mercoledì 6 febbraio 2008

Ciad, scontri a ‘N’Djamena e al confine con il Darfur, l’Ue rinvia il dipiegamento della missione di pace ‘Eufor’

Ancora una volta il presidente Deby si è trovato sull'orlo del precipizio costretto a difendere con tutti i mezzi quella presidenza che in molti gli vorrebbero sottrarre, Sudan in testa
N’DJAMENA – Ancora una volta ai ribelli ciadiani non è riuscito l’assalto alla capitale del Ciad N’Djamena. L’attacco alla città, capitale dell’ex colonia francese, era iniziato la scorsa settimana, quando i miliziani dell’Unione delle Forze per la Democrazia e lo Sviluppo (Ufdd), si erano diretti numerosi verso la città partendo dalle loro basi nell’est del Paese, e l’avevano attaccata sabato scorso. Gli insorti che accusano il presidente ciadiano Idriss Deby di corruzione e di sostenere le milizie nella vicina provincia sudanese del Darfur, parte delle quali formate da membri della tribù dello stesso Deby, gli Zaghawa, presente in entrambi i Paesi, hanno viaggiato a bordo di jeep per giorni verso N’Djamena senza incontrare resistenza. Solo alle porte della capitale ciadiana sono stati fermati dalle forze governative fedeli al presidente. Il bilancio dei primi tre giorni di sanguinosi scontri è alto: centinaia di feriti e un numero imprecisato di vittime. La battaglia ha anche messo in fuga migliaia di civili, tra i 15mila e i 20mila si sono rifugiati nel confinante Camerun. L’offensiva di questi giorni è la più dura che il Presidente Deby è stato chiamato a fronteggiare da quando è salito al potere con un colpo di stato nel 1990 e rimanendovi dopo aver vinto le elezioni presidenziali nel 1996, 2001 e 2006. Una proposta di ‘tregua immediata’ presentata dalla Libia e dal Burkina Faso, è stata accettata dai ribelli mentre il governo di N’Djamena si è espresso contrario in quanto ritiene i miliziani ormai sconfitti e in fuga. Per i combattenti sotto la bandiera dell’Ufdd, che è una coalizione di tre gruppi ostili al presidente ciadiano Deby e tra i cui leader figurano l’ex ministro della Difesa, Mahamat Nouri, e un nipote dello stesso Deby, Timan Erdim, la loro stata solo una ritirata strategica e per il momento si sono attestati intorno alla città pronti a colpire ancora. Fra i capi ribelli ci sono anche molti ex ufficiali di Deby, che hanno disertato accusando il presidente di autoritarismo. Quella che sembrava una delle tante ribellioni che hanno caratterizzato la storia del Ciad, un Paese in cui in 46 anni lo scettro del comando non è mai passato di mano se non attraverso le armi, si è concretizzata, negli ultimi mesi, in una minaccia reale per Deby. Il regime di N’Djamena era già sopravvissuto nell’aprile del 2006 ad un attacco alla capitale che provocò la morte di centinaia di persone. Dopo quella sanguinosa battaglia, gli oppositori al regime decisero di cambiare tattica portando avanti una guerra di logorio contro il male equipaggiato e armato esercito ciadiano. Deby pur riuscendo ancora una volta a cavarsela, non potrà liberarsi del tutto dell’Ufdd. Le sue forze armate, infatti, non hanno la capacità per sferrare una pesante controffensiva contro i ribelli che sono meglio armati e organizzati. Quella di questi giorni è solo una resa dei conti rinviata, infatti, gli insorti nonostante il governo ostenti fiducia assicurando che la capitale non è in pericolo, continuano a promettere a breve la caduta del regime. La riapertura delle ostilità è avvenuta in coincidenza dell’approvazione dell’invio della missione di pace dell’Unione Europea ‘Eufor’, con mandato Onu in Centro Africa a difesa dei profughi del Darfur. Una missione che, nei piani di Bruxelles, dovrebbe essere “pienamente operativa” a metà maggio, prima della stagione delle piogge, e già ad inizio marzo dovrebbe avere una “capacità operazionale iniziale”. Una volta a regime, l’Eufor sarà la più grande missione europea nel settore della difesa, con 3.700 uomini messi a disposizione da 14 paesi Ue. La Francia metterà a disposizione la maggioranza degli uomini circa 2.100, contributi significativi con 400 uomini ciascuno arriveranno anche dalla Polonia, Irlanda e Romania, ma anche Svezia, Finlandia, Austria e Olanda invieranno un numero cospicuo di soldati. L’Italia contribuirà con un ospedale da campo a N’Djamena ed un centinaio di uomini tra personale sanitario e un plotone di Trasmissione. Il mandato dell’Eufor sarà, una volta completato il dispiegamento ai confini tra Ciad, Repubblica Centrafricana e Sudan, di garantire la sicurezza dei rifugiati, in particolare del Darfur, gli aiuti umanitari, le organizzazioni non governative e lo staff delle Nazioni Unite. I peacekeepers europei si affiancheranno ai militari francesi della missione ‘Sparviero’ già sul posto, ma dalla quale saranno totalmente indipendente. La missione, avrà un ruolo cruciale nel riportare la pace in un’area devastata da anni di conflitto e in cui operano almeno cinque formazioni di insorti. I ribelli però ritengono che il contingente, prevalentemente formato da truppe francesi, non sarà neutrale e per questo motivo si oppongono al suo dispiegamento. Probabilmente la verità è un'altra, l’arrivo nella regione della missione di pace europea romperà le uova nel paniere a molti. Lo stesso governo sudanese non potrà più a suo piacimento far scorazzare i propri militari da una parte all’altra del confini all’inseguimento dei profughi del Darfur. L’Onu, infatti, ha stimato che in quattro anni di scontri etnici in Darfur sono morte 200 mila persone e 2,5 milioni sono state costrette ad abbandonare le proprie case. Dopo il 2003 la guerra si è estesa verso est al confinante Ciad, dove si sono riversati circa 240.000 profughi in fuga dal conflitto inseguito dall’esercito sudanese. A causa delle incursioni nel Ciad orientale dei miliziani arabi 'janjaweed', sostenuti dal governo di Khartoum, anche circa 180.000 ciadiani sono stati costretti ad abbandonare le proprie case. Gli Janjaweed sono ritenuti i maggiori responsabili dei gravi massacri di civili nel Darfur. Il mandato della missione avrà una durata di 12 mesi, ma dopo i primi sei mesi è prevista una valutazione di metà mandato per decidere un eventuale prolungamento. Nelle stesse ore in cui avvenivano gli scontri, Bruxelles annunciava il rinvio della partenza dei primi due aerei carichi di militari austriaci e irlandesi per il Ciad. I militari dovevano aggregarsi ai peacekeepers europei già presente in Ciad, tra cui una ventina di militari italiani del corpo di Sanità. La Francia invece annunciava l’invio nel Paese di altri 150 militari come “misura precauzionale”. I francesi sono presenti in Ciad con circa 1.900 militari e mezzi aerei in virtù di accordi difensivi firmati nel 1986 con l’ex colonia. Il governo di Parigi è stato tra i principali promotori dell’invio della forza di peacekeeping europei. Lo scorso novembre l’Ufdd aveva dichiarato lo “stato di belligeranza” con l’esercito francese e contro qualsiasi altro contingente straniero, facendo chiaro riferimento all’arrivo delle truppe dell’Ue nell’est del Paese. Il presidente Deby, dopo l’attacco alla capitale è ritornato ad accusare il vicino Sudan per l’appoggio fornito ai ribelli, parte dei quali sarebbero partiti proprio dal Paese confinante per l’offensiva su N’Djamena. Il Sudan ha negato ogni coinvolgimento negli scontri. Negli ultimi anni il Ciad e il Sudan si sono più volte accusati di sostenere e offrire rifugio ai rispettivi movimenti di ribelli. La verità non è lontana. A sostenere i ribelli, in questa offensiva contro il presidente Deby, sono scesi in campo gli Janjaweed, i miliziani a cavallo filogovernativi sudanesi, e gli elicotteri e gli aerei delle forze armate del Sudan. Una realtà che accusa chiaramente Khartoum di aver sostenuto i ribelli nel tentativo di insediare un governo ‘amico’ in Ciad e nel contempo di evitare il dispiegamento della missione di pace dell’Ue nell’est dell’ex colonia francese. Il consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha condannato gli attacchi compiuti dai ribelli contro le forze militari ciadiane. La dichiarazione approvata al Palazzo di vetro, che non è vincolante, chiede agli stati membri di offrire sostegno al Paese africano. Nel testo si legge che il CdS, “condanna fermamente gli attacchi commessi da gruppi armati contro il governo del Ciad e tutti i tentativi di destabilizzazione con la forza, e ricorda il suo sostegno alla sovranità, l’unità, l’integrità territoriale e l’indipendenza politica del Ciad”. Solo dopo la condanna dell’Onu, la Francia ha alzato il tono minacciando di intervenire contro i gruppi armati che cercano di rovesciare Deby. Parigi è da sempre l’alleato più vicino al regime di N’Djamena. L’appoggio dei francesi a Deby fu determinante nello scontro con i ribelli nel 2006. Se gli scontri dovessero continuare, a pagarne le conseguenze potrebbe essere anche i profughi provenienti dal vicino Darfur. Le prossime ore saranno determinanti per poter capire quali siano le reali prospettive di vittoria per la compagine ribelle che solo lo scorso anno aveva firmato un accordo di pace con il presidente Deby ora diventato carta straccia, come era accaduto in precedenti occasioni.

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Una fiammella accesa per tutte le persone che soffrono al mondo

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Nel mondo sono tante le persone che piangono e soffrono a loro dedico un affettuoso pensiero....

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A tutti quei bravi ragazzi morti per l'Italia

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Nel mondo ogni giorno vengono compiute carneficine immani in cui le vittime sono inermi civili

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il volto di un immigrato

...a quei bravi ragazzi, figli dell'America di oggi, morti in guerra!

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DARFUR:NON C'E' PIU' TEMPO DA PERDERE!

IN DARFUR SONO DECINE SE NON CENTINAIA LE PERSONE CHE MUOIONO OGNI MESE...
FAI LORO DEL BENE... AIUTA I RIFUGIATI E I PROFUGHI DEL DARFUR FACENDO UNA DONAZIONE ALL'AGENZIA ONU PER I RIFUGIATI UNHCR CHIAMA LO 0680212304 PER SAPERE COME FARE....
RICORDATI BASTANO 31 EURO PER ACQUISTARE 8 COPERTE, 51 EURO PER UNA TENDA E 200 EURO PER DARE ASSISTENZA MEDICA A 25 FAMIGLIE...

Un bambino del Darfur

Un bambino del Darfur
aiuta ad aiutarlo sostieni le iniziative pro Darfur
In Darfur dal 2003 ad oggi sono state compiute esecuzioni, anche di massa, stupri, soprattutto di massa, nei confronti di donne, uomini e bambini e interi villaggi sono stati rasi al suolo. Il terrore è stato usato come pratica generalizzata e a sfondo razziale mentre lo stupro è diventato una vera e propria arma da guerra.
Il governo sudanese di Khartoum da parte sua ha bombardato senza sosta i civili, e ha reso sempre più difficili le operazioni di soccorso delle organizzazioni umanitarie nei confronti delle genti del Darfur, fino al punto di far scappare via la maggior parte delle Ong operanti nella regione sudanese e liberarsi così di scomodi testimoni di quanto accadeva in quei luoghi. La stessa tattica è stata seguita prima con i peacekeepers dell'Ua e poi con quelli dell'Onu...
Tutto il mondo è a conoscenza di quanto accade in quella remota regione sudanese e lancia denunce. Da un lato Washington parla di genocidio, dall’altro l'Onu parla di catastrofe umanitaria e di pulizia etnica.
Il tutto però resta nella totale impunità!
Intanto, dal Febbraio 2003 anno in cui è iniziata la ribellione della popolazione di etnia africana del Darfur, circa 6 milioni in maggioranza musulmana e in parte animista, contro il governo sudanese, musulmano ma integralista e soprattutto di etnia araba e bianca, è scoppiato il conflitto che ha causato finora circa 300mila morti e due milioni e mezzo di profughi. Una protesta nata per lo stato di totale abbandono e sfruttamento in cui la popolazione nera era tenuta. La repressione del governo centrale è stata spietata, soprattutto facendo uso dei Janjaweed, i diavoli a cavallo, che sono milizie nomadi di etnia araba che hanno compiuto tutti gli orrori possibili e inimmaginabili contro le genti del Darfur di etnia nera, per lo più contadini e pastori.

Il pianto di un innocente a Gaza

Il pianto di un innocente a Gaza
Ancora una volta il mondo intero si dovrebbe vergognare!!!
La guerra chi puo raccontarla? E' difficile farlo ma tutti possiamo immaginare come sia il sentire l'odore dei morti abbandonati nelle strade o sotto le macerie, il vedere i bambini che muoiono di fame accanto al cadavere della madre, il sentire il lamento dei feriti e lo strazio dei sopravvissuti, di chi si vede impotente e maledice chi gli ha portato via tutto.
Nella Striscia di Gaza siamo ormai quasi alla terza settimana di bombardamenti e inesorabilmente, come non potrebbe essere diversamente con tutta la tecnologia militare del 21° secolo che gli israeliani stanno usando, il numero dei morti tra i civili continuato ad aumentare, mentre l'esercito israeliano bombarda le loro case si moltiplicano tra i palestinesi le scene di disperazione e di dolore causati dagli effetti devastanti della guerra che certamente non sono cambiati nel tempo anzi al contrario.

Giugno 2009: La rivoluzione di velluto in Iran

Giugno 2009: La rivoluzione di velluto in Iran
Sono solidale con i persiani che manifestano

Il 12 giugno 2010 è caduto il primo anniversario delle contestate elezioni iraniane. Elezioni che decretarono la riconferma a presidente dell’Iran di Mahmud Ahmadinejad. Il Paese ha vissuto le prime ora di questa giornata con una calma carica di tensione che poi, è scoppiata nel pomeriggio intorno alle 16, le 13.30 italiane con i primi scontri tra manifestanti e forze di sicurezza nei pressi dell’Università Sharif di Teheran. Era impensabile che l’opposizione iraniana del movimento riformista dell’Onda Verde si facesse scappare questa occasione per proclamare il proprio dissenso al regime degli Ayatollah. I luoghi delle sanguinose proteste post elettorali di un anno fa si sono quindi di nuovo riempiti di manifestanti. Questo, nonostante l’appello dei leader dell’opposizione, Moussavi e Karroubi, a evitare di scendere in piazza e nonostante che le forze di sicurezza avessero preso posizione in vari punti strategici del centro di Teheran per prevenire manifestazioni. Nonostante le proteste e le accuse di brogli elettorali il contestato presidente Ahmadinejad ha potuto proseguire nel suo mandato, quasi certamente usurpato, grazie all’appoggio dell’ayatollah Ali Khamenei, la Guida Suprema. La lotta continuerà. Viva la Persia! Viva il movimento riformista!


i 44 presidenti degli Usa

i 44 presidenti degli Usa
da www.patrickmoberg.com/blog/id:420/november-4-2008

The President United States of America

The President United States of America
Barack Obama

E' morta Miriam Makeba

E' morta Miriam Makeba
Addio Mama Afrika....io continuerò a sognare...

Notes

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Italia. Violenza sessuale è allarme sociale


Dopo i recenti casi di stupri, a Roma, Bologna e Milano non si riesce quasi più a tenere il conto degli episodio di violenza sessuale che, dall'inizio dell'anno, si stanno susseguendo in Italia ad opera principalmente di stranieri. Un orribile reato che si verifica nelle grandi città metropolitane come nei piccoli centri urbani. Emergono dati da brividi dalle informazioni fornite dal Presidente facente funzioni del Tribunale di Como Giuseppe Anzani e dal Procuratore capo Alessandro Maria Lodolini. Ogni 4 giorni in Procura a Como arriva una denuncia per violenza sessuale. I fascicoli aperti tra luglio 2007 e giugno 2008 sono stati 89, tra violenze sessuali e pedofilia. Ma è solo la punta di un iceberg in quanto, il reato, per la quasi totalità è sommerso perché prevale ancora la paura e la vergogna a denunciare la violenza subita. Fino ad oggi la violenza che subivano le donne era soprattutto domestica, ma gli episodi di violenza che hanno visto protagoniste, loro malgrado, delle donne avvenuti negli ultimi giorni, per le strade, propongono una nuova emergenza. Un autorevole testimonianza è portata da Telefono Rosa che da anni conosce il fenomeno ed assiste le vittime. “Ciò che sta avvenendo dall'inizio dell'anno, precisa il presidente Maria Gabriella Carnieri Moscatelli, mi preoccupa. Non so se è solo l'effetto di maggiori denunce ma, dal nostro osservatorio, non era mai stato rilevata una cosa simile”. Gli avvenimenti degli ultimi giorni non fanno altro che conferma un'allarmante costante: in testa alla classifica degli autori di stupri ci sono gli stranieri. Il triste primato vede fra i primi i romeni, seguiti da marocchini e albanesi che sembra abbiano dato il via ad una esecrabile escalation di violenza contro le donne. Assodato che nella stragrande maggioranza dei casi questi episodi sono commessi da stranieri, spesso clandestini, ora si deve dare a tutto questo uno stop. Certezza della pena, custodia cautelare in carcere per chi è accusato di violenza sessuale ed esclusione di attenuanti per chi delinque sotto effetto di alcool e droghe. Tutto ovviamente tenendo conto di due elementi fondamentali: abbattere l'allarme sociale provocato da questo tipo di reati e tutelare la dignità della vittima, che va assicurata anche nel percorso dibattimentale.
Per raggiungere un risultato anzitutto è importante l'introduzione nel ddl sicurezza dell'obbligo del carcere per chi stupra. Forse il decreto 'anti-stupro' sarà pronto per venerdì esso dovrebbe contenere, come annunciato, importanti novità: gli accusati di stupro non potranno beneficiare della libertà condizionale, ci sarà un avvocato a spese dello Stato per le vittime di violenza sessuale, arriveranno nuovi presidi di polizia con relativi stanziamenti, saranno anticipate le norme contenute nel ddl anti-molestie che la Camera ha già approvato. Tra le altre cose, ci dovrebbero essere anche aggravanti se a commettere violenza sono familiari, partner o tutori; un pesante aggravio di pena se la vittima è sotto i 14 anni; uguale trattamento, invece, se la vittima è maggiorenne o appena sotto i 18; ergastolo sicuro, se allo stupro segue la morte della vittima. Mano pesante anche per i complici: nessuna possibilità di godere dei domiciliari neppure per i favoreggiatori.

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La scuola pubblica in Italia con la 'Riforma Gelmini'

Esprimo la mia piena solidarietà con tutti coloro che protestano contro la Legge 133/08 la cosidetta 'Riforma Gelmini'....

Le cifre presentate nel decreto fanno venire i brividi: i tagli previsti dal decreto legge 112, poi convertito nella legge 133/08, e gli ulteriori provvedimenti contenuti nel decreto 137 porteranno, a livello nazionale, ad una riduzione di circa 100mila posti tra il personale docente e di 43mila posti tra quello Ata (ausiliari, tecnici e amministrativi).
Per molti, anche per i non addetti ai lavori, l'effetto provocato dalla legge che in pratica azzererà in poco tempo le faticose conquiste di anni e anni, non solo in termini di posti di lavoro, ma anche di mission- educativa e di didattica, rende il momento dei più cupi e tristi degli ultimi anni. Ai tagli vanno poi sommati, le conseguenze che scaturiranno dalla reintroduzione del maestro unico nelle scuole elementari.
L'Europa chiede più scuola, più sapere e l'Italia che fa?
Il contrario!
Rientrodurre il maestro unico è compiere, di sicuro, un passo indietro di almeno mezzo secolo. Se non addirittura si ritorna al tempo del libro cuore, senza offesa per quel libro mio compagno di tanti pomeriggi.
Perchè tutto questo? Bella domanda!
Molto probabilmente si tenta di mascherare con questa supposta riforma quello che è il vero scopo del provvedimento: incassare o meglio risparmiare in poco meno di 4-5 anni 8miliardi di euro. Questa è la cifra stimata, che dovrebbe restare nelle casse dello stato.
Un risparmio quindi certo ottenuto tagliando centinaia di migliaia di posti di lavoro ma al contempo che produrrà anche un effetto negativo: quello di un drastico ridimensionamento del servizio scolastico pubblico in favore forse di quello privato. Inoltre un'altra diretta conseguenza della L.133/08 sarà la chiusura di decine e decine di plessi scolastici.
Molte scuole, soprattutto nei piccoli centri urbani, non ci saranno più. A scomparire sarà anche un altro degli elementi cardine dell'istruzione primaria italiana: il tempo pieno. Bisogna fare attenzione, chi sostiene che il tempo pieno non sarà toccato dalla riforma o che addirittura aumenterà mente sapendo di farlo.
Rifletteteci un poco e capirete perchè!
Se prima, per ogni 2 classi, c'erano 3 insegnanti d'ora in poi sarà uno per classe, a seguire e istruire dai 20 ai 30 alunni e che svolgerà il suo orario lavorativo settimanale esclusivamente di mattina. Pertanto al pomeriggio non potrà esserci altro che un sorta di dopo-scuola, trasformando il tempo pieno di fatto in un parcheggio pomeridiano per i bambini, che nulla ha da condividere con l'offerta didattica di cui fino ad ieri, prima della 'riforma Gelmini', gli alunni potevano usufruire con il tempo pieno.

...

ARRIVERA' PER NATALE UNA 'SOCIAL CARD' AD OLTRE 1MLN DI ITALIANI 'POVERI'

C’è un detto che dice: "meglio poco che niente!".
In questo caso tra il poco e il nulla ci sono così poche differenze che è difficile distinguerli.
La 'social card, almeno per il momento, sembra più l’ennesimo spot varato dal governo che piuttosto un provvedimento serio in grado di aiutare per davvero i più bisognosi.
Nessuno però si è ricordato di dire che ogni spesa effettuata con la 'social card' in automatico sarà data una commissione alla Mastercard che è la società che ha emmesso ed è la proprietà della card.
Bhe! Almeno qualcuno di certo ci guadagnerà da questa iniziativa...
Appare strano che un'iniziativa così benefica abbia comunque dei costi accessori...stranezze tutte italiane!

***

Parole....di Abraham Lincoln

Non si può arrivare alla prosperità

scoraggiando l'impresa.
Non si può rafforzare il debole
indebolendo il più forte.
Non si può aiutare chi è piccolo
abbattendo chi è grande.
Non si può aiutare il povero
distruggendo il ricco.
Non si possono aumentare le paghe
rovinando i datori di lavoro.
Non si può progredire serenamente
spendendo più del guadagno.
Non si può promuovere la fratellanza umana
predicando l'odio di classe.
Non si può instaurare la sicurezza sociale
adoperando denaro imprestato.
Non si può formare carattere e coraggioto
gliendo iniziativa e sicurezza.
Non si può aiutare continuamente
la gente facendo in sua vece quello che potrebbe
e dovrebbe fare da sola.

USA 2008: ELETTO PRESIDENTE BARACK OBAMA

USA 2008: ELETTO PRESIDENTE BARACK OBAMA

marito e padre

i due rivali

genere umano

GIOCHI OLIMPICI DI PECHINO

GIOCHI OLIMPICI DI PECHINO
da peacereporter

23/02/2002 - 02/07/2008 Ingrid Betancourt è stata liberata!

23/02/2002 - 02/07/2008                  Ingrid Betancourt è stata liberata!
faccio mia la gioia di tutti!

Finalmente liberi!!!

Finalmente liberi!!!

Grazie a loro la Betancourt è libera

Grazie a loro la Betancourt è libera
il ministro della Difesa colombiano Santos e il generale Montoya

Grazie Uribe!!

Grazie Uribe!!
La Betancourt ha incontrato il presidente colombiano Uribe che vinse le elezioni del 2002

madre e figlia!

madre e figlia!
Yolanda Pulecio e Ingrid Betancourt

le due Betancourt

le due Betancourt
Ingrid abbraccia la madre Yolanda

La gioia della libertà riconquistata

La gioia della libertà riconquistata
Ingrid Betancourt dopo la liberazione