sabato 10 dicembre 2011

Repubblica Democratica del Congo: dopo Presidenziali Paese punto e da capo

Joseph Kabila Kabange è riconfermato alla presidenza della Repubblica Democratica del Congo, RDC.
I risultati ufficiali, rinviati più volte, sono stati resi noti ieri dalla Commissione Elettorale Indipendente Nazionale, Ceni. Risultati che assegnano a Kabila circa il 49 % delle preferenze pari a 8.830.994 voti, mentre all’ex premier e leader dell'Unione per la democrazia e il progresso sociale, Udps, Etienne Tshisekedi wa Mulumba solo il 32,3% pari a 5.864.775 voti.
Una rielezione, quella di Kabila, che fa temere che il Paese africano possa di un nuovo smarrire la strada della riconciliazione. La causa principale è il fatto che l'opposizione non ha accettato il risultato uscito dalle urne lanciando accuse di brogli elettorali a favore del presidente uscente.
Il suo principale avversario Tshisekedi, rientrato lo scorso anno nel Paese dopo un circa 3 anni di esilio volontario prima in Belgio e poi, i Sudafrica, si è autoproclamato presidente eletto. Tshisekedi, come ha fatto in campagna elettorale, ha anche aizzato i suoi sostenitori per poi, invitarli successivamente alla calma.
La situazione è ora molto tesa. Il Paese africano è praticamente diviso in due. Nella parte che raggruppa i fedeli di Tshisekedi e dove si registra la protesta e nella parte dove sono in maggioranza i seguaci di Kabila e dove invece, si festeggia.
Tutto questo fa temere che dopo il voto per le presidenziali e le legislative del 28 novembre scorso, seguito ad una campagna elettorale ‘movimentata’, e uno scrutinio ‘tesissimo’, il Paese africano possa cadere di nuovo nel caos.
Soprattutto si teme che questa situazione possa innescare di nuova quella spirale di violenza anche sessuale, con massacri e distruzione che hanno devastato il Paese per oltre un decennio.
A pesare su tutto il fatto che in giro vi sono ancora numerose milizie armate appartenenti ai vari esponenti politici nazionali. Un fatto questo non più accettabile anche perché, la costituzione riconosce loro solo un determinato numero di guardie del corpo e non più un piccolo esercito al proprio servizio. La paura è che si possa avere una ripresa della conflittualità. Sotto la cenere infatti, arde ancora la brace e basta un non nulla per riaccendere la fiamma.
Anche se non reale, ma non per questo escludibile, è ritornata l’ipotesi di un possibile tentativo di colpo di stato contro Kabila come fu nel 2006. Questa volta il pericolo potrebbero venire dal confinante Congo Brazzaville. Come sempre fa da sfondo a tutto, la miseria impellente in cui è immersa gran parte della popolazione congolese, nonostante le enormi ricchezze naturali di cui è ricca l’RDC come i giacimenti di diamanti, oro, cobalto e rame che sono però, prerogativa solo di pochi.
Numerosi gli appelli alla riconciliazione come quello dell'Associazione africana di difesa dei diritti dell'uomo che ha lanciato un appello ai candidati affinchè accettino i risultati delle urne. Anche la comunità internazionale, dopo aver duramente condannato gli scontri della vigilia del voto, esprimendo seri timori per il futuro democratico del Paese africano ha invitato tutti alla calma. Preoccupato dall’evolversi della situazione anche il segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon che ha chiesto di risolvere le divergenze pacificamente attraverso mezzi legali e meccanismi di mediazione.
Comunque sia significativamente sembra che nessuna cancelleria per ora, ha inviato le proprie congratulazioni a Kabila per la sua riconferma alla guida della RDC.
I due principali candidati alle presidenziali, Kabila e il settantottenne Tshisekedi alla vigilia del voto si sono più volte scontrati e nei disordini provocati hanno perso la vita diverse persone, mentre altre sono rimaste ferite. Poche ore dopo l'inizio delle operazioni di voto il clima è diventato incandescente in diverse parti dell’ex colonia Belga con assalti ai seggi, dove vi è stato appiccato il fuoco ad almeno 15 seggi e sono state rubate o distrutte urne e schede. Attaccati anche convogli che trasportavano schede elettorali ai seggi. Addirittura sono state anche scoperte urne in cui erano già state infilate schede votate o falsi seggi elettorali e schede prestampate tutto per favorire il presidente uscente.
Inoltre, secondo quanto denunciato da più parti, non tutti gli aventi diritto al voto sono riusciti a votare mentre altri invece, hanno potuto votare più volte.
Alla luce di tutto questo la ‘puzza’ di brogli elettorali è fortissima. Mentre svanisce il sogno di quei congolesi che speravano che stavolta finalmente le elezioni sarebbero state libere e pacifiche.
Il giorno dopo il voto infatti, 4 dei candidati alla presidenza della RDC, Leon Kengo, Antipas Mbusa Nyamwisi, Adam Bombole e Vital Kamerhe, hanno chiesto l'annullamento della consultazione elettorale denunciando appunto frodi estese come brogli nei seggi, l'utilizzo dei fondi dello Stato per la campagna del presidente Kabila, la scarsa distribuzione di materiale elettorale volutamente per ridurre l'affluenza e il rifiuto di garantire ai rappresentanti dell'opposizione di assistere allo spoglio.
Una denuncia questa, forte che sminuisce moltissimo la credibilità del risultato elettorale uscito dalle urne.
Anche i rapporti degli osservatori, circa 2.500 locali e 300 internazionali, sembrano dare spazio a queste denunce.
Gli osservatori internazionali che si trovano nel Paese africano sono in un numero inferiore rispetto a quelli dispiegati per le consultazioni del 2006, le prime elezioni libere e democratiche tenutesi nella RDC dopo 40 anni. L'ONU non ne ha addirittura previsti, mentre l'Unione europea ne ha inviati solo 146, due volte in meno rispetto alle passate elezioni.
Nonostante tutto l'ufficializzazione dei dati definitivi provvisori delle presidenziali è avvenuta la settimana scorsa. Risultati ufficiali più volte annunciati e rimandati. Questi risultati saranno poi, ufficializzati definitivamente, dopo aver esaminato tutti i ricorsi presentati, il 17 dicembre prossimo dalla Corte Suprema considerata vicina al presidente riconfermato. Il 20 dicembre prossimo poi, il nuovo presidente potrà prestare giuramento e insediarsi. Per quella data nella capitale Kinshasa, considerata una roccaforte dell'opposizione, per il timore di disordini, sono stati mobilitati circa 20mila militari delle Forze regolari congolesi, Fardc, che affiancheranno le forze di sicurezza locali. Mentre, per quanto riguarda le parlamentari i risultati definitivi non saranno annunciati prima del 13 gennaio prossimo. Erano in circa 19mila i candidati che si sono contesi i 500 seggi nell'Assemblea nazionale, il Parlamento dell'ex Zaire. Una ‘folla’ che in alcune circoscrizioni ha portato alla predisposizione di una scheda di ben 56 pagine. Un fatto questo, non tanto anomalo, ma pericoloso visto la situazione generale.
Quelle appena svoltesi nella RDC sono le seconde elezioni presidenziali dopo la fine della guerra civile combattuta nel Paese africano dal 1996 al 2003. Una guerra costata la vita ad almeno 4 mln di persone. Una guerra civile che però, anche se finita, non ha mai visto un Paese completamente rappacificato.
Ancora una volta i 32 milioni di congolesi aventi diritto al voto sono stati chiamati ad eleggere il nuovo presidente e i deputati in condizioni di disagio per le tensioni derivanti dalle violenze scoppiate alla vigilia del voto. L’affluenza ai seggi è stata però, pari al 58,8 %.
Kabila è al potere nel Paese dal 2001, quando dopo l'assassinio del padre, Laurent De'sire' Kabila, ucciso dalle guardie del corpo, ne ebbe la guida ad interim, ed è stato poi, eletto con il 58% dei voti nel 2006 quando le Nazioni Unite organizzarono le prime elezioni dopo la guerra civile.
La riconferma di Kabila non ha colto nessuno di sorpresa. Per molti il presidente riconfermato ha avuto campo libero, sfruttando la sua carica. Ai suoi è stato infatti, dato il compito di mettere a punto la macchina elettorale. Il fatto più eclatante, l’allargamento all'inizio della campagna elettorale della composizione della Corte Suprema, a cui spetta l’ultima parola sull’esito del voto, da 7 a 27 giudici. A pesare molto sull’esito del voto però, il fatto che l'opposizione non è riuscita a far fronte comune designando un unico candidato. Alla fine in lizza per la carica a presidente i candidati sono stati ben 11. Anche se poi, in verità alla fine lo ‘scontro’, e non solo politico, si è ridotto tra il presidente uscente Kabila e i due principali rivali, Etienne Tshisekedi e Vital Kamerhe, rispettivamente giunti secondo e terzo.
Questo appuntamento elettorale non prevedeva ballottaggio. Novità questa, introdotta da una modifica costituzionale voluta da Kabila e che ha istituito il turno unico alle presidenziali pur conservando il mandato quinquennale. Una modifica che consentiva quindi di vincere con una semplice maggioranza relativa di voti. Era stato proprio il ballottaggio nel 2006 a mettere in difficoltà Kabila che però, riuscì a spuntarla sul rivale di allora, l’ ex-vice presidente ad interim, Jean-Pierre Bemba poi, costretto all’esilio.

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DARFUR:NON C'E' PIU' TEMPO DA PERDERE!

IN DARFUR SONO DECINE SE NON CENTINAIA LE PERSONE CHE MUOIONO OGNI MESE...
FAI LORO DEL BENE... AIUTA I RIFUGIATI E I PROFUGHI DEL DARFUR FACENDO UNA DONAZIONE ALL'AGENZIA ONU PER I RIFUGIATI UNHCR CHIAMA LO 0680212304 PER SAPERE COME FARE....
RICORDATI BASTANO 31 EURO PER ACQUISTARE 8 COPERTE, 51 EURO PER UNA TENDA E 200 EURO PER DARE ASSISTENZA MEDICA A 25 FAMIGLIE...

Un bambino del Darfur

Un bambino del Darfur
aiuta ad aiutarlo sostieni le iniziative pro Darfur
In Darfur dal 2003 ad oggi sono state compiute esecuzioni, anche di massa, stupri, soprattutto di massa, nei confronti di donne, uomini e bambini e interi villaggi sono stati rasi al suolo. Il terrore è stato usato come pratica generalizzata e a sfondo razziale mentre lo stupro è diventato una vera e propria arma da guerra.
Il governo sudanese di Khartoum da parte sua ha bombardato senza sosta i civili, e ha reso sempre più difficili le operazioni di soccorso delle organizzazioni umanitarie nei confronti delle genti del Darfur, fino al punto di far scappare via la maggior parte delle Ong operanti nella regione sudanese e liberarsi così di scomodi testimoni di quanto accadeva in quei luoghi. La stessa tattica è stata seguita prima con i peacekeepers dell'Ua e poi con quelli dell'Onu...
Tutto il mondo è a conoscenza di quanto accade in quella remota regione sudanese e lancia denunce. Da un lato Washington parla di genocidio, dall’altro l'Onu parla di catastrofe umanitaria e di pulizia etnica.
Il tutto però resta nella totale impunità!
Intanto, dal Febbraio 2003 anno in cui è iniziata la ribellione della popolazione di etnia africana del Darfur, circa 6 milioni in maggioranza musulmana e in parte animista, contro il governo sudanese, musulmano ma integralista e soprattutto di etnia araba e bianca, è scoppiato il conflitto che ha causato finora circa 300mila morti e due milioni e mezzo di profughi. Una protesta nata per lo stato di totale abbandono e sfruttamento in cui la popolazione nera era tenuta. La repressione del governo centrale è stata spietata, soprattutto facendo uso dei Janjaweed, i diavoli a cavallo, che sono milizie nomadi di etnia araba che hanno compiuto tutti gli orrori possibili e inimmaginabili contro le genti del Darfur di etnia nera, per lo più contadini e pastori.

Il pianto di un innocente a Gaza

Il pianto di un innocente a Gaza
Ancora una volta il mondo intero si dovrebbe vergognare!!!
La guerra chi puo raccontarla? E' difficile farlo ma tutti possiamo immaginare come sia il sentire l'odore dei morti abbandonati nelle strade o sotto le macerie, il vedere i bambini che muoiono di fame accanto al cadavere della madre, il sentire il lamento dei feriti e lo strazio dei sopravvissuti, di chi si vede impotente e maledice chi gli ha portato via tutto.
Nella Striscia di Gaza siamo ormai quasi alla terza settimana di bombardamenti e inesorabilmente, come non potrebbe essere diversamente con tutta la tecnologia militare del 21° secolo che gli israeliani stanno usando, il numero dei morti tra i civili continuato ad aumentare, mentre l'esercito israeliano bombarda le loro case si moltiplicano tra i palestinesi le scene di disperazione e di dolore causati dagli effetti devastanti della guerra che certamente non sono cambiati nel tempo anzi al contrario.

Giugno 2009: La rivoluzione di velluto in Iran

Giugno 2009: La rivoluzione di velluto in Iran
Sono solidale con i persiani che manifestano

Il 12 giugno 2010 è caduto il primo anniversario delle contestate elezioni iraniane. Elezioni che decretarono la riconferma a presidente dell’Iran di Mahmud Ahmadinejad. Il Paese ha vissuto le prime ora di questa giornata con una calma carica di tensione che poi, è scoppiata nel pomeriggio intorno alle 16, le 13.30 italiane con i primi scontri tra manifestanti e forze di sicurezza nei pressi dell’Università Sharif di Teheran. Era impensabile che l’opposizione iraniana del movimento riformista dell’Onda Verde si facesse scappare questa occasione per proclamare il proprio dissenso al regime degli Ayatollah. I luoghi delle sanguinose proteste post elettorali di un anno fa si sono quindi di nuovo riempiti di manifestanti. Questo, nonostante l’appello dei leader dell’opposizione, Moussavi e Karroubi, a evitare di scendere in piazza e nonostante che le forze di sicurezza avessero preso posizione in vari punti strategici del centro di Teheran per prevenire manifestazioni. Nonostante le proteste e le accuse di brogli elettorali il contestato presidente Ahmadinejad ha potuto proseguire nel suo mandato, quasi certamente usurpato, grazie all’appoggio dell’ayatollah Ali Khamenei, la Guida Suprema. La lotta continuerà. Viva la Persia! Viva il movimento riformista!


i 44 presidenti degli Usa

i 44 presidenti degli Usa
da www.patrickmoberg.com/blog/id:420/november-4-2008

The President United States of America

The President United States of America
Barack Obama

E' morta Miriam Makeba

E' morta Miriam Makeba
Addio Mama Afrika....io continuerò a sognare...

Notes

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Italia. Violenza sessuale è allarme sociale


Dopo i recenti casi di stupri, a Roma, Bologna e Milano non si riesce quasi più a tenere il conto degli episodio di violenza sessuale che, dall'inizio dell'anno, si stanno susseguendo in Italia ad opera principalmente di stranieri. Un orribile reato che si verifica nelle grandi città metropolitane come nei piccoli centri urbani. Emergono dati da brividi dalle informazioni fornite dal Presidente facente funzioni del Tribunale di Como Giuseppe Anzani e dal Procuratore capo Alessandro Maria Lodolini. Ogni 4 giorni in Procura a Como arriva una denuncia per violenza sessuale. I fascicoli aperti tra luglio 2007 e giugno 2008 sono stati 89, tra violenze sessuali e pedofilia. Ma è solo la punta di un iceberg in quanto, il reato, per la quasi totalità è sommerso perché prevale ancora la paura e la vergogna a denunciare la violenza subita. Fino ad oggi la violenza che subivano le donne era soprattutto domestica, ma gli episodi di violenza che hanno visto protagoniste, loro malgrado, delle donne avvenuti negli ultimi giorni, per le strade, propongono una nuova emergenza. Un autorevole testimonianza è portata da Telefono Rosa che da anni conosce il fenomeno ed assiste le vittime. “Ciò che sta avvenendo dall'inizio dell'anno, precisa il presidente Maria Gabriella Carnieri Moscatelli, mi preoccupa. Non so se è solo l'effetto di maggiori denunce ma, dal nostro osservatorio, non era mai stato rilevata una cosa simile”. Gli avvenimenti degli ultimi giorni non fanno altro che conferma un'allarmante costante: in testa alla classifica degli autori di stupri ci sono gli stranieri. Il triste primato vede fra i primi i romeni, seguiti da marocchini e albanesi che sembra abbiano dato il via ad una esecrabile escalation di violenza contro le donne. Assodato che nella stragrande maggioranza dei casi questi episodi sono commessi da stranieri, spesso clandestini, ora si deve dare a tutto questo uno stop. Certezza della pena, custodia cautelare in carcere per chi è accusato di violenza sessuale ed esclusione di attenuanti per chi delinque sotto effetto di alcool e droghe. Tutto ovviamente tenendo conto di due elementi fondamentali: abbattere l'allarme sociale provocato da questo tipo di reati e tutelare la dignità della vittima, che va assicurata anche nel percorso dibattimentale.
Per raggiungere un risultato anzitutto è importante l'introduzione nel ddl sicurezza dell'obbligo del carcere per chi stupra. Forse il decreto 'anti-stupro' sarà pronto per venerdì esso dovrebbe contenere, come annunciato, importanti novità: gli accusati di stupro non potranno beneficiare della libertà condizionale, ci sarà un avvocato a spese dello Stato per le vittime di violenza sessuale, arriveranno nuovi presidi di polizia con relativi stanziamenti, saranno anticipate le norme contenute nel ddl anti-molestie che la Camera ha già approvato. Tra le altre cose, ci dovrebbero essere anche aggravanti se a commettere violenza sono familiari, partner o tutori; un pesante aggravio di pena se la vittima è sotto i 14 anni; uguale trattamento, invece, se la vittima è maggiorenne o appena sotto i 18; ergastolo sicuro, se allo stupro segue la morte della vittima. Mano pesante anche per i complici: nessuna possibilità di godere dei domiciliari neppure per i favoreggiatori.

***

La scuola pubblica in Italia con la 'Riforma Gelmini'

Esprimo la mia piena solidarietà con tutti coloro che protestano contro la Legge 133/08 la cosidetta 'Riforma Gelmini'....

Le cifre presentate nel decreto fanno venire i brividi: i tagli previsti dal decreto legge 112, poi convertito nella legge 133/08, e gli ulteriori provvedimenti contenuti nel decreto 137 porteranno, a livello nazionale, ad una riduzione di circa 100mila posti tra il personale docente e di 43mila posti tra quello Ata (ausiliari, tecnici e amministrativi).
Per molti, anche per i non addetti ai lavori, l'effetto provocato dalla legge che in pratica azzererà in poco tempo le faticose conquiste di anni e anni, non solo in termini di posti di lavoro, ma anche di mission- educativa e di didattica, rende il momento dei più cupi e tristi degli ultimi anni. Ai tagli vanno poi sommati, le conseguenze che scaturiranno dalla reintroduzione del maestro unico nelle scuole elementari.
L'Europa chiede più scuola, più sapere e l'Italia che fa?
Il contrario!
Rientrodurre il maestro unico è compiere, di sicuro, un passo indietro di almeno mezzo secolo. Se non addirittura si ritorna al tempo del libro cuore, senza offesa per quel libro mio compagno di tanti pomeriggi.
Perchè tutto questo? Bella domanda!
Molto probabilmente si tenta di mascherare con questa supposta riforma quello che è il vero scopo del provvedimento: incassare o meglio risparmiare in poco meno di 4-5 anni 8miliardi di euro. Questa è la cifra stimata, che dovrebbe restare nelle casse dello stato.
Un risparmio quindi certo ottenuto tagliando centinaia di migliaia di posti di lavoro ma al contempo che produrrà anche un effetto negativo: quello di un drastico ridimensionamento del servizio scolastico pubblico in favore forse di quello privato. Inoltre un'altra diretta conseguenza della L.133/08 sarà la chiusura di decine e decine di plessi scolastici.
Molte scuole, soprattutto nei piccoli centri urbani, non ci saranno più. A scomparire sarà anche un altro degli elementi cardine dell'istruzione primaria italiana: il tempo pieno. Bisogna fare attenzione, chi sostiene che il tempo pieno non sarà toccato dalla riforma o che addirittura aumenterà mente sapendo di farlo.
Rifletteteci un poco e capirete perchè!
Se prima, per ogni 2 classi, c'erano 3 insegnanti d'ora in poi sarà uno per classe, a seguire e istruire dai 20 ai 30 alunni e che svolgerà il suo orario lavorativo settimanale esclusivamente di mattina. Pertanto al pomeriggio non potrà esserci altro che un sorta di dopo-scuola, trasformando il tempo pieno di fatto in un parcheggio pomeridiano per i bambini, che nulla ha da condividere con l'offerta didattica di cui fino ad ieri, prima della 'riforma Gelmini', gli alunni potevano usufruire con il tempo pieno.

...

ARRIVERA' PER NATALE UNA 'SOCIAL CARD' AD OLTRE 1MLN DI ITALIANI 'POVERI'

C’è un detto che dice: "meglio poco che niente!".
In questo caso tra il poco e il nulla ci sono così poche differenze che è difficile distinguerli.
La 'social card, almeno per il momento, sembra più l’ennesimo spot varato dal governo che piuttosto un provvedimento serio in grado di aiutare per davvero i più bisognosi.
Nessuno però si è ricordato di dire che ogni spesa effettuata con la 'social card' in automatico sarà data una commissione alla Mastercard che è la società che ha emmesso ed è la proprietà della card.
Bhe! Almeno qualcuno di certo ci guadagnerà da questa iniziativa...
Appare strano che un'iniziativa così benefica abbia comunque dei costi accessori...stranezze tutte italiane!

***

Parole....di Abraham Lincoln

Non si può arrivare alla prosperità

scoraggiando l'impresa.
Non si può rafforzare il debole
indebolendo il più forte.
Non si può aiutare chi è piccolo
abbattendo chi è grande.
Non si può aiutare il povero
distruggendo il ricco.
Non si possono aumentare le paghe
rovinando i datori di lavoro.
Non si può progredire serenamente
spendendo più del guadagno.
Non si può promuovere la fratellanza umana
predicando l'odio di classe.
Non si può instaurare la sicurezza sociale
adoperando denaro imprestato.
Non si può formare carattere e coraggioto
gliendo iniziativa e sicurezza.
Non si può aiutare continuamente
la gente facendo in sua vece quello che potrebbe
e dovrebbe fare da sola.

USA 2008: ELETTO PRESIDENTE BARACK OBAMA

USA 2008: ELETTO PRESIDENTE BARACK OBAMA

marito e padre

i due rivali

genere umano

GIOCHI OLIMPICI DI PECHINO

GIOCHI OLIMPICI DI PECHINO
da peacereporter

23/02/2002 - 02/07/2008 Ingrid Betancourt è stata liberata!

23/02/2002 - 02/07/2008                  Ingrid Betancourt è stata liberata!
faccio mia la gioia di tutti!

Finalmente liberi!!!

Finalmente liberi!!!

Grazie a loro la Betancourt è libera

Grazie a loro la Betancourt è libera
il ministro della Difesa colombiano Santos e il generale Montoya

Grazie Uribe!!

Grazie Uribe!!
La Betancourt ha incontrato il presidente colombiano Uribe che vinse le elezioni del 2002

madre e figlia!

madre e figlia!
Yolanda Pulecio e Ingrid Betancourt

le due Betancourt

le due Betancourt
Ingrid abbraccia la madre Yolanda

La gioia della libertà riconquistata

La gioia della libertà riconquistata
Ingrid Betancourt dopo la liberazione