio anti-pirati e una nuova base legale per il personale militare a bordo delle navi commerciali. Diversamente stop ai militari e via libera ai privati a guardia delle navi di bandiera con tutti gli ‘annessi e connessi’.
Dopo quanto successo sembra quindi che stia prevalendo il ‘partito’ di quelli che chiedono nuove regole ingaggio, ma soprattutto stop ai militari.
In poche parole stanno prevalendo coloro i quali vogliono i Contractors a bordo, di scorta delle navi commerciali di bandiera.
Questi forse non hanno mai abbandonato l’idea, ma solo aspettato tempi maturi o meglio l’occasione per far valere le loro ragioni e l’incidente al largo delle coste indiane è stato forse un buon spunto per partire di nuovo alla carica.
In Italia le scorte armate sulle navi di bandiera sono state originariamente contemplare dall'articolo 5 nel decreto legge del 12 luglio 2011 che contiene le direttive, le regole di ingaggio e le misure di contrasto emanate dal ministero della Difesa.
Un decreto-legge che è stato poi, convertito, con modificazioni, nella legge 2 agosto 2011, n. 130
Successivamente con un decreto ministeriale, il primo settembre del 2011, il dicastero della Difesa ha anche individuato le aree a rischio pirateria marittima, la High Risk Area, HRA.
Nel decreto ministeriale sono definiti i confini geografici che individuano l'area del mondo ritenute pericolose.
Senza questa precisazione l'articolo 5 del decreto legge del 12 luglio 2011 non poteva essere mai esecutivo.
Nel mese di ottobre successivo veniva poi, siglata una convenzione tra Ministero della Difesa e la confederazione armatori italiani, Confitarma. Dalla convenzione veniva però, ‘stralciata’ la parte della legge che prevedeva anche il ricorso a guardie armate private per la mancanza di norme che consentano l'impiego di guardie private a bordo dei mercantili italiani, il loro imbarco, almeno armati, venne rinviato lasciando il campo libero solo ai militari.
In Italia in effetti manca un decreto che riconosca la figura professionale del contractor per cui il ricorso a loro era rinviato in attesa di un provvedimento che deve venire dal ministero dell'Interno e che serve a regolarne l'attività.
A quel punto rimanevano come unica risorsa i militari.
La Marina Militare ‘entusiasta’ subito annunciò che metteva a disposizione degli armatori 60 militari della Marina, gli specialisti del Reggimento San Marco, suddivisi in 10 nuclei, ciascuno da 6 elementi dotati di armamenti adeguati ad affrontare l'emergenza pirateria marittima. Questi nuclei costituirono i ‘Nuclei Militari di Protezione’, NMP.
Per tutti loro le regole di ingaggio si basano sul principio di autodifesa, cioè il ricorso dell'uso della forza solo quando sarà necessario. Questo nel rispetto di protocolli internazionali che prevedono: verifica del pericolo, armi a bordo, raffiche di avvertimento, fuoco ad altezza d'uomo solo se le raffiche di avvertimento non hanno avuto esito.
Veniva anche stabilito che l’onere del costo per l’utilizzo dei militari era a totale carico degli armatori, circa 3mila euro al giorno per nucleo.
In poche parole agli armatori veniva dato modo di poter ‘affittare’ i militari italiani per garantirsi la sicurezza delle proprie navi.
Quella della difesa armata delle navi mercantili è un’economia che si è inserita molto bene nel contesto della lotta alla pirateria marittima. Il suo costo medio si stima che sia di 3,5 mln di dollari al giorno per gli armatori di tutto il mondo che devono transitare con le loro navi nel mare infestato dai pirati. Nel 2011 è stato stimato che i team di sicurezza a bordo di navi mercantili siano costati agli Armatori 1 mld di dollari. Un mercato quindi più che appetibile e a cui in tanti vorrebbero partecipare. A fare la parte da leoni per ora sono le agenzie di sicurezza private inglesi.
Sebbene sia stato stabilito che non ci sarebbe stato alcun vincolo gerarchico nei confronti dei civili, né del comando della nave. Sebbene sia stato stabilito che i militari, impiegati nel servizio scorta, rispondono ad un comando strettamente militare che è basato a Gibuti.
Alla fine si è verificato che i militari devono sottostare ad ogni decisioni che il comandante della nave assume in sintonia con il suo armatore. Del resto il comandante è il fiduciario dell’armatore e deve fare i suoi interessi.
E la vicenda dei marò in India è scaturita proprio dalla mancanza di una regolamentazione precisa nella catena di comando. In fase attuativa è infatti, emersa una forte contraddizione esistente tra la funzione militare dei soldati e il comando civile della nave a bordo della quale si trovano i primi.
In merito il capogruppo del Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto ha dichiarato: “Quando i nostri militari sono costretti ad usare le armi per difendere la nave, da quel momento in poi il potere decisionale nella gestione della vicenda deve passare, senza possibilità di equivoci, dal comandante della nave e dalla società armatrice alle autorità militari che ovviamente devono agire d`intesa con il Governo. Se non è possibile acquisire questa scelta, che è praticata in tutto il mondo, allora è bene rivedere la legge: che gli armatori si muniscano di Contractors privati senza il coinvolgimento dei nostri militari che non possono essere messi nelle condizioni inaccettabili nelle quali sono stati posti i nostri due militari”.
Della stessa opinione anche il responsabile sicurezza del Pd, Emanuele Fiano che ha affermato: “Il problema della catena di comando che deve gestire la presenza di nostri militari armati a bordo di navi italiane in acque a rischio di pirateria è questione che deve essere affrontata in Parlamento”.
A questo punto è quasi chiaro che l’impiego dei militari a bordo di navi commerciali in Italia ha ormai vita breve, a dispetto delle guardie private armate che invece, si vedono spalancare un portone dalle recenti vicende accadute.
Però, questa eventualità porta a immaginare che il prezzo per la salvaguardia e la protezione delle navi commerciali di bandiera possa poi, contemplare anche un costo aggiuntivo.
Stavolta bisogna andarci cauti e non ‘correre’ come si è fatto con gli NMP.
Il costo aggiuntivo potrebbe essere quello che pagherebbero di persona i marittimi che lavorano a bordo dei mercantili difesi da guardie private armate. Per questi lavoratori del mare aumenterebbero di certo i rischi come ritrovarsi coinvolti, loro malgrado, in una sparatoria.
E poi, non rispettare i protocolli internazionali per i privati cosa comporterà per loro?
Se i marò, che ricevono l'addestramento che ricevono, non sono stati capaci di gestire la situazione al meglio immaginiamo le guardie private.
Con l’Enrica Lexie erano coinvolti ministero della Difesa e Marina Militare da un lato e Armatori dall’altro vincolati da un contratto di fatto tra stato, visto che i militari sono funzionari dello stato, e un privato.
Se si cambia sarà un contratto tra privati che non coinvolge più le istituzioni. Forse andrebbe ‘inventata’ anche una figura super partes, un militare, che a bordo ha l’ultima parola in caso di emergenza.
Sarebbe una sorta di garanzia soprattutto per i marittimi a bordo che per il fatto che nessuno si è ancora preoccupato di sentire il loro parere in merito, in quanto sono loro più di tutti messi esposti a rischi, è evidente che non sono considerati più di tanto o no?
Di certo essi non hanno alcuna voce in capitolo quando a bordo accade un episodio come quello accaduto in India.
Lo scenario che si apre è davvero allucinante e non fa presagire nulla di buono.

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In Darfur dal 2003 ad oggi sono state compiute esecuzioni, anche di massa, stupri, soprattutto di massa, nei confronti di donne, uomini e bambini e interi villaggi sono stati rasi al suolo. Il terrore è stato usato come pratica generalizzata e a sfondo razziale mentre lo stupro è diventato una vera e propria arma da guerra.
Il governo sudanese di Khartoum da parte sua ha bombardato senza sosta i civili, e ha reso sempre più difficili le operazioni di soccorso delle organizzazioni umanitarie nei confronti delle genti del Darfur, fino al punto di far scappare via la maggior parte delle Ong operanti nella regione sudanese e liberarsi così di scomodi testimoni di quanto accadeva in quei luoghi. La stessa tattica è stata seguita prima con i peacekeepers dell'Ua e poi con quelli dell'Onu...
Tutto il mondo è a conoscenza di quanto accade in quella remota regione sudanese e lancia denunce. Da un lato Washington parla di genocidio, dall’altro l'Onu parla di catastrofe umanitaria e di pulizia etnica.
Il tutto però resta nella totale impunità!
Intanto, dal Febbraio 2003 anno in cui è iniziata la ribellione della popolazione di etnia africana del Darfur, circa 6 milioni in maggioranza musulmana e in parte animista, contro il governo sudanese, musulmano ma integralista e soprattutto di etnia araba e bianca, è scoppiato il conflitto che ha causato finora circa 300mila morti e due milioni e mezzo di profughi. Una protesta nata per lo stato di totale abbandono e sfruttamento in cui la popolazione nera era tenuta. La repressione del governo centrale è stata spietata, soprattutto facendo uso dei Janjaweed, i diavoli a cavallo, che sono milizie nomadi di etnia araba che hanno compiuto tutti gli orrori possibili e inimmaginabili contro le genti del Darfur di etnia nera, per lo più contadini e pastori.

Il pianto di un innocente a Gaza

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Ancora una volta il mondo intero si dovrebbe vergognare!!!
La guerra chi puo raccontarla? E' difficile farlo ma tutti possiamo immaginare come sia il sentire l'odore dei morti abbandonati nelle strade o sotto le macerie, il vedere i bambini che muoiono di fame accanto al cadavere della madre, il sentire il lamento dei feriti e lo strazio dei sopravvissuti, di chi si vede impotente e maledice chi gli ha portato via tutto.
Nella Striscia di Gaza siamo ormai quasi alla terza settimana di bombardamenti e inesorabilmente, come non potrebbe essere diversamente con tutta la tecnologia militare del 21° secolo che gli israeliani stanno usando, il numero dei morti tra i civili continuato ad aumentare, mentre l'esercito israeliano bombarda le loro case si moltiplicano tra i palestinesi le scene di disperazione e di dolore causati dagli effetti devastanti della guerra che certamente non sono cambiati nel tempo anzi al contrario.

Giugno 2009: La rivoluzione di velluto in Iran

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Sono solidale con i persiani che manifestano

Il 12 giugno 2010 è caduto il primo anniversario delle contestate elezioni iraniane. Elezioni che decretarono la riconferma a presidente dell’Iran di Mahmud Ahmadinejad. Il Paese ha vissuto le prime ora di questa giornata con una calma carica di tensione che poi, è scoppiata nel pomeriggio intorno alle 16, le 13.30 italiane con i primi scontri tra manifestanti e forze di sicurezza nei pressi dell’Università Sharif di Teheran. Era impensabile che l’opposizione iraniana del movimento riformista dell’Onda Verde si facesse scappare questa occasione per proclamare il proprio dissenso al regime degli Ayatollah. I luoghi delle sanguinose proteste post elettorali di un anno fa si sono quindi di nuovo riempiti di manifestanti. Questo, nonostante l’appello dei leader dell’opposizione, Moussavi e Karroubi, a evitare di scendere in piazza e nonostante che le forze di sicurezza avessero preso posizione in vari punti strategici del centro di Teheran per prevenire manifestazioni. Nonostante le proteste e le accuse di brogli elettorali il contestato presidente Ahmadinejad ha potuto proseguire nel suo mandato, quasi certamente usurpato, grazie all’appoggio dell’ayatollah Ali Khamenei, la Guida Suprema. La lotta continuerà. Viva la Persia! Viva il movimento riformista!


i 44 presidenti degli Usa

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da www.patrickmoberg.com/blog/id:420/november-4-2008

The President United States of America

The President United States of America
Barack Obama

E' morta Miriam Makeba

E' morta Miriam Makeba
Addio Mama Afrika....io continuerò a sognare...

Notes

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Italia. Violenza sessuale è allarme sociale


Dopo i recenti casi di stupri, a Roma, Bologna e Milano non si riesce quasi più a tenere il conto degli episodio di violenza sessuale che, dall'inizio dell'anno, si stanno susseguendo in Italia ad opera principalmente di stranieri. Un orribile reato che si verifica nelle grandi città metropolitane come nei piccoli centri urbani. Emergono dati da brividi dalle informazioni fornite dal Presidente facente funzioni del Tribunale di Como Giuseppe Anzani e dal Procuratore capo Alessandro Maria Lodolini. Ogni 4 giorni in Procura a Como arriva una denuncia per violenza sessuale. I fascicoli aperti tra luglio 2007 e giugno 2008 sono stati 89, tra violenze sessuali e pedofilia. Ma è solo la punta di un iceberg in quanto, il reato, per la quasi totalità è sommerso perché prevale ancora la paura e la vergogna a denunciare la violenza subita. Fino ad oggi la violenza che subivano le donne era soprattutto domestica, ma gli episodi di violenza che hanno visto protagoniste, loro malgrado, delle donne avvenuti negli ultimi giorni, per le strade, propongono una nuova emergenza. Un autorevole testimonianza è portata da Telefono Rosa che da anni conosce il fenomeno ed assiste le vittime. “Ciò che sta avvenendo dall'inizio dell'anno, precisa il presidente Maria Gabriella Carnieri Moscatelli, mi preoccupa. Non so se è solo l'effetto di maggiori denunce ma, dal nostro osservatorio, non era mai stato rilevata una cosa simile”. Gli avvenimenti degli ultimi giorni non fanno altro che conferma un'allarmante costante: in testa alla classifica degli autori di stupri ci sono gli stranieri. Il triste primato vede fra i primi i romeni, seguiti da marocchini e albanesi che sembra abbiano dato il via ad una esecrabile escalation di violenza contro le donne. Assodato che nella stragrande maggioranza dei casi questi episodi sono commessi da stranieri, spesso clandestini, ora si deve dare a tutto questo uno stop. Certezza della pena, custodia cautelare in carcere per chi è accusato di violenza sessuale ed esclusione di attenuanti per chi delinque sotto effetto di alcool e droghe. Tutto ovviamente tenendo conto di due elementi fondamentali: abbattere l'allarme sociale provocato da questo tipo di reati e tutelare la dignità della vittima, che va assicurata anche nel percorso dibattimentale.
Per raggiungere un risultato anzitutto è importante l'introduzione nel ddl sicurezza dell'obbligo del carcere per chi stupra. Forse il decreto 'anti-stupro' sarà pronto per venerdì esso dovrebbe contenere, come annunciato, importanti novità: gli accusati di stupro non potranno beneficiare della libertà condizionale, ci sarà un avvocato a spese dello Stato per le vittime di violenza sessuale, arriveranno nuovi presidi di polizia con relativi stanziamenti, saranno anticipate le norme contenute nel ddl anti-molestie che la Camera ha già approvato. Tra le altre cose, ci dovrebbero essere anche aggravanti se a commettere violenza sono familiari, partner o tutori; un pesante aggravio di pena se la vittima è sotto i 14 anni; uguale trattamento, invece, se la vittima è maggiorenne o appena sotto i 18; ergastolo sicuro, se allo stupro segue la morte della vittima. Mano pesante anche per i complici: nessuna possibilità di godere dei domiciliari neppure per i favoreggiatori.

***

La scuola pubblica in Italia con la 'Riforma Gelmini'

Esprimo la mia piena solidarietà con tutti coloro che protestano contro la Legge 133/08 la cosidetta 'Riforma Gelmini'....

Le cifre presentate nel decreto fanno venire i brividi: i tagli previsti dal decreto legge 112, poi convertito nella legge 133/08, e gli ulteriori provvedimenti contenuti nel decreto 137 porteranno, a livello nazionale, ad una riduzione di circa 100mila posti tra il personale docente e di 43mila posti tra quello Ata (ausiliari, tecnici e amministrativi).
Per molti, anche per i non addetti ai lavori, l'effetto provocato dalla legge che in pratica azzererà in poco tempo le faticose conquiste di anni e anni, non solo in termini di posti di lavoro, ma anche di mission- educativa e di didattica, rende il momento dei più cupi e tristi degli ultimi anni. Ai tagli vanno poi sommati, le conseguenze che scaturiranno dalla reintroduzione del maestro unico nelle scuole elementari.
L'Europa chiede più scuola, più sapere e l'Italia che fa?
Il contrario!
Rientrodurre il maestro unico è compiere, di sicuro, un passo indietro di almeno mezzo secolo. Se non addirittura si ritorna al tempo del libro cuore, senza offesa per quel libro mio compagno di tanti pomeriggi.
Perchè tutto questo? Bella domanda!
Molto probabilmente si tenta di mascherare con questa supposta riforma quello che è il vero scopo del provvedimento: incassare o meglio risparmiare in poco meno di 4-5 anni 8miliardi di euro. Questa è la cifra stimata, che dovrebbe restare nelle casse dello stato.
Un risparmio quindi certo ottenuto tagliando centinaia di migliaia di posti di lavoro ma al contempo che produrrà anche un effetto negativo: quello di un drastico ridimensionamento del servizio scolastico pubblico in favore forse di quello privato. Inoltre un'altra diretta conseguenza della L.133/08 sarà la chiusura di decine e decine di plessi scolastici.
Molte scuole, soprattutto nei piccoli centri urbani, non ci saranno più. A scomparire sarà anche un altro degli elementi cardine dell'istruzione primaria italiana: il tempo pieno. Bisogna fare attenzione, chi sostiene che il tempo pieno non sarà toccato dalla riforma o che addirittura aumenterà mente sapendo di farlo.
Rifletteteci un poco e capirete perchè!
Se prima, per ogni 2 classi, c'erano 3 insegnanti d'ora in poi sarà uno per classe, a seguire e istruire dai 20 ai 30 alunni e che svolgerà il suo orario lavorativo settimanale esclusivamente di mattina. Pertanto al pomeriggio non potrà esserci altro che un sorta di dopo-scuola, trasformando il tempo pieno di fatto in un parcheggio pomeridiano per i bambini, che nulla ha da condividere con l'offerta didattica di cui fino ad ieri, prima della 'riforma Gelmini', gli alunni potevano usufruire con il tempo pieno.

...

ARRIVERA' PER NATALE UNA 'SOCIAL CARD' AD OLTRE 1MLN DI ITALIANI 'POVERI'

C’è un detto che dice: "meglio poco che niente!".
In questo caso tra il poco e il nulla ci sono così poche differenze che è difficile distinguerli.
La 'social card, almeno per il momento, sembra più l’ennesimo spot varato dal governo che piuttosto un provvedimento serio in grado di aiutare per davvero i più bisognosi.
Nessuno però si è ricordato di dire che ogni spesa effettuata con la 'social card' in automatico sarà data una commissione alla Mastercard che è la società che ha emmesso ed è la proprietà della card.
Bhe! Almeno qualcuno di certo ci guadagnerà da questa iniziativa...
Appare strano che un'iniziativa così benefica abbia comunque dei costi accessori...stranezze tutte italiane!

***

Parole....di Abraham Lincoln

Non si può arrivare alla prosperità

scoraggiando l'impresa.
Non si può rafforzare il debole
indebolendo il più forte.
Non si può aiutare chi è piccolo
abbattendo chi è grande.
Non si può aiutare il povero
distruggendo il ricco.
Non si possono aumentare le paghe
rovinando i datori di lavoro.
Non si può progredire serenamente
spendendo più del guadagno.
Non si può promuovere la fratellanza umana
predicando l'odio di classe.
Non si può instaurare la sicurezza sociale
adoperando denaro imprestato.
Non si può formare carattere e coraggioto
gliendo iniziativa e sicurezza.
Non si può aiutare continuamente
la gente facendo in sua vece quello che potrebbe
e dovrebbe fare da sola.

USA 2008: ELETTO PRESIDENTE BARACK OBAMA

USA 2008: ELETTO PRESIDENTE BARACK OBAMA

marito e padre

i due rivali

genere umano

GIOCHI OLIMPICI DI PECHINO

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da peacereporter

23/02/2002 - 02/07/2008 Ingrid Betancourt è stata liberata!

23/02/2002 - 02/07/2008                  Ingrid Betancourt è stata liberata!
faccio mia la gioia di tutti!

Finalmente liberi!!!

Finalmente liberi!!!

Grazie a loro la Betancourt è libera

Grazie a loro la Betancourt è libera
il ministro della Difesa colombiano Santos e il generale Montoya

Grazie Uribe!!

Grazie Uribe!!
La Betancourt ha incontrato il presidente colombiano Uribe che vinse le elezioni del 2002

madre e figlia!

madre e figlia!
Yolanda Pulecio e Ingrid Betancourt

le due Betancourt

le due Betancourt
Ingrid abbraccia la madre Yolanda

La gioia della libertà riconquistata

La gioia della libertà riconquistata
Ingrid Betancourt dopo la liberazione