Pirateria somala: i marò uccidono per errore 2 pescatori indiani
Ieri nell’Oceano Indiano 2 pescatori indiani sarebbero stati uccisi per errore dai fucilieri della Marina Militare italiana che li avrebbero scambiati per pirati somali.
E’ questa la drammatica notizia che giunge oggi dal ‘mare dei pirati’.
Questi 2 pescatori si trovavano con altri a bordo di un peschereccio che ieri sarebbe stato ritenuto forse erroneamente ostile dal team di sicurezza della Marina Militare italiana imbarcato sulla MN ‘Enrica Lexie’.
Sono state immediatamente avviate le indagini per risalire alla dinamica dei fatti.
Per ora è possibile solo stabilire che ieri nel Golfo del Bengala nell’Oceano Indiano con molta probabilità si è consumata una tragedia. Forse i marinai della Marina Militare italiana avrebbero commesso un madornale errore. Si tratta di fucilieri del Battaglione San Marco imbarcati come Nucleo di Protezione Militare, NPM, su una nave italiana. Questi militari della marina, che si trovavano a bordo della nave italiana ‘Enrica Lexie’ di proprietà della compagnia italiana ‘Fratello D'Amato’, avrebbero ucciso degli ‘inermi’ pescatori indiani scambiandoli per ‘feroci’ pirati somali.
Secondo quanto riferito da fonti ufficiali italiane ieri nell'Oceano Indiano, a ovest della costa meridionale dell'India, un peschereccio con 5 persone a bordo si sarebbe avvicinato un po’ troppo all’ Enrica Lexie. Il personale della Marina Militare imbarcato sulla nave, viste le armi imbracciate da queste persone, sono intervenuti secondo le procedure previste, con ‘warning shots’, ossia esplodendo tre serie di colpi d'arma da fuoco a scopo dissuasivo. Dopo l'ultima serie di colpi, l'imbarcazione dei pirati si è allontanata dalla nave italiana che ha poi, proseguito in sicurezza la sua navigazione.
La notizia dell’incidente è stata lanciata per prima dalla Tv indiana ‘Times Now’ precisando che sarebbe avvenuto a largo delle coste meridionali dello stato indiano di Kerala. Stamani poi, l’episodio è stato confermato e denunciato anche dal ministero della Difesa di New Delhi che ha reso noto che la nave italiana sarebbe anche stata invitata dalle autorità indiane ad attraccare nel porto indiano di Kochi per permettere lo svolgimento dell'indagine e poter risalire alla dinamica dei fatti. La nave italiana volontariamente si è diretta verso il porto indicato proprio per collaborare a queste indagini.
Per il momento non risulta che sia stato effettuato alcun fermo o che la nave sia stata posta sotto sequestro. Il capitano e l'equipaggio sono stati però, tutti interrogati.
Attualmente a bordo della nave italiana ‘Enrica Lexie’, che si trova alla fonda al largo del porto di Kochi, nell’India meridionale, è salito personale della Guardia costiera e della polizia indiana.
Sulle pagine web del quotidiano indiano ‘Times of India’ però, si legge che le autorità indiane sospettano che potrebbero essere stati violati i protocolli internazionali marittimi. Inoltre, il tabloid indiano riferisce che a bordo della nave indiana utilizzata per la pesca del tonno vi erano 11 pescatori e che i due colpiti e uccisi erano il timoniere e il marinaio di guardia in coperta, mentre gli altri 9 dormivano. Se questa notizia sarà confermata è facile intuire come sia andata, nel senso che forse qualche colpo ha centrato erroneamente la cabina di comando del peschereccio.
Per l'ambasciata italiana a Nuova Delhi non vi è stara alcuna violazione spiegando in una nota in inglese che dalla nave italiana è stato aperto il fuoco solo per autodifesa. Le autorità indiane però, sostengono che non vi sono e prove che l'equipaggio del peschereccio fosse armato.
Nella nota dell'ambasciata italiana in India si legge: “Il mercantile italiano Enrica Lexie è stato attaccato mercoledì da un'imbarcazione di pirati in acque internazionali, a circa 30 miglia nautiche dalla costa sud-occidentale dell'India. Il personale della Marina italiana a bordo seguendo i protocolli internazionali, dopo ripetuti segnali di avvertimento e dopo aver verificato che i pirati erano armati, ha sparato gradualmente alcuni colpi di avvertimento e i pirati si sono ritirati. piu' tardi il comandante della nave italiana è stato contattato dalla guardia costiera indiana e gli è stato richiesto di dirigersi verso il porto di Kochi. Il comandante ha eseguito la richiesta e il mercantile si trova ora nel porto di Kochi. L'ambasciata è in contatto con le autorità indiane per chiarire tutti gli aspetti dell'incidente”.
In precedenza in una nota, lo Stato maggiore della Marina militare italiana si leggeva: “…il team incaricato della sicurezza del natante è intervenuto per sventare un tentativo d'attacco da parte di un'imbarcazione condotta da personale armato e che la dinamica dei fatti è ancora tutta da verificare. L'equipaggio della Enrica Lexie ci ha riferito che l'atteggiamento del peschereccio era stato giudicato chiaramente ostile, tipico dei pirati. Le modalità di avvicinamento erano le stesse già seguite in operazione di abbordaggio, caratteristiche di quei mari. Un esempio su tutti: non hanno risposto ai segnali di avvertimento. I marinai a bordo del mercantile hanno messo in atto le procedure standard. Il peschereccio si è allontanato dopo la terza raffica di avvertimento, senza danni evidenti a bordo”.
Difficile capire dove sta la ragione e dove il torto. Si profila una situazione davvero complicata. Anche perché si dibatte anche su dove sia avvenuto l'incidente. Acque internazionali per la Marina Militare italiana, nazionali per le autorità indiane. Stabilirlo con certezza è fondamentale.
Nel frattempo, l'ambasciatore d'Italia a New Delhi, Giacomo Sanfelice di Monteforte, ha avuto un colloquio con il sottosegretario del ministro degli Esteri indiano, M. Ganapathi in merito alla vicenda. Il ministro ha espresso al diplomatico preoccupazione per l'accaduto e gli ha chiesto che il capitano della nave italiana collabori alle indagini condotte dalle autorità indiane. Al termine dell’incontro l’Ambasciatore italiano ha spiegato ai giornalisti che: “Stiamo lavorando in collaborazione con le autorità indiane. E’ in ogni caso un incidente molto triste”.
Successivamente l'India ha inoltrato una protesta formale all'Italia per l'uccisione di 2 pescatori da parte dei militari della marina italiana che si trovavano a bordo della nave italiana Enrica Lexie al largo della costa dello stato meridionale del Kerala.
Lo scorso sabato un altro nucleo del Battaglione San Marco aveva sventato, senza però, sparare un colpo, un tentativo di arrembaggio nel Mar Arabico, portato dai pirati somali ai danni della ‘Jolly Arancione’ della compagnia italiana, ‘Messina’. Quello di ieri quindi era la seconda volta che un team di sicurezza militare italiano imbarcato a bordo di una nave battente il tricolore per difenderlo da attacchi dei pirati somali era entrato in azione.
La possibilità per le navi italiane, che navigano nelle aree a rischio pirati, di chiedere la scorta armata a bordo composta da militari della Marina italiana è data da un'intesa siglata lo scorso mese di ottobre tra il Ministero della Difesa italiano e Confederazione degli armatori, Confitarma.
Il decreto attuativo della Legge 130 sul contrasto alla pirateria marittima sarà emanato entro il 31 marzo prossimo.
Secondo Confitarma ogni anno nell'Oceano Indiano vi sono quasi 2mila transiti di navi connessi a interessi nazionali. I transiti nel solo Golfo di Aden sono di circa 900 navi italiane all’anno, una media di 3,3 unità italiane che ogni giorno si trovano nell'area più a rischio pirateria. Il fenomeno della pirateria marittima al largo delle coste somale e Oceano Indiano ha colpito direttamente l’Italia con i sequestri del rimorchiatore d’altura ‘Buccaneer’ della petroliera ‘Savina Caylyn’ e MV ‘Rosalia D’Amato’. Si tratta di sequestri che si sono risolti dopo lunghi mesi di prigionia per i marittimi membri degli equipaggi delle navi catturate e solo dopo il pagamento di un riscatto. Mentre un'altra nave italiana, la 'Enrico Ievoli' è tutt'ora in mano ai predoni dle mare somali.
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STOP ALLE VIOLENZE IN SIRIA
Il mondo non può più stare a guardare mentre migliaia di siriani si vedono privati della libertà e della vita.....
DARFUR:NON C'E' PIU' TEMPO DA PERDERE!
IN DARFUR SONO DECINE SE NON CENTINAIA LE PERSONE CHE MUOIONO OGNI MESE...
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RICORDATI BASTANO 31 EURO PER ACQUISTARE 8 COPERTE, 51 EURO PER UNA TENDA E 200 EURO PER DARE ASSISTENZA MEDICA A 25 FAMIGLIE...
In Darfur dal 2003 ad oggi sono state compiute esecuzioni, anche di massa, stupri, soprattutto di massa, nei confronti di donne, uomini e bambini e interi villaggi sono stati rasi al suolo. Il terrore è stato usato come pratica generalizzata e a sfondo razziale mentre lo stupro è diventato una vera e propria arma da guerra.
Il governo sudanese di Khartoum da parte sua ha bombardato senza sosta i civili, e ha reso sempre più difficili le operazioni di soccorso delle organizzazioni umanitarie nei confronti delle genti del Darfur, fino al punto di far scappare via la maggior parte delle Ong operanti nella regione sudanese e liberarsi così di scomodi testimoni di quanto accadeva in quei luoghi. La stessa tattica è stata seguita prima con i peacekeepers dell'Ua e poi con quelli dell'Onu...
Tutto il mondo è a conoscenza di quanto accade in quella remota regione sudanese e lancia denunce. Da un lato Washington parla di genocidio, dall’altro l'Onu parla di catastrofe umanitaria e di pulizia etnica.
Il tutto però resta nella totale impunità!
Intanto, dal Febbraio 2003 anno in cui è iniziata la ribellione della popolazione di etnia africana del Darfur, circa 6 milioni in maggioranza musulmana e in parte animista, contro il governo sudanese, musulmano ma integralista e soprattutto di etnia araba e bianca, è scoppiato il conflitto che ha causato finora circa 300mila morti e due milioni e mezzo di profughi. Una protesta nata per lo stato di totale abbandono e sfruttamento in cui la popolazione nera era tenuta. La repressione del governo centrale è stata spietata, soprattutto facendo uso dei Janjaweed, i diavoli a cavallo, che sono milizie nomadi di etnia araba che hanno compiuto tutti gli orrori possibili e inimmaginabili contro le genti del Darfur di etnia nera, per lo più contadini e pastori.
La guerra chi puo raccontarla? E' difficile farlo ma tutti possiamo immaginare come sia il sentire l'odore dei morti abbandonati nelle strade o sotto le macerie, il vedere i bambini che muoiono di fame accanto al cadavere della madre, il sentire il lamento dei feriti e lo strazio dei sopravvissuti, di chi si vede impotente e maledice chi gli ha portato via tutto.
Nella Striscia di Gaza siamo ormai quasi alla terza settimana di bombardamenti e inesorabilmente, come non potrebbe essere diversamente con tutta la tecnologia militare del 21° secolo che gli israeliani stanno usando, il numero dei morti tra i civili continuato ad aumentare, mentre l'esercito israeliano bombarda le loro case si moltiplicano tra i palestinesi le scene di disperazione e di dolore causati dagli effetti devastanti della guerra che certamente non sono cambiati nel tempo anzi al contrario.
Il 12 giugno 2010 è caduto il primo anniversario delle contestate elezioni iraniane. Elezioni che decretarono la riconferma a presidente dell’Iran di Mahmud Ahmadinejad. Il Paese ha vissuto le prime ora di questa giornata con una calma carica di tensione che poi, è scoppiata nel pomeriggio intorno alle 16, le 13.30 italiane con i primi scontri tra manifestanti e forze di sicurezza nei pressi dell’Università Sharif di Teheran. Era impensabile che l’opposizione iraniana del movimento riformista dell’Onda Verde si facesse scappare questa occasione per proclamare il proprio dissenso al regime degli Ayatollah. I luoghi delle sanguinose proteste post elettorali di un anno fa si sono quindi di nuovo riempiti di manifestanti. Questo, nonostante l’appello dei leader dell’opposizione, Moussavi e Karroubi, a evitare di scendere in piazza e nonostante che le forze di sicurezza avessero preso posizione in vari punti strategici del centro di Teheran per prevenire manifestazioni. Nonostante le proteste e le accuse di brogli elettorali il contestato presidente Ahmadinejad ha potuto proseguire nel suo mandato, quasi certamente usurpato, grazie all’appoggio dell’ayatollah Ali Khamenei, la Guida Suprema. La lotta continuerà. Viva la Persia! Viva il movimento riformista!?xml:namespace>
Italia. Violenza sessuale è allarme sociale
Dopo i recenti casi di stupri, a Roma, Bologna e Milano non si riesce quasi più a tenere il conto degli episodio di violenza sessuale che, dall'inizio dell'anno, si stanno susseguendo in Italia ad opera principalmente di stranieri. Un orribile reato che si verifica nelle grandi città metropolitane come nei piccoli centri urbani. Emergono dati da brividi dalle informazioni fornite dal Presidente facente funzioni del Tribunale di Como Giuseppe Anzani e dal Procuratore capo Alessandro Maria Lodolini. Ogni 4 giorni in Procura a Como arriva una denuncia per violenza sessuale. I fascicoli aperti tra luglio 2007 e giugno 2008 sono stati 89, tra violenze sessuali e pedofilia. Ma è solo la punta di un iceberg in quanto, il reato, per la quasi totalità è sommerso perché prevale ancora la paura e la vergogna a denunciare la violenza subita. Fino ad oggi la violenza che subivano le donne era soprattutto domestica, ma gli episodi di violenza che hanno visto protagoniste, loro malgrado, delle donne avvenuti negli ultimi giorni, per le strade, propongono una nuova emergenza. Un autorevole testimonianza è portata da Telefono Rosa che da anni conosce il fenomeno ed assiste le vittime. “Ciò che sta avvenendo dall'inizio dell'anno, precisa il presidente Maria Gabriella Carnieri Moscatelli, mi preoccupa. Non so se è solo l'effetto di maggiori denunce ma, dal nostro osservatorio, non era mai stato rilevata una cosa simile”. Gli avvenimenti degli ultimi giorni non fanno altro che conferma un'allarmante costante: in testa alla classifica degli autori di stupri ci sono gli stranieri. Il triste primato vede fra i primi i romeni, seguiti da marocchini e albanesi che sembra abbiano dato il via ad una esecrabile escalation di violenza contro le donne. Assodato che nella stragrande maggioranza dei casi questi episodi sono commessi da stranieri, spesso clandestini, ora si deve dare a tutto questo uno stop. Certezza della pena, custodia cautelare in carcere per chi è accusato di violenza sessuale ed esclusione di attenuanti per chi delinque sotto effetto di alcool e droghe. Tutto ovviamente tenendo conto di due elementi fondamentali: abbattere l'allarme sociale provocato da questo tipo di reati e tutelare la dignità della vittima, che va assicurata anche nel percorso dibattimentale.
Per raggiungere un risultato anzitutto è importante l'introduzione nel ddl sicurezza dell'obbligo del carcere per chi stupra. Forse il decreto 'anti-stupro' sarà pronto per venerdì esso dovrebbe contenere, come annunciato, importanti novità: gli accusati di stupro non potranno beneficiare della libertà condizionale, ci sarà un avvocato a spese dello Stato per le vittime di violenza sessuale, arriveranno nuovi presidi di polizia con relativi stanziamenti, saranno anticipate le norme contenute nel ddl anti-molestie che la Camera ha già approvato. Tra le altre cose, ci dovrebbero essere anche aggravanti se a commettere violenza sono familiari, partner o tutori; un pesante aggravio di pena se la vittima è sotto i 14 anni; uguale trattamento, invece, se la vittima è maggiorenne o appena sotto i 18; ergastolo sicuro, se allo stupro segue la morte della vittima. Mano pesante anche per i complici: nessuna possibilità di godere dei domiciliari neppure per i favoreggiatori.
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La scuola pubblica in Italia con la 'Riforma Gelmini'
Esprimo la mia piena solidarietà con tutti coloro che protestano contro la Legge 133/08 la cosidetta 'Riforma Gelmini'....
Le cifre presentate nel decreto fanno venire i brividi: i tagli previsti dal decreto legge 112, poi convertito nella legge 133/08, e gli ulteriori provvedimenti contenuti nel decreto 137 porteranno, a livello nazionale, ad una riduzione di circa 100mila posti tra il personale docente e di 43mila posti tra quello Ata (ausiliari, tecnici e amministrativi).
Per molti, anche per i non addetti ai lavori, l'effetto provocato dalla legge che in pratica azzererà in poco tempo le faticose conquiste di anni e anni, non solo in termini di posti di lavoro, ma anche di mission- educativa e di didattica, rende il momento dei più cupi e tristi degli ultimi anni. Ai tagli vanno poi sommati, le conseguenze che scaturiranno dalla reintroduzione del maestro unico nelle scuole elementari.
L'Europa chiede più scuola, più sapere e l'Italia che fa?
Il contrario!
Rientrodurre il maestro unico è compiere, di sicuro, un passo indietro di almeno mezzo secolo. Se non addirittura si ritorna al tempo del libro cuore, senza offesa per quel libro mio compagno di tanti pomeriggi.
Perchè tutto questo? Bella domanda!
Molto probabilmente si tenta di mascherare con questa supposta riforma quello che è il vero scopo del provvedimento: incassare o meglio risparmiare in poco meno di 4-5 anni 8miliardi di euro. Questa è la cifra stimata, che dovrebbe restare nelle casse dello stato.
Un risparmio quindi certo ottenuto tagliando centinaia di migliaia di posti di lavoro ma al contempo che produrrà anche un effetto negativo: quello di un drastico ridimensionamento del servizio scolastico pubblico in favore forse di quello privato. Inoltre un'altra diretta conseguenza della L.133/08 sarà la chiusura di decine e decine di plessi scolastici.
Molte scuole, soprattutto nei piccoli centri urbani, non ci saranno più. A scomparire sarà anche un altro degli elementi cardine dell'istruzione primaria italiana: il tempo pieno. Bisogna fare attenzione, chi sostiene che il tempo pieno non sarà toccato dalla riforma o che addirittura aumenterà mente sapendo di farlo.
Rifletteteci un poco e capirete perchè!
Se prima, per ogni 2 classi, c'erano 3 insegnanti d'ora in poi sarà uno per classe, a seguire e istruire dai 20 ai 30 alunni e che svolgerà il suo orario lavorativo settimanale esclusivamente di mattina. Pertanto al pomeriggio non potrà esserci altro che un sorta di dopo-scuola, trasformando il tempo pieno di fatto in un parcheggio pomeridiano per i bambini, che nulla ha da condividere con l'offerta didattica di cui fino ad ieri, prima della 'riforma Gelmini', gli alunni potevano usufruire con il tempo pieno.
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ARRIVERA' PER NATALE UNA 'SOCIAL CARD' AD OLTRE 1MLN DI ITALIANI 'POVERI'
C’è un detto che dice: "meglio poco che niente!".
In questo caso tra il poco e il nulla ci sono così poche differenze che è difficile distinguerli.
La 'social card, almeno per il momento, sembra più l’ennesimo spot varato dal governo che piuttosto un provvedimento serio in grado di aiutare per davvero i più bisognosi.
Nessuno però si è ricordato di dire che ogni spesa effettuata con la 'social card' in automatico sarà data una commissione alla Mastercard che è la società che ha emmesso ed è la proprietà della card.
Bhe! Almeno qualcuno di certo ci guadagnerà da questa iniziativa...
Appare strano che un'iniziativa così benefica abbia comunque dei costi accessori...stranezze tutte italiane!
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Parole....di Abraham Lincoln
Non si può arrivare alla prosperità scoraggiando l'impresa.Non si può rafforzare il deboleindebolendo il più forte.Non si può aiutare chi è piccoloabbattendo chi è grande.Non si può aiutare il poverodistruggendo il ricco.Non si possono aumentare le pagherovinando i datori di lavoro.Non si può progredire serenamentespendendo più del guadagno.Non si può promuovere la fratellanza umanapredicando l'odio di classe.Non si può instaurare la sicurezza socialeadoperando denaro imprestato.Non si può formare carattere e coraggiotogliendo iniziativa e sicurezza.Non si può aiutare continuamentela gente facendo in sua vece quello che potrebbee dovrebbe fare da sola.
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