
“La situazione è drammatica ed è insostenibile sul piano della salute”. Ad affermarlo Antonio Marfella, tossicologo e oncologo dell'istituto nazionale tumori Irccs 'Fondazione G. Pascale' di Napoli e referente di Isde - Medici per l'ambiente.
Dati dell'Organizzazione mondiale della sanità, Oms, rivelano che in Campania si registra un aumento della mortalità del 9-12%, delle malformazioni di ben l'84% e una diffusione dei tumori stimata in crescita di 19 punti percentuali tra gli uomini e di 29 tra le donne. In alcuni punti della provincia poi, si rivelano punte di tumori che arrivano al 400%.
I dati diffusi recentemente dall'istituto dei tumori di Napoli 'Pascale' parlano di un incremento di mortalità per tumori negli ultimi vent'anni nella provincia di Napoli del 47% per gli uomini e del 40% per le donne, nella provincia di Caserta del 28,4% per gli uomini e del 32,7% per le donne.
La problematica riguarda un’area immensa situata a nord di Napoli, tra le città di Caivano e Acerra e abbraccia anche il nolano e casertano con ripercussioni sia sui comuni limitrofi sia sulla stessa città di Napoli attraverso nubi tossiche e maleodoranti.
Un’area che è ormai tristemente nota come la ‘Terra dei fuochi’ e dove, secondo dati recentemente diffusi, negli ultimi due anni si sono verificati almeno tre roghi tossici ogni due giorni. http://www.laterradeifuochi.it/
Un’area dove ogni giorno vengono smaltite almeno di 30mila tonnellate di rifiuti tossici industriali. Si tratta per lo più di scarti di lavorazioni agricole, industriali, principalmente tessuti e pellami, scarti dell'edilizia privata e pneumatici che vengono abbandonati furtivamente nelle strade periferiche del napoletano. Atti criminali compiuti da imprenditori senza scrupoli che per abbattere i costi di produzione o per non far emergere quote di produzione sommersa con conseguente evasione fiscale, ricorrono allo smaltimento illecito dei residui di lavorazione.
Ad essere interessate dal fenomeno sono per lo più le aree periferiche di confine tra i vari territori comunali. Si tratta quindi di aree incontrollate su cui cadono diverse problematiche di competenza anche territoriale e in cui vi è una forte presenza di rom. Un fatto questo, che ha la sua rilevanza nel fenomeno in quanto i rom, incuranti della conseguenze per tutti, oltre a bruciare le carcasse di auto abbandonate e cavi elettrici per ricavarci rame, danno fuoco a tutte le ore del giorno e della notte anche a questi rifiuti. Spesso, come da più parti viene ipotizzato, su commissione degli stessi autori degli sversamenti illegali per farne sparire ogni traccia e anche per ‘fare spazio’ ad altri sversamenti.
Purtroppo, seppur periodicamente bonificati, questi siti di smaltimento illegale, tornano nuovamente a essere utilizzati da chi ha interesse a smaltire illegalmente i propri rifiuti.
Da parte loro i sindaci dei comuni situati nei territori coinvolti dalla problematica si difendono affermando di fare il proprio dovere per tutelare la salute dei propri concittadini, ma che diventa sempre più difficile gestire la situazione a causa delle ristrettezze economiche in cui si trovano le loro amministrazioni. Per far fronte a questa emergenza sopperendo alle scarse risorse molti Amministratori locali si sono coalizzati tra loro. Nel senso che lo scorso 23 marzo hanno firmato un protocollo d'intesa con la Prefettura di Napoli. Un documento sull’attività di prevenzione e vigilanza finalizzate ad evitare fenomeni di abbandono dei rifiuti, nonchè ad impedire l'illegale smaltimento degli stessi attraverso roghi in luoghi pubblici e privati a cui hanno voluto aderire anche Regione Campania e Provincia di Napoli. L'impegno preso dalla Regione Campania è stato soprattutto di mettere a disposizione le sue risorse e a permettere un uso delle sue tecnologie, come la videosorveglianza. In questo modo si vuole soddisfare la richiesta giunta da diverse amministrazioni locali di provvedere ad una videosorveglianza delle zone a maggiore incidenza del fenomeno dei roghi tossici.
I sindaci impegnati con tutte le loro ‘forze’ nella lotta al fenomeno, dopo la recente adesione di altri 8 comuni, sono ora 25. Le new entry sono i comuni di Marano, Mugnano, Palma Campania, Qualiano, Roccarainola, Somma Vesuviana, Terzigno e Villaricca.
Alla forte sensibilizzazione alla lotta al fenomeno, mostrata da tante Amministrazioni comunali,
si associa anche l’adesione dell'Arpac, delle Asl 1 centro, 2 Nord e 3 Sud e di quattro associazioni ambientaliste: Fai, Legambiente, Vas (Associazione Verdi ambiente e Società onlus) e dalle Guardie Ambientali d'Italia, associazioni di categoria, Camera di Commercio, Conai, Anas del Compartimento della viabilità in Campania e Compartimento della Polizia stradale di Napoli.
Sul fenomeno è forte l'attenzione e l’impegno anche della Chiesa. Oltre al Cardinale di Napoli, Monsignor Crescenzio Sepe vi è una forte partecipazione, anche in prima linea, di molti parroci.
Tra gli impegni stabiliti dall'intesa spicca la formazione delle polizie locali dei diversi comuni che potranno prepararsi ad affrontare al meglio i reati ambientali all'interno della Scuola Regionale di Polizia Locale della Regione Campania attraverso stage e incontri formativi. I Comuni firmatari, per parte loro, si impegnano anche a liberare i siti abusivi dai rifiuti inquinanti.
Il contrasto messo in atto finora dai comuni ha, dall’ottobre del 2010 ad oggi, permesso di arrestare nell’area interessata 155 persone e denunciarne 804 per crimini ambientali legati allo smaltimento ed all'incendio di rifiuti speciali e pericolosi. Un periodo durante il quale le forze dell'ordine hanno anche individuato ben 463 roghi pericolosi distinguibili per lo più in 159 roghi di penumatici, 287 di materiale tessile e di pelletteria e 17 incendi di rifiuti connessi alle attività agricole. Un dato che dimostra la qualità e la provenienza dei rifiuti e che dovrebbe ben indirizzare la lotta da parte delle forze dell'ordine al fenomeno. Ad agevolare il lavoro di contrasto l’istituzione di gruppi di lavoro specifici presso i commissariati e le compagnie e le tenenze dei carabinieri che stanno permettendo una attività capillare sul territorio interessato. Questo però, sembra non bastare in quanto secondo gli ultimi dati disponibili la situazione derivante dagli incendi dolosi appiccati ai cumuli di rifiuti lasciati lungo le strade periferiche nel napoletano sono in calo, ma non regrediscono. Ed ecco che allora la mobilitazione sta diventando totale. Nei giorni scorsi, il 17 ottobre, la Giunta comunale di Napoli si è impegnata, con una delibera, a combattere lo sversamento abusivo e la combustione illegale dei rifiuti. La delibera impegna ‘Asia Napoli’, la società del Comune partenopeo responsabile della raccolta dei rifiuti in città, al prelievo differenziato dei pneumatici, anche se abbandonati per strada, da conferire al consorzio ‘Ecopneus’ per inviarli al recupero. A tal scopo l'’Asia Napoli’ ha individuato nel territorio comunale almeno 66 siti di sversamenti illegali dove vengono sversati periodicamente ingenti quantità di pneumatici usati. Questi siti al fine di impedirne il riutilizzo dopo la bonifica sarà monitorato dal nucleo di Polizia locale preposto alla lotta allo sversamento abusivo di rifiuti. E’ previsto anche il ricorso a 50 volontari da utilizzare come guardie ambientali. per contrastare il fenomeno dell'abbandono incontrollato di rifiuti e per ridurre il rischio di combustione. Inoltre, l’Asia dovrà prelevare i rifiuti provenienti dalla differenziazione effettuata dall'Astir, la società di proprietà della Regione Campania, per poi conferirli nei siti di destinazione finale.
Nel frattempo, oltre 30 associazioni e oltre 30mila cittadini si sono mobilitati per dire basta a questi roghi tossici. Tutti insieme hanno dato vita ad un'iniziativa che culminerà in una 'querela a sottoscrizione popolare', che sarà depositata alle Procure di Napoli, di Santa Maria Capua Vetere e di Nola, nei confronti di Regione Campania, Province di Napoli e Caserta e di ben 42 Comuni, tra i quali anche i Comuni capoluogo per violazione dell'articolo 328 del Codice Penale, non avendo di fatto negli anni adoperato tutti gli strumenti a loro consentiti dalla legge per fronteggiare e cercare di risolvere la problematica.
Un dato significativo è il fatto che la sottoscrizione, chiusa il 30 settembre scorso, ha raggiunto quota 32.520 firme.
Da tempo il Coordinamento comitati fuochi, che raccoglie 34 comitati attivi sul territorio, ha avanzato la proposta dell’istituzione di un sistema nazionale satellitare di tracciabilità dei flussi di rifiuti industriali e l'inasprimento delle pene per reati di trasporto e smaltimento illegale di rifiuti industriali equiparandolo a reato di camorra.
Sul fenomeno è forte l'attenzione e l’impegno della Chiesa che vede in prima linea molti parroci come Don Maurizio Patriciello, parroco della chiesa di San Pietro Apostolo al Parco Verde di Caivano nel napoletano che sta portando avanti una dura battaglia per ottenere la vivibilità del territorio in cui svolge la sua missione e che è ormai invivibile a causa del fenomeno. Un impegno che lo sta portando ad avere contatti quasi quotidiani anche con diversi rappresentanti istituzionali regionali.
A testimonianza della tensione che tutti i protagonisti di questa situazione vivono è un episodio che si è verificato nei giorni scorsi durante una riunione presso gli uffici del Palazzo di Governo.
Don Maurizio si è reso, suo malgrado, protagonista di un episodio in cui è stato rimproverato aspramente dal Prefetto di Napoli, Andrea De Martino. Il rappresentante del Governo lo ha ‘richiamato’ quando si è rivolto al Prefetto di Caserta, Carmela Pagano chiamandola più volte ‘Signora’ in presenza di rappresentanti di altre istituzioni. De Martino ha invitato il parroco a rivolgersi al responsabile della prefettura di Caserta utilizzando il titolo di Prefetto. Un momento definibile ‘triste’ della riunione che è stato ripreso con il telefonino e che poi, è stato messo in rete. Una testimonianza del rimprovero piuttosto ‘caloroso’ di De Martino nei confronti di Don Maurizio che di fatto si è stato uno sfogo del Prefetto di Napoli e che evidenzia quanto sia alta la tensione e lo stress a causa di questa grave problematica. “Ero lì per segnalare solo quanto noi cittadini abbiamo documentato con foto, per ragionare come sempre con spirito collaborativo e costruttivo. Non era mia intenzione di mancare di rispetto al prefetto di Caserta chiamandola solo signora e non 'signor prefetto'”, ha spiegato più tardi il parroco di Caivano. Don Maurizio conosceva il prefetto di Caserta e per il suo ruolo era stato da lei più volte ricevuto presso la prefettura a Caserta e chissà in quante di queste occasioni Don Maurizio le si è rivolto chiamandola signora. Un dire caratteristico dei parroci, specie di provincia. Un dire che non è certo irriverente ma figlio anche di una certa familiarità che si è ormai venuta a stabilire tra tutti i protagonisti del contrasto al fenomeno che a volte stanno insieme per lavoro più di quanto non stanno con i propri familiari.
Purtroppo come accade in casi del genere l’episodio è stato ampliato in maniera esagerata.
Le richieste di tanti al Prefetto di Napoli, Andrea De Martino di scusarsi con il Parroco di Caivano, don Maurizio Patriciello forse erano inappropriate perché anche se il modo è sindacabile certo le ragioni non lo sono. De Martino aveva il dovere istituzionale di intervenire anche se forse non in quel modo. Se in un contesto privato certe formalismi sono annullati in pubblico tutto deve rimanere immutato diversamente le regole e il rispetto dei ruoli e competenze sarebbe annullato. Tanto è vero che a testimonianza della piccolezza del fatto la ‘pace’ tra i due è stata poi, fatta al funerale a Cardito della giovane vittima della camorra, Pasquale Romano.
Nessun commento:
Posta un commento