Iraq. Attacco suicida contro stazione di polizia, morti e feriti

Attacco suicida nel nord dell’Iraq. Colpite le forze di sicurezza irachene. Stamani è stato compiuto un nuovo attentato nel nord del Paese con un bilancio in morti e feriti molto grave. Si è trattato di un attentato suicida compiuto nella città irachena di Shirqat, nella provincia di Salahuddin a circa 300 chilometri a nord di Baghdad. Sono almeno 4 i morti e 6 i feriti provocati da un kamikaze che si è fatto saltare in aria in una stazione di polizia.Continua la tragica e sanguinosa ondata di attentati che sta colpendo l’Iraq. La sanguinosa carneficina che ha investito l'Iraq negli ultimi anni era andata progressivamente calando sin dall'inizio dello scorso anno ma da alcuni mesi c'è stata una nuova inversione di tendenza. Un ritorno che ha colpito sistematicamente prima la capitale Baghdad e il sud del Paese ed ora il nord dove la situazione appare lontana dall'essere sotto controllo e dove per fermare gli attacchi terroristici gli Stati Uniti potrebbero attuare un aumento della propria presenza militare nell'area. Nei soli ultimi dieci giorni nella regione sono morti oltre 150 civili a seguito degli attentati terroristici. Il generale americano Ray Odierno, a capo delle forze statunitensi in Iraq, ha proposto, lo scorso 17 agosto, di spostare truppe verso il nord dove la situazione è in costante peggioramento. Il ‘New York Times’ ha rivelato che la proposta sarebbe già stata accolta sia dal premier iracheno Nuri al-Maliki sia da Massoud Barzani, presidente del governo regionale curdo. A pesare sulla mancata efficienza della sicurezza nel nord è da mesi il forte attrito che si è creato tra soldati iracheni e i peshmerga curdi. L'idea di Odierno si basa sull’intenzione di costituire gruppi misti di soldati iracheni e curdi uniti insieme a militari americani, in modo da mettere in condizione di dover collaborare fa loro quegli uomini che fino ad ora sono stati difficilmente in grado di farlo e di conseguenza non hanno compiuto operazioni congiunte contro i terroristi dando così loro un forte vantaggio. Questo eventuale maggiore schieramento di forze Usa non cambierebbe comunque il calendario di ritiro delle truppe straniere dal Paese né comporterebbe l'arrivo in Iraq di altri militari. Dal 30 giugno scorso le forze americane hanno cominciato a ritirarsi dalle città irachene, in base all'accordo di sicurezza firmato lo scorso novembre tra Baghdad e Washington e che porterà al ritiro totale dei soldati statunitensi dall'Iraq prima della fine del 2011. Ed è proprio dalla fine di giugno che le forze americane hanno trasferito alle autorità irachene il controllo della sicurezza nelle città, rimanendo comunque a disposizione in caso di necessità ma solo su richiesta esplicita degli iracheni. A dispetto della sanguinosa catena di attentati che ha investito il Paese questo piano di ritiro delle forze americane dall'Iraq resterà invariato. A conferma di ciò, lo scorso giovedì David Nader portavoce dell'esercito Usa in Iraq, ha annunciato che 80mila soldati andranno via dal Paese entro agosto 2010, in vista del ritiro definitivo previsto per la fine del 2011. Inoltre il portavoce ha spiegato che il contingente statunitense in Iraq verrà ridotto a 50mila unità. Lo scorso 2 luglio un alto funzionario governativo iracheno, aveva invece annunciato che da lì a pochi mesi il numero dei soldati Usa nel Paese sarebbe sceso a 35 mila. Parole che di fatto sono state smentite da una fonte più ufficiale. In Iraq sono attualmente presenti 130mila soldati americani, dislocati in 13 principali basi sparse in tutto il Paese. Il 22 agosto scorso il ministro degli Esteri iracheno Hoshyar Zebari aveva avvertito che in conseguenza di questo ritiro i terroristi potrebbero avere più campo libero nel Paese e pertanto potrebbero esserci attentati terroristici in quanto egli ravvisava un deterioramento della sicurezza negli ultimi due mesi in Iraq. Dopo il sanguinoso attentato a Baghdad, in cui hanno perso la vita un centinaio di persone, è cresciuta la rabbia tra gli iracheni e ci si chiede ora se le forze di sicurezza irachene siano in grado di gestire la situazione da sole. Nel frattempo le autorità irachene hanno sospeso lo smantellamento delle mura di protezione nella capitale. Una decisione questa che rappresenta un chiaro passo indietro nella politica voluta dal premier iracheno al Maliki, che aveva deciso di rimuovere queste barriere e di eliminare altri sbarramenti in un tentativo, forse troppo spinto in avanti, di voler normalizzazione la vita degli iracheni dando un senso apparente del miglioramento della sicurezza nel Paese. Un passo questo che molto probabilmente gli costerà caro alle prossime elezioni irachene di gennaio prossimo.