
L'Alta corte del tribunale penale internazionale dell'Aja, Tpi, con sede ad Arusha in Tanzania in questi giorni ha emesso, a 14 anni di distanza, una sentenza che dovrebbe rendere giustizia, almeno in parte, a chi ha subito il genocidio compiuto nel Paese africano nel 1994.
Il Tpi ha condannato per genocidio e crimini contro l'umanità colui che è stato considerato la mente di tutto, l'ormai sessantasettenne ex colonello dell'esercito ruandese, Theoneste Bagosora di etnia hutu. Per il militare l'accusa è di essere stato a suo tempo il comandante delle milizie hutu 'Interahamwe', squadre della morte che si resero colpevoli del massacro di oltre 800mila tutsi e hutu moderati. Bagosora è stato condannato all'ergastolo, con lui sono stati giudicati e condannati altri due ex alti ufficiali militari, Aloys Ntabakuze e Anatole Nsengiyumva mentre un terzo ufficiale, il generale Gratien Kabiligi, è stato assolto. Al cognato dell'ex presidente Habyarimana, Protais Zigiranyirazo invece sono stati comminati 20 anni di reclusione. E' stato ritenuto responsabile di aver aiutato e incoraggiato il massacro di circa 1.500 tutsi l'8 aprile del 1994 sulla collina di Kesho, a Gisenyi, nel nord del Paese.
Il procuratore capo dell'Alta corte di Arusha, Hassan Bubacar Jallow, aveva chiesto per tutti la condanna all’ergastolo. Secondo l'accusa, tutti gli imputati condannati hanno cospirato per elaborare un piano di sterminio della popolazione tutsi ed eliminare i membri dell'opposizione.
Il “Paese dalle mille colline” visse nel 1994 uno degli eventi più tragici della sua storia. Per cento giorni, dal 7 aprile fno all’inizio di luglio, si compì un vero e proprio genocidio dei Tutsi ad opera dell’etnia hutu. Tutsi e Hutu facevano parte dello stesso ceppo etnico culturale Bantu, la differenza tra i due gruppi consisteva nel clan o stato sociale di appaprtenenza, non aveva alcuna connotazione razziale. I tutsi sono da sempre stati una minoranza costituita da ricchi proprietari terrieri, mentre gli hutu, malgrado fossero numericamente superiori, hanno da sempre avuto un ruolo sociale inferiore.
Lo sterminio causò la morte di oltre 800mila persone, generando migliaia di vedove, molte stuprate e oggi sieropositive e 400mila bambini rimasti orfani. La comunità internazionale, pur avendo molti dati a disposizione che lasciavano presagire la strage, non intervenne. Anche l’Onu, nonostante le ripetute richieste di aiuto del generale canadese Romeo Dallaire allora comandante della missione delle Nazioni Unite per l’assistenza al Ruanda, la MINUAR, si dimostrò impotente di fronte alla situazione. Le uccisioni proseguirono fino all'ingresso a Kigali delle truppe del Fronte patriottico ruandese (Fpr), a maggioranza tutsi e da allora rimaste al potere nel Paese.
Per i giudici dal'Alta corte il colonello Bagosora assunse di forza il controllo degli affari politici e militari del Ruanda subito dopo l'assassinio del presidente hutu Juvénal Habyarimana, il cui aereo un Falcon 50 proveniente da Arusha (Tanzania) fu abbattuto da un missile mentre era in fase di atterraggio all'aeoroporto di Kigali il 6 aprile del 1994. Con lui morirono l'omologo burundese Cyprien Ntaryamira, molti alti funzionari di Stato e numerosi francesi che erano tra passeggeri e membri dell'equipaggio. Allora sarebbe dovuto passare la gestione della crisi, a seguito della morte del presidente ruandese, al primo ministro, Agathe Uwilingiyimana ma no fu così, anzi la Uwilingiyimana venne assassinata da membri dell’esercito ruandese il 7 aprile 1994.
E' chiaro che l'episodio che portò alla morte di Habyarimana fu certamente l'evento scatenante del genocidio.
Inoltre per il procuratore Jallow, Bagosora è anche il responsabile dell’uccisione di 10 caschi blu belgi, avvenuto lo stesso giorno, allo scopo di indurre la MINUAR a ritirarsi dal Paese perchè ritenuta testimone scomoda di quanto stava per accadere. La comunità internazionale, traumatizzata dal risultato catastrofico della missione Onu dell'anno precedente in Somalia, assistette ai massacri senza intervenire. Per proteggere i civili nel sud-est e nei campi profughi in Zaire, solo la Francia mise in piedi l’operazione 'Turquoise' dal 22 giugno al 22 agosto 1994, impiegando 2550 uomini per creare una zona umanitaria di sicurezza. Operazione autorizzata dalle Nazioni Unite che in realtà si rivelò l'ultimo atto del presidente francese François Mitterrand, che aveva strettissime relazioni politiche e di affari con Habyarimana, per permettere ai resti

delle forze governative in fuga e ai dirigenti hutu di trovare rifugio nel vicino Zaire l'attuale Repubblica democratica del Congo.
Secondo una commissione d'inchiesta ruandese, Parigi non si sarebbe limitata a collaborare strettamente con il governo genocidario, ma avrebbe addirittura fornito il supporto, l'addestramento, le armi e il 'movente ideologico' alle milizie.
In seguito fu sempre un giudice francese, Bruguière, sostenuto dal presidente francese, Jacques Chirac, che per primo, subito dopo la messa in atto del genocidio, ad accussare l'attuale presidente del Ruanda, Paul Kagame, all'epoca leader del Fpr (fronte patriottico ruandese), di essere il mandante dell'omicidio del presidente ruandese. Il giudice emise un mandato d’arresto contro nove alti funzionari ruandesi, stretti aiutanti del presidente Kagame che negò ogni addebito, imputando l'atto terroristico ad estremisti hutu al fine di ottenere un pretesto per mettere in atto il genocidio.
In realtà, Kagame, presidente del Paese dal 2000, allora era da tempo alla guida di un movimento di rifugiati tutsi, sostenuto dagli hutu moderati, in Uganda che intendevano rovesciare Habyarimana e tornare in Ruanda.
Habyarimana, che era considerato dalle fazioni estremiste un hutu moderato, aveva sempre sfruttato questa minaccia per tener buoni gli hutu dissidenti e lanciare accuse verso i tutsi ceh vivevano nel Paese di essere collaborazionisti dell'Fpr. Una volta morto Habyarimana, Bagosora in pratica prese il potere e attuò il genocidio questa è la convinzione dell'Alta corte di Arusha per la quale il colonello aveva, molto probabilmente, già programmato di fare quello che poi ha fatto, ossia compiere il genocidio del 1994 in Ruanda, sin dal 1990. Infatti in quel periodo per ordine di Bagosora furono fatti circolare documenti tra l'esercito indicando nei tutsi 'il principale nemico' e furono distribuite armi e machete alla popolazione di etnia hutu. Come volevasi dimostrare appena 30 minuti dopo l'attentato e prima ancora che Habarymana fosse dichiarato ufficialmente morto si scatenarono i massacri che erano stati pianificati da tempo. Fu formato un governo ad interim composto da estremisti hutu e circa 20mila persone tra militari, ministri, sindaci, giornalisti e prefetti parteciparono in un modo o in un altro al massacro dei tutsi e hutu moderati. La guardia presidenziale e la milizia 'Interahamwe' uccisero immediatamente i leader dell'opposizione. Poi grazie anche alla continua propaganda di 'Radio Mille Colline', l'RTLM di proprieta' del governo estremista Hutu, che invitava di ammazzare gli Inyenzi, gli scarafaggi tutsi, in poco meno di un centinaio

di giorni furono uccise 800mila persone, raggiungendo di fatto il numero più alto di persone uccise in un periodo così breve che la storia ricordi. Per compiere l'eccidio le milizie usarono fucili e mitragliatrici ma soprattutto il machete e bastoni chiodati.
Il processo era iniziato il 2 aprile del 2002. L'allora procuratore capo della Corte, Carla Del Ponte, aveva affermato che: "sia il colonello Bagosora sia gli altri tre imputati si sono dimostrati particolarmente attivi nell’ideazione, nella preparazione e nella messa in atto dei crimini di genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra". L’8 novembre 1994, con la risoluzione n. 955 il Consiglio di Sicurezza dell'Onu istitutiva ufficialmente il Tribunale penale internazionale per il Ruanda, con sede ad Arusha (Tanzania). L'Alta corte ha dato il via ai processi per il genocidio in Ruanda nel 1996 ed ha finora emesso ben 34 sentenze, con solo cinque assoluzioni. Il suo mandato scade alla fine del 2008 ed ha tempo entro il 2010 per lo svolgimento degli appelli.
L'assemblea generale dell'Onu sta valutando se estendere il suo mandato.
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