Colera ad Haiti: il Paese caraibico è in ginocchio
Da oltre quattro settimana gli haitiani si sono ritrovati, dopo il terremoto dello scorso 12 gennaio, che ha ucciso 230mila persone, a dover fronteggiare anche una grave epidemia di colera. Un epidemia il cui bilancio delle vittime si aggrava di giorno in giorno. Il numero delle persone decedute ha ormai superato quota mille e i contagiati sono almeno 20mila. Per tutti i sintomi sono sempre gli stessi, inizia con una leggera diarrea e si finisce con una grave disidratazione che porta alla morte in poche ore se non si interviene con cure idonee. Una situazione che lascia poco spazio ad iniziative blande ed inefficacie. Al punto in cui è il Paese caraibico, non c`è più tempo da perdere o sarà una disastro umanitario con migliaia di morti. L’unica difesa contro il colera sono una buona situazione igienica e la disponibilità di acqua potabile cosa questa, che non esiste ad Haiti e tanto meno nella capitale Port Au Prince dove, dopo il sisma, vivono 3 milioni di persone dei circa 10 milioni di abitanti del Paese. Milioni di persone che si arrangiano alla meglio vivendo tra le rovine della capitale. Di questi poi, un milione e mezzo sono gli sfollati, la gran parte dei quali vivono in accampamenti di fortuna in tende di plastica o fatte alla meglio con quello che capita a portata di mano. Accampamenti che arrivano anche ad ospitare 40mila persone e dove le condizioni igieniche sono ovviamente precarie se non inesistenti. Per darne un’idea di questa precarietà si pensi che le tende sono montate tra tonnellate di rifiuti fonte primaria di infezioni e dove a vol

te, non è neppure garantita la rimozione e la sepoltura dei cadaveri. In questi campi vi vivono per lo più famiglie povere e con numerosi bambini. Sono proprio i bambini i più vulnerabili. Il numero di quelli contagiati dalla malattia è altissimo. Come è alto anche il tasso di mortalità, specie tra quelli con meno di 5 anni, sono già più di cento le vittime. Un dato questo, che preoccupa molto in quanto la metà della popolazione haitiana ha meno di 18 anni. Nel frattempo, l’epidemia di colera ha colpito anche il principale carcere del Paese, quello di Port Au Prince, dove sono reclusi oltre 2mila detenuti. I casi di contagio accertati sono una trentina, mentre i decessi sono finora una decina. “Se la malattia dovesse diffondersi nelle tendopoli sarebbe una tragedia umana senza precedenti”, è il monito lanciato nei giorni scorsi dalla Croce Rossa. Le pessime condizioni igieniche nei campi profughi, allestiti dopo il terremoto, fanno temere un'ulteriore rapida diffusione del virus. A questo punto una sola certezza sembra prendere piede ed è quella che se l'epidemia di colera non viene fermata, il Paese caraibico rischia di esserne annientato. La malattia ormai ha investito tutti i dieci dipartimenti nei quali è suddivisa Haiti. I primi casi si sono registrati lo scorso 22 ottobre nella regione di Artibonite, a nord della capitale Port au Prince, nell’omonima provincia rurale di Artibonite. L’area, dove si sono registrati circa 600 del totale dei decessi, resta il principale focolaio dell’epidemia. Il timore è che ora l'epidemia potrebbe allargarsi anche in altre parti del mondo. Per l'Organizzazione mondiale della sanità, Oms, l’epidemia di colera che ha colpito Haiti è destinata a restare nel Paese caraibico per alcuni anni. Una considerazione, quella espressa dagli scienziati dell’Oms, che deriva dal fatto che ormai il batterio responsabile della malattia è presente nell'ambiente. Una presenza che lo farà diffondere rapidamente, facilitato da un’inesistente sistema idrico e infrastrutture igienico sanitarie. Un fatto questo, che ne ‘garantirà’ di fatto anche la permanenza. Gli sforzi dell’Oms si concentrano per ora sulle attività atte a controllare l'epidemia e a fornire aiuti ed assistenza alle persone contagiate. In seguito poi, ci saranno indagini sulla sua origine hanno spiegato gli esperti dell’organismo internazionale. Il timore più forte è infatti, che il colera possa arrivare a contagiare fino a 200mila persone e provocare la morte di almeno 10mila. Una previsione che si teme possa materializzarsi nel corso dei prossimi sei-dodici mesi, se non ci dovesse essere appunto un idoneo e forte intervento sanitario per combattere l'epidemia. Proprio oggi Medici senza frontiere, Msf in un comunicato ha denunciato che la risposta all`epidemia di colera in corso ad Haiti è stata fino ad oggi inadeguata. Nella denuncia l’Ong evidenzia le gravi carenze nel dispiegamento di misure efficaci per contenere il propagarsi dell’infezione, carenze che stanno minando gli sforzi in corso per arginare l’epidemia. Secondo recenti stime fatte dalle Nazioni Unite sono almeno 200mila gli haitiani che potrebbero restare

contagiati se l'epidemia si estendesse a tutto il Paese. L’ONU ha lanciato un appello alla comunità internazionale per contribuire economicamente a contrastare l’epidemia. Il costo dell’operazione è stato stimato di almeno 164 milioni di dollari. Nell'isola era da quasi un secolo che non si registravano casi di colera. Un fatto questo che non ha giocato a favore della popolazione priva di difese immunitarie. Nel frattempo, la situazione nel Paese caraibico è però, sempre più caotica. Proprio contro la missione di pace dell’ONU, la Minustah, presente con circa 8 mila uomini da ‘sempre nell’isola caraibica’, in questi giorni si è scatenata una vera e propria campagna contro. Migliaia di persone negli ultimi giorni sono scese in strada ed hanno attuato manifestazioni di protesta, sfociate anche in incidenti con morti, contro i caschi blu e specie contro quelli del contingente nepalese, che qualcuno ha indicato come responsabile dell'epidemia di colera. L’idea che i militari del Nepal, sono alcune centinaia quelli presenti ad Haiti, siano loro i responsabili della nascita e diffusione di questa nuova piaga che ha colpito l’isola deriva dal fatto che essi sono acquartierati nei pressi del fiume Artibonite, nell'area da cui è appunto iniziato tutto. Un’idea che l'esercito del Nepal ha respinto con forza. Per dissipare ogni dubbio, un funzionario ONU ha rivelato che: “Prima della loro partenza dal Nepal sono stati fatti loro dei test che hanno dato esiti negativi”. In verità la ‘Forza di Stabilizzazione' delle Nazioni Unite non è amata ad Haiti e già in passato si erano registrati duri scontri con i residenti. Quasi a voler suggellare l’‘incolpevolezza’ dei caschi blu nepalesi arriva l'ipotesi formulata da alcuni studiosi del Centro statunitense del controllo delle malattie. Secondo gli esperti l’epidemia di colera in atto ad Haiti potrebbe essere una nuova fiammata di una pandemia scoppiata in Indonesia 49 anni fa. Quindi originaria dell’Asia. A testimoniarlo alcune tracce biologiche individuate dagli scienziati del centro. Per i responsabili ONU locali sono stati alcuni esponenti politici a fomentare i disordini di questi giorni. A conferma di questa teoria la Minustah sostiene di aver molti indizi sull’implicazione dell'ex capo della polizia, Guy Philippe. Si tratta dello stesso che nel 2004 capeggiò la rivolta nel nord del Paese che portò alle dimissioni dell'allora presidente, Jean Bertrand Aristide. Oltre all’ONU sono non pochi quelli che ritengono che dietro a questa ‘rivolta’ contro i peacekeepers, ci sia comunque un movente politico atto a creare un clima di instabilità nel Paese caraibico in vista delle elezioni presidenziali e legislative in programma per il 28 novembre prossimo. Ad Haiti infatti, fervono i preparativi in vista di questo appuntamento elettorale. Un appuntamento che per molti dovrebbe essere però, rinviato consentendo così al governo in carica di concentrare i propri sforzi sull'emergenza colera, e sugli aiuti per la ricostruzione del Paese ormai in ginocchio. L’idea però, incontra il parere contrario di molti dei candidati anche tra quelli alla successione del presidente Rene Preval. Il presidente haitiano, mentre i disordini non cessano, condannandoli ha lanciato un appello alla calma e nel contempo ha esortato i candidati alle prossime elezioni a proseguire la campagna elettorale. “L'

unico modo per far fronte al colera è quello di conservare la solidarietà' con le autorità nazionali e la comunità internazionale”, ha affermato Preval. Nel frattempo, in uno scenario sempre più catastrofico e dopo giorni di violenze e attacchi, che hanno coinvolto anche gli operatori umanitari che lavorano per combattere l'epidemia, si è determinato un blocco dei programmi di intervento internazionali. Sono stati cancellati voli di rifornimenti, ridotti i progetti di deputazione delle acque, e inoltre sono stati saccheggiati o bruciati magazzini di alimenti. Inoltre con il blocco dei soccorsi, dopo i disordini anti-ONU, molti contagiati non sono riusciti a raggiungere gli ospedali, ed ora i loro cadaveri sono nelle strade di molte città haitiane. Una situazione che viene vissuta specie a Cap Haitien, la seconda città di Haiti, dove i disordini hanno preso piede. Ovviamente la situazione haitiana preoccupa fortemente la confinante Repubblica Dominicana che con Haiti ‘condivide’ l’isola di Hispaniola. Le autorità dominicane hanno rafforzato i controlli alle frontiere per prevenire l'arrivo del contagio limitando al massimo l'ingresso di haitiani e gli scambi commerciali con Haiti. Tutto questo non è però, servito a fermare il virus. Lo scorso mercoledì è stato registrato nel Paese, nella città di Higuey il primo caso di colera da quando è iniziata l’emergenza ad Haiti. Si tratta di un haitiano che lavora nel Paese caraibico. La tanto temuta espansione dell'epidemia di colera potrebbe essere quindi iniziata. Il virus infatti, sembra che non abbia varcato solo i confini della Repubblica Domenicana. Un altro caso si è registrato anche in Florida negli USA. Si tratta di una donna di origine haitiana recentemente rientrata dall’isola caraibica. In Florida vive una folta comunità di haitiani. Ed è per questo motivo che le autorità sanitarie statunitensi sono in allarme. Sembra che ci siano molti altri casi sospetti.
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STOP ALLE VIOLENZE IN SIRIA
Il mondo non può più stare a guardare mentre migliaia di siriani si vedono privati della libertà e della vita.....
DARFUR:NON C'E' PIU' TEMPO DA PERDERE!
IN DARFUR SONO DECINE SE NON CENTINAIA LE PERSONE CHE MUOIONO OGNI MESE...
FAI LORO DEL BENE... AIUTA I RIFUGIATI E I PROFUGHI DEL DARFUR FACENDO UNA DONAZIONE ALL'AGENZIA ONU PER I RIFUGIATI UNHCR CHIAMA LO 0680212304 PER SAPERE COME FARE....
RICORDATI BASTANO 31 EURO PER ACQUISTARE 8 COPERTE, 51 EURO PER UNA TENDA E 200 EURO PER DARE ASSISTENZA MEDICA A 25 FAMIGLIE...
In Darfur dal 2003 ad oggi sono state compiute esecuzioni, anche di massa, stupri, soprattutto di massa, nei confronti di donne, uomini e bambini e interi villaggi sono stati rasi al suolo. Il terrore è stato usato come pratica generalizzata e a sfondo razziale mentre lo stupro è diventato una vera e propria arma da guerra.
Il governo sudanese di Khartoum da parte sua ha bombardato senza sosta i civili, e ha reso sempre più difficili le operazioni di soccorso delle organizzazioni umanitarie nei confronti delle genti del Darfur, fino al punto di far scappare via la maggior parte delle Ong operanti nella regione sudanese e liberarsi così di scomodi testimoni di quanto accadeva in quei luoghi. La stessa tattica è stata seguita prima con i peacekeepers dell'Ua e poi con quelli dell'Onu...
Tutto il mondo è a conoscenza di quanto accade in quella remota regione sudanese e lancia denunce. Da un lato Washington parla di genocidio, dall’altro l'Onu parla di catastrofe umanitaria e di pulizia etnica.
Il tutto però resta nella totale impunità!
Intanto, dal Febbraio 2003 anno in cui è iniziata la ribellione della popolazione di etnia africana del Darfur, circa 6 milioni in maggioranza musulmana e in parte animista, contro il governo sudanese, musulmano ma integralista e soprattutto di etnia araba e bianca, è scoppiato il conflitto che ha causato finora circa 300mila morti e due milioni e mezzo di profughi. Una protesta nata per lo stato di totale abbandono e sfruttamento in cui la popolazione nera era tenuta. La repressione del governo centrale è stata spietata, soprattutto facendo uso dei Janjaweed, i diavoli a cavallo, che sono milizie nomadi di etnia araba che hanno compiuto tutti gli orrori possibili e inimmaginabili contro le genti del Darfur di etnia nera, per lo più contadini e pastori.
La guerra chi puo raccontarla? E' difficile farlo ma tutti possiamo immaginare come sia il sentire l'odore dei morti abbandonati nelle strade o sotto le macerie, il vedere i bambini che muoiono di fame accanto al cadavere della madre, il sentire il lamento dei feriti e lo strazio dei sopravvissuti, di chi si vede impotente e maledice chi gli ha portato via tutto.
Nella Striscia di Gaza siamo ormai quasi alla terza settimana di bombardamenti e inesorabilmente, come non potrebbe essere diversamente con tutta la tecnologia militare del 21° secolo che gli israeliani stanno usando, il numero dei morti tra i civili continuato ad aumentare, mentre l'esercito israeliano bombarda le loro case si moltiplicano tra i palestinesi le scene di disperazione e di dolore causati dagli effetti devastanti della guerra che certamente non sono cambiati nel tempo anzi al contrario.
Il 12 giugno 2010 è caduto il primo anniversario delle contestate elezioni iraniane. Elezioni che decretarono la riconferma a presidente dell’Iran di Mahmud Ahmadinejad. Il Paese ha vissuto le prime ora di questa giornata con una calma carica di tensione che poi, è scoppiata nel pomeriggio intorno alle 16, le 13.30 italiane con i primi scontri tra manifestanti e forze di sicurezza nei pressi dell’Università Sharif di Teheran. Era impensabile che l’opposizione iraniana del movimento riformista dell’Onda Verde si facesse scappare questa occasione per proclamare il proprio dissenso al regime degli Ayatollah. I luoghi delle sanguinose proteste post elettorali di un anno fa si sono quindi di nuovo riempiti di manifestanti. Questo, nonostante l’appello dei leader dell’opposizione, Moussavi e Karroubi, a evitare di scendere in piazza e nonostante che le forze di sicurezza avessero preso posizione in vari punti strategici del centro di Teheran per prevenire manifestazioni. Nonostante le proteste e le accuse di brogli elettorali il contestato presidente Ahmadinejad ha potuto proseguire nel suo mandato, quasi certamente usurpato, grazie all’appoggio dell’ayatollah Ali Khamenei, la Guida Suprema. La lotta continuerà. Viva la Persia! Viva il movimento riformista!?xml:namespace>
Italia. Violenza sessuale è allarme sociale
Dopo i recenti casi di stupri, a Roma, Bologna e Milano non si riesce quasi più a tenere il conto degli episodio di violenza sessuale che, dall'inizio dell'anno, si stanno susseguendo in Italia ad opera principalmente di stranieri. Un orribile reato che si verifica nelle grandi città metropolitane come nei piccoli centri urbani. Emergono dati da brividi dalle informazioni fornite dal Presidente facente funzioni del Tribunale di Como Giuseppe Anzani e dal Procuratore capo Alessandro Maria Lodolini. Ogni 4 giorni in Procura a Como arriva una denuncia per violenza sessuale. I fascicoli aperti tra luglio 2007 e giugno 2008 sono stati 89, tra violenze sessuali e pedofilia. Ma è solo la punta di un iceberg in quanto, il reato, per la quasi totalità è sommerso perché prevale ancora la paura e la vergogna a denunciare la violenza subita. Fino ad oggi la violenza che subivano le donne era soprattutto domestica, ma gli episodi di violenza che hanno visto protagoniste, loro malgrado, delle donne avvenuti negli ultimi giorni, per le strade, propongono una nuova emergenza. Un autorevole testimonianza è portata da Telefono Rosa che da anni conosce il fenomeno ed assiste le vittime. “Ciò che sta avvenendo dall'inizio dell'anno, precisa il presidente Maria Gabriella Carnieri Moscatelli, mi preoccupa. Non so se è solo l'effetto di maggiori denunce ma, dal nostro osservatorio, non era mai stato rilevata una cosa simile”. Gli avvenimenti degli ultimi giorni non fanno altro che conferma un'allarmante costante: in testa alla classifica degli autori di stupri ci sono gli stranieri. Il triste primato vede fra i primi i romeni, seguiti da marocchini e albanesi che sembra abbiano dato il via ad una esecrabile escalation di violenza contro le donne. Assodato che nella stragrande maggioranza dei casi questi episodi sono commessi da stranieri, spesso clandestini, ora si deve dare a tutto questo uno stop. Certezza della pena, custodia cautelare in carcere per chi è accusato di violenza sessuale ed esclusione di attenuanti per chi delinque sotto effetto di alcool e droghe. Tutto ovviamente tenendo conto di due elementi fondamentali: abbattere l'allarme sociale provocato da questo tipo di reati e tutelare la dignità della vittima, che va assicurata anche nel percorso dibattimentale.
Per raggiungere un risultato anzitutto è importante l'introduzione nel ddl sicurezza dell'obbligo del carcere per chi stupra. Forse il decreto 'anti-stupro' sarà pronto per venerdì esso dovrebbe contenere, come annunciato, importanti novità: gli accusati di stupro non potranno beneficiare della libertà condizionale, ci sarà un avvocato a spese dello Stato per le vittime di violenza sessuale, arriveranno nuovi presidi di polizia con relativi stanziamenti, saranno anticipate le norme contenute nel ddl anti-molestie che la Camera ha già approvato. Tra le altre cose, ci dovrebbero essere anche aggravanti se a commettere violenza sono familiari, partner o tutori; un pesante aggravio di pena se la vittima è sotto i 14 anni; uguale trattamento, invece, se la vittima è maggiorenne o appena sotto i 18; ergastolo sicuro, se allo stupro segue la morte della vittima. Mano pesante anche per i complici: nessuna possibilità di godere dei domiciliari neppure per i favoreggiatori.
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La scuola pubblica in Italia con la 'Riforma Gelmini'
Esprimo la mia piena solidarietà con tutti coloro che protestano contro la Legge 133/08 la cosidetta 'Riforma Gelmini'....
Le cifre presentate nel decreto fanno venire i brividi: i tagli previsti dal decreto legge 112, poi convertito nella legge 133/08, e gli ulteriori provvedimenti contenuti nel decreto 137 porteranno, a livello nazionale, ad una riduzione di circa 100mila posti tra il personale docente e di 43mila posti tra quello Ata (ausiliari, tecnici e amministrativi).
Per molti, anche per i non addetti ai lavori, l'effetto provocato dalla legge che in pratica azzererà in poco tempo le faticose conquiste di anni e anni, non solo in termini di posti di lavoro, ma anche di mission- educativa e di didattica, rende il momento dei più cupi e tristi degli ultimi anni. Ai tagli vanno poi sommati, le conseguenze che scaturiranno dalla reintroduzione del maestro unico nelle scuole elementari.
L'Europa chiede più scuola, più sapere e l'Italia che fa?
Il contrario!
Rientrodurre il maestro unico è compiere, di sicuro, un passo indietro di almeno mezzo secolo. Se non addirittura si ritorna al tempo del libro cuore, senza offesa per quel libro mio compagno di tanti pomeriggi.
Perchè tutto questo? Bella domanda!
Molto probabilmente si tenta di mascherare con questa supposta riforma quello che è il vero scopo del provvedimento: incassare o meglio risparmiare in poco meno di 4-5 anni 8miliardi di euro. Questa è la cifra stimata, che dovrebbe restare nelle casse dello stato.
Un risparmio quindi certo ottenuto tagliando centinaia di migliaia di posti di lavoro ma al contempo che produrrà anche un effetto negativo: quello di un drastico ridimensionamento del servizio scolastico pubblico in favore forse di quello privato. Inoltre un'altra diretta conseguenza della L.133/08 sarà la chiusura di decine e decine di plessi scolastici.
Molte scuole, soprattutto nei piccoli centri urbani, non ci saranno più. A scomparire sarà anche un altro degli elementi cardine dell'istruzione primaria italiana: il tempo pieno. Bisogna fare attenzione, chi sostiene che il tempo pieno non sarà toccato dalla riforma o che addirittura aumenterà mente sapendo di farlo.
Rifletteteci un poco e capirete perchè!
Se prima, per ogni 2 classi, c'erano 3 insegnanti d'ora in poi sarà uno per classe, a seguire e istruire dai 20 ai 30 alunni e che svolgerà il suo orario lavorativo settimanale esclusivamente di mattina. Pertanto al pomeriggio non potrà esserci altro che un sorta di dopo-scuola, trasformando il tempo pieno di fatto in un parcheggio pomeridiano per i bambini, che nulla ha da condividere con l'offerta didattica di cui fino ad ieri, prima della 'riforma Gelmini', gli alunni potevano usufruire con il tempo pieno.
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ARRIVERA' PER NATALE UNA 'SOCIAL CARD' AD OLTRE 1MLN DI ITALIANI 'POVERI'
C’è un detto che dice: "meglio poco che niente!".
In questo caso tra il poco e il nulla ci sono così poche differenze che è difficile distinguerli.
La 'social card, almeno per il momento, sembra più l’ennesimo spot varato dal governo che piuttosto un provvedimento serio in grado di aiutare per davvero i più bisognosi.
Nessuno però si è ricordato di dire che ogni spesa effettuata con la 'social card' in automatico sarà data una commissione alla Mastercard che è la società che ha emmesso ed è la proprietà della card.
Bhe! Almeno qualcuno di certo ci guadagnerà da questa iniziativa...
Appare strano che un'iniziativa così benefica abbia comunque dei costi accessori...stranezze tutte italiane!
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Parole....di Abraham Lincoln
Non si può arrivare alla prosperità scoraggiando l'impresa.Non si può rafforzare il deboleindebolendo il più forte.Non si può aiutare chi è piccoloabbattendo chi è grande.Non si può aiutare il poverodistruggendo il ricco.Non si possono aumentare le pagherovinando i datori di lavoro.Non si può progredire serenamentespendendo più del guadagno.Non si può promuovere la fratellanza umanapredicando l'odio di classe.Non si può instaurare la sicurezza socialeadoperando denaro imprestato.Non si può formare carattere e coraggiotogliendo iniziativa e sicurezza.Non si può aiutare continuamentela gente facendo in sua vece quello che potrebbee dovrebbe fare da sola.
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