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A colpire ancora una volta è stato un agente della polizia locale afghana, Alp.
Gli uccisori stavolta erano in due ed hanno colpito a morte, nella provincia meridionale afghana di Zabul, dove sono dispiegati militari americani e polacchi, 4 soldati Isaf.
Si tratta del secondo episodio del genere verificatosi in meno di 24 ore dopo quello di ieri, sempre ad opera di un agente della polizia locale afghana nella città di Lashka nella provincia meridionale dell'Helmand in Afghanistann, in cui hanno perso la vita 2 militari britannici
Questi attacchi interni a tradimento identificati anche come ‘green on blue’ dal colore delle rispettive divise militari, di colore blu per le forze Isaf e verde per quelle afghane, si stanno verificando in maniera più intensa in concomitanza con il disimpegno militare straniero dal Paese.
I militari stranieri presenti in Afghanistan devono ritirarsi da tutto il Paese asiatico entro la fine del 2014 anche se poi, l’impegno internazionale nel Paese proseguirà in forme diverse e con presenze militari minori.
Un terzo dei caduti nel mese di agosto della coalizione militare internazionale presente in Afghanistan ha perso la vita in episodi legati a questo fenomeno. Sono stati infatti, 15 i militari uccisi da agenti di polizia locale o militari afghani nel mese di agosto scorso.
Dall’inizio dell’anno gli episodi legati ad ‘attacchi interni’ sono stati ben 37. Episodi in cui sono stati uccisi ben 51 militari dell'Isaf, di varia nazionalità.
Un aumento preoccupante visto che in tutto il 2011 i morti legati al fenomeno erano stati ‘solo’ 35.
Finora si sono registrati almeno un centinaio di casi di appartenenti alle forze di sicurezza afghane che sono stati arrestati o congedati per motivi legati a questo fenomeno.
Uno dei problemi connessi ad esso sono i rischi che possa scatenare poi, azioni punitive contro i civili da parte dei commilitoni dei soldati uccisi come è già purtroppo accaduto.
Come diretta conseguenza di questi continui attacchi contro i militari della coalizione internazionale da parte di militari afghani il 2 settembre scorso è stato ordinato la sospensione dell'addestramento di tutte le reclute afghane per la Polizia locale afghana, Alp, da parte degli addestratori USA. Il motivo addotto è che si vuole attendere prima la fine delle indagini sulle presunte relazioni tra i militari locali e gli insorti. Una sospensione che riguarda 27mila reclute-soldati afghani. La sospensione non ha riguardato invece, l’addestramento delle reclute per l'esercito nazionale e la polizia nazionale. Come anche continueranno le operazioni militari miste tra forze afghane e militari Isaf.
Un segnale che è ben chiaro a tutti che se di infiltrati Talebani si tratta questi sono solo tra le fila dell’Alp. Tutti gli altri casi sono considerati episodi legati a disaccordi e animosità verso le forze alleate e a volte anche scatenati da motivi personali e solo nel 25 % dei casi si tratta di militari afghani che sono degli infiltrati dei talebani.
Quello che ancora di più preoccupa è che questa escalation arrivi in concomitanza anche con il graduale trasferimento della sicurezza del Paese asiatico dalle truppe della forza internazionale dell’Isaf sotto comando della NATO all'esercito nazionale, Ana, e alla polizia nazionale, Anp, dell'Afghanistan.
Attualmente a loro è stata affidata la responsabilità del 75 per cento di tutto il territorio nazionale.
La scorsa settimana nel rispetto della time-line concordata con il Governo di Kabul e gli alleati della Nato è passata sotto il co
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Nell'ambito di questo passaggio di consegne gli USA il 10 settembre scorso hanno trasferito sotto controllo afghano i 3.182 detenuti del carcere di Bagram. Si tratta in gran parte di numerosi combattenti talebani e terroristi di al Qaeda. Tra essi vi erano anche una cinquanta di stranieri che non sono però, passati sotto il controllo delle autorità afghane. Il timore più forte per gli USA è che perdendo il controllo di questi detenuti, alcuni di essi, specie quelli di alto livello, potrebbero essere rilasciati. Per ora in base all’accordo siglato il 9 marzo scorso tra autorità afghane e americane ci sarà un periodo di transizione di sei mesi nel controllo della prigione.
Il provvedimento rientra nell'accordo, raggiunto tra Washington e Kabul, sul trasferimento delle carceri afghane alle autorità locali dopo il ritiro delle forze Nato dal Paese alla fine del 2014.
Nel frattempo, sul fronte dei negoziati di pace in Afghanistan si registra la disponibilità dei Talebani ad accettare un ‘cessate il fuoco’ e anche forse, ad acconsentire ad una presenza delle truppe USA di lungo termine nel Paese. Una concessione che verrebbe però, solo dagli uomini più moderati degli insorti afghani. A rivelarlo un documento dal titolo “Prospettive talebane di riconciliazione” realizzato dal ‘Royal United Services Institute’ stilato sulla base dell'opinione di una serie di talebani e negoziatori. Nel documento traspare anche quanto i talebani non vogliono il negoziato con il governo di Karzai, accusato di un alto livello di corruzione e non in grado di organizzare elezioni libere e democratiche.
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