lunedì 28 novembre 2011

Pirateria somala: a proposito del fenomeno

Anche se avvenuto dopo oltre 7 mesi, il recente rilascio dei 21 marittimi della nave italiana ‘ROSALIA D’AMATO’, tra cui 6 italiani, fa ben sperare per gli altri marittimi ancora ostaggi dei pirati somali. La vicenda insegna che nonostante tutto quello che possa accadere, se le trattative sono condotte con capacità si riesce a riportare a casa i lavoratori del mare prigionieri in Somalia.
E’ indescrivibile l’esperienza che vivono i marittimi quando cadono ‘prigionieri’ dei predoni del mare. E’ chiaro che chi cade nelle loro mani è un ostaggio e come tale viene trattato. Una terribile esperienza che segna la vita di molti di loro. Questi lavoratori del mare, mentre un tempo erano considerati ‘merce preziosa’, da mantenere in salute e in vita, oggi invece, sono anche usati come scudi umani e negli assalti ai mercantili, utilizzandoli insieme alle loro navi per lanciare all’arrembaggio i barchini pirati. Un fatto questo che denota quanto i pirati somali stiano rincorrendo sempre di più a forme diverse di violenza sia negli assalti sia nel trattare gli equipaggi catturati. Un aumento della violenza che ha portato ad un aumento delle vittime tra i marittimi equipaggi delle navi assaltate e catturate e tra gli stessi predoni del mare. Nel primi 10 mesi del 2011 sono già rimasti uccisi almeno 60 pirati e almeno 4 marittimi.
Sono diverse centinaia i marittimi ancora trattenuti in ostaggio dai pirati somali insieme alle navi di cui erano i membri degli equipaggi. Questi marittimi sono tutti stranieri e di nazionalità diverse. Solo il 10 per cento di essi provengono da Paesi OCSE, gli altri da Paesi come India, Ghana, Sudan, Pakistan, Filippine, Yemen, Sri Lanka e tanti altri. Di fatto rappresentano la marineria mondiale.
Non ci sono però, tra essi, marittimi somali ne sono state mai catturate navi somale. Un dato di fatto questo, che fa pensare ad una sorta di immunità per le navi battenti il vessillo somalo.
L'equipaggio di una nave catturata, che viene preso in ostaggio, ha per i pirati somali un valore fondamentale: quello molto venale di valere un mucchio di bei bigliettoni verdi. Per intenderci quelli pagati come riscatto per ottenere il loro rilascio. Riscatti che variano a secondo del tipo di nave e della nazionalità. Statisticamente la cifra in media pagata come contropartita per un mercantile è di 6 mln di dollari, mentre quella per una petroliera si aggira intorno ai 9 mln di dollari. Una contropartita a cui finora i pirati somali hanno mai rinunciato, anche a costo di trattenere in ostaggio nave e marittimi per mesi.
Nella totalità dei casi, a pagare sono l’armatore oppure il governo del Paese di provenienza di nave e marittimi.
A dispetto di quello che si potrebbe essere portati a pensare, sono le banche a svolgere un ruolo centrale all'interno del processo che riguarda il pagamento del riscatto. E’ impensabile credere che senza l’aiuto delle banche sia possibile raccogliere la ‘montagna’ di dollari che servono a pagare i riscatti. I pirati somali infatti, non accettano carte di credito ne Travele’s Cheque, ma solo contanti. Di recente però, si assiste, in questo ambito, ad una sorta di fenomeno di obiezione nel senso che alcune banche, per motivi etici e morali, si sono rifiutate di collaborare nel mettere insieme la somma richiesta dai sequestratori.
Attualmente in mano ai pirati somali vi è ancora una nave italiana, la petroliera ‘SAVINA CAYLYN’, e altri 5 marittimi di nazionalità italiana.
In Italia l'informazione fornita dai media nazionali sul fenomeno della pirateria marittima al largo della Somalia è stata finora piuttosto selettiva e a tempo. A volte addirittura sbagliando tempi e modi di parlarne. Ancor peggio quando la ‘gestione’ dell’argomento è stata affidata a redattori a ‘digiuno’ del fenomeno e quindi è immaginabile il pastrocchio che ne è uscito fuori. Un esempio reale è la miriade di news pubblicate negli ultimi giorni relativi al rilascio della ‘MV ROSALIA D’AMATO’. Un ‘informe’ ammasso omogeneo di notizie.
Purtroppo in Italia funziona in questo modo.
Una delle discussione più ricorrente, negli ultimi tempi, è se sia o meno legittimo pagare i riscatti ai pirati somali.
Finora la maggiore opposizione al pagamento dei riscatti è venuta dai governi dei Paesi coinvolti. Da sempre però, a schierarsi contro è soprattutto l’ONU. Per l’organizzazione del Palazzo di Vetro pagare i riscatti ai pirati somali violerebbe le leggi internazionali contro la pirateria marittima.
Su tutto però, prevale il concetto che è meglio il tacito consenso al pagamento del riscatto piuttosto che rischiare nave, marittimi e carico. In verità, a spingere verso il pagamento è anche il fatto che le polizze assicurative, nella gran parte dei casi, coprono dalla pirateria, ma escludono la perdita totale della nave. Per cui, nessuno rischia e si preferisce cedere al ricatto.
Comunque sia l’ONU, per mettere un po’ d’ordine, lo scorso anno ha adottato una risoluzione che obbliga tutti gli Stati, senza esclusioni, a non alimentare, con il pagamento dei riscatti, la pirateria marittima che la stessa organizzazione internazionale ha definito una grave forma di crimine internazionale e criminali quelli che lo compiono
In base a quanto detto è da ritenere che il possibile sequestro di una nave è visto da molti armatori al pari di un qualsiasi altro rischio d'impresa. Questi, a causa del fenomeno, da anni, e in particolare negli ultimi tre, si sono visti costretti a dover ‘sborsare’ enormi somme di denaro che hanno contribuito a far lievitare soprattutto i costi di spedizione. Ad incidere fortemente su questi costi, a contrario di quanto si potrebbe essere portati a credere, non sono però, i riscatti, che si aggirano sui 150-200 Mln di dollari pagati in un anno, ma i costi per poter assicurare le navi che devono solcare il ‘mare dei pirati’.
Attualmente il costo di una polizza assicurativa viene contrattata dagli assicuratori con le compagnie di navigazione disciplinando i diversi casi a seconda della tipologia del carico, del tipo di nave e della zona in cui la nave deve transitare. In questo modo si è passati dai 900 dollari al giorno, che si pagavano nel 2007, ai circa 9mila dollari che si pagano in media ai giorni nostri.
In media una polizza assicurativa in grado di coprire tutti i rischi, incluso il sequestro da parte dei pirati somali, può costare dai 2mila ai 50mila dollari al giorno con un incremento sostanziale nel periodo di transito nei tratti più a rischio come il Golfo di Aden.
Il fenomeno della pirateria marittima al largo della Somalia ha visto la sua ‘esplosione’ nel 2008. Un mare ben presto ribattezzato ‘il mare dei pirati’ dove in meno di tre anni le gang del mare che vi operano sono riuscite a mettere in scacco la comunità internazionale arrivando ad assaltare le stesse navi da guerra che sono stati inviate a contrastarli. Ora i moderni filibustieri somali si stanno organizzando in gruppi più forti e numerosi anche per ‘contrastare’ le guardie armate, private o militari, che sempre più spesso si stanno imbarcando a bordo dei mercantili e pescherecci.
Quello del ricorso ad uomini armati a bordo di navi commerciali è stato per molto tempo motivo di dibattito. Dividendo in due, favorevoli e contrari, i partecipanti alla discussione. Soprattutto si temeva che il ricorso ad uomini armati a bordo dei mercantili potesse alimentare la violenza nel corso degli assalti da parte dei predoni del mare. Per ora non è accaduto nulla di tutto questo. Di recente di fronte agli ottimi risultati che si stanno ottenendo contrapponendo ‘alle armi le armi’ e davanti all’ormai certo fallimento degli sforzi della comunità internazionale di contrastare e risolvere il problema, il fronte dei ‘NO’ si è molto assottigliato.
In questi giorni la Grecia ha deciso di consentire l’imbarco di guardie armate a bordo dei mercantili greci per respingere gli attacchi dei pirati somali. La nuova normativa consentirà il ricorso a sei guardie private per nave e per un massimo di sei mesi. Il mese scorso anche la Gran Bretagna aveva fatto lo stesso annuncio. Dopo Francia, Spagna e Italia, con queste due new entry, si allunga l’elenco dei Paesi dell’Ue che sono ricorsi a team di sicurezza armati imbarcati a bordo di navi commerciali per la loro difesa.
Lo scorso mese di febbraio, l'International Chamber of Shipping, ICS, aveva denunciato le grandi difficoltà che si incontrano ancora in materia di appalti e attracco nei porti delle navi che dispongono di armi a bordo. E’ questo infatti, uno dei principali ostacoli al ricorso generalizzato di guardie armate a bordo di mercantili per la loro difesa, Sono tanti i Paesi che infatti, vietato l’attracco nei loro porti di navi commerciali con armi a bordo.
Un episodio accaduto nelle scorse settimane alimenterà ulteriormente la discussione. Le forze di sicurezza egiziane hanno arrestato un tedesco e un austriaco per detenzione illegale e contrabbando di armi da fuoco. I due, dipendenti di una società privata di sicurezza, sono stati arrestati per aver introdotto illegalmente nel Paese 4 fucili di precisione e 200 munizioni. Entrambi erano giunti al Cairo in volo da Monaco e si erano poi, recati al porto egiziano di Suez per imbarcarsi come team di sicurezza a bordo di una petroliera. L’episodio evidenzia le difficoltà a spostare armi e munizioni, in dotazione ai team di sicurezza, da un Paese all’altro. Le disposizioni adottate dal governo egiziano in merito sono molto ferree. Di fatto i team di sicurezza, militari o privati, per poter attraversare il canale di Suez, dovrebbero consegnare le armi e le munizioni in dotazione ad un funzionario egiziano che dopo averle catalogate le chiuderebbe in una cassa. Armi e munizioni sarebbero poi, riconsegnate ai team di sicurezza alla fine della traversata. Appare difficile pensare che una simile ‘imposizione’ possa andar bene ad un militare. Finora non è dato sapere se la direttiva sia stata applicata o meno, ma l’episodio accaduto porta a pensare che lo sia stata.
Gli assalti dei pirati somali rischiano di avere pesanti ripercussioni sulle forniture di greggio a livello internazionale. Essi infatti, insidiano le vie marittime attraverso cui transitano la gran parte delle forniture energetiche mondiali e buona parte del commercio marittimo tra Asia ed Europa.
Un rischio reso molto concreto dopo gli ultimi colpi messi a segno dai moderni filibustieri con la cattura di due superpetroliere, l'italiana ‘Savina Caylyn’ e la greca ‘SL Irene’. Entrambe trasportavano un grosso quantitativo di greggio. Per meglio rendere l’idea, il carico della nave greca era pari al 20 per cento delle importazioni giornaliere di greggio degli Stati Uniti.
Nel frattempo, mentre la comunità internazionale si ‘affanna’ a cercare di rendere sicure le acque dell’Oceano Indiano e del mare del Corno d'Africa i predoni del continuano a scorazzare indistrurbati in lungo e in largo nel ‘mare dei pirati’.

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DARFUR:NON C'E' PIU' TEMPO DA PERDERE!

IN DARFUR SONO DECINE SE NON CENTINAIA LE PERSONE CHE MUOIONO OGNI MESE...
FAI LORO DEL BENE... AIUTA I RIFUGIATI E I PROFUGHI DEL DARFUR FACENDO UNA DONAZIONE ALL'AGENZIA ONU PER I RIFUGIATI UNHCR CHIAMA LO 0680212304 PER SAPERE COME FARE....
RICORDATI BASTANO 31 EURO PER ACQUISTARE 8 COPERTE, 51 EURO PER UNA TENDA E 200 EURO PER DARE ASSISTENZA MEDICA A 25 FAMIGLIE...

Un bambino del Darfur

Un bambino del Darfur
aiuta ad aiutarlo sostieni le iniziative pro Darfur
In Darfur dal 2003 ad oggi sono state compiute esecuzioni, anche di massa, stupri, soprattutto di massa, nei confronti di donne, uomini e bambini e interi villaggi sono stati rasi al suolo. Il terrore è stato usato come pratica generalizzata e a sfondo razziale mentre lo stupro è diventato una vera e propria arma da guerra.
Il governo sudanese di Khartoum da parte sua ha bombardato senza sosta i civili, e ha reso sempre più difficili le operazioni di soccorso delle organizzazioni umanitarie nei confronti delle genti del Darfur, fino al punto di far scappare via la maggior parte delle Ong operanti nella regione sudanese e liberarsi così di scomodi testimoni di quanto accadeva in quei luoghi. La stessa tattica è stata seguita prima con i peacekeepers dell'Ua e poi con quelli dell'Onu...
Tutto il mondo è a conoscenza di quanto accade in quella remota regione sudanese e lancia denunce. Da un lato Washington parla di genocidio, dall’altro l'Onu parla di catastrofe umanitaria e di pulizia etnica.
Il tutto però resta nella totale impunità!
Intanto, dal Febbraio 2003 anno in cui è iniziata la ribellione della popolazione di etnia africana del Darfur, circa 6 milioni in maggioranza musulmana e in parte animista, contro il governo sudanese, musulmano ma integralista e soprattutto di etnia araba e bianca, è scoppiato il conflitto che ha causato finora circa 300mila morti e due milioni e mezzo di profughi. Una protesta nata per lo stato di totale abbandono e sfruttamento in cui la popolazione nera era tenuta. La repressione del governo centrale è stata spietata, soprattutto facendo uso dei Janjaweed, i diavoli a cavallo, che sono milizie nomadi di etnia araba che hanno compiuto tutti gli orrori possibili e inimmaginabili contro le genti del Darfur di etnia nera, per lo più contadini e pastori.

Il pianto di un innocente a Gaza

Il pianto di un innocente a Gaza
Ancora una volta il mondo intero si dovrebbe vergognare!!!
La guerra chi puo raccontarla? E' difficile farlo ma tutti possiamo immaginare come sia il sentire l'odore dei morti abbandonati nelle strade o sotto le macerie, il vedere i bambini che muoiono di fame accanto al cadavere della madre, il sentire il lamento dei feriti e lo strazio dei sopravvissuti, di chi si vede impotente e maledice chi gli ha portato via tutto.
Nella Striscia di Gaza siamo ormai quasi alla terza settimana di bombardamenti e inesorabilmente, come non potrebbe essere diversamente con tutta la tecnologia militare del 21° secolo che gli israeliani stanno usando, il numero dei morti tra i civili continuato ad aumentare, mentre l'esercito israeliano bombarda le loro case si moltiplicano tra i palestinesi le scene di disperazione e di dolore causati dagli effetti devastanti della guerra che certamente non sono cambiati nel tempo anzi al contrario.

Giugno 2009: La rivoluzione di velluto in Iran

Giugno 2009: La rivoluzione di velluto in Iran
Sono solidale con i persiani che manifestano

Il 12 giugno 2010 è caduto il primo anniversario delle contestate elezioni iraniane. Elezioni che decretarono la riconferma a presidente dell’Iran di Mahmud Ahmadinejad. Il Paese ha vissuto le prime ora di questa giornata con una calma carica di tensione che poi, è scoppiata nel pomeriggio intorno alle 16, le 13.30 italiane con i primi scontri tra manifestanti e forze di sicurezza nei pressi dell’Università Sharif di Teheran. Era impensabile che l’opposizione iraniana del movimento riformista dell’Onda Verde si facesse scappare questa occasione per proclamare il proprio dissenso al regime degli Ayatollah. I luoghi delle sanguinose proteste post elettorali di un anno fa si sono quindi di nuovo riempiti di manifestanti. Questo, nonostante l’appello dei leader dell’opposizione, Moussavi e Karroubi, a evitare di scendere in piazza e nonostante che le forze di sicurezza avessero preso posizione in vari punti strategici del centro di Teheran per prevenire manifestazioni. Nonostante le proteste e le accuse di brogli elettorali il contestato presidente Ahmadinejad ha potuto proseguire nel suo mandato, quasi certamente usurpato, grazie all’appoggio dell’ayatollah Ali Khamenei, la Guida Suprema. La lotta continuerà. Viva la Persia! Viva il movimento riformista!


i 44 presidenti degli Usa

i 44 presidenti degli Usa
da www.patrickmoberg.com/blog/id:420/november-4-2008

The President United States of America

The President United States of America
Barack Obama

E' morta Miriam Makeba

E' morta Miriam Makeba
Addio Mama Afrika....io continuerò a sognare...

Notes

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Italia. Violenza sessuale è allarme sociale


Dopo i recenti casi di stupri, a Roma, Bologna e Milano non si riesce quasi più a tenere il conto degli episodio di violenza sessuale che, dall'inizio dell'anno, si stanno susseguendo in Italia ad opera principalmente di stranieri. Un orribile reato che si verifica nelle grandi città metropolitane come nei piccoli centri urbani. Emergono dati da brividi dalle informazioni fornite dal Presidente facente funzioni del Tribunale di Como Giuseppe Anzani e dal Procuratore capo Alessandro Maria Lodolini. Ogni 4 giorni in Procura a Como arriva una denuncia per violenza sessuale. I fascicoli aperti tra luglio 2007 e giugno 2008 sono stati 89, tra violenze sessuali e pedofilia. Ma è solo la punta di un iceberg in quanto, il reato, per la quasi totalità è sommerso perché prevale ancora la paura e la vergogna a denunciare la violenza subita. Fino ad oggi la violenza che subivano le donne era soprattutto domestica, ma gli episodi di violenza che hanno visto protagoniste, loro malgrado, delle donne avvenuti negli ultimi giorni, per le strade, propongono una nuova emergenza. Un autorevole testimonianza è portata da Telefono Rosa che da anni conosce il fenomeno ed assiste le vittime. “Ciò che sta avvenendo dall'inizio dell'anno, precisa il presidente Maria Gabriella Carnieri Moscatelli, mi preoccupa. Non so se è solo l'effetto di maggiori denunce ma, dal nostro osservatorio, non era mai stato rilevata una cosa simile”. Gli avvenimenti degli ultimi giorni non fanno altro che conferma un'allarmante costante: in testa alla classifica degli autori di stupri ci sono gli stranieri. Il triste primato vede fra i primi i romeni, seguiti da marocchini e albanesi che sembra abbiano dato il via ad una esecrabile escalation di violenza contro le donne. Assodato che nella stragrande maggioranza dei casi questi episodi sono commessi da stranieri, spesso clandestini, ora si deve dare a tutto questo uno stop. Certezza della pena, custodia cautelare in carcere per chi è accusato di violenza sessuale ed esclusione di attenuanti per chi delinque sotto effetto di alcool e droghe. Tutto ovviamente tenendo conto di due elementi fondamentali: abbattere l'allarme sociale provocato da questo tipo di reati e tutelare la dignità della vittima, che va assicurata anche nel percorso dibattimentale.
Per raggiungere un risultato anzitutto è importante l'introduzione nel ddl sicurezza dell'obbligo del carcere per chi stupra. Forse il decreto 'anti-stupro' sarà pronto per venerdì esso dovrebbe contenere, come annunciato, importanti novità: gli accusati di stupro non potranno beneficiare della libertà condizionale, ci sarà un avvocato a spese dello Stato per le vittime di violenza sessuale, arriveranno nuovi presidi di polizia con relativi stanziamenti, saranno anticipate le norme contenute nel ddl anti-molestie che la Camera ha già approvato. Tra le altre cose, ci dovrebbero essere anche aggravanti se a commettere violenza sono familiari, partner o tutori; un pesante aggravio di pena se la vittima è sotto i 14 anni; uguale trattamento, invece, se la vittima è maggiorenne o appena sotto i 18; ergastolo sicuro, se allo stupro segue la morte della vittima. Mano pesante anche per i complici: nessuna possibilità di godere dei domiciliari neppure per i favoreggiatori.

***

La scuola pubblica in Italia con la 'Riforma Gelmini'

Esprimo la mia piena solidarietà con tutti coloro che protestano contro la Legge 133/08 la cosidetta 'Riforma Gelmini'....

Le cifre presentate nel decreto fanno venire i brividi: i tagli previsti dal decreto legge 112, poi convertito nella legge 133/08, e gli ulteriori provvedimenti contenuti nel decreto 137 porteranno, a livello nazionale, ad una riduzione di circa 100mila posti tra il personale docente e di 43mila posti tra quello Ata (ausiliari, tecnici e amministrativi).
Per molti, anche per i non addetti ai lavori, l'effetto provocato dalla legge che in pratica azzererà in poco tempo le faticose conquiste di anni e anni, non solo in termini di posti di lavoro, ma anche di mission- educativa e di didattica, rende il momento dei più cupi e tristi degli ultimi anni. Ai tagli vanno poi sommati, le conseguenze che scaturiranno dalla reintroduzione del maestro unico nelle scuole elementari.
L'Europa chiede più scuola, più sapere e l'Italia che fa?
Il contrario!
Rientrodurre il maestro unico è compiere, di sicuro, un passo indietro di almeno mezzo secolo. Se non addirittura si ritorna al tempo del libro cuore, senza offesa per quel libro mio compagno di tanti pomeriggi.
Perchè tutto questo? Bella domanda!
Molto probabilmente si tenta di mascherare con questa supposta riforma quello che è il vero scopo del provvedimento: incassare o meglio risparmiare in poco meno di 4-5 anni 8miliardi di euro. Questa è la cifra stimata, che dovrebbe restare nelle casse dello stato.
Un risparmio quindi certo ottenuto tagliando centinaia di migliaia di posti di lavoro ma al contempo che produrrà anche un effetto negativo: quello di un drastico ridimensionamento del servizio scolastico pubblico in favore forse di quello privato. Inoltre un'altra diretta conseguenza della L.133/08 sarà la chiusura di decine e decine di plessi scolastici.
Molte scuole, soprattutto nei piccoli centri urbani, non ci saranno più. A scomparire sarà anche un altro degli elementi cardine dell'istruzione primaria italiana: il tempo pieno. Bisogna fare attenzione, chi sostiene che il tempo pieno non sarà toccato dalla riforma o che addirittura aumenterà mente sapendo di farlo.
Rifletteteci un poco e capirete perchè!
Se prima, per ogni 2 classi, c'erano 3 insegnanti d'ora in poi sarà uno per classe, a seguire e istruire dai 20 ai 30 alunni e che svolgerà il suo orario lavorativo settimanale esclusivamente di mattina. Pertanto al pomeriggio non potrà esserci altro che un sorta di dopo-scuola, trasformando il tempo pieno di fatto in un parcheggio pomeridiano per i bambini, che nulla ha da condividere con l'offerta didattica di cui fino ad ieri, prima della 'riforma Gelmini', gli alunni potevano usufruire con il tempo pieno.

...

ARRIVERA' PER NATALE UNA 'SOCIAL CARD' AD OLTRE 1MLN DI ITALIANI 'POVERI'

C’è un detto che dice: "meglio poco che niente!".
In questo caso tra il poco e il nulla ci sono così poche differenze che è difficile distinguerli.
La 'social card, almeno per il momento, sembra più l’ennesimo spot varato dal governo che piuttosto un provvedimento serio in grado di aiutare per davvero i più bisognosi.
Nessuno però si è ricordato di dire che ogni spesa effettuata con la 'social card' in automatico sarà data una commissione alla Mastercard che è la società che ha emmesso ed è la proprietà della card.
Bhe! Almeno qualcuno di certo ci guadagnerà da questa iniziativa...
Appare strano che un'iniziativa così benefica abbia comunque dei costi accessori...stranezze tutte italiane!

***

Parole....di Abraham Lincoln

Non si può arrivare alla prosperità

scoraggiando l'impresa.
Non si può rafforzare il debole
indebolendo il più forte.
Non si può aiutare chi è piccolo
abbattendo chi è grande.
Non si può aiutare il povero
distruggendo il ricco.
Non si possono aumentare le paghe
rovinando i datori di lavoro.
Non si può progredire serenamente
spendendo più del guadagno.
Non si può promuovere la fratellanza umana
predicando l'odio di classe.
Non si può instaurare la sicurezza sociale
adoperando denaro imprestato.
Non si può formare carattere e coraggioto
gliendo iniziativa e sicurezza.
Non si può aiutare continuamente
la gente facendo in sua vece quello che potrebbe
e dovrebbe fare da sola.

USA 2008: ELETTO PRESIDENTE BARACK OBAMA

USA 2008: ELETTO PRESIDENTE BARACK OBAMA

marito e padre

i due rivali

genere umano

GIOCHI OLIMPICI DI PECHINO

GIOCHI OLIMPICI DI PECHINO
da peacereporter

23/02/2002 - 02/07/2008 Ingrid Betancourt è stata liberata!

23/02/2002 - 02/07/2008                  Ingrid Betancourt è stata liberata!
faccio mia la gioia di tutti!

Finalmente liberi!!!

Finalmente liberi!!!

Grazie a loro la Betancourt è libera

Grazie a loro la Betancourt è libera
il ministro della Difesa colombiano Santos e il generale Montoya

Grazie Uribe!!

Grazie Uribe!!
La Betancourt ha incontrato il presidente colombiano Uribe che vinse le elezioni del 2002

madre e figlia!

madre e figlia!
Yolanda Pulecio e Ingrid Betancourt

le due Betancourt

le due Betancourt
Ingrid abbraccia la madre Yolanda

La gioia della libertà riconquistata

La gioia della libertà riconquistata
Ingrid Betancourt dopo la liberazione