Questo è avvenuto, almeno fino ad ora, in barba alle navi da guerra di oltre 25 Paesi dispiegate in quelle acque allo scopo di combattere il fenomeno e per garantire la sicurezza del traffico marittimo al largo della Somalia, Golfo di Aden, Mar Arabico e non solo.
Per farlo queste navi sono costrette a pattugliare una vasta area del mare del Corno D’Africa e Oceano Indiano. Un’area identificata come Area ad alto rischio e il cui grafico è stato pubblicato sul suo sito web dall’EU NAVFOR ‘ATALANTA’, la missione navale antipirateria a guida Ue.
http://www.eunavfor.eu/wp-content/uploads/2012/02/HighRiskArea_antipiracyplanningchart.jpg
Si tratta di un'area geografica che ormai si estende per milioni di chilometri quadrati. Una zona che è sempre più difficile da controllare per la sua vastità da queste forze navali internazionali che intanto costano alla comunità internazionale oltre 2 mld di dollari l’anno.
In questo panorama e di fronte alla consapevolezza che la lotta alla pirateria marittima si sta rivelando un fallimento. La comunità internazionale ha cominciato a instaurare rapporti con i partner regionali. Questo in quanto è ormai certo che il fenomeno è legato all’instabilità della Somalia. Una vera e propria svolta che ha dato i suoi frutti.
Inoltre, in questo contesto hanno ‘conquistato’ un posto le società di sicurezza private.
Si tratta di società che forniscono agli armatori guardie armate che vengono poi, imbarcate sui mercantili per proteggerli dagli attacchi pirati.
L’esplosione del ricorso ai team di sicurezza da parte degli armatori, sempre più navi sono ‘difese’ da guardie armate a bordo, ha comportato un radicale cambio di strategia nella lotta alla pirateria marittima da parte della comunità internazionale.
I pirati somali, che fino al 2011 la facevano da padrone nel mare del Corno d’Africa e Oceano Indiano, hanno cominciato ad incontrare sempre più difficoltà nel compiere le loro gesta criminali. Tanto è vero che nel 2011 il fenomeno della pirateria marittima, che fino ad allora aveva fatto registrare un continuo crescendo, si è drasticamente fermato.
Il calo è iniziato dopo il primo trimestre del 2011.
Uno ‘stop’ che si è riflesso sul numero di attacchi pirati portati alle navi e andati a buon fine.
Dopo che i pirati somali avevano catturato 19 navi in solo tre mesi, nei successivi 9 mesi del 2011 sono riusciti a portare a buon fine solo 9 assalti.
Per meglio capire si possono visionare i grafici relativi agli episodi legati alla pirateria marittima del 2011
In quell’occasione è stato fatto il punto della situazione pirateria al largo della Somalia e nell’Oceano Indiano.
Nel corso dell’incontro è stato evidenziato quanto la riduzione del fenomeno sia correlata appunto al fatto che sono state adottate ‘Best Management Practices’ ossia una migliore gestione delle risorse, navi da guerra e aerei, per proteggere le navi commerciali dai pirati somali. Dalla conferenza stampa è emerso che le misure di protezione hanno funzionato molto meglio grazie anche al coordinamento finalmente instaurato tra le principali missioni internazionali di contrasto alla pirateria marittima, il dispositivo anti pirateria del Pentagono e gestito dalla V Flotta USA, il Combined Task Force, Ctf-151, la missione internazionale dell’Alleanza Atlantica, NATO, denominata ‘Ocean Shield’ e la , la missione navale antipirateria a guida Ue, ‘Atalanta’. Un coordinamento che ha permesso di sfruttare al meglio le energie impegnate per contrastare il fenomeno e per le operazioni di scorta alle navi commerciali.
In questo modo si riesce anche a reagire in maniera più immediata ad un tentativo di pirateria segnalato.
E’ risaputo che il tempo di reazione è importante in quanto un attacco pirata si consuma al massimo in 15 minuti dopo di che i pirati somali prendono possesso della nave e in ostaggio il suo equipaggio. Equipaggio che poi viene utilizzato anche come scudi umani contro un eventuale blitz militare, per cui a quel punto nessuno può fare più nulla senza mettere in pericolo la vita di questi marittimi.
Nel corso dell’incontro con la stampa si è sottolineato anche quanto ulteriormente abbia influenzato l’attività dei pirati somali l’intensificarsi del pattugliamento marittimo, condotto con un numero sempre maggiore di navi da guerra in missioni indipendenti di Paesi come la Cina, India, Corea del Sud , Giappone, Russia e altri.
Riconosciuto anche che un aiuto al contrasto è giunto anche indirettamente dai team di sicurezza armati a bordo delle navi commerciali.
Le missioni navali internazionali anti pirateria riconosco che la loro presenza a bordo costituisce un deterrente per i pirati somali. Questo in quanto le ‘navi difese’ a differenza di quelle ‘indifese’ possono opporre resistenza al tentativo di abbordaggio e questo di conseguenza comporta che i pirati somali debbano impiegarci più tempo per catturare la nave dando in questo modo tempo ad una nave da guerra in zona di poter intervenire e forse anche sventare l’assalto e catturare i pirati somali come è già accaduto in diverse occasioni.
Ad influenzare l’attività pirata, facendola diminuire, è stata, secondo quando spiegato dal Capo di Stato Maggiore EU NAVFOR, il capitano Phil Haslam, anche il fatto che è diventato sempre più difficile per i pirati somali potersi avvicinare ad un nave e il fatto che in molti casi sono dovuti tornare a riva senza armi e attrezzature di abbordaggio perché se ne sono dovuti disfare, gettandoli in mare, a causa di un controllo da parte di una nave da guerra in pattugliamento. Il fatto che questo si è verificato più una volta nel corso del mese ha comportato un danno economico per la gang del mare a cui apparteneva il gruppo di arrembaggio. E’ risaputo infatti, che queste sono organizzate come delle imprese e che hanno dei loro finanziatori che mettono a disposizione il loro denaro perché sperano in un ritorno economico. Quando questo guadagno sperato viene a mancare anche i finanziatori si tirano indietro.
Ed ecco come anno dopo anno sono stati illustrati gli ultimi tre anni della pirateria marittima attraverso la pubblicazione di un grafico sul sito web di EU NAVFOR.
Si tratta di una serie di eloquenti grafici che danno una chiara illustrazione della situazione
http://www.eunavfor.eu/wp-content/uploads/2012/02/TrackHistoryofPiracy.jpg
Un grosso sforzo in tal senso lo stanno compiendo in Somalia le forze di sicurezza del Puntland, Somaliland e Galmadug che si stanno dimostrando partner molto più affidabili di altri nella lotta alla pirateria.
Questi tre stati, alla ricerca di un riconoscimento da parte della comunità internazionale, hanno attuato un giro di vite nei confronti delle varie gang del mare che si erano ‘sistemate’ nel loro territorio. I pirati somali infatti, lungo le aree costiere somale del Puntland avevano creato una sorta di moderna Tortuga dove, nei pressi dei porti, avevano stabilito i loro covi in cui si sentivano al sicuro. Una sicurezza che ormai è venuta a mancare anche perché cominciano a venir meno anche meno gli appoggi che godevano tra le popolazioni locali. Il 22 febbraio scorso la popolazione di Garad nel Puntland, dove vi era uno dei covi pirati più noto, ha cacciato la gang del mare che vi aveva stabilito la sua roccaforte riportando l’ordine in città.
Nessun commento:
Posta un commento