A pesare anche il fatto che ultimamente sembra che i tempi di negoziazione siano rallentati di molto. Oggi la prigionia dei marittimi, membri degli equipaggi delle navi catturate dai predoni del mare, può durare minimo 7 mesi, ma ci sono casi in cui dopo oltre un anno ancora non se ne vede soluzione.
Uno dei motivi potrebbe essere il fatto che sono sempre di meno le navi catturate dai pirati somali per cui questi, tendono a gestire in maniera più ferma le trattative per ottenere il massimo realizzo dal rilascio delle navi che hanno in mano. Di conseguenza l’aumento delle somme, richieste dai pirati somali come riscatto per rilasciare uomini e navi trattenuti nelle loro mani, e l’aumento della loro non disponibilità a trattare rallenta i tempi di negoziazione. A non favorire lo ‘scambio’ anche il fatto che l’economia mondiale vive un momento di forte recessione.
Da uno degli ultimi rapporti sulla pirateria globale, datato 18 ottobre 2011 e diffuso dall’International Chamber of Commerce, ICC, e dall’International Maritime Bureau, IMB, viene rivelato che il 56 % degli attacchi pirati nel mondo sono stati condotti al largo della Somalia, ma anche che gran parte di essi sono stati respinti.
In questo periodo i pirati somali stanno ‘battendo cassa’. Dall’inizio dell’anno ad oggi sono state rilasciate, in cambio del pagamento di un riscatto, almeno 30 navi. Rilasci che hanno fruttato alle casse dei predoni del mare almeno 150 mln di dollari. Un fatto questo, che lascia credere che nel 2011 l’attività criminale dei pirati somali frutterà loro introiti che sfioreranno i 200 mln dollari. Nel 2010 il loro ‘fatturato’ era stato di circa 120 mln di dollari. Un aumento dell’‘incasso’ che, sebbene non sia stato per loro l’anno migliore, di fronte alle crescenti difficoltà, li galvanizzerà di certo.
Quella in atto sembra una vera e propria ‘corsa’, da parte dei predoni del mare, a volersi ‘disfare’ delle navi e dei marittimi che sono nelle loro mani. Probabilmente le vari gang del mare, che scorrazzano nel mare del Corno D’Africa e Oceano Indiano, hanno bisogno di denaro fresco per riavviare la loro ‘attività’ e forse, anche di ‘mollare’ la preda e mettersi al sicuro. Nelle ultime settimane numerosi pirati somali sono stati infatti, uccisi o catturati. Le autorità locali, specie quelle del Puntland, stanno riscuotendo numerosi successi sul terreno contro i pirati somali. Complice di tutto ciò il fatto che sono in ‘affanno’ anche i miliziani islamici degli al Shabaab. Venuto quindi a mancare quella sorta di ‘cuscinetto’, che si era frapposto sulla terraferma tra pirati somali e forze di sicurezza locali, ora i primi subiscono le conseguenze del contrasto.
Negli ultimi due mesi sono state condotte dalle forze di sicurezza somale e non solo, numerose operazioni contro le gang del mare sulla terraferma. In proposito, lo scorso 25 novembre le forze di sicurezza del Puntland hanno inferto un duro colpo ad una di queste gang. Con molta probabilità si trattava di quella responsabile del sequestro della MV BLIDA rilasciata recentemente. La gang è stata sgominata.
Difficile quantificare quante navi e quanti marittimi siano trattenuti in ostaggio dai pirati somali. Si può però, fare un ipotetico conteggio che porterebbe a credere che in Somalia sono in mano ai predoni del mare almeno 20 navi e 400 marittimi di diversa nazionalità. Un numero quest’ultimo che comprende anche i circa 30 marittimi, membri di equipaggio di navi e due turisti-velisti sudafricani, che non sono in mano ai pirati somali e che sono trattenuti prigionieri a terra o su altre navi catturate.
In questi giorni poi, si è tornato a parlare della MV ORNA che i pirati somali trattengono in ostaggio dal 20 dicembre del 2010. La nave battente bandiera di Panama e di proprietà degli Emirati Arabi Uniti, UAE, venne catturata a 400 miglia marine a nord est delle Seychelles nell’Oceano Indiano. Non essendo registrata al UKMTO, il centro di monitoraggio della missione navale internazionale anti pirateria marittima, non è stato possibile stabilire nelle immediatezze del sequestro il numero dei marittimi membri del suo equipaggio. Successivamente si è saputo che sono 19 lavoratori del mare di diversa nazionalità, 18 siriani e un cingalese.
I predoni del mare che li hanno in ‘custodia’ sembrano impazienti di arrivare al dunque, e dopo quasi un anno hanno ribadito la loro richiesta di riscatto. In cambio del rilascio della nave e del suo equipaggio pretendono almeno 2 mln di dollari. Una somma questa, molto esigua rispetto al ‘listino’ odierno dei banditi del mare. Evidentemente quest’ultimi hanno intenzione di ‘chiudere la partita’. Dopo quasi un anno è anche plausibile che si arrivi a mettere la parola fine all’intera vicenda. Una volta catturata una nave questa viene dirottata verso le coste meridionali somale del Puntland, dove sono ubicati i covi pirati, qui poi, viene tenuta alla fonda in attesa che qualcuno paghi il riscatto richiesto. Durante la prigionia, si crea una situazione pesante a bordo dovuta al fatto che vi vanno a ‘vivere’, insieme ai marittimi-ostaggi, almeno 15 pirati-carcerieri. Una promiscuità forzata che porta a situazioni estreme. I pirati somali sono persone dedite all’alcool e all’uso di sostanze stupefacenti questo, comporta, da parte loro, a compiere atti sgradevoli e a portarli a volte in conflitto tra loro. Purtroppo sembra che la situazione a bordo stia degenerando. La gang del mare che tieni in custodia nave ed uomini hanno promesso che di fronte ad un nuovo diniego della società proprietaria della nave a pagare un riscatto per ottenere il loro rilascio inizieranno ad uccidere i membri dell'equipaggio. Ancora una volta si spera che queste siano solo minacce e che i predoni del mare non facciano sul serio. Il minacciare e il costringere i marittimi ostaggi a telefonare a casa implorando i familiari di spingere a pagare il riscatto sono modalità ormai entrate nel modo di fare dei pirati e hanno lo scopo di aumentare la pressione per ottenere quello che chiedono. Secondo le recenti testimonianze riferite dagli stessi marittimi ostaggi sulla nave le condizioni a bordo della nave panamense sono dure. Del resto è risaputo che gli ostaggi vengono trattati come animali in gabbia. I membri dell’equipaggio sono allo stremo delle forze e costretti a vivere in vergognose condizioni igieniche e sono sottoposti ad angherie di ogni tipo ea torture fisiche e psicologiche. Sembra che i pirati somali siano indispettiti anche dal modo di fare della società proprietaria della nave che a quanto pare si era detta disposta a ‘sborsare’, per riottenere indietro nave e marittimi, il riscatto richiesto e poi, è venuta meno alla sua parola. Ora il destino dei membri dell’equipaggio della MV ORNA corre sul filo del rasoio ed è impossibile riuscire a sapere cosa possa accadere. A casa i familiari vivono una condizione di forte disagio e disperazione angosciati dal pensiero che forse rischiano di non rivedere più vivi i loro cari.
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