Pirateria marittima: calo attività dei pirati somali intacca l’economia legata ai sequestri di navi
Per i pirati somali sembra che i tempi d’oro siano
finiti. I predoni del mare sono sempre di più a corto di soldi in quanto
sequestrano e dirottano sempre meno navi.
Questo calo del numero dei sequestri di navi,
pari al 54 % nel 2012, sta in qualche modo intaccando l’economia, un tempo
florida, delle regioni costiere del bacino somalo, ma anche danneggiando gli
assicuratori che un tempo hanno lucrato tantissimo grazie al fenomeno della
pirateria marittima. Addirittura oggi si registrano cali anche del 50 % dei
premi assicurativi pagati dagli armatori per le loro navi che devono
attraversare i mari infestati dalle gang del mare somale.
Che la pirateria marittima nel mare del Corno
d’Africa stia attraversando un periodo di difficoltà non è un segreto, ma
quello che alcuni non sanno è che i pirati somali sono sempre di più a corto di
dollari. Un fatto questo che gli rende impossibile mantenere ancora quel tenore
di vita a cui si erano abituati grazie alla loro attività criminale che gli ha fruttato
per anni migliaia di dollari ciascuno. Un pirata era capace di guadagnare anche
10mila dollari all’anno con cui comprarsi casa, auto e moglie, e fare una bella
vita. Dollari che erano parte del ricavo dei riscatti milionari chiesti agli
armatori o ai governi a cui appartenevano navi e membri dell’equipaggio catturati
in mare. Mentre un tempo, un mare di dollari scorreva nel mare dei pirati ora
appena appena i ‘poverini’ ci pagano le spese e a volte manco quelle a tal
punto che si devono indebitare o vendere tutto quello che hanno accumulato fino
ad oggi.
Si stima che nel 2011 nelle casse delle gang
del mare che operano nel bacino somalo e Oceano Indiano siano stati versati
riscatti per soli 25 mln di dollari, mentre in passato questa cifra si aggirava
intorno ai 180-220 mln di dollari almeno per quanto riguarda i riscatti pagati
e denunciati.
Oggi l’attività piratesca si limita alla
cattura di poche grosse navi da pesca e di una mezza dozzina di navi
commerciali. Un tempo, a causa loro, quando una nave entrava nelle acque del mare del Corno d’Africa e dell’Oceano Indiano
tutti a bordo incrociavano le dita. Le probabilità di essere attaccati e
dirottati dai pirati somali erano altissime oggi invece, il pericolo che viene
dai predoni del mare somali si è ridotto
drasticamente. Dalle decine di navi sequestrata ogni settimana le gang del mare
oggi riescono a mala pena a catturare una o due e a volte anche nessuna nave
per settimane intere.
Una testimonianza viene dal dato rilevato nel
primo semestre del 2012 secondo cui le navi catturate dai pirati somali sono
state appena 5, l’ultima lo scorso mese di maggio, contro le 30 catturate nello
stesso periodo del 2011. Inoltre, si sono allungati di molto i tempi delle
trattative e quindi della durata del sequestro che spesso porta a far intascare
alla gang del mare molto meno di quanto si poteva ottenere come riscatto per
rilasciare una nave e il suo equipaggio qualche anno prima. Una situazione che
sta ovviamente esasperando gli animi, quelli dei pirati somali, e che sta
conducendo anche a far compiere loro atti come l’uccidere un marittimo-ostaggio
in ritorsione al ritardato pagamento del riscatto. Un atto ritenuto, fino a
qualche mese fa possibile, ma poco probabile in quanto gli ostaggi erano
considerati dai predoni del mare merce preziosa da mantenere in salute e in
vita.
A
questo risultato la comunità internazionale è riuscita ad arrivarci dopo
anni di duro impegno economico e militare. Un impegno basato sul ricorso sempre
maggiore e frequente a navi da guerra per pattugliare il mare infestato dai
pirati somali cercando di contrastare il fenomeno della pirateria marittima. In
questo modo sono state inviate numerose unità navali da guerra, almeno 50,
provenienti da almeno due dozzine di Paesi e sono nate numerose missioni navali internazionali. Le principali
sono tre, la missione ‘Atalanta’ della Ue, l’ ‘Ocean Shield’ della NATO e la
Combined Task Force 151, CTF 151 a guida USA.
Oltre a queste tre missioni internazionali vi
sono poi, tante altre che operano invece, in maniera individuale e composte da
navi da guerra di Paesi come Russia, Cina, India, Corea del Sud, Giappone,
Iran, Filippine, Thailandia e tanti altri ancora. Sono queste ultime che hanno
da sempre usato il pugno di ferro contro i pirati.
Un altro importante contributo, forse
decisivo, nel contrasto al fenomeno è venuto anche dal ricorso da parte degli
armatori a team di sicurezza armati imbarcati a bordo delle loro navi per
difenderle dagli attacchi pirati. Un
ricorso che ormai da circa un anno è ampiamente adottato da quasi tutti gli
armatori e che ha soprattutto un effetto deterrente, appena 69 attacchi nei primi sei mesi del 2012 contro i 163 dello
periodo del 2011. Questo, perchè i pirati somali girano al largo dalle ‘navi
difese’ in cerca di prede indifese.
Un’altra strategia che si è dimostrata
vincente è stata anche quella di
organizzare sulla terraferma una forza militare antipirateria. Il problema
principale era infatti, quello di colpire le gang del mare nei loro covi che per lo più sono situati lungo la fascia
costiera della regione semiautonoma somala del
Puntland.
Attualmente i predoni del mare si trovano a
gestire le trattative per il rilascio dietro il pagamento di un riscatto di
solo 7 grosse navi mercantili di diverse nazionalità e un paio di dozzine di
navi da pesca catturate in mare e almeno 250 marittimi-ostaggi di diverse
nazionalità, anche occidentali, membri degli equipaggi di queste navi catturate.
Alcune di queste navi sono nelle loro mani anche da anni in quanto a volte gli
armatori le abbandonano al loro destino non potendo o volendo pagare un
riscatto.
E’ immaginabile la situazione che si è quindi
venuta a creare, specie nel mare del Corno d’Africa e Oceano Indiano. Da una
parte i militari delle varie marine dei Paesi intervenuti nel contrasto al
fenomeno e le guardie armate dei team di sicurezza imbarcati a bordo dei
mercantili per difenderli e dall’altra i ‘poveri’ pirati somali alla mercé una
volta degli uni e un’altra degli altri. Non si conteggiano più gli episodi in
cui si registrano sparatorie che vedono coinvolte navi da guerra o navi
commerciali difese che aprono il fuoco contro barche di presunti pirati. Numerosi
predoni del mare sono morti o risultano essere dispersi in mare nell’ultimo
anno, mentre oltre un migliaio sono finiti finora dietro le sbarre detenuti
nelle prigioni dei Paesi, circa 20, che si sono resi disponibili a processarli
e incarcerarli. Purtroppo come può capitare si sono verificati anche numerosi
incidenti in cui hanno perso la vita o sono stati arrestati e imprigionati dei
pescatori scambiati per pirati somali. Purtroppo incontrare in mare al largo
della Somalia o nell’Oceano Indiano uomini armati o solo vedere una nave anche
se da pesca che si avvicina un po’ troppo alla propria nave è diventato
sinonimo di pirati somali e sembra
autorizzare i più all’uso indiscriminato delle armi.
Nonostante tutto questo però, la pirateria
marittima somala continua ad essere ritenuta una minaccia seria tanto è vero che dalle pagine web del sito di NATO
Shipping Center, NSC, si continua a
mettere in guardia i naviganti sulla minaccia di attacchi pirati come anche sul
rischio di incorrere nell’errore di scambiare per dei pirati somali i pescatori
in quanto anche questi ultimi possono mostrarsi armati, ma solo a scopo difesa
personale.
L’avvertimento di stare in guardia è molto
più forte in questo periodo. La stagione dei monsoni di sud-ovest è finita,
il primo ottobre, e con il migliorare delle condizioni meteo e del mare gli
skiff pirati sono in grado di inoltrarsi anche al largo a caccia di navi da catturare
e dirottare.
Nel
frattempo, ad un calo dell’attività pirata nel mare dell’Africa Orientale
corrisponde un aumento dell’attività in quello dell’Africa Occidentale.
Potrebbe essere questo, secondo non pochi, il nuovo punto di attivazione della
pirateria marittima. I segnali ci sono tutti. Dall’inizio dell’anno sono almeno
8 gli episodi legati alla pirateria marittima segnalati nel Golfo di Guinea.
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STOP ALLE VIOLENZE IN SIRIA
Il mondo non può più stare a guardare mentre migliaia di siriani si vedono privati della libertà e della vita.....
DARFUR:NON C'E' PIU' TEMPO DA PERDERE!
IN DARFUR SONO DECINE SE NON CENTINAIA LE PERSONE CHE MUOIONO OGNI MESE...
FAI LORO DEL BENE... AIUTA I RIFUGIATI E I PROFUGHI DEL DARFUR FACENDO UNA DONAZIONE ALL'AGENZIA ONU PER I RIFUGIATI UNHCR CHIAMA LO 0680212304 PER SAPERE COME FARE....
RICORDATI BASTANO 31 EURO PER ACQUISTARE 8 COPERTE, 51 EURO PER UNA TENDA E 200 EURO PER DARE ASSISTENZA MEDICA A 25 FAMIGLIE...
In Darfur dal 2003 ad oggi sono state compiute esecuzioni, anche di massa, stupri, soprattutto di massa, nei confronti di donne, uomini e bambini e interi villaggi sono stati rasi al suolo. Il terrore è stato usato come pratica generalizzata e a sfondo razziale mentre lo stupro è diventato una vera e propria arma da guerra.
Il governo sudanese di Khartoum da parte sua ha bombardato senza sosta i civili, e ha reso sempre più difficili le operazioni di soccorso delle organizzazioni umanitarie nei confronti delle genti del Darfur, fino al punto di far scappare via la maggior parte delle Ong operanti nella regione sudanese e liberarsi così di scomodi testimoni di quanto accadeva in quei luoghi. La stessa tattica è stata seguita prima con i peacekeepers dell'Ua e poi con quelli dell'Onu...
Tutto il mondo è a conoscenza di quanto accade in quella remota regione sudanese e lancia denunce. Da un lato Washington parla di genocidio, dall’altro l'Onu parla di catastrofe umanitaria e di pulizia etnica.
Il tutto però resta nella totale impunità!
Intanto, dal Febbraio 2003 anno in cui è iniziata la ribellione della popolazione di etnia africana del Darfur, circa 6 milioni in maggioranza musulmana e in parte animista, contro il governo sudanese, musulmano ma integralista e soprattutto di etnia araba e bianca, è scoppiato il conflitto che ha causato finora circa 300mila morti e due milioni e mezzo di profughi. Una protesta nata per lo stato di totale abbandono e sfruttamento in cui la popolazione nera era tenuta. La repressione del governo centrale è stata spietata, soprattutto facendo uso dei Janjaweed, i diavoli a cavallo, che sono milizie nomadi di etnia araba che hanno compiuto tutti gli orrori possibili e inimmaginabili contro le genti del Darfur di etnia nera, per lo più contadini e pastori.
La guerra chi puo raccontarla? E' difficile farlo ma tutti possiamo immaginare come sia il sentire l'odore dei morti abbandonati nelle strade o sotto le macerie, il vedere i bambini che muoiono di fame accanto al cadavere della madre, il sentire il lamento dei feriti e lo strazio dei sopravvissuti, di chi si vede impotente e maledice chi gli ha portato via tutto.
Nella Striscia di Gaza siamo ormai quasi alla terza settimana di bombardamenti e inesorabilmente, come non potrebbe essere diversamente con tutta la tecnologia militare del 21° secolo che gli israeliani stanno usando, il numero dei morti tra i civili continuato ad aumentare, mentre l'esercito israeliano bombarda le loro case si moltiplicano tra i palestinesi le scene di disperazione e di dolore causati dagli effetti devastanti della guerra che certamente non sono cambiati nel tempo anzi al contrario.
Il 12 giugno 2010 è caduto il primo anniversario delle contestate elezioni iraniane. Elezioni che decretarono la riconferma a presidente dell’Iran di Mahmud Ahmadinejad. Il Paese ha vissuto le prime ora di questa giornata con una calma carica di tensione che poi, è scoppiata nel pomeriggio intorno alle 16, le 13.30 italiane con i primi scontri tra manifestanti e forze di sicurezza nei pressi dell’Università Sharif di Teheran. Era impensabile che l’opposizione iraniana del movimento riformista dell’Onda Verde si facesse scappare questa occasione per proclamare il proprio dissenso al regime degli Ayatollah. I luoghi delle sanguinose proteste post elettorali di un anno fa si sono quindi di nuovo riempiti di manifestanti. Questo, nonostante l’appello dei leader dell’opposizione, Moussavi e Karroubi, a evitare di scendere in piazza e nonostante che le forze di sicurezza avessero preso posizione in vari punti strategici del centro di Teheran per prevenire manifestazioni. Nonostante le proteste e le accuse di brogli elettorali il contestato presidente Ahmadinejad ha potuto proseguire nel suo mandato, quasi certamente usurpato, grazie all’appoggio dell’ayatollah Ali Khamenei, la Guida Suprema. La lotta continuerà. Viva la Persia! Viva il movimento riformista!?xml:namespace>
Italia. Violenza sessuale è allarme sociale
Dopo i recenti casi di stupri, a Roma, Bologna e Milano non si riesce quasi più a tenere il conto degli episodio di violenza sessuale che, dall'inizio dell'anno, si stanno susseguendo in Italia ad opera principalmente di stranieri. Un orribile reato che si verifica nelle grandi città metropolitane come nei piccoli centri urbani. Emergono dati da brividi dalle informazioni fornite dal Presidente facente funzioni del Tribunale di Como Giuseppe Anzani e dal Procuratore capo Alessandro Maria Lodolini. Ogni 4 giorni in Procura a Como arriva una denuncia per violenza sessuale. I fascicoli aperti tra luglio 2007 e giugno 2008 sono stati 89, tra violenze sessuali e pedofilia. Ma è solo la punta di un iceberg in quanto, il reato, per la quasi totalità è sommerso perché prevale ancora la paura e la vergogna a denunciare la violenza subita. Fino ad oggi la violenza che subivano le donne era soprattutto domestica, ma gli episodi di violenza che hanno visto protagoniste, loro malgrado, delle donne avvenuti negli ultimi giorni, per le strade, propongono una nuova emergenza. Un autorevole testimonianza è portata da Telefono Rosa che da anni conosce il fenomeno ed assiste le vittime. “Ciò che sta avvenendo dall'inizio dell'anno, precisa il presidente Maria Gabriella Carnieri Moscatelli, mi preoccupa. Non so se è solo l'effetto di maggiori denunce ma, dal nostro osservatorio, non era mai stato rilevata una cosa simile”. Gli avvenimenti degli ultimi giorni non fanno altro che conferma un'allarmante costante: in testa alla classifica degli autori di stupri ci sono gli stranieri. Il triste primato vede fra i primi i romeni, seguiti da marocchini e albanesi che sembra abbiano dato il via ad una esecrabile escalation di violenza contro le donne. Assodato che nella stragrande maggioranza dei casi questi episodi sono commessi da stranieri, spesso clandestini, ora si deve dare a tutto questo uno stop. Certezza della pena, custodia cautelare in carcere per chi è accusato di violenza sessuale ed esclusione di attenuanti per chi delinque sotto effetto di alcool e droghe. Tutto ovviamente tenendo conto di due elementi fondamentali: abbattere l'allarme sociale provocato da questo tipo di reati e tutelare la dignità della vittima, che va assicurata anche nel percorso dibattimentale.
Per raggiungere un risultato anzitutto è importante l'introduzione nel ddl sicurezza dell'obbligo del carcere per chi stupra. Forse il decreto 'anti-stupro' sarà pronto per venerdì esso dovrebbe contenere, come annunciato, importanti novità: gli accusati di stupro non potranno beneficiare della libertà condizionale, ci sarà un avvocato a spese dello Stato per le vittime di violenza sessuale, arriveranno nuovi presidi di polizia con relativi stanziamenti, saranno anticipate le norme contenute nel ddl anti-molestie che la Camera ha già approvato. Tra le altre cose, ci dovrebbero essere anche aggravanti se a commettere violenza sono familiari, partner o tutori; un pesante aggravio di pena se la vittima è sotto i 14 anni; uguale trattamento, invece, se la vittima è maggiorenne o appena sotto i 18; ergastolo sicuro, se allo stupro segue la morte della vittima. Mano pesante anche per i complici: nessuna possibilità di godere dei domiciliari neppure per i favoreggiatori.
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La scuola pubblica in Italia con la 'Riforma Gelmini'
Esprimo la mia piena solidarietà con tutti coloro che protestano contro la Legge 133/08 la cosidetta 'Riforma Gelmini'....
Le cifre presentate nel decreto fanno venire i brividi: i tagli previsti dal decreto legge 112, poi convertito nella legge 133/08, e gli ulteriori provvedimenti contenuti nel decreto 137 porteranno, a livello nazionale, ad una riduzione di circa 100mila posti tra il personale docente e di 43mila posti tra quello Ata (ausiliari, tecnici e amministrativi).
Per molti, anche per i non addetti ai lavori, l'effetto provocato dalla legge che in pratica azzererà in poco tempo le faticose conquiste di anni e anni, non solo in termini di posti di lavoro, ma anche di mission- educativa e di didattica, rende il momento dei più cupi e tristi degli ultimi anni. Ai tagli vanno poi sommati, le conseguenze che scaturiranno dalla reintroduzione del maestro unico nelle scuole elementari.
L'Europa chiede più scuola, più sapere e l'Italia che fa?
Il contrario!
Rientrodurre il maestro unico è compiere, di sicuro, un passo indietro di almeno mezzo secolo. Se non addirittura si ritorna al tempo del libro cuore, senza offesa per quel libro mio compagno di tanti pomeriggi.
Perchè tutto questo? Bella domanda!
Molto probabilmente si tenta di mascherare con questa supposta riforma quello che è il vero scopo del provvedimento: incassare o meglio risparmiare in poco meno di 4-5 anni 8miliardi di euro. Questa è la cifra stimata, che dovrebbe restare nelle casse dello stato.
Un risparmio quindi certo ottenuto tagliando centinaia di migliaia di posti di lavoro ma al contempo che produrrà anche un effetto negativo: quello di un drastico ridimensionamento del servizio scolastico pubblico in favore forse di quello privato. Inoltre un'altra diretta conseguenza della L.133/08 sarà la chiusura di decine e decine di plessi scolastici.
Molte scuole, soprattutto nei piccoli centri urbani, non ci saranno più. A scomparire sarà anche un altro degli elementi cardine dell'istruzione primaria italiana: il tempo pieno. Bisogna fare attenzione, chi sostiene che il tempo pieno non sarà toccato dalla riforma o che addirittura aumenterà mente sapendo di farlo.
Rifletteteci un poco e capirete perchè!
Se prima, per ogni 2 classi, c'erano 3 insegnanti d'ora in poi sarà uno per classe, a seguire e istruire dai 20 ai 30 alunni e che svolgerà il suo orario lavorativo settimanale esclusivamente di mattina. Pertanto al pomeriggio non potrà esserci altro che un sorta di dopo-scuola, trasformando il tempo pieno di fatto in un parcheggio pomeridiano per i bambini, che nulla ha da condividere con l'offerta didattica di cui fino ad ieri, prima della 'riforma Gelmini', gli alunni potevano usufruire con il tempo pieno.
...
ARRIVERA' PER NATALE UNA 'SOCIAL CARD' AD OLTRE 1MLN DI ITALIANI 'POVERI'
C’è un detto che dice: "meglio poco che niente!".
In questo caso tra il poco e il nulla ci sono così poche differenze che è difficile distinguerli.
La 'social card, almeno per il momento, sembra più l’ennesimo spot varato dal governo che piuttosto un provvedimento serio in grado di aiutare per davvero i più bisognosi.
Nessuno però si è ricordato di dire che ogni spesa effettuata con la 'social card' in automatico sarà data una commissione alla Mastercard che è la società che ha emmesso ed è la proprietà della card.
Bhe! Almeno qualcuno di certo ci guadagnerà da questa iniziativa...
Appare strano che un'iniziativa così benefica abbia comunque dei costi accessori...stranezze tutte italiane!
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Parole....di Abraham Lincoln
Non si può arrivare alla prosperità scoraggiando l'impresa.Non si può rafforzare il deboleindebolendo il più forte.Non si può aiutare chi è piccoloabbattendo chi è grande.Non si può aiutare il poverodistruggendo il ricco.Non si possono aumentare le pagherovinando i datori di lavoro.Non si può progredire serenamentespendendo più del guadagno.Non si può promuovere la fratellanza umanapredicando l'odio di classe.Non si può instaurare la sicurezza socialeadoperando denaro imprestato.Non si può formare carattere e coraggiotogliendo iniziativa e sicurezza.Non si può aiutare continuamentela gente facendo in sua vece quello che potrebbee dovrebbe fare da sola.
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