mercoledì 5 gennaio 2011

Sudan: verso l’ indipendenza del sud dal nord del Paese

La data del 9 gennaio è ormai prossima. Da quel giorno le popolazioni della regione meridionale semiautonoma del Sudan saranno impegnate in un referendum. Nella settimana, dal 9 al 15 gennaio, decideranno il loro destino. Il quesito referendario riguarderà infatti, il decidere se il sud manterrà il proprio territorio unito al nord oppure diventerà una entità autonoma dal resto del Paese africano. Gli elettori dovranno dare la propria preferenza facendo una croce su uno dei due simboli disegnati sulla scheda. Chi deciderà a favore dell’indipendenza dovrà segnare il simbolo raffigurante una mano alzata che ricorda un gesto d'addio. Chi invece deciderà per l'unità dovrà segnare il simbolo raffigurante due mani strette come a suggellare un patto. Affinchè la consultazione sia valida, occorrerà che si rechino a votare almeno il 60 per cento degli aventi diritto al voto. Nel caso di vittoria del fronte pro indipendenza si avrà di fatto una vera e propria divisione tra il Nord arabo-musulmano dominante e il Sud cristiano-animista e la costituzione di un nuovo stato africano nel sud Sudan. Oggi la Commissione per il Referendum sul Sud Sudan, Ssrc, incaricata di organizzare il referendum per l'indipendenza, ha diffuso i termini del regolamento sulle operazioni di voto e ha annunciato che i risultati del voto dovranno essere resi noti al massimo entro 30 giorni dalla chiusura dei seggi. Ricorsi e opposizioni potranno poi, essere presentati entro tre giorni dalla loro pubblicazione. Saranno ammessi al voto i sudanesi che hanno più di 18 anni e che fanno parte di una tribù presente nella parte meridionale del Sudan prima del 1956, anno dell'indipendenza del Paese dalla Gran Bretagna. Anche i sudanesi del sud che vivono però, nel nord, il cui numero oscilla intorno ai 2 milioni, avranno diritto a votare per il referendum. Questo ha spinto, nelle ultime settimane, oltre 55mila persone a far ritorno negli stati meridionali provenendo dal nord. Ci sono stati molti ritorni specie negli stati dell’Alto Nilo, Bahr el Ghazal Settentrionale, Jonglei, del Nord Bahr e Warrap. Un rientro in parte di natura spontanea, in parte organizzati dal governo sudanese di Khartom e in parte grazie all`aiuto dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Unhcr. In occasione dell'avvio della campagna di registrazioni degli elettori del Sudan meridionale per il referendum sull'autodeterminazione del sud, avviata lo scorso 15 novembre, il presidente della regione meridionale semiautonoma nonché vicepresidente del Sudan, Salva Kiir Mayardit ha chiesto che durante il referendum siano presenti osservatori internazionali. Inoltre, il leader sudanese ha anche lanciato un appello: “Il popolo deve registrarsi in massa, altrimenti tanti avranno combattuto e saranno morti per niente”. Un appello accolto in pieno, tanto è vero che fin dai primi giorni si è registrato un’alta affluenza ai centri di iscrizione. Nella sola prima settimana di avvio si sono registrati oltre 1 milione e 500mila persone aventi diritto al voto. Un fatto questo, che ha costretto la Commissione Sud Sudanese per il Referendum a prolungare la campagna di registrazione. Anziché concludersi lo scorso primo dicembre essa si è conclusa lo scorso 8 dicembre, ma è poi stata riaperta fino al 7 gennaio prossimo. Erano almeno cinque milioni, su una popolazione di 8 milioni e 500mila abitanti, i sudanesi del sud chiamati ad apporre la loro firma nella lista elettorale. Finora lo hanno fatto almeno 2,12 milioni di sudanesi del sud. Per consentire loro la registrazione la Ssrc ha predisposto in tutto il Paese, in collaborazione con la Missione di Pace mista ONU-Unione Africana, Ua, denominata UNAMID, ben 2.794 centri di iscrizione, di cui 2.629 nel Sud Sudan e 165 nel Nord Sudan. Il referendum è stato previsto dall'accordo di pace siglato a Naivasha in Kenya il 9 gennaio del 2005, il ‘Comprehensive Peace Agreement’, CPA. Un Accordo di pace siglato tra il governo sudanese di Khartoum e il gruppo ribelle del Sudan People's Liberation Army, SPLA, di John Garang. Accordo che ha posto fine ad una sanguinosa guerra di secessione tra il Nord e il Sud iniziata nel 1983 e terminata dopo 21 anni. Di fatto la più lunga delle guerre civili combattuta nel continente africano e a causa della quale sono morte due milioni di persone e altri quattro milioni hanno cambiato il loro status in profughi. Un evento quindi che evoca tante preoccupazioni, ma anche tante speranze. Il rischio che possa riesplodere la guerra civile è alto. E questo volta sarebbe peggio della volta precedente. Per il fatto che entrambe le parti, governo di Khartoum e governo di Juba, hanno continuato ad armarsi di certo l’intensità dello scontro stavolta sarebbe ancora più violenta con le relative drammatiche conseguenze. Si contrappone a queste preoccupazioni però, il fatto che il Paese, una volta diviso, possa liberamente prendere la sua strada, dal punto di vista economico e commerciale. Attualmente i suoi introiti, derivanti soprattutto dai ricchi giacimenti di idrocarburi e minerali di cui ne è ricco il suo sottosuolo, sono divisi tra il nord e il sud. Un economia spezzata che liberata dalle maglie dell’accordo di pace del 2005 potrebbe dare nuova linfa alle due parti del Paese africano. Non tutti però, ne trarrebbero vantaggi dalla divisione del più grande stato africano. A rimetterci sarebbe soprattutto il nord che perderebbe una parte della sua fonte di entrate economiche. Un fatto questo, che potrebbe portare al risorgere del conflitto tra nord e sud. In ogni caso, la scissione stravolgerebbe l'attuale assetto geopolitico nell’area. Un sud Sudan indipendente e cristiano si collocherebbe di certo nella sfera degli alleati di Washington. Inoltre, non sono sconosciute le simpatie di Salva Kiir per Israele con cui il nuovo stato potrebbe tessere ottimi rapporti diplomatici. Il rischio conflitto derivante dalla scissione del Sudan è così forte da far convergere l'attenzione della Comunità internazionale su questo appuntamento elettorale. Quello che preoccupa è la difficile transizione post-elettorale che ne seguirà. Per USA e ONU l’importante che qualsiasi transizione ci sia questa avvenga pacificamente. Al contrario la Cina e i confinanti Paesi, specie quelli arabi, riuniti nella Lega Araba, temono una scissione soprattutto per motivi economico-commerciali e per questo supportano il governo di Khartoum. L’Egitto in particolare è preoccupato dall’esito del referendum. In ballo vi è la condivisione delle acque del fiume Nilo sulle quali finora ha avuto esclusivo utilizzo. Il vicino Ciad teme anche un effetto domino del referendum. Il Paese africano è infatti, nelle stesse condizioni del suo vicino con un nord popolato da una popolazione da una maggioranza arabo musulmana al potere, mentre il sud è popolato da popolazione di etnia nera, cristiani o animisti. Comunque sia il governo sudanese di Khartoum, per bocca del suo presidente, Omar el Bashir si è impegnato a rispettarne i risultati elettorali. Ieri il presidente sudanese, in visita nel sud del Paese, l’ha riaffermato nel corso di un discorso pronunciato a Juba, capitale del sud. Anche se attraverso il voto. Ancora una volta il confronto è tra le tribù sudanesi ed è un confronto ancora sulla scelta tra il Nord e il Sud come oltre vent’anni prima. Alcune sceglieranno di andare con il Nord, ma in molte, in tante andranno con il Sud. E’ opinione generale infatti, che il Sud si staccherà dal Nord. Per il fatto che il sud è ricco di petrolio e che si tratta di un appuntamento risolutivo l’appuntamento referendario vede intrecciarsi attorno interessi economici e contrasti interreligiosi. Mentre il nord del Paese africano è saldamente nelle mani del presidente Omar el Bashir e del governo di Khartoum, e il territorio della regione semiautonoma sudanese del sud è controllato dagli uomini dell'ex Esercito per la Liberazione del Popolo Sudanese, che dopo essersi disciolto ora è un movimento politico, il Sudan Peoples Liberation Movement, Splm, il cui leader è il presidente, Salva Kiir Mayardit di etnia dinka. I due sono stati recentemente riconfermati, nelle elezioni tenutesi nel mese di aprile del 2010, alla presidenza delle rispettive parti del Paesi. In verità gli accordi di pace di Nairobi stabilirono che si sarebbero dovuti tenere simultaneamente due referendum: il primo sull'autodeterminazione del sud e il secondo sul destino del distretto petrolifero di Abyei. Quest’ultimo è stato però, posticipato a data da stabilirsi a causa di un mancato accordo tra le parti e a causa di forti dissensi che hanno provocato non poche tensioni nella regione. Questo distretto fino ad ora, in base a quanto stabilito dagli accordi di pace del 2005, fa parte allo stesso tempo del Nord, in quanto inclusa nella regione del Bahr El Ghazal, e del Sud, come distretto del Kordofan meridionale. La parte nord, ricca di giacimenti petroliferi e abitata dalle popolazioni nomadi arabe dei Missiriyah, vicine a Khartoum, mentre la parte a sud, molto fertile e ricca di acqua e abitata dalle popolazioni nere e stanziali dedite all’agricoltura dei Ngok Dinka, molto vicine a Juba. I Missiriyah, istigati da Khartoum, pretendono di partecipare al referendum, mentre il governo di Juba ha fatto sapere che saranno solo i Ngok Dinka a votare il 9 gennaio. Nei mesi scorsi la questione è stata causa di diversi cruenti e sanguinosi scontri tra le due etnie. Finora nord e sud non sono riusciti a trovare un accordo sul diritto di voto ai Misseriah. Per le autorità del sud non hanno diritto a votare perché non vivono stabilmente in quella regione e accusano il nord di volere alterare i risultati del referendum facendo confluire gran parte della tribù nomade verso Abyei apposta per le elezioni. I Misseriah invece, considerano Abyei la loro casa e hanno già fatto sapere che saboteranno il referendum e ricorreranno alla violenza se non potranno votare. La popolazione di Abyei non si è ancora registrata per il voto, in assenza dei criteri definitivi per distinguere i residenti dai non residenti. Questo referendum non si terrà almeno per ora.

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Una fiammella accesa per tutte le persone che soffrono al mondo

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Nel mondo sono tante le persone che piangono e soffrono a loro dedico un affettuoso pensiero....

Unioni Civili

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SI ALLE UNIONI CIVILI NO ALLE ADOZIONI

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A tutti quei bravi ragazzi morti per l'Italia

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Nel mondo ogni giorno vengono compiute carneficine immani in cui le vittime sono inermi civili

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il volto di un immigrato

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DARFUR:NON C'E' PIU' TEMPO DA PERDERE!

IN DARFUR SONO DECINE SE NON CENTINAIA LE PERSONE CHE MUOIONO OGNI MESE...
FAI LORO DEL BENE... AIUTA I RIFUGIATI E I PROFUGHI DEL DARFUR FACENDO UNA DONAZIONE ALL'AGENZIA ONU PER I RIFUGIATI UNHCR CHIAMA LO 0680212304 PER SAPERE COME FARE....
RICORDATI BASTANO 31 EURO PER ACQUISTARE 8 COPERTE, 51 EURO PER UNA TENDA E 200 EURO PER DARE ASSISTENZA MEDICA A 25 FAMIGLIE...

Un bambino del Darfur

Un bambino del Darfur
aiuta ad aiutarlo sostieni le iniziative pro Darfur
In Darfur dal 2003 ad oggi sono state compiute esecuzioni, anche di massa, stupri, soprattutto di massa, nei confronti di donne, uomini e bambini e interi villaggi sono stati rasi al suolo. Il terrore è stato usato come pratica generalizzata e a sfondo razziale mentre lo stupro è diventato una vera e propria arma da guerra.
Il governo sudanese di Khartoum da parte sua ha bombardato senza sosta i civili, e ha reso sempre più difficili le operazioni di soccorso delle organizzazioni umanitarie nei confronti delle genti del Darfur, fino al punto di far scappare via la maggior parte delle Ong operanti nella regione sudanese e liberarsi così di scomodi testimoni di quanto accadeva in quei luoghi. La stessa tattica è stata seguita prima con i peacekeepers dell'Ua e poi con quelli dell'Onu...
Tutto il mondo è a conoscenza di quanto accade in quella remota regione sudanese e lancia denunce. Da un lato Washington parla di genocidio, dall’altro l'Onu parla di catastrofe umanitaria e di pulizia etnica.
Il tutto però resta nella totale impunità!
Intanto, dal Febbraio 2003 anno in cui è iniziata la ribellione della popolazione di etnia africana del Darfur, circa 6 milioni in maggioranza musulmana e in parte animista, contro il governo sudanese, musulmano ma integralista e soprattutto di etnia araba e bianca, è scoppiato il conflitto che ha causato finora circa 300mila morti e due milioni e mezzo di profughi. Una protesta nata per lo stato di totale abbandono e sfruttamento in cui la popolazione nera era tenuta. La repressione del governo centrale è stata spietata, soprattutto facendo uso dei Janjaweed, i diavoli a cavallo, che sono milizie nomadi di etnia araba che hanno compiuto tutti gli orrori possibili e inimmaginabili contro le genti del Darfur di etnia nera, per lo più contadini e pastori.

Il pianto di un innocente a Gaza

Il pianto di un innocente a Gaza
Ancora una volta il mondo intero si dovrebbe vergognare!!!
La guerra chi puo raccontarla? E' difficile farlo ma tutti possiamo immaginare come sia il sentire l'odore dei morti abbandonati nelle strade o sotto le macerie, il vedere i bambini che muoiono di fame accanto al cadavere della madre, il sentire il lamento dei feriti e lo strazio dei sopravvissuti, di chi si vede impotente e maledice chi gli ha portato via tutto.
Nella Striscia di Gaza siamo ormai quasi alla terza settimana di bombardamenti e inesorabilmente, come non potrebbe essere diversamente con tutta la tecnologia militare del 21° secolo che gli israeliani stanno usando, il numero dei morti tra i civili continuato ad aumentare, mentre l'esercito israeliano bombarda le loro case si moltiplicano tra i palestinesi le scene di disperazione e di dolore causati dagli effetti devastanti della guerra che certamente non sono cambiati nel tempo anzi al contrario.

Giugno 2009: La rivoluzione di velluto in Iran

Giugno 2009: La rivoluzione di velluto in Iran
Sono solidale con i persiani che manifestano

Il 12 giugno 2010 è caduto il primo anniversario delle contestate elezioni iraniane. Elezioni che decretarono la riconferma a presidente dell’Iran di Mahmud Ahmadinejad. Il Paese ha vissuto le prime ora di questa giornata con una calma carica di tensione che poi, è scoppiata nel pomeriggio intorno alle 16, le 13.30 italiane con i primi scontri tra manifestanti e forze di sicurezza nei pressi dell’Università Sharif di Teheran. Era impensabile che l’opposizione iraniana del movimento riformista dell’Onda Verde si facesse scappare questa occasione per proclamare il proprio dissenso al regime degli Ayatollah. I luoghi delle sanguinose proteste post elettorali di un anno fa si sono quindi di nuovo riempiti di manifestanti. Questo, nonostante l’appello dei leader dell’opposizione, Moussavi e Karroubi, a evitare di scendere in piazza e nonostante che le forze di sicurezza avessero preso posizione in vari punti strategici del centro di Teheran per prevenire manifestazioni. Nonostante le proteste e le accuse di brogli elettorali il contestato presidente Ahmadinejad ha potuto proseguire nel suo mandato, quasi certamente usurpato, grazie all’appoggio dell’ayatollah Ali Khamenei, la Guida Suprema. La lotta continuerà. Viva la Persia! Viva il movimento riformista!


i 44 presidenti degli Usa

i 44 presidenti degli Usa
da www.patrickmoberg.com/blog/id:420/november-4-2008

The President United States of America

The President United States of America
Barack Obama

E' morta Miriam Makeba

E' morta Miriam Makeba
Addio Mama Afrika....io continuerò a sognare...

Notes

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Italia. Violenza sessuale è allarme sociale


Dopo i recenti casi di stupri, a Roma, Bologna e Milano non si riesce quasi più a tenere il conto degli episodio di violenza sessuale che, dall'inizio dell'anno, si stanno susseguendo in Italia ad opera principalmente di stranieri. Un orribile reato che si verifica nelle grandi città metropolitane come nei piccoli centri urbani. Emergono dati da brividi dalle informazioni fornite dal Presidente facente funzioni del Tribunale di Como Giuseppe Anzani e dal Procuratore capo Alessandro Maria Lodolini. Ogni 4 giorni in Procura a Como arriva una denuncia per violenza sessuale. I fascicoli aperti tra luglio 2007 e giugno 2008 sono stati 89, tra violenze sessuali e pedofilia. Ma è solo la punta di un iceberg in quanto, il reato, per la quasi totalità è sommerso perché prevale ancora la paura e la vergogna a denunciare la violenza subita. Fino ad oggi la violenza che subivano le donne era soprattutto domestica, ma gli episodi di violenza che hanno visto protagoniste, loro malgrado, delle donne avvenuti negli ultimi giorni, per le strade, propongono una nuova emergenza. Un autorevole testimonianza è portata da Telefono Rosa che da anni conosce il fenomeno ed assiste le vittime. “Ciò che sta avvenendo dall'inizio dell'anno, precisa il presidente Maria Gabriella Carnieri Moscatelli, mi preoccupa. Non so se è solo l'effetto di maggiori denunce ma, dal nostro osservatorio, non era mai stato rilevata una cosa simile”. Gli avvenimenti degli ultimi giorni non fanno altro che conferma un'allarmante costante: in testa alla classifica degli autori di stupri ci sono gli stranieri. Il triste primato vede fra i primi i romeni, seguiti da marocchini e albanesi che sembra abbiano dato il via ad una esecrabile escalation di violenza contro le donne. Assodato che nella stragrande maggioranza dei casi questi episodi sono commessi da stranieri, spesso clandestini, ora si deve dare a tutto questo uno stop. Certezza della pena, custodia cautelare in carcere per chi è accusato di violenza sessuale ed esclusione di attenuanti per chi delinque sotto effetto di alcool e droghe. Tutto ovviamente tenendo conto di due elementi fondamentali: abbattere l'allarme sociale provocato da questo tipo di reati e tutelare la dignità della vittima, che va assicurata anche nel percorso dibattimentale.
Per raggiungere un risultato anzitutto è importante l'introduzione nel ddl sicurezza dell'obbligo del carcere per chi stupra. Forse il decreto 'anti-stupro' sarà pronto per venerdì esso dovrebbe contenere, come annunciato, importanti novità: gli accusati di stupro non potranno beneficiare della libertà condizionale, ci sarà un avvocato a spese dello Stato per le vittime di violenza sessuale, arriveranno nuovi presidi di polizia con relativi stanziamenti, saranno anticipate le norme contenute nel ddl anti-molestie che la Camera ha già approvato. Tra le altre cose, ci dovrebbero essere anche aggravanti se a commettere violenza sono familiari, partner o tutori; un pesante aggravio di pena se la vittima è sotto i 14 anni; uguale trattamento, invece, se la vittima è maggiorenne o appena sotto i 18; ergastolo sicuro, se allo stupro segue la morte della vittima. Mano pesante anche per i complici: nessuna possibilità di godere dei domiciliari neppure per i favoreggiatori.

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La scuola pubblica in Italia con la 'Riforma Gelmini'

Esprimo la mia piena solidarietà con tutti coloro che protestano contro la Legge 133/08 la cosidetta 'Riforma Gelmini'....

Le cifre presentate nel decreto fanno venire i brividi: i tagli previsti dal decreto legge 112, poi convertito nella legge 133/08, e gli ulteriori provvedimenti contenuti nel decreto 137 porteranno, a livello nazionale, ad una riduzione di circa 100mila posti tra il personale docente e di 43mila posti tra quello Ata (ausiliari, tecnici e amministrativi).
Per molti, anche per i non addetti ai lavori, l'effetto provocato dalla legge che in pratica azzererà in poco tempo le faticose conquiste di anni e anni, non solo in termini di posti di lavoro, ma anche di mission- educativa e di didattica, rende il momento dei più cupi e tristi degli ultimi anni. Ai tagli vanno poi sommati, le conseguenze che scaturiranno dalla reintroduzione del maestro unico nelle scuole elementari.
L'Europa chiede più scuola, più sapere e l'Italia che fa?
Il contrario!
Rientrodurre il maestro unico è compiere, di sicuro, un passo indietro di almeno mezzo secolo. Se non addirittura si ritorna al tempo del libro cuore, senza offesa per quel libro mio compagno di tanti pomeriggi.
Perchè tutto questo? Bella domanda!
Molto probabilmente si tenta di mascherare con questa supposta riforma quello che è il vero scopo del provvedimento: incassare o meglio risparmiare in poco meno di 4-5 anni 8miliardi di euro. Questa è la cifra stimata, che dovrebbe restare nelle casse dello stato.
Un risparmio quindi certo ottenuto tagliando centinaia di migliaia di posti di lavoro ma al contempo che produrrà anche un effetto negativo: quello di un drastico ridimensionamento del servizio scolastico pubblico in favore forse di quello privato. Inoltre un'altra diretta conseguenza della L.133/08 sarà la chiusura di decine e decine di plessi scolastici.
Molte scuole, soprattutto nei piccoli centri urbani, non ci saranno più. A scomparire sarà anche un altro degli elementi cardine dell'istruzione primaria italiana: il tempo pieno. Bisogna fare attenzione, chi sostiene che il tempo pieno non sarà toccato dalla riforma o che addirittura aumenterà mente sapendo di farlo.
Rifletteteci un poco e capirete perchè!
Se prima, per ogni 2 classi, c'erano 3 insegnanti d'ora in poi sarà uno per classe, a seguire e istruire dai 20 ai 30 alunni e che svolgerà il suo orario lavorativo settimanale esclusivamente di mattina. Pertanto al pomeriggio non potrà esserci altro che un sorta di dopo-scuola, trasformando il tempo pieno di fatto in un parcheggio pomeridiano per i bambini, che nulla ha da condividere con l'offerta didattica di cui fino ad ieri, prima della 'riforma Gelmini', gli alunni potevano usufruire con il tempo pieno.

...

ARRIVERA' PER NATALE UNA 'SOCIAL CARD' AD OLTRE 1MLN DI ITALIANI 'POVERI'

C’è un detto che dice: "meglio poco che niente!".
In questo caso tra il poco e il nulla ci sono così poche differenze che è difficile distinguerli.
La 'social card, almeno per il momento, sembra più l’ennesimo spot varato dal governo che piuttosto un provvedimento serio in grado di aiutare per davvero i più bisognosi.
Nessuno però si è ricordato di dire che ogni spesa effettuata con la 'social card' in automatico sarà data una commissione alla Mastercard che è la società che ha emmesso ed è la proprietà della card.
Bhe! Almeno qualcuno di certo ci guadagnerà da questa iniziativa...
Appare strano che un'iniziativa così benefica abbia comunque dei costi accessori...stranezze tutte italiane!

***

Parole....di Abraham Lincoln

Non si può arrivare alla prosperità

scoraggiando l'impresa.
Non si può rafforzare il debole
indebolendo il più forte.
Non si può aiutare chi è piccolo
abbattendo chi è grande.
Non si può aiutare il povero
distruggendo il ricco.
Non si possono aumentare le paghe
rovinando i datori di lavoro.
Non si può progredire serenamente
spendendo più del guadagno.
Non si può promuovere la fratellanza umana
predicando l'odio di classe.
Non si può instaurare la sicurezza sociale
adoperando denaro imprestato.
Non si può formare carattere e coraggioto
gliendo iniziativa e sicurezza.
Non si può aiutare continuamente
la gente facendo in sua vece quello che potrebbe
e dovrebbe fare da sola.

USA 2008: ELETTO PRESIDENTE BARACK OBAMA

USA 2008: ELETTO PRESIDENTE BARACK OBAMA

marito e padre

i due rivali

genere umano

GIOCHI OLIMPICI DI PECHINO

GIOCHI OLIMPICI DI PECHINO
da peacereporter

23/02/2002 - 02/07/2008 Ingrid Betancourt è stata liberata!

23/02/2002 - 02/07/2008                  Ingrid Betancourt è stata liberata!
faccio mia la gioia di tutti!

Finalmente liberi!!!

Finalmente liberi!!!

Grazie a loro la Betancourt è libera

Grazie a loro la Betancourt è libera
il ministro della Difesa colombiano Santos e il generale Montoya

Grazie Uribe!!

Grazie Uribe!!
La Betancourt ha incontrato il presidente colombiano Uribe che vinse le elezioni del 2002

madre e figlia!

madre e figlia!
Yolanda Pulecio e Ingrid Betancourt

le due Betancourt

le due Betancourt
Ingrid abbraccia la madre Yolanda

La gioia della libertà riconquistata

La gioia della libertà riconquistata
Ingrid Betancourt dopo la liberazione