mercoledì 7 marzo 2012

Caso Enrica Lexie: agli armatori è stato dato modo di poter ‘affittare’ i militari italiani

Uno spunto per parlare ancora della vicenda dei due marò italiani è data dalla nota dell’ex sottosegretario alla Difesa, Lorenzo Forcieri in cui si legge: “Se i due marò italiani si trovano in stato di arresto nelle mani delle autorità indiane, la colpa non può essere attribuita al Governo Monti e alla nostra diplomazia. E' l'idea alla base del decreto missioni nel giugno 2011, che prevedeva la possibilità che navi mercantili italiane reclutassero militari italiani con funzioni di sicurezza privata antipirateria, che si è rivelata ingenua, un pò velleitaria, sicuramente sbagliata. In questo modo essi devono assoggettarsi alle decisioni di un comandante civile, si ritrovano equiparati al rango di ‘contractors’ e, di fatto, costretti a dipendere da una catena di comando inadatta ad affrontare la complessità degli scenari giuridici e politici internazionali. Ovviamente l'obiettivo, adesso, è uno solo: fare tutto il possibile per riportare a casa i due marò. Ma bisogna riflettere sul fatto che un soldato in servizio è sempre un pezzo dello Stato italiano. La presenza di militari sui mercantili si è rivelata sbagliata e pericolosa per loro e per l'Italia perché è una soluzione ibrida ed ambigua che ha esposto il paese alle conseguenze di una grave crisi diplomatica. Si modifichi subito la norma del decreto missioni; si intensifichi l'azione di sorveglianza marittima da parte delle navi militari; si riprenda in grande stile l'iniziativa internazionale per la Somalia; le istituzioni nazionali e le organizzazioni multilaterali facciano di tutto per rendere piu' efficace la lotta alla pirateria. Ma lasciamo ai contractors il mestiere dei contractors e mettiamo in sicurezza i mari, i nostri soldati e la nostra politica estera”.
Si tratta di una precisa e chiara illustrazione di quanto è accaduto e perché è accaduto.
Da quando il 19 febbraio scorso due marò italiani, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, sono in mano alle autorità locali indiane dello stato del Kerala, che vogliono processarli per duplice omicidio, la diplomazia italiana è fortemente impegnata a sostenere l’estraneità dei marò dai fatti contestatigli.
Nel Paese asiatico dal 22 febbraio scorso si trova il numero due della diplomazia italiana, il sottosegretario agli Esteri, Staffan de Mistura. Prima di lui in India è giunto un team interministeriale che è tuttora all’opera. Successivamente dall’Italia sono giunti due ufficiali dei RIS per seguire le varie fasi della perizia balistica in corso su armi e munizioni in dotazione ai due soldati.
Il 28 febbraio scorso si è anche recato in visita ufficiale il capo della diplomazia italiana, il ministro degli Esteri, Giulio Terzi.
De Mistura vanta una lunga esperienza diplomatica avendo lavorato per 36 anni per varie agenzie ONU ed essere stato rappresentante speciale ONU per l’Iraq e poi per l’Afghanistan. Un lavoro che lo ha portato in molti dei luoghi più problematici ed instabili del mondo acquisendo un’enorme esperienza.
Terzi è uno dei decani della diplomazia italiana.
Nonostante tutto in Italia, nei loro confronti, si è levata una campagna contro.
La principale accusa è stata quella di essere stati troppo molli con l’India.
Nulla di più falso.
L’India è in una posizione predominante in quanto ha praticamente nelle sue mani, una nave italiana e ben 11 cittadini italiani. Gli indiani si sentono in diritto di fare quello che hanno fatto finora e forse chiunque altro al loro posto avrebbe fatto lo stesso. Inoltre, opinione pubblica e media locali si sono entrambi schierati contro gli italiani.
Da quando questa vicenda è venuta alla ribalta in tutto lo stato del Kerala si registrano infatti, continue manifestazioni di protesta anti-italiana che si sospetta non del tutto spontanee e apolitiche.
In questo contesto si inserisce infatti, l’appuntamento elettorale che si terrà a metà marzo, il 17 e 18, nello stato federale indiano. Si tratta delle elezioni suppletive per coprire un seggio vacante per la morte di un deputato di maggioranza.
Nello stato federale del Kerala è forte l’antagonismo politico tra il ‘partito comunista marxista indiano’, fino a poco tempo fa al potere nello stato, e il ‘National Congress’ al potere nel Paese e dallo scorso anno.
I comunisti, che sono alla ricerca di una rivalsa politica, stanno ‘cavalcando’ il malumore e il dissenso che l’opinione pubblica locale sta manifestando da quando è scoppiato il caso.
Tutto questo ha messo a dura prova l’operato del governatore dello Stato, Oommen Chandy che è accusato di favorire l’Italia e non tutelare gli interessi dei pescatori del Kerala. Accuse pesanti specie se fatte in campagna elettorale da cui Chandy deve difendersi. Questo ha comportato che alla fine, con molta probabilità, le azioni compiute dagli indiani sono state accentuate dalla volontà politica di voler dimostrare all’opinione pubblica locale che quanto affermato dall’opposizione non ha fondamento.
In questo clima ogni azione o affermazione da parte dell’Italia è improntata alla prudenza. Ogni incomprensione potrebbe infiammare ancor di più gli animi e comportare rischi per i due militari italiani che si trovano in mano alle autorità locali indiane.
Ed ecco perché chi parla di mollezza della diplomazia italiana si sbaglia ed invece, dovrebbe dire Bravo Giulio Terzi, bravo Staffan de Mistura.
Lo stesso presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano ha affermato che: “Per risolvere positivamente la vicenda dei due marò italiani detenuti in India bisogna evitare qualsiasi elemento di incrinatura dei rapporti tra Roma e Delhi e agire con il massimo riserbo sul piano giudiziario, politico e diplomatico.
Roma sostiene che la giurisdizione sul caso è italiana, per New Delhi è indiana.
Le trattative per giungere ad un buon fine della vicenda sono quindi lunghe e laboriose.
Almeno fino al 15 febbraio scorso nessuno aveva mostrato perplessità in merito all'esigenza del governo Berlusconi e del Parlamento, che insieme alla Confederazione italiana degli armatori, Confitarma avevano fortissimamente voluto i militari italiani a bordo delle navi di bandiera che navigano nelle acque internazionali infestate dai pirati.
Un provvedimento che doveva portare, secondo gli intenti, giovamento anche ai lavoratori del mare che ogni giorno a bordo delle navi italiane, di cui sono membri dell’equipaggio, solcano i mari infestati dai pirati.
Poi è scoppiato il caso dei due marò in carcere nello stato federale del Kerala con l’accusa di aver causato la morte di due pescatori indiani uccisi perché scambiati per pirati al largo delle coste indiane.
Una vicenda che in Italia fin dall’inizio ha infiammato gli animi ed ora sembra anche seguire una certa logica politica.
In Italia le scorte armate sulle navi di bandiera sono contemplare dall'articolo 5 del decreto legge del 12 luglio 2011 che contempla le direttive, le regole di ingaggio e le misure di contrasto emanate dal ministero della Difesa.
Un decreto-legge che è stato poi, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2011, n. 130
Successivamente con un decreto ministeriale, il primo settembre del 2011, il dicastero della Difesa ha anche individuato le aree a rischio pirateria marittima, la High Risk Area, HRA.
Nel decreto ministeriale sono definiti i confini geografici che individuano l'area del mondo ritenute pericolose. Senza questa precisazione l'articolo 5 del decreto legge del 12 luglio 2011 non poteva essere mai esecutivo.
Nel mese di ottobre successivo veniva poi, siglata una convenzione tra Ministero della Difesa e la confederazione armatori italiani, Confitarma.
Alla fine i militari italiani imbarcati a difesa dei mercantili battenti il tricolore, e che dovevano operare nel quadro delle risoluzioni ONU relative al contrasto alla pirateria marittima, si sono ritrovati a fare, in poche parole, i ‘guardiani’ di navi commerciali.
Grazie ad una legge fatta male i militari della Marina sono stati coinvolti in una dinamica di ‘sicurezza sussidiaria’, che è più adatta invece, ad un privato.
Alla fine alla prima difficoltà i nodi sono venuti tutti al pettine evidenziando l’incompletezza della legge.
La legge 130 del 2011 infatti, è nata incompleta ed ora l’Italia ne sta pagando le conseguenze.
Di fatto la presenza di militari italiani a bordo dei mercantili di bandiera si è rivelata una scelta sbagliata e pericolosa per loro e per la stessa Italia.
Alla fine, per il fatto che essi si sono dovuti adattare alle decisioni prese dal comandante della Enrica Lexie, Umberto Vitelli, un civile, essi si sono ritrovati equiparati al rango di guardiani di navi.
Di questo ormai se ne sono resi conti tutti tanto è vero che dal 28 febbraio scorso la Commissione Difesa del Senato ha anche avviato un approfondimento sullo stato di attuazione della normativa per il contrasto della pirateria con l'impiego di Nuclei militari di protezione, NMP, a bordo di navi commerciali.
L'esame, reso di particolare attualità dal tragico incidente verificatosi in India, prevede anche una specifica indagine conoscitiva sulle disposizioni dirette a contrastare gli assalti di pirati a navi mercantili con particolare riferimento alla situazione nel Corno d'Africa e nell'Oceano Indiano.
Ora che la situazione s è complicata sembra che si siano svegliati tutti.
La legge 130 del 2011 è una legge che è figlia di ben 4 disegni di legge presentati nel corso degli anni alla Camera e al Senato.
Tre sono di parlamentari del Pdl e una del Pd, tutti però, concernenti il possibile imbarco di personale armato sulle navi commerciali italiane.
In Parlamento molto tempo prima però, era stata presentata anche una proposta di legge, la n. 3406, ‘Disposizioni concernenti lo svolgimento di servizi di vigilanza privata per la protezione delle navi mercantili italiane in alto mare contro gli atti di pirateria' di cui sono promotore, che prevede la possibilità degli armatori di imbarcare personale armato incaricato della sicurezza delle navi’, che prevedeva invece, nello specifico l’impiego di guardie armate private a bordo delle navi commerciali italiane.
L’idea originaria era infatti, che si poteva ricorrere all’impiego di guardie armate private in operazioni di scorta ai mercantili italiani nel mare infestato dai pirati somali, come accade per altri Paesi europei come Spagna, Germania e Inghilterra.
L’idea è stata poi, pian piano fatta propria da diversi politici italiani, forse solleticati dagli armatori e da qualche graduato della Marina Militare, e alla fine, quando l’Italia ha deciso di difendere le sue navi mercantili dagli attacchi dei pirati, la vecchia idea è stata superata da una nuova.
Ed è arrivato il via libera del governo Berlusconi e dell’allora ministro alla Difesa, Ignazio La Russa a poter imbarcare militari della marina o personale privato armato, a bordo delle navi mercantili italiane.
Successivamente però, per la mancanza di norme che consentano l'impiego di guardie private a bordo dei mercantili italiani, il loro imbarco, almeno armati, è stato rinviato lasciando il campo libero solo ai militari.
In Italia in effetti manca un decreto che riconosca la figura professionale del contractor.
Un provvedimento questo, che deve venire dal ministero dell'Interno e serve a regolarne l'attività.
A quel punto rimanevano come unica risorsa i militari.
La Marina Militare entusiasta subito annunciò che metteva a disposizione degli armatori 60 militari della Marina, gli specialisti del Reggimento San Marco, suddivisi in 10 nuclei, ciascuno da 6 elementi dotati di armamenti adeguati ad affrontare l'emergenza pirateria marittima. Questi nuclei costituirono i ‘Nuclei Militari di Protezione’, NMP.
Veniva anche stabilito che l’onere del costo per l’utilizzo dei militari era a totale carico degli armatori, circa 3mila euro al giorno per nucleo.
In poche parole agli armatori veniva dato modo di poter ‘affittare’ i militari italiani per garantirsi la sicurezza delle proprie navi.
Inoltre, veniva stabilito che non sarebbe stato alcun vincolo gerarchico nei confronti dei civili, né del comando della nave.
I militari, impiegati nel servizio scorta, rispondono a un comando strettamente militare che è basato a Gibuti.
Per tutti loro, le regole di ingaggio si basano sul principio di autodifesa, cioè il ricorso dell'uso della forza solo quando sarà necessario.
Il provvedimento, che allora ha ‘unito’ governo, parlamentari di maggioranza e opposizione, e molti armatori, ora fa registrare invece, da tutti i politici italiani un coro unanime di critica all’operato dell’attuale governo e del ministro degli Esteri, Giulio Terzi.

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Un bambino del Darfur

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aiuta ad aiutarlo sostieni le iniziative pro Darfur
In Darfur dal 2003 ad oggi sono state compiute esecuzioni, anche di massa, stupri, soprattutto di massa, nei confronti di donne, uomini e bambini e interi villaggi sono stati rasi al suolo. Il terrore è stato usato come pratica generalizzata e a sfondo razziale mentre lo stupro è diventato una vera e propria arma da guerra.
Il governo sudanese di Khartoum da parte sua ha bombardato senza sosta i civili, e ha reso sempre più difficili le operazioni di soccorso delle organizzazioni umanitarie nei confronti delle genti del Darfur, fino al punto di far scappare via la maggior parte delle Ong operanti nella regione sudanese e liberarsi così di scomodi testimoni di quanto accadeva in quei luoghi. La stessa tattica è stata seguita prima con i peacekeepers dell'Ua e poi con quelli dell'Onu...
Tutto il mondo è a conoscenza di quanto accade in quella remota regione sudanese e lancia denunce. Da un lato Washington parla di genocidio, dall’altro l'Onu parla di catastrofe umanitaria e di pulizia etnica.
Il tutto però resta nella totale impunità!
Intanto, dal Febbraio 2003 anno in cui è iniziata la ribellione della popolazione di etnia africana del Darfur, circa 6 milioni in maggioranza musulmana e in parte animista, contro il governo sudanese, musulmano ma integralista e soprattutto di etnia araba e bianca, è scoppiato il conflitto che ha causato finora circa 300mila morti e due milioni e mezzo di profughi. Una protesta nata per lo stato di totale abbandono e sfruttamento in cui la popolazione nera era tenuta. La repressione del governo centrale è stata spietata, soprattutto facendo uso dei Janjaweed, i diavoli a cavallo, che sono milizie nomadi di etnia araba che hanno compiuto tutti gli orrori possibili e inimmaginabili contro le genti del Darfur di etnia nera, per lo più contadini e pastori.

Il pianto di un innocente a Gaza

Il pianto di un innocente a Gaza
Ancora una volta il mondo intero si dovrebbe vergognare!!!
La guerra chi puo raccontarla? E' difficile farlo ma tutti possiamo immaginare come sia il sentire l'odore dei morti abbandonati nelle strade o sotto le macerie, il vedere i bambini che muoiono di fame accanto al cadavere della madre, il sentire il lamento dei feriti e lo strazio dei sopravvissuti, di chi si vede impotente e maledice chi gli ha portato via tutto.
Nella Striscia di Gaza siamo ormai quasi alla terza settimana di bombardamenti e inesorabilmente, come non potrebbe essere diversamente con tutta la tecnologia militare del 21° secolo che gli israeliani stanno usando, il numero dei morti tra i civili continuato ad aumentare, mentre l'esercito israeliano bombarda le loro case si moltiplicano tra i palestinesi le scene di disperazione e di dolore causati dagli effetti devastanti della guerra che certamente non sono cambiati nel tempo anzi al contrario.

Giugno 2009: La rivoluzione di velluto in Iran

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Sono solidale con i persiani che manifestano

Il 12 giugno 2010 è caduto il primo anniversario delle contestate elezioni iraniane. Elezioni che decretarono la riconferma a presidente dell’Iran di Mahmud Ahmadinejad. Il Paese ha vissuto le prime ora di questa giornata con una calma carica di tensione che poi, è scoppiata nel pomeriggio intorno alle 16, le 13.30 italiane con i primi scontri tra manifestanti e forze di sicurezza nei pressi dell’Università Sharif di Teheran. Era impensabile che l’opposizione iraniana del movimento riformista dell’Onda Verde si facesse scappare questa occasione per proclamare il proprio dissenso al regime degli Ayatollah. I luoghi delle sanguinose proteste post elettorali di un anno fa si sono quindi di nuovo riempiti di manifestanti. Questo, nonostante l’appello dei leader dell’opposizione, Moussavi e Karroubi, a evitare di scendere in piazza e nonostante che le forze di sicurezza avessero preso posizione in vari punti strategici del centro di Teheran per prevenire manifestazioni. Nonostante le proteste e le accuse di brogli elettorali il contestato presidente Ahmadinejad ha potuto proseguire nel suo mandato, quasi certamente usurpato, grazie all’appoggio dell’ayatollah Ali Khamenei, la Guida Suprema. La lotta continuerà. Viva la Persia! Viva il movimento riformista!


i 44 presidenti degli Usa

i 44 presidenti degli Usa
da www.patrickmoberg.com/blog/id:420/november-4-2008

The President United States of America

The President United States of America
Barack Obama

E' morta Miriam Makeba

E' morta Miriam Makeba
Addio Mama Afrika....io continuerò a sognare...

Notes

***

Italia. Violenza sessuale è allarme sociale


Dopo i recenti casi di stupri, a Roma, Bologna e Milano non si riesce quasi più a tenere il conto degli episodio di violenza sessuale che, dall'inizio dell'anno, si stanno susseguendo in Italia ad opera principalmente di stranieri. Un orribile reato che si verifica nelle grandi città metropolitane come nei piccoli centri urbani. Emergono dati da brividi dalle informazioni fornite dal Presidente facente funzioni del Tribunale di Como Giuseppe Anzani e dal Procuratore capo Alessandro Maria Lodolini. Ogni 4 giorni in Procura a Como arriva una denuncia per violenza sessuale. I fascicoli aperti tra luglio 2007 e giugno 2008 sono stati 89, tra violenze sessuali e pedofilia. Ma è solo la punta di un iceberg in quanto, il reato, per la quasi totalità è sommerso perché prevale ancora la paura e la vergogna a denunciare la violenza subita. Fino ad oggi la violenza che subivano le donne era soprattutto domestica, ma gli episodi di violenza che hanno visto protagoniste, loro malgrado, delle donne avvenuti negli ultimi giorni, per le strade, propongono una nuova emergenza. Un autorevole testimonianza è portata da Telefono Rosa che da anni conosce il fenomeno ed assiste le vittime. “Ciò che sta avvenendo dall'inizio dell'anno, precisa il presidente Maria Gabriella Carnieri Moscatelli, mi preoccupa. Non so se è solo l'effetto di maggiori denunce ma, dal nostro osservatorio, non era mai stato rilevata una cosa simile”. Gli avvenimenti degli ultimi giorni non fanno altro che conferma un'allarmante costante: in testa alla classifica degli autori di stupri ci sono gli stranieri. Il triste primato vede fra i primi i romeni, seguiti da marocchini e albanesi che sembra abbiano dato il via ad una esecrabile escalation di violenza contro le donne. Assodato che nella stragrande maggioranza dei casi questi episodi sono commessi da stranieri, spesso clandestini, ora si deve dare a tutto questo uno stop. Certezza della pena, custodia cautelare in carcere per chi è accusato di violenza sessuale ed esclusione di attenuanti per chi delinque sotto effetto di alcool e droghe. Tutto ovviamente tenendo conto di due elementi fondamentali: abbattere l'allarme sociale provocato da questo tipo di reati e tutelare la dignità della vittima, che va assicurata anche nel percorso dibattimentale.
Per raggiungere un risultato anzitutto è importante l'introduzione nel ddl sicurezza dell'obbligo del carcere per chi stupra. Forse il decreto 'anti-stupro' sarà pronto per venerdì esso dovrebbe contenere, come annunciato, importanti novità: gli accusati di stupro non potranno beneficiare della libertà condizionale, ci sarà un avvocato a spese dello Stato per le vittime di violenza sessuale, arriveranno nuovi presidi di polizia con relativi stanziamenti, saranno anticipate le norme contenute nel ddl anti-molestie che la Camera ha già approvato. Tra le altre cose, ci dovrebbero essere anche aggravanti se a commettere violenza sono familiari, partner o tutori; un pesante aggravio di pena se la vittima è sotto i 14 anni; uguale trattamento, invece, se la vittima è maggiorenne o appena sotto i 18; ergastolo sicuro, se allo stupro segue la morte della vittima. Mano pesante anche per i complici: nessuna possibilità di godere dei domiciliari neppure per i favoreggiatori.

***

La scuola pubblica in Italia con la 'Riforma Gelmini'

Esprimo la mia piena solidarietà con tutti coloro che protestano contro la Legge 133/08 la cosidetta 'Riforma Gelmini'....

Le cifre presentate nel decreto fanno venire i brividi: i tagli previsti dal decreto legge 112, poi convertito nella legge 133/08, e gli ulteriori provvedimenti contenuti nel decreto 137 porteranno, a livello nazionale, ad una riduzione di circa 100mila posti tra il personale docente e di 43mila posti tra quello Ata (ausiliari, tecnici e amministrativi).
Per molti, anche per i non addetti ai lavori, l'effetto provocato dalla legge che in pratica azzererà in poco tempo le faticose conquiste di anni e anni, non solo in termini di posti di lavoro, ma anche di mission- educativa e di didattica, rende il momento dei più cupi e tristi degli ultimi anni. Ai tagli vanno poi sommati, le conseguenze che scaturiranno dalla reintroduzione del maestro unico nelle scuole elementari.
L'Europa chiede più scuola, più sapere e l'Italia che fa?
Il contrario!
Rientrodurre il maestro unico è compiere, di sicuro, un passo indietro di almeno mezzo secolo. Se non addirittura si ritorna al tempo del libro cuore, senza offesa per quel libro mio compagno di tanti pomeriggi.
Perchè tutto questo? Bella domanda!
Molto probabilmente si tenta di mascherare con questa supposta riforma quello che è il vero scopo del provvedimento: incassare o meglio risparmiare in poco meno di 4-5 anni 8miliardi di euro. Questa è la cifra stimata, che dovrebbe restare nelle casse dello stato.
Un risparmio quindi certo ottenuto tagliando centinaia di migliaia di posti di lavoro ma al contempo che produrrà anche un effetto negativo: quello di un drastico ridimensionamento del servizio scolastico pubblico in favore forse di quello privato. Inoltre un'altra diretta conseguenza della L.133/08 sarà la chiusura di decine e decine di plessi scolastici.
Molte scuole, soprattutto nei piccoli centri urbani, non ci saranno più. A scomparire sarà anche un altro degli elementi cardine dell'istruzione primaria italiana: il tempo pieno. Bisogna fare attenzione, chi sostiene che il tempo pieno non sarà toccato dalla riforma o che addirittura aumenterà mente sapendo di farlo.
Rifletteteci un poco e capirete perchè!
Se prima, per ogni 2 classi, c'erano 3 insegnanti d'ora in poi sarà uno per classe, a seguire e istruire dai 20 ai 30 alunni e che svolgerà il suo orario lavorativo settimanale esclusivamente di mattina. Pertanto al pomeriggio non potrà esserci altro che un sorta di dopo-scuola, trasformando il tempo pieno di fatto in un parcheggio pomeridiano per i bambini, che nulla ha da condividere con l'offerta didattica di cui fino ad ieri, prima della 'riforma Gelmini', gli alunni potevano usufruire con il tempo pieno.

...

ARRIVERA' PER NATALE UNA 'SOCIAL CARD' AD OLTRE 1MLN DI ITALIANI 'POVERI'

C’è un detto che dice: "meglio poco che niente!".
In questo caso tra il poco e il nulla ci sono così poche differenze che è difficile distinguerli.
La 'social card, almeno per il momento, sembra più l’ennesimo spot varato dal governo che piuttosto un provvedimento serio in grado di aiutare per davvero i più bisognosi.
Nessuno però si è ricordato di dire che ogni spesa effettuata con la 'social card' in automatico sarà data una commissione alla Mastercard che è la società che ha emmesso ed è la proprietà della card.
Bhe! Almeno qualcuno di certo ci guadagnerà da questa iniziativa...
Appare strano che un'iniziativa così benefica abbia comunque dei costi accessori...stranezze tutte italiane!

***

Parole....di Abraham Lincoln

Non si può arrivare alla prosperità

scoraggiando l'impresa.
Non si può rafforzare il debole
indebolendo il più forte.
Non si può aiutare chi è piccolo
abbattendo chi è grande.
Non si può aiutare il povero
distruggendo il ricco.
Non si possono aumentare le paghe
rovinando i datori di lavoro.
Non si può progredire serenamente
spendendo più del guadagno.
Non si può promuovere la fratellanza umana
predicando l'odio di classe.
Non si può instaurare la sicurezza sociale
adoperando denaro imprestato.
Non si può formare carattere e coraggioto
gliendo iniziativa e sicurezza.
Non si può aiutare continuamente
la gente facendo in sua vece quello che potrebbe
e dovrebbe fare da sola.

USA 2008: ELETTO PRESIDENTE BARACK OBAMA

USA 2008: ELETTO PRESIDENTE BARACK OBAMA

marito e padre

i due rivali

genere umano

GIOCHI OLIMPICI DI PECHINO

GIOCHI OLIMPICI DI PECHINO
da peacereporter

23/02/2002 - 02/07/2008 Ingrid Betancourt è stata liberata!

23/02/2002 - 02/07/2008                  Ingrid Betancourt è stata liberata!
faccio mia la gioia di tutti!

Finalmente liberi!!!

Finalmente liberi!!!

Grazie a loro la Betancourt è libera

Grazie a loro la Betancourt è libera
il ministro della Difesa colombiano Santos e il generale Montoya

Grazie Uribe!!

Grazie Uribe!!
La Betancourt ha incontrato il presidente colombiano Uribe che vinse le elezioni del 2002

madre e figlia!

madre e figlia!
Yolanda Pulecio e Ingrid Betancourt

le due Betancourt

le due Betancourt
Ingrid abbraccia la madre Yolanda

La gioia della libertà riconquistata

La gioia della libertà riconquistata
Ingrid Betancourt dopo la liberazione