lunedì 7 aprile 2014

Vent’anni fa il genocidio in Ruanda

Il genocidio avvenuto in Ruanda nell’estate del 1994 è stato uno dei più sanguinosi episodi nella storia del XX secolo e dove, per l’ennesima volta, il colpevole disinteresse del mondo ha permesso e contribuito al verificarsi dei tragici eventi.
Dal 6 aprile 1994 al 16 luglio 1994 vennero massacrate sistematicamente a colpi di armi da fuoco, machete e bastoni chiodati tra le 800mila e 1.100.000 persone tra uomini, donne e bambini colpevoli solo di appartenere all’etnia Tutsi, che costituiva nel Paese una minoranza rispetto agli hutu, a cui facevano capo i due gruppi paramilitari principali responsabili dell’eccidio, gli Interahamwe e gli Impuzamugambi.
I massacri e le barbarie che si protassero per 100 giorni non risparmiarono neanche una larga parte degli hutu moderati, soprattutto gli uomini politici.
Il segnale che diede il via alla carneficina fu dato dall’unica radio non sabotata, l’estremista RTLM conosciuta anche come ‘Radio Mille colline’ che invitava a seviziare e ad uccidere gli scarafaggi…i tutsi … “tagliate i rami alti” gridava attraverso la radio lo speaker Kantano.
I tutsi costituivano circa il 15 per cento della popolazione ed erano dediti prevalentemente all’attività di allevatori e pastori, erano giunti dall’Uganda e dall’Etiopia intorno al XV secolo; sono conosciuti anche con il nome di Watutsi o Watussi; gli hutu invece erano l’84 per cento ed erano dediti prevalentemente all’agricoltura ed eredi, dal punto di vista antropologico, dei bantu; erano giunti dal Ciad e dall’Africa australe; sono conosciuti anche con il nome di Wahutu; i Twa invece erano l’1 per cento e sono un popolo pigmeo e costituiscono gli abitanti originari del Ruanda erano prevalentemente cacciatori e artigiani, e furono spesso alleati con i Tutsi; sono anche conosciuti con il nome di Watwa.
Le divisioni etniche del Paese, molto forti e sentite dalla popolazione, sono state opera principalmente del dominio coloniale europeo, prima tedesco e poi belga, che iniziò a dividere le persone con l’introduzione della carta d’identità etnica e favorire quelli che consideravano più ricchi e di diversa origine ossia i tutsi. In realtà tutsi e hutu fanno parte dello stesso ceppo etnico culturale Bantu e parlano la stessa lingua.
La differenza tra tutsi e hutu era solo di clan o di stato sociale e non aveva nessuna connotazione razziale: sebbene sia esistito un rapporto di subordinazione fra i due gruppi, Hutu e Tutsi hanno sempre svolto ruoli complementari.
Il genocidio terminò col rovesciamento del governo hutu e la presa del potere, nel luglio del 1994, del Fronte Patriottico Ruandese, FPR, tutsi di Paul Kagame attuale presidente.
Come si era giunti al genocidio?
La fine degli anni ’80 il Ruanda era in piena crisi economica: a fronte di un forte aumento demografico, le risorse agricole del Paese erano restate le uniche e invariate. Le pressioni interne, unite alla richiesta occidentale di democratizzazione, indussero l’allora presidente
Juvenal Habyarimana, al potere con un governo dittatoriale dal 1973, a varare nel 1991 una nuova Costituzione, che prometteva il multipartitismo. Mentre continuava la guerriglia dell’FPR nato nel 1987, mentre continuavano i massacri da ambo le parti, il presidente firmò, il 4 agosto 1993, gli accordi di Arusha, che prevedono il rientro di tutti i profughi Tutsi e una sostanziale spartizione del potere con l’FPR.
Per assicurare l’effettivo adempimento degli accordi di Arusha, nell’ottobre del 1993 con la risoluzione Onu numero 872 il Palazzo di vetro autorizzò una missione di assistenza da inviare in Ruanda, l’UNAMIR, United Nations Assistance Mission for Ruanda, che durò fino al mese di marzo del 1996. Lo scopo di questa missione di pace era quello di calmare le tensioni etniche in Ruanda tra gli hutu, che governavano il Paese, e la minoranza tutsi, in gran parte raccolta nel FPR. Furono dispiegati circa 2550 peacekeepers il cui mandato era quello di assicurare la sicurezza della capitale Kigali, monitorare il rispetto del cessate il fuoco tra le parti, la smilitarizzazione delle fazioni, garantire sicurezza nel Paese durante il governo di transizione, indire nuove e democratiche elezioni, coordinare gli aiuti umani ed effetture lo sminamento del paese. Quando però la situazione nel Paese divenne incandescente stranamente i caschi blu furono fatti rientrare e restarono nel Paese solo 270 peacekeepers tutti canadesi e comandati dal generale Romeo Dallaire, che non volle mai abbandonare il Paese al suo destino. Vani furono i suoi tentativi di farsi inviare dall’Onu un nuovo contingente di almeno 5mila militari. I Paesi membri si rifiutarono di inviare i propri militari fino a quando l’ondata di violenza non fosse cessata. Sebbene disponesse di un contingente ridotto all’osso il generale Dallaire riuscì comunque a salvare migliaia di cittadini Tutsi da morte sicura. Quando nell’ agosto del 1994, a genocidio finito, il generale Dellaire chiese di rientrare in Canada perchè fortemente provato da quanto era accadutovenne sostituito dal generale Guy Tousignant.
L’UNAMIR è considerata uno dei grandi fallimenti delle Nazioni Unite, questo sia per la mancanza di regole di ingaggio chiare sia soprattutto per non essere riuscita ad evitare il genocidio ruandese.
Nel corso della missione persero la vita ben 27 militari.
Autore del progetto di genocidio fu l’Akazu, la casetta, il gruppo di potere formatosi attorno al presidente Habyarimana e al suo clan familiare, che non accettava limitazioni di potere e cominciò ad organizzarsi: vennero da prima creati e armati gli Interahamwe, quelli che lavorano insieme, milizie hutu irregolari; vennero acquistati dalla Cina, attraverso la ditta Chillington di Kigali, i machete; vennero redatte liste di esponenti Tutsi da uccidere.
Tutti gli hutu vennero chiamati a compiere il genocidio, chi non partecipava era considerato un nemico, e quindi andava eliminato. La mente di tutto fu l’allora il colonnello Theoneste Bagosora, capo di gabinetto del ministro della difesa.
Il 6 aprile 1994, l’aereo presidenziale di Habyarimana di ritorno da Dar es Salaam, dove aveva concordato una nuova formazione ministeriale, venne abbattuto da un missile terra-aria in fase di atterraggio a Kigali. Ancora oggi non si sa chi lanciò quel missile: le ipotesi più accreditate sono quelle che portano alle frange estremiste del partito presidenziale, le quali non accettavano la ratificazione dell’accordo di Arusha che concedeva al FPR, un ruolo politico e militare importante all’interno della società ruandese; un’altra ipotesi è quella che sostiene che fu proprio l’FPR a compiere l’attentato, convinto che il suo ruolo negli eventi sarebbe stato marginale e che i patti non sarebbero stati rispettati; negli ultimi tempi è stata inoltre incriminata la moglie del presidente, che proprio quel giorno, contrariamente alle sue abitudini, decise di prendere un mezzo alternativo all’aereo, forse perchè conosceva in anticipo la sorte del marito o forse perchè lei stessa ne aveva tessuto le trame.
Il 7 aprile a Kigali e nelle zone controllate dalle forze governative le FAR, Forze Armate Ruandesi, con il pretesto di una vendetta trasversale, iniziano i massacri e l’eliminazione fisica della popolazione tutsi e dell’opposizione democratica da parte della Guardia Presidenziale, dei miliziani dell’ex partito unico (Movimento Rivoluzionario Nazionale per lo sviluppo) e dei giovani hutu. Il via all’operazioni fu dato da Radio Mille Colline, che diede poi anche le notizie ed esultava per le azioni più spettacolari, invitando i tutsi a presentarsi ai posti di blocco istituiti dagli Interahamwe per essere uccisi. Molti adulti si sacrificano, nel tentativo di proteggere e salvare i bambini.
Per cancellare i tutsi dal Ruanda i miliziani Interahamwe uccisero coi machete, le asce, le lance, le mazze chiodate, le armi da fuoco. Istituirono delle barriere stradali e al controllo dei documenti le persone che avevano sulla carta d’identità l’appartenenza all’etnia Tutsi vennero massacrate.
Per i Tutsi non esistevano luoghi sicuri: anche le chiese vennero violate.
Sulle colline di Bisesero però decine di migliaia di persone si organizzarono per resistere.
Il 22 giugno Francia, Gran Bretagna e Belgio inviarono truppe di soccorso dando vita all’ ‘operazione turquoise’ che creò un corridoio umanitario, ufficilamente per la protezione e l’evacuazione dei propri cittadini ma in realtà l’intervento venne utilizzato dagli autori dei massacri per proteggere la propria fuga dal Paese. Salvati gli europei, la comunità internazionale e Onu in testa abbandonarono i ruandesi al loro destino, mentre discutevano ancora se si trattasse o meno di genocidio.
L’FPR di Kagame, prese il potere a luglio e nei mesi successivi si verificò uno spaventoso esodo di massa degli hutu, terrorizzati dalla sanguinosa vendetta operata nei loro confronti. Circa 2 milioni di profughi fuggirono verso l’allora Zaire, Tanzania e Burundi.
Per individuare e giudicare i responsabili del genocidio, nel novembre del 1994 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha creato il TPIR, Tribunale Penale Internazionale per il Ruanda, con sede ad Arusha, in Tanzania.
L’Alta corte del tribunale penale internazionale dell’Aja, Tpi, poco più di sei anni fa ha emesso, a 14 anni di distanza, una sentenza che dovrebbe rendere giustizia, almeno in parte, a chi ha subito il genocidio compiuto nel Paese africano nel 1994. Il Tpi ha condannato per genocidio e crimini contro l’umanità colui che è stato considerato la mente di tutto, l’ormai sessantasettenne ex colonello dell’esercito ruandese, Theoneste Bagosora di etnia hutu. Per il militare l’accusa è di essere stato a suo tempo il comandante delle milizie hutu ‘Interahamwe’, squadre della morte che si resero colpevoli del massacro di oltre 800mila tutsi e hutu moderati. Bagosora è stato condannato all’ergastolo, con lui sono stati giudicati e condannati altri due ex alti ufficiali militari, Aloys Ntabakuze e Anatole Nsengiyumva mentre un terzo ufficiale, il generale Gratien Kabiligi, è stato assolto. Al cognato dell’ex presidente Habyarimana, Protais Zigiranyirazo invece sono stati comminati 20 anni di reclusione. E’ stato ritenuto responsabile di aver aiutato e incoraggiato il massacro di circa 1.500 tutsi l’8 aprile del 1994 sulla collina di Kesho, a Gisenyi, nel nord del Paese.
Il procuratore capo dell’Alta corte di Arusha, Hassan Bubacar Jallow, aveva chiesto per tutti la condanna all’ergastolo. Secondo l’accusa, tutti gli imputati condannati hanno cospirato per elaborare un piano di sterminio della popolazione tutsi ed eliminare i membri dell’opposizione.
Ferdinando Pelliccia

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DARFUR:NON C'E' PIU' TEMPO DA PERDERE!

IN DARFUR SONO DECINE SE NON CENTINAIA LE PERSONE CHE MUOIONO OGNI MESE...
FAI LORO DEL BENE... AIUTA I RIFUGIATI E I PROFUGHI DEL DARFUR FACENDO UNA DONAZIONE ALL'AGENZIA ONU PER I RIFUGIATI UNHCR CHIAMA LO 0680212304 PER SAPERE COME FARE....
RICORDATI BASTANO 31 EURO PER ACQUISTARE 8 COPERTE, 51 EURO PER UNA TENDA E 200 EURO PER DARE ASSISTENZA MEDICA A 25 FAMIGLIE...

Un bambino del Darfur

Un bambino del Darfur
aiuta ad aiutarlo sostieni le iniziative pro Darfur
In Darfur dal 2003 ad oggi sono state compiute esecuzioni, anche di massa, stupri, soprattutto di massa, nei confronti di donne, uomini e bambini e interi villaggi sono stati rasi al suolo. Il terrore è stato usato come pratica generalizzata e a sfondo razziale mentre lo stupro è diventato una vera e propria arma da guerra.
Il governo sudanese di Khartoum da parte sua ha bombardato senza sosta i civili, e ha reso sempre più difficili le operazioni di soccorso delle organizzazioni umanitarie nei confronti delle genti del Darfur, fino al punto di far scappare via la maggior parte delle Ong operanti nella regione sudanese e liberarsi così di scomodi testimoni di quanto accadeva in quei luoghi. La stessa tattica è stata seguita prima con i peacekeepers dell'Ua e poi con quelli dell'Onu...
Tutto il mondo è a conoscenza di quanto accade in quella remota regione sudanese e lancia denunce. Da un lato Washington parla di genocidio, dall’altro l'Onu parla di catastrofe umanitaria e di pulizia etnica.
Il tutto però resta nella totale impunità!
Intanto, dal Febbraio 2003 anno in cui è iniziata la ribellione della popolazione di etnia africana del Darfur, circa 6 milioni in maggioranza musulmana e in parte animista, contro il governo sudanese, musulmano ma integralista e soprattutto di etnia araba e bianca, è scoppiato il conflitto che ha causato finora circa 300mila morti e due milioni e mezzo di profughi. Una protesta nata per lo stato di totale abbandono e sfruttamento in cui la popolazione nera era tenuta. La repressione del governo centrale è stata spietata, soprattutto facendo uso dei Janjaweed, i diavoli a cavallo, che sono milizie nomadi di etnia araba che hanno compiuto tutti gli orrori possibili e inimmaginabili contro le genti del Darfur di etnia nera, per lo più contadini e pastori.

Il pianto di un innocente a Gaza

Il pianto di un innocente a Gaza
Ancora una volta il mondo intero si dovrebbe vergognare!!!
La guerra chi puo raccontarla? E' difficile farlo ma tutti possiamo immaginare come sia il sentire l'odore dei morti abbandonati nelle strade o sotto le macerie, il vedere i bambini che muoiono di fame accanto al cadavere della madre, il sentire il lamento dei feriti e lo strazio dei sopravvissuti, di chi si vede impotente e maledice chi gli ha portato via tutto.
Nella Striscia di Gaza siamo ormai quasi alla terza settimana di bombardamenti e inesorabilmente, come non potrebbe essere diversamente con tutta la tecnologia militare del 21° secolo che gli israeliani stanno usando, il numero dei morti tra i civili continuato ad aumentare, mentre l'esercito israeliano bombarda le loro case si moltiplicano tra i palestinesi le scene di disperazione e di dolore causati dagli effetti devastanti della guerra che certamente non sono cambiati nel tempo anzi al contrario.

Giugno 2009: La rivoluzione di velluto in Iran

Giugno 2009: La rivoluzione di velluto in Iran
Sono solidale con i persiani che manifestano

Il 12 giugno 2010 è caduto il primo anniversario delle contestate elezioni iraniane. Elezioni che decretarono la riconferma a presidente dell’Iran di Mahmud Ahmadinejad. Il Paese ha vissuto le prime ora di questa giornata con una calma carica di tensione che poi, è scoppiata nel pomeriggio intorno alle 16, le 13.30 italiane con i primi scontri tra manifestanti e forze di sicurezza nei pressi dell’Università Sharif di Teheran. Era impensabile che l’opposizione iraniana del movimento riformista dell’Onda Verde si facesse scappare questa occasione per proclamare il proprio dissenso al regime degli Ayatollah. I luoghi delle sanguinose proteste post elettorali di un anno fa si sono quindi di nuovo riempiti di manifestanti. Questo, nonostante l’appello dei leader dell’opposizione, Moussavi e Karroubi, a evitare di scendere in piazza e nonostante che le forze di sicurezza avessero preso posizione in vari punti strategici del centro di Teheran per prevenire manifestazioni. Nonostante le proteste e le accuse di brogli elettorali il contestato presidente Ahmadinejad ha potuto proseguire nel suo mandato, quasi certamente usurpato, grazie all’appoggio dell’ayatollah Ali Khamenei, la Guida Suprema. La lotta continuerà. Viva la Persia! Viva il movimento riformista!


i 44 presidenti degli Usa

i 44 presidenti degli Usa
da www.patrickmoberg.com/blog/id:420/november-4-2008

The President United States of America

The President United States of America
Barack Obama

E' morta Miriam Makeba

E' morta Miriam Makeba
Addio Mama Afrika....io continuerò a sognare...

Notes

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Italia. Violenza sessuale è allarme sociale


Dopo i recenti casi di stupri, a Roma, Bologna e Milano non si riesce quasi più a tenere il conto degli episodio di violenza sessuale che, dall'inizio dell'anno, si stanno susseguendo in Italia ad opera principalmente di stranieri. Un orribile reato che si verifica nelle grandi città metropolitane come nei piccoli centri urbani. Emergono dati da brividi dalle informazioni fornite dal Presidente facente funzioni del Tribunale di Como Giuseppe Anzani e dal Procuratore capo Alessandro Maria Lodolini. Ogni 4 giorni in Procura a Como arriva una denuncia per violenza sessuale. I fascicoli aperti tra luglio 2007 e giugno 2008 sono stati 89, tra violenze sessuali e pedofilia. Ma è solo la punta di un iceberg in quanto, il reato, per la quasi totalità è sommerso perché prevale ancora la paura e la vergogna a denunciare la violenza subita. Fino ad oggi la violenza che subivano le donne era soprattutto domestica, ma gli episodi di violenza che hanno visto protagoniste, loro malgrado, delle donne avvenuti negli ultimi giorni, per le strade, propongono una nuova emergenza. Un autorevole testimonianza è portata da Telefono Rosa che da anni conosce il fenomeno ed assiste le vittime. “Ciò che sta avvenendo dall'inizio dell'anno, precisa il presidente Maria Gabriella Carnieri Moscatelli, mi preoccupa. Non so se è solo l'effetto di maggiori denunce ma, dal nostro osservatorio, non era mai stato rilevata una cosa simile”. Gli avvenimenti degli ultimi giorni non fanno altro che conferma un'allarmante costante: in testa alla classifica degli autori di stupri ci sono gli stranieri. Il triste primato vede fra i primi i romeni, seguiti da marocchini e albanesi che sembra abbiano dato il via ad una esecrabile escalation di violenza contro le donne. Assodato che nella stragrande maggioranza dei casi questi episodi sono commessi da stranieri, spesso clandestini, ora si deve dare a tutto questo uno stop. Certezza della pena, custodia cautelare in carcere per chi è accusato di violenza sessuale ed esclusione di attenuanti per chi delinque sotto effetto di alcool e droghe. Tutto ovviamente tenendo conto di due elementi fondamentali: abbattere l'allarme sociale provocato da questo tipo di reati e tutelare la dignità della vittima, che va assicurata anche nel percorso dibattimentale.
Per raggiungere un risultato anzitutto è importante l'introduzione nel ddl sicurezza dell'obbligo del carcere per chi stupra. Forse il decreto 'anti-stupro' sarà pronto per venerdì esso dovrebbe contenere, come annunciato, importanti novità: gli accusati di stupro non potranno beneficiare della libertà condizionale, ci sarà un avvocato a spese dello Stato per le vittime di violenza sessuale, arriveranno nuovi presidi di polizia con relativi stanziamenti, saranno anticipate le norme contenute nel ddl anti-molestie che la Camera ha già approvato. Tra le altre cose, ci dovrebbero essere anche aggravanti se a commettere violenza sono familiari, partner o tutori; un pesante aggravio di pena se la vittima è sotto i 14 anni; uguale trattamento, invece, se la vittima è maggiorenne o appena sotto i 18; ergastolo sicuro, se allo stupro segue la morte della vittima. Mano pesante anche per i complici: nessuna possibilità di godere dei domiciliari neppure per i favoreggiatori.

***

La scuola pubblica in Italia con la 'Riforma Gelmini'

Esprimo la mia piena solidarietà con tutti coloro che protestano contro la Legge 133/08 la cosidetta 'Riforma Gelmini'....

Le cifre presentate nel decreto fanno venire i brividi: i tagli previsti dal decreto legge 112, poi convertito nella legge 133/08, e gli ulteriori provvedimenti contenuti nel decreto 137 porteranno, a livello nazionale, ad una riduzione di circa 100mila posti tra il personale docente e di 43mila posti tra quello Ata (ausiliari, tecnici e amministrativi).
Per molti, anche per i non addetti ai lavori, l'effetto provocato dalla legge che in pratica azzererà in poco tempo le faticose conquiste di anni e anni, non solo in termini di posti di lavoro, ma anche di mission- educativa e di didattica, rende il momento dei più cupi e tristi degli ultimi anni. Ai tagli vanno poi sommati, le conseguenze che scaturiranno dalla reintroduzione del maestro unico nelle scuole elementari.
L'Europa chiede più scuola, più sapere e l'Italia che fa?
Il contrario!
Rientrodurre il maestro unico è compiere, di sicuro, un passo indietro di almeno mezzo secolo. Se non addirittura si ritorna al tempo del libro cuore, senza offesa per quel libro mio compagno di tanti pomeriggi.
Perchè tutto questo? Bella domanda!
Molto probabilmente si tenta di mascherare con questa supposta riforma quello che è il vero scopo del provvedimento: incassare o meglio risparmiare in poco meno di 4-5 anni 8miliardi di euro. Questa è la cifra stimata, che dovrebbe restare nelle casse dello stato.
Un risparmio quindi certo ottenuto tagliando centinaia di migliaia di posti di lavoro ma al contempo che produrrà anche un effetto negativo: quello di un drastico ridimensionamento del servizio scolastico pubblico in favore forse di quello privato. Inoltre un'altra diretta conseguenza della L.133/08 sarà la chiusura di decine e decine di plessi scolastici.
Molte scuole, soprattutto nei piccoli centri urbani, non ci saranno più. A scomparire sarà anche un altro degli elementi cardine dell'istruzione primaria italiana: il tempo pieno. Bisogna fare attenzione, chi sostiene che il tempo pieno non sarà toccato dalla riforma o che addirittura aumenterà mente sapendo di farlo.
Rifletteteci un poco e capirete perchè!
Se prima, per ogni 2 classi, c'erano 3 insegnanti d'ora in poi sarà uno per classe, a seguire e istruire dai 20 ai 30 alunni e che svolgerà il suo orario lavorativo settimanale esclusivamente di mattina. Pertanto al pomeriggio non potrà esserci altro che un sorta di dopo-scuola, trasformando il tempo pieno di fatto in un parcheggio pomeridiano per i bambini, che nulla ha da condividere con l'offerta didattica di cui fino ad ieri, prima della 'riforma Gelmini', gli alunni potevano usufruire con il tempo pieno.

...

ARRIVERA' PER NATALE UNA 'SOCIAL CARD' AD OLTRE 1MLN DI ITALIANI 'POVERI'

C’è un detto che dice: "meglio poco che niente!".
In questo caso tra il poco e il nulla ci sono così poche differenze che è difficile distinguerli.
La 'social card, almeno per il momento, sembra più l’ennesimo spot varato dal governo che piuttosto un provvedimento serio in grado di aiutare per davvero i più bisognosi.
Nessuno però si è ricordato di dire che ogni spesa effettuata con la 'social card' in automatico sarà data una commissione alla Mastercard che è la società che ha emmesso ed è la proprietà della card.
Bhe! Almeno qualcuno di certo ci guadagnerà da questa iniziativa...
Appare strano che un'iniziativa così benefica abbia comunque dei costi accessori...stranezze tutte italiane!

***

Parole....di Abraham Lincoln

Non si può arrivare alla prosperità

scoraggiando l'impresa.
Non si può rafforzare il debole
indebolendo il più forte.
Non si può aiutare chi è piccolo
abbattendo chi è grande.
Non si può aiutare il povero
distruggendo il ricco.
Non si possono aumentare le paghe
rovinando i datori di lavoro.
Non si può progredire serenamente
spendendo più del guadagno.
Non si può promuovere la fratellanza umana
predicando l'odio di classe.
Non si può instaurare la sicurezza sociale
adoperando denaro imprestato.
Non si può formare carattere e coraggioto
gliendo iniziativa e sicurezza.
Non si può aiutare continuamente
la gente facendo in sua vece quello che potrebbe
e dovrebbe fare da sola.

USA 2008: ELETTO PRESIDENTE BARACK OBAMA

USA 2008: ELETTO PRESIDENTE BARACK OBAMA

marito e padre

i due rivali

genere umano

GIOCHI OLIMPICI DI PECHINO

GIOCHI OLIMPICI DI PECHINO
da peacereporter

23/02/2002 - 02/07/2008 Ingrid Betancourt è stata liberata!

23/02/2002 - 02/07/2008                  Ingrid Betancourt è stata liberata!
faccio mia la gioia di tutti!

Finalmente liberi!!!

Finalmente liberi!!!

Grazie a loro la Betancourt è libera

Grazie a loro la Betancourt è libera
il ministro della Difesa colombiano Santos e il generale Montoya

Grazie Uribe!!

Grazie Uribe!!
La Betancourt ha incontrato il presidente colombiano Uribe che vinse le elezioni del 2002

madre e figlia!

madre e figlia!
Yolanda Pulecio e Ingrid Betancourt

le due Betancourt

le due Betancourt
Ingrid abbraccia la madre Yolanda

La gioia della libertà riconquistata

La gioia della libertà riconquistata
Ingrid Betancourt dopo la liberazione