domenica 20 gennaio 2013

India-Italia: marò ‘vittime’ di una legge fatta male



Con molta probabilità ci si avvia verso una conclusione della vicenda che riguarda Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. I due marò sono trattenuti in India, fino a due giorni fa nello stato federale del Kerala, con l’accusa di omicidio. I due sottoufficiali di marina sono accusati di aver ucciso per errore due pescatori locali. I due lavoratori del mare indiani vennero uccisi perché scambiati per pirati il 15 febbraio del 2012 al largo delle coste meridionali indiane mentre i due militari di marina espletavano compiti di scorta armata alla petroliera italiana 'Enrica Lexie' della società armatrice F.lli D’Amato di Napoli. Il compito era  difenderla dagli assalti pirati in virtù della legge 130 del 2011. Si tratta di una norma italiana fortemente voluta dall'allora ministro della Difesa, Ignazio La Russa e dagli Armatori italiani. Una legge fatta male, come ha ribadito anche il numero due della Farnesina Staffan de Mistura, che alla fine ha permesso alla Marina Militare, firmando una convenzione con gli Armatori, di ‘affittare’ i marò italiani per 500 euro al giorno cadauno, in tutto 3mila euro al giorno a team.
Alla fine i fatti indiani hanno dimostrato che la scelta che andava fatta, come è stato per altri Paesi tipo Spagna e Gran Bretagna, era di non imbarcare militari attivi sulle navi commerciali di bandiera per difenderle dai pirati, ma Security Contractor. Imbarcare quindi delle guardie armate private. In questo modo ci si sarebbe trovati di fronte a dei privati che lavorano per altri privati senza coinvolgere il governo dello stato di appartenenza come invece, è poi, accaduto. Purtroppo in Italia non esiste alcuna norma che permetta l’imbarco di civili armati a bordo delle navi commerciali ed allora senza nemmeno chiarire bene i ruoli di comando a bordo della nave si è varato una legge frutto forse, di avventatezza e pretenziosità.
Dopo due settimane trascorse con le famiglie in Italia, godendo di una breve ‘licenza natalizia’ concessa loro eccezionalmente dai giudici indiani, i due marò sono rientrati, come promesso, nel Kerala. Un gesto che di fatto ha smentito tutti quelli che in India insinuavano che difficilmente avrebbero mantenuto la loro promessa di rientrare alla scadenza prestabilita. La notizia del rientro in India ha avuto effetti importanti. Anzitutto tutti i media indiani hanno dato ampio risalto alla notizia e poi, il fatto ha fortemente impressionato, in maniera positiva, l'opinione pubblica del Paese asiatico, specie quella del Kerala che fin dai primi momenti aveva chiesto a voce alta una condanna esemplare per i, presunti,  responsabili della morte dei due pescatori.


Il clima si è finalmente disteso dopo un lungo periodo ricco di tensioni e battaglie legali, con accuse reciproche tra le diplomazie dei due Paesi. Un vero è proprio clima nuovo che ha spinto anche il ministro degli Esteri, Giulio Terzi ad affermare che il loro ritorno in India, dopo la licenza di Natale, ha cambiato la percezione degli indiani nei confronti dei due marò anche nel Kerala.
Di fatto è stata una prova importante che ha dimostrato a tutti, persino ai più scettici, l’affidabilità degli italiani ed ha rafforzato la fiducia degli indiani nei confronti dei due marò. Dall’altro lato, anche in Italia, sembra che l'opinione pubblica e non solo, abbia cambiato idea in merito ed ora mostra di avere un pò più di fiducia nel sistema giudiziario indiano.
L'intera vicenda è stata purtroppo, come apparso chiaro fin dall’inizio, condizionata da ‘logiche politiche’ che hanno di fatto impedito al governo locale del Kerala di essere bendisposto nei confronti dei due marò e del governo italiano. Anzi, il voler ad ogni costo dimostrare all’opinione pubblica locale, che chiedeva giustizia, che non si sarebbero fatte eccezioni aveva fatto nascere discordia tra governo centrale e governo del Kerala nell’attribuzione della competenza della questione. La forte autonomia di cui godono gli stati federali indiani impediva a New Dwlhi di entrare nel merito o addirittura richiamare a se la questione,
Le principali manifestazioni contro sono state ‘orchestrate’ dal Partito comunista indiano, ora all’opposizione nel Kerala, ma fino al 2011 al potere nello stato indiano. Dopo la sconfitta alle ultime elezioni da parte del National Congress, il partito che è anche al potere nel Paese asiatico, i comunisti indiani sono pienamente entrati nei panni di oppositori ed hanno dato filo da torcere all’attuale governatore del Kerala, Oommen Chandy. Il capo de governo del Kerala,che guida una grossa coalizione, si è dovuto guardare bene dal compiere passi falsi, specie per il fatto che l’episodio è avvenuto in piena campagna elettorale. Nel mese di marzo del 2012 infatti, nel Kerala si è rivotato per coprire un seggio rimasto vacante per la morte di un deputato della maggioranza. I comunisti con 45 parlamentari ambivano a conquistare quel seggio. Per Chandy perderlo voleva dire rischiare di andare sotto nel governo dello stato e doversi dimettere. Il fatto che i due indiani uccisi facessero parte della folta comunità di pescatori che popolano il Kerala, oltre 3 mln, e che su questo giocassero le loro carte i comunisti indiani, ha spinto il governatore ad adottare, fin dall’inizio, un atteggiamento apparentemente intransigente nei confronti dei due marò ‘senza se e senza ma’. I pieni poteri di cui gode gli hanno permesso, senza prove certe ne testimoni, di arrestare i due marò per omicidio e detenerli e poi trattenerli contro la loro volontà e del loro governo fino a pochi giorni fa.
Tutto questo ha dato vita a numerose polemiche e animosità tra i due Pesi, Italia e India, oltre che a togliere la possibilità di avere un giudizio sereno e non condizionato.
In India il procedimento giudiziario per omicidio a carico dei due militari italiani era sospeso in attesa del pronunciamento della Corte suprema indiana di New Delhi. Un pronunciamento su a chi competesse la giurisdizione del caso rivendicata sia dall’India sia dall’Italia. Nelle ultime settimane tanti i segnali che si percepivano di un possibile passo in avanti da parte degli indiani. Ad inizio dell’anno lo stesso capo della diplomazia indiana, Salman Khurshid aveva dichiarato di sperare in rapido pronunciamento della Corte Suprema e definendo l’episodio accaduto al largo delle coste meridionali dell’India una circostanza sventurata.
Il verdetto del massimo organo giudiziario indiano non è però, giunto come si sperava prima della pausa natalizia, ma solo il 18 gennaio scorso.
La Corte suprema indiana ha stabilito che il Kerala non ha giurisdizione sul caso in quanto l’episodio in questione è avvenuto in acque internazionali. I giudici di quella che corrisponde alla Corte Costituzionale italiana hanno pertanto, stabilito che il giudizio sui due marò sia trasferito ad un tribunale speciale da costituirsi a New Delhi. Un tribunale la cui creazione avverrà in collaborazione tra il governo centrale indiano e la stessa Corte suprema. Una decisione che di fatto ha comportato anche il trasferimento, in giornata, dei due fucilieri del Reggimento San Marco da Kochi nel Kerala alla capitale indiana proprio perchè la questione diventava di pertinenza delle autorità centrali indiane.
Questo attesissimo pronunciamento di fatto ha ‘strappato’ il processo al governo del Kerala. Diversamente non poteva essere. Questo, in quanto l’episodio non è accaduto in acque territoriali come fin dall’inizio sosteneva l’Italia. Però, in India, quanto accaduto è considerato un reato di natura federale e per questo motivo di competenza del governo centrale nel giudizio.
La decisione del massimo organo giudiziario indiano sembra in qualche modo contrastare la Convenzione delle Nazioni Unite  sul diritto del mare che stabilisce invece, che per ogni incidente che avviene in alto mare la competenza è dello Stato di bandiera della nave. La Corte Suprema ha però, implicitamente chiarito in merito precisando che i due militari, al momento del fatto, non godevano di immunità funzionale, come sostenuto dall’Italia, nello svolgere la loro funzione di team di sicurezza armato a bordo della Enrica Lexie per conto dello stato italiano. Mettendo in questo modo chiaramente in dubbio la loro attività anti-pirateria e la legge 130 del 2011 che ha istituito i Nuclei Militari di Protezione, NMP, sulle navi italiani commerciali nelle aree a rischio pirateria marittima. Un riconoscimento che di fatto avrebbe invece, comportato automaticamente l'applicazione della giurisdizione italiana sulla vicenda. Ancora una volta emerge tutta la ‘lacunicità’ di una legge sbagliata perché fatta male in quanto ha nei fatti soprattutto subordinato dei militari attivi a dei civili. 
“Il giudizio sui reati è di competenza degli Stati e quindi è il Kerala che deve giudicare”, aveva affermato pochi giorni prima sempre il ministro Salman Khurshid. Parole che evidentemente non hanno incontrato la simpatia dei giudici indiani la cui sentenza è andata da tutt’altra parte. Un pronunciamento che però, ha finalmente posto la parola fine ad una snervante attesa che durava dallo scorso mese di agosto e che di rinvio in rinvio è finalmente arrivato.
Un lungo tergiversare da parte indiana che forse ora appare chiaro il perché.
Una tale decisione se fosse stata annunciata un paio di mesi prima avrebbe di certo scatenato la rabbia e il dissenso di chi nel Kerala riteneva invece, che i due militari italiani andavano giudicati dal tribunale di Kollam, il distretto da cui provenivano i due pescatori indiani uccisi in mare. Oggi , invece, con un clima più disteso e con un opinione pubblica, ma soprattutto con i media indiani, ‘quietati’ questa decisione è stata accolta con il dovuto rispetto.  Tanto è vero che la stessa vedova di uno dei due pescatori morti nel commentare il pronunciamento della corte ha spiegato che non importa dove si svolga processo importante è ottenere giustizia. Parole che nei fatti dimostrano il nuovo clima che si respira.
La Corte suprema ha anche precisato che i due marò non avranno più alcuna restrizione di movimento e saranno quindi liberi di spostarsi. Per ora saranno limitati alla sola New Delhi però, se lo decidessero, potranno anche muoversi nell’ambito dei confini dell’India. In questo caso però, dovranno chiedere una autorizzazione alla Corte suprema.
Rimane ancora l’obbligo della firma. I giudici hanno stabilito che i due marò continueranno ad essere sottoposti a controlli periodici da parte della polizia indiana della capitale. Massimiliano e Salvatore dovranno però, presentarsi solo una volta la settimana e presso il commissariato di polizia del quartiere di Chanakyapuri a New Delhi.
Nella capitale indiana i due sottufficiali di marina saranno sotto la tutela dell'ambasciata d'Italia in India. Disposto anche il trasferimento nella capitale indiana dei loro passaporti tenuti in custodia a Kollam. I due militari italiani li hanno dovuti consegnare alle autorità del Kerala dopo il loro arresto ed ora sono in possesso di un foglio di soggiorno provvisorio rilasciato dall'Ufficio di Registrazione degli Stranieri, Frro. Il permesso viene periodicamente rinnovato ed è valido fino al 16 maggio prossimo. Entro quella data forse, si dovrebbe giungere ad una probabile conclusione della vicenda giunta ormai al suo undicesimo mese. Un atto di clemenza rimane ancora la via più possibile per salvare ‘capra e cavolo’.
Ovviamente in Italia, da parte di chi lavora fin dall’inizio per riportare Massimiliano e Salvatore a casa, un obiettivo che per il governo italiano resta prioritario, questo pronunciamento è stato visto come un importante passo avanti nella vicenda e un parziale riconoscimento della tesi portata avanti finora dalla diplomazia italiana. Ora non resta che attendere i prossimi passi.

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Un bambino del Darfur

Un bambino del Darfur
aiuta ad aiutarlo sostieni le iniziative pro Darfur
In Darfur dal 2003 ad oggi sono state compiute esecuzioni, anche di massa, stupri, soprattutto di massa, nei confronti di donne, uomini e bambini e interi villaggi sono stati rasi al suolo. Il terrore è stato usato come pratica generalizzata e a sfondo razziale mentre lo stupro è diventato una vera e propria arma da guerra.
Il governo sudanese di Khartoum da parte sua ha bombardato senza sosta i civili, e ha reso sempre più difficili le operazioni di soccorso delle organizzazioni umanitarie nei confronti delle genti del Darfur, fino al punto di far scappare via la maggior parte delle Ong operanti nella regione sudanese e liberarsi così di scomodi testimoni di quanto accadeva in quei luoghi. La stessa tattica è stata seguita prima con i peacekeepers dell'Ua e poi con quelli dell'Onu...
Tutto il mondo è a conoscenza di quanto accade in quella remota regione sudanese e lancia denunce. Da un lato Washington parla di genocidio, dall’altro l'Onu parla di catastrofe umanitaria e di pulizia etnica.
Il tutto però resta nella totale impunità!
Intanto, dal Febbraio 2003 anno in cui è iniziata la ribellione della popolazione di etnia africana del Darfur, circa 6 milioni in maggioranza musulmana e in parte animista, contro il governo sudanese, musulmano ma integralista e soprattutto di etnia araba e bianca, è scoppiato il conflitto che ha causato finora circa 300mila morti e due milioni e mezzo di profughi. Una protesta nata per lo stato di totale abbandono e sfruttamento in cui la popolazione nera era tenuta. La repressione del governo centrale è stata spietata, soprattutto facendo uso dei Janjaweed, i diavoli a cavallo, che sono milizie nomadi di etnia araba che hanno compiuto tutti gli orrori possibili e inimmaginabili contro le genti del Darfur di etnia nera, per lo più contadini e pastori.

Il pianto di un innocente a Gaza

Il pianto di un innocente a Gaza
Ancora una volta il mondo intero si dovrebbe vergognare!!!
La guerra chi puo raccontarla? E' difficile farlo ma tutti possiamo immaginare come sia il sentire l'odore dei morti abbandonati nelle strade o sotto le macerie, il vedere i bambini che muoiono di fame accanto al cadavere della madre, il sentire il lamento dei feriti e lo strazio dei sopravvissuti, di chi si vede impotente e maledice chi gli ha portato via tutto.
Nella Striscia di Gaza siamo ormai quasi alla terza settimana di bombardamenti e inesorabilmente, come non potrebbe essere diversamente con tutta la tecnologia militare del 21° secolo che gli israeliani stanno usando, il numero dei morti tra i civili continuato ad aumentare, mentre l'esercito israeliano bombarda le loro case si moltiplicano tra i palestinesi le scene di disperazione e di dolore causati dagli effetti devastanti della guerra che certamente non sono cambiati nel tempo anzi al contrario.

Giugno 2009: La rivoluzione di velluto in Iran

Giugno 2009: La rivoluzione di velluto in Iran
Sono solidale con i persiani che manifestano

Il 12 giugno 2010 è caduto il primo anniversario delle contestate elezioni iraniane. Elezioni che decretarono la riconferma a presidente dell’Iran di Mahmud Ahmadinejad. Il Paese ha vissuto le prime ora di questa giornata con una calma carica di tensione che poi, è scoppiata nel pomeriggio intorno alle 16, le 13.30 italiane con i primi scontri tra manifestanti e forze di sicurezza nei pressi dell’Università Sharif di Teheran. Era impensabile che l’opposizione iraniana del movimento riformista dell’Onda Verde si facesse scappare questa occasione per proclamare il proprio dissenso al regime degli Ayatollah. I luoghi delle sanguinose proteste post elettorali di un anno fa si sono quindi di nuovo riempiti di manifestanti. Questo, nonostante l’appello dei leader dell’opposizione, Moussavi e Karroubi, a evitare di scendere in piazza e nonostante che le forze di sicurezza avessero preso posizione in vari punti strategici del centro di Teheran per prevenire manifestazioni. Nonostante le proteste e le accuse di brogli elettorali il contestato presidente Ahmadinejad ha potuto proseguire nel suo mandato, quasi certamente usurpato, grazie all’appoggio dell’ayatollah Ali Khamenei, la Guida Suprema. La lotta continuerà. Viva la Persia! Viva il movimento riformista!


i 44 presidenti degli Usa

i 44 presidenti degli Usa
da www.patrickmoberg.com/blog/id:420/november-4-2008

The President United States of America

The President United States of America
Barack Obama

E' morta Miriam Makeba

E' morta Miriam Makeba
Addio Mama Afrika....io continuerò a sognare...

Notes

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Italia. Violenza sessuale è allarme sociale


Dopo i recenti casi di stupri, a Roma, Bologna e Milano non si riesce quasi più a tenere il conto degli episodio di violenza sessuale che, dall'inizio dell'anno, si stanno susseguendo in Italia ad opera principalmente di stranieri. Un orribile reato che si verifica nelle grandi città metropolitane come nei piccoli centri urbani. Emergono dati da brividi dalle informazioni fornite dal Presidente facente funzioni del Tribunale di Como Giuseppe Anzani e dal Procuratore capo Alessandro Maria Lodolini. Ogni 4 giorni in Procura a Como arriva una denuncia per violenza sessuale. I fascicoli aperti tra luglio 2007 e giugno 2008 sono stati 89, tra violenze sessuali e pedofilia. Ma è solo la punta di un iceberg in quanto, il reato, per la quasi totalità è sommerso perché prevale ancora la paura e la vergogna a denunciare la violenza subita. Fino ad oggi la violenza che subivano le donne era soprattutto domestica, ma gli episodi di violenza che hanno visto protagoniste, loro malgrado, delle donne avvenuti negli ultimi giorni, per le strade, propongono una nuova emergenza. Un autorevole testimonianza è portata da Telefono Rosa che da anni conosce il fenomeno ed assiste le vittime. “Ciò che sta avvenendo dall'inizio dell'anno, precisa il presidente Maria Gabriella Carnieri Moscatelli, mi preoccupa. Non so se è solo l'effetto di maggiori denunce ma, dal nostro osservatorio, non era mai stato rilevata una cosa simile”. Gli avvenimenti degli ultimi giorni non fanno altro che conferma un'allarmante costante: in testa alla classifica degli autori di stupri ci sono gli stranieri. Il triste primato vede fra i primi i romeni, seguiti da marocchini e albanesi che sembra abbiano dato il via ad una esecrabile escalation di violenza contro le donne. Assodato che nella stragrande maggioranza dei casi questi episodi sono commessi da stranieri, spesso clandestini, ora si deve dare a tutto questo uno stop. Certezza della pena, custodia cautelare in carcere per chi è accusato di violenza sessuale ed esclusione di attenuanti per chi delinque sotto effetto di alcool e droghe. Tutto ovviamente tenendo conto di due elementi fondamentali: abbattere l'allarme sociale provocato da questo tipo di reati e tutelare la dignità della vittima, che va assicurata anche nel percorso dibattimentale.
Per raggiungere un risultato anzitutto è importante l'introduzione nel ddl sicurezza dell'obbligo del carcere per chi stupra. Forse il decreto 'anti-stupro' sarà pronto per venerdì esso dovrebbe contenere, come annunciato, importanti novità: gli accusati di stupro non potranno beneficiare della libertà condizionale, ci sarà un avvocato a spese dello Stato per le vittime di violenza sessuale, arriveranno nuovi presidi di polizia con relativi stanziamenti, saranno anticipate le norme contenute nel ddl anti-molestie che la Camera ha già approvato. Tra le altre cose, ci dovrebbero essere anche aggravanti se a commettere violenza sono familiari, partner o tutori; un pesante aggravio di pena se la vittima è sotto i 14 anni; uguale trattamento, invece, se la vittima è maggiorenne o appena sotto i 18; ergastolo sicuro, se allo stupro segue la morte della vittima. Mano pesante anche per i complici: nessuna possibilità di godere dei domiciliari neppure per i favoreggiatori.

***

La scuola pubblica in Italia con la 'Riforma Gelmini'

Esprimo la mia piena solidarietà con tutti coloro che protestano contro la Legge 133/08 la cosidetta 'Riforma Gelmini'....

Le cifre presentate nel decreto fanno venire i brividi: i tagli previsti dal decreto legge 112, poi convertito nella legge 133/08, e gli ulteriori provvedimenti contenuti nel decreto 137 porteranno, a livello nazionale, ad una riduzione di circa 100mila posti tra il personale docente e di 43mila posti tra quello Ata (ausiliari, tecnici e amministrativi).
Per molti, anche per i non addetti ai lavori, l'effetto provocato dalla legge che in pratica azzererà in poco tempo le faticose conquiste di anni e anni, non solo in termini di posti di lavoro, ma anche di mission- educativa e di didattica, rende il momento dei più cupi e tristi degli ultimi anni. Ai tagli vanno poi sommati, le conseguenze che scaturiranno dalla reintroduzione del maestro unico nelle scuole elementari.
L'Europa chiede più scuola, più sapere e l'Italia che fa?
Il contrario!
Rientrodurre il maestro unico è compiere, di sicuro, un passo indietro di almeno mezzo secolo. Se non addirittura si ritorna al tempo del libro cuore, senza offesa per quel libro mio compagno di tanti pomeriggi.
Perchè tutto questo? Bella domanda!
Molto probabilmente si tenta di mascherare con questa supposta riforma quello che è il vero scopo del provvedimento: incassare o meglio risparmiare in poco meno di 4-5 anni 8miliardi di euro. Questa è la cifra stimata, che dovrebbe restare nelle casse dello stato.
Un risparmio quindi certo ottenuto tagliando centinaia di migliaia di posti di lavoro ma al contempo che produrrà anche un effetto negativo: quello di un drastico ridimensionamento del servizio scolastico pubblico in favore forse di quello privato. Inoltre un'altra diretta conseguenza della L.133/08 sarà la chiusura di decine e decine di plessi scolastici.
Molte scuole, soprattutto nei piccoli centri urbani, non ci saranno più. A scomparire sarà anche un altro degli elementi cardine dell'istruzione primaria italiana: il tempo pieno. Bisogna fare attenzione, chi sostiene che il tempo pieno non sarà toccato dalla riforma o che addirittura aumenterà mente sapendo di farlo.
Rifletteteci un poco e capirete perchè!
Se prima, per ogni 2 classi, c'erano 3 insegnanti d'ora in poi sarà uno per classe, a seguire e istruire dai 20 ai 30 alunni e che svolgerà il suo orario lavorativo settimanale esclusivamente di mattina. Pertanto al pomeriggio non potrà esserci altro che un sorta di dopo-scuola, trasformando il tempo pieno di fatto in un parcheggio pomeridiano per i bambini, che nulla ha da condividere con l'offerta didattica di cui fino ad ieri, prima della 'riforma Gelmini', gli alunni potevano usufruire con il tempo pieno.

...

ARRIVERA' PER NATALE UNA 'SOCIAL CARD' AD OLTRE 1MLN DI ITALIANI 'POVERI'

C’è un detto che dice: "meglio poco che niente!".
In questo caso tra il poco e il nulla ci sono così poche differenze che è difficile distinguerli.
La 'social card, almeno per il momento, sembra più l’ennesimo spot varato dal governo che piuttosto un provvedimento serio in grado di aiutare per davvero i più bisognosi.
Nessuno però si è ricordato di dire che ogni spesa effettuata con la 'social card' in automatico sarà data una commissione alla Mastercard che è la società che ha emmesso ed è la proprietà della card.
Bhe! Almeno qualcuno di certo ci guadagnerà da questa iniziativa...
Appare strano che un'iniziativa così benefica abbia comunque dei costi accessori...stranezze tutte italiane!

***

Parole....di Abraham Lincoln

Non si può arrivare alla prosperità

scoraggiando l'impresa.
Non si può rafforzare il debole
indebolendo il più forte.
Non si può aiutare chi è piccolo
abbattendo chi è grande.
Non si può aiutare il povero
distruggendo il ricco.
Non si possono aumentare le paghe
rovinando i datori di lavoro.
Non si può progredire serenamente
spendendo più del guadagno.
Non si può promuovere la fratellanza umana
predicando l'odio di classe.
Non si può instaurare la sicurezza sociale
adoperando denaro imprestato.
Non si può formare carattere e coraggioto
gliendo iniziativa e sicurezza.
Non si può aiutare continuamente
la gente facendo in sua vece quello che potrebbe
e dovrebbe fare da sola.

USA 2008: ELETTO PRESIDENTE BARACK OBAMA

USA 2008: ELETTO PRESIDENTE BARACK OBAMA

marito e padre

i due rivali

genere umano

GIOCHI OLIMPICI DI PECHINO

GIOCHI OLIMPICI DI PECHINO
da peacereporter

23/02/2002 - 02/07/2008 Ingrid Betancourt è stata liberata!

23/02/2002 - 02/07/2008                  Ingrid Betancourt è stata liberata!
faccio mia la gioia di tutti!

Finalmente liberi!!!

Finalmente liberi!!!

Grazie a loro la Betancourt è libera

Grazie a loro la Betancourt è libera
il ministro della Difesa colombiano Santos e il generale Montoya

Grazie Uribe!!

Grazie Uribe!!
La Betancourt ha incontrato il presidente colombiano Uribe che vinse le elezioni del 2002

madre e figlia!

madre e figlia!
Yolanda Pulecio e Ingrid Betancourt

le due Betancourt

le due Betancourt
Ingrid abbraccia la madre Yolanda

La gioia della libertà riconquistata

La gioia della libertà riconquistata
Ingrid Betancourt dopo la liberazione