A pochi giorni dal primo anniversario della rivoluzione popolare che ha cacciato Hosni Mubarak, il 25 gennaio, si delinea nel Paese il successo elettorale di movimenti e forze politiche che non hanno partecipato alla rivolta.
Una rivolta condotta invece, da movimenti di protesta guidati in molti casi dai giovani e gente comune proveniente da tutte le regione del Paese. Una rivolta che ha avuto i suoi martiri.
Proprio per ricordare le vittime della Rivoluzione del 25 gennaio gli attivisti egiziani hanno proclamato 'Venerdì dei sogni dei martiri' il prossimo 20 gennaio.
Anche in quell'occasione, fulcro delle manifestazioni sarà Piazza Tahrir al Cairo.
I movimenti di protesta hanno chiesto di riunirsi in tutte le città del Paese e vestiti di nero, per dar vita a cortei funebri. La manifestazione del 20 gennaio aprirà le celebrazioni in vista del primo anniversario della rivoluzione. Un anniversario che cade il 25 gennaio e che il Consiglio supremo delle forze armate, Csfa, che governa l’Egitto, in via transitoria dall’11 febbraio del 2011, ha proclamato festa nazionale.
Il Csfa, a capo del quale vi è il generale Hussein Tantawi, ha promesso di cedere i poteri ai civili entro il mese di giugno prossimo. Prima di giungervi ha però, stabilito una sorta di ‘road map’ che dovrebbe, attraverso un interminabile processo di democratizzazione, condurre al rinnovo del Parlamento, alla stesura della Costituzione e poi, all’elezione del capo dello stato.
Il popolo ha però, più volte chiesto che il passaggio di consegne avvenga prima anche manifestando nelle piazze. Una richiesta che però, è rimasta inascoltata.
Nel frattempo, tra il 14 e il 19 gennaio si svolge l'ultima delle tre fasi di voto per le elezioni legislative, le prime dalla caduta di Mubarak e iniziate lo scorso 28 novembre.
Si vota per eleggere i 498 nuovi componenti dell’assemblea del popolo egiziana.
Le prime due fasi di voto hanno visto primeggiare nelle preferenze i due principali partiti d'ispirazione islamica che hanno conquistato circa il 70 per cento dei seggi della Camera bassa. Si tratta di quello dei Fratelli musulmani, il partito della confraternita ‘Giustizia e Libertà’ di Mohamed Morsi che ha conquistato 232 seggi e il partito salafita ‘Al Nour’ di Emad Abdel Ghafour che ha conquistato 113 seggi. Al terzo posto il partito liberale egiziano ‘Wafd’ con il 9 per cento delle preferenze.
La nuova assemblea del popolo si riunirà per la prima volta il 23 gennaio prossimo.
‘Giustizia e Libertà’ di fatto controllerà la nuova assemblea e punta ad ottenere anche che un proprio esponente diventi presidente del prossimo Parlamento. Il nome fatto è quello del suo segretario generale, Mohamed Saad al-Katatny. In tal senso sono in corso colloqui con le altre forze politiche. Queste, hanno già avanzato la richiesta che come vice presidenti del Parlamento vengano nominati un deputato del partito ‘Wafd’ e del partito salafita ‘Al Nour’. Questo non è che di uno degli accordi che si stanno siglando. Un altro degli accordi tra i partiti che stanno vincendo le elezioni in Egitto è che a ‘Giustizia e Libertà’ vada la presidenza di 7 commissioni parlamentari, al partito ‘Al Nour’ 3, al ‘Wafd’ anche 3, mentre al ‘Blocco egiziano’ 2 e sempre 2 agli altri partiti. Una ‘spartizione’ del potere impensabile al tempo di Mubarak, quando tutte le posizioni di potere in Parlamento erano prerogativa dell’ex Partito nazionale democratico che era al potere nel Paese.
Numerosi partiti politici, usciti sconfitti, hanno però, denunciato gravi violazioni durante il voto che per loro ne hanno compromesso i risultati.
Trova tutti concordi l’idea che quella in corso non sia più una campagna politica, ma religiosa.
Tra questi il partito ‘Egiziani liberi’ di Naguib Sawiris che per protesta ha deciso di boicottare le elezioni per la camera alta del parlamento egiziano, la Shura. Elezioni che si terranno in due fasi, tra il 29 gennaio e il 22 febbraio prossimi.
Alla fine di questa tornata elettorale si passerà poi, alla formazione dell'assemblea costituente e quindi al voto per le presidenziali. Quest’ultime previste per il prossimo 20 giugno.
In virtù di ciò il 15 aprile si apriranno la registrazione dei candidati che intendono concorrere alle elezioni presidenziali in Egitto.
In lizza sono l'ex capo della Lega araba, Amr Mussa, il dirigente dei Fratelli musulmani che ha lasciato la confraternita e si presenta come indipendente, Abdel Moneim Aboul Fotouh, l'ex premier di Mubarak, Essam Shafik, l'esponente salafita, Hazem Salah Abou Ismail, il nasseriano, Hamdine Sabbahi e il candidato islamista vicino ai Fratelli Musulmani, Salim al-Awwa.
Fino a Sabato scorso era candidato anche Mohamed el Baradei, leader del movimento ‘Assemblea nazionale per il cambiamento’.
El Baradei si è ritirato in segno di protesta contro la Giunta militare.
Nei mesi scorsi l’ex direttore dell'Agenzia atomica internazionale, Aiea, ha più volte esternato parole molto dure nei confronti del Consiglio militare, soprattutto per la gestione della sicurezza. Secondo il Premio Nobel per la Pace il Csfa ha seguito una politica di sicurezza repressiva segnata da violenza, provocazione e assassinii, processi di rivoluzionari davanti ai tribunali militari invece, di punire chi ha ucciso i loro compagni.
Quasi a volergli dare ragione in un rapporto sul rispetto dei diritti umani in Africa del Nord Amnesty International ha denunciato la violazione dei diritti proprio in Egitto e in Libia, nonostante i nuovi governi.
“Con poche eccezioni, i governi non hanno saputo riconoscere che è cambiato tutto”, ha dichiarato Philip Luther, direttore ad interim per il Medio Oriente e l'Africa del Nord di Amnesty International.
Nello specifico del Paese dei Faraoni l’organizzazione per la difesa dei diritti umani nel documento di 80 pagine spiega che: “L'organismo al potere in Egitto, il Consiglio supremo delle forze armate, Scaf, ha ripetutamente promesso di dare seguito alle richieste della 'rivoluzione del 25 gennaio' ma, si è reso responsabile di una serie di violazioni dei diritti umani per certi versi persino peggiori di quelle dell'era di Mubarak. L'esercito e le forze di sicurezza hanno violentemente soppresso le proteste, causando almeno 84 morti negli ultimi tre mesi del 2011. Sono continuate le torture durante la detenzione e le corti marziali hanno processato più civili in 12 mesi che nei 30 anni precedenti. Alle donne sono stati inflitti particolari trattamenti umilianti, con l'obiettivo di farle desistere dalla protesta. A dicembre le forze di sicurezza hanno fatto irruzione nelle sedi di varie organizzazioni non governative locali e internazionali in quello che è apparso un tentativo di zittire le critiche nei confronti delle autorità. Amnesty teme che nel 2012 il Consiglio supremo delle Forze Armate, Scaf potrebbe tentare ulteriormente di limitare le possibilità dei cittadini egiziani di protestare ed esprimere liberamente le loro opinioni”.
In una nota a firma di Premio Nobel si legge: “La mia coscienza mi impedisce di presentarmi alle presidenziali o ad altre posizioni ufficiali senza un vero regime democratico. I militari al potere hanno scelto di proseguire sulla vecchia strada, come se la rivoluzione non ci fosse stata e il regime non fosse caduto. La giunta invece di unire la Nazione attraverso un processo politico organizzato, ha preso tutte le decisioni da sola, in modo confuso, esacerbando le divisioni nella società, mentre noi ora abbiamo un estremo bisogno di solidarietà. Il mio impegno al fianco dei giovani della rivoluzione però, continuerà per sostenere il loro obiettivo”.
El Baradei ha contribuito ai cambiamenti avvenuti in Egitto negli ultimi mesi ed era considerato il favorito per le presidenziali, ma nelle ultime settimane il suo movimento, l'‘Assemblea nazionale per il cambiamento’, è stato indebolito da divisioni interne e la sua immagine è stata offuscata dalle accuse di aver abbandonato il popolo.
Immediate le reazioni tra i sostenitori e gli avversari dell’ex capo dell’Aiea. In tutti ha prevalso il rammarico e lo stupore.
In particolare Ayman Nour, capo del partito Ghad, anch’egli candidato ha definito: “uno shock alla coscienza nazionale il ritiro di Mohamed el Baradei dalla corsa presidenziale. Il leader liberale egiziano ha anche affermato che: “Quelli che hanno creato il sogno se ne andranno e resteranno solo quelli che sognano il potere e il dominio”. Parole forti e ricche di significato. Ieri Nour ha annunciato che anche lui sta per ritirare la sua candidatura. La decisione definitiva dovrebbe giungere nel corso di un vertice del partito Ghad prevista per il prossimo venerdì.
A questo punto restano favoriti per la vittoria alle presidenziali l'ex segretario generale della Lega Araba, Amr Moussa, e Abdel Moneim Abul Fotouh.
Nessun commento:
Posta un commento