Che sia un periodo di magra per i pirati somali è documentato anche dall’ultimo rapporto sulla pirateria globale, datato 18 ottobre, diffuso dall’International Chamber of Commerce, ICC, e dall’International Maritime Bureau, IMB. Nel documento è rivelato che il 56 % degli attacchi pirati nel mondo sono stati condotti al largo della Somalia, ma che gran parte di essi sono stati respinti. Nel rapporto si legge che sebbene questi attacchi nel primi 9 mesi del 2011 siano stati superiori allo stesso periodo del 2010, 199 contro 126, sono andati a buon fine solo 24 rispetto ai 35 dell’anno precedente. Nel rapporto vengono indicati anche i costi in vite umane. Nei primi mesi del 2011 i pirati somali hanno catturato 625 marittimi, mentre 8 sono stati uccisi e 41 feriti nel corso dell’assalto o della prigionia. Questi dati sono stati forniti all’IMB dal Centro Piracy Reporting, PRC, che monitora il fenomeno della pirateria marittima dal 1991 e a cui pervengono tutte le segnalazioni di attacchi pirati nel mondo. Difficile dire con certezza quanti siano in questo momento i marittimi ostaggi dei predoni del mare. La stima che più mette d’accordo tanti è di 24 navi e quasi 500 marittimi di diversa nazionalità. Di certo si sa che, solo il 6 per cento di essi provengono da Paesi OCSE, gli altri da Paesi come India, Ghana, Sudan, Sri Lanka, Pakistan, Filippine e Yemen. La particolarità che oltre il 94 per cento dei marittimi sequestrati siano extra comunitario risiede nel fatto che gli armatori tendono ad assumere marittimi di altre nazionalità perché sono soprattutto quelli disposti a lavorare per salari molto più bassi di quelli che ricevono i marittimi comunitari. Questi uomini sono, per i moderni filibustieri, oltre che una fonte di guadagno, anche una garanzia di incolumità. I marittimi-ostaggi vengono infatti, utilizzati anche come scudi umani contro ogni eventualità come un blitz militare per cercare di liberarli. Per cui è nell’interesse dei loro carcerieri mantenerli in salute e in vita. Però, a volte questo non basta a rendere la prigionia meno dura, e in alcuni casi si può registrare anche la morte dell’ostaggio. Comunque sia per chi cade nelle mani dei pirati somali la prigionia è un vero INFERNO. Oggi, 21 ottobre, sono 6 mesi che la ‘MV ROSALIA D’AMATO’ è trattenuta in Somalia in ostaggio, insieme al suo equipaggio, dai pirati somali in attesa che qualcuno paghi un riscatto per il loro rilascio. Tra i marittimi prigionieri in Somalia, ci sono infatti, anche 11 marittimi italiani. Si tratta di parte dei membri degli equipaggi di due navi italiane, la ‘Savina Caylyn’, che è in mano ai pirati dall’8 febbraio scorso, e la ‘Rosalia D’Amato’. Insieme, agli italiani sono ostaggi dei predoni del mare anche altri marittimi membri anch’essi degli equipaggi delle due navi. Si tratta di 17 indiani e 15 filippini. Da quando questi lavoratori del mare sono caduti nelle mani dei pirati somali i loro parenti, in Italia, in India e nelle Filippine, non hanno avuto più notizie certe sui loro cari in mano ai pirati somali. In poche parole nessuno di loro ha idea delle condizioni dei loro cari, dove siano e se sono ancora vivi. Ovviamente di questo vuoto ne dovrebbero dare conto a loro i propri governi, a Manila, a New Delhi e a Roma.
Si fanno intanto, sempre più numerose le testimonianze di angherie e torture a cui tutti gli ostaggi sono sottoposti da parte dei loro sequestratori. Mentre a casa, negli animi dei loro familiari, ogni giorno, diventa sempre più forte la rabbia e cresce la sensazione di impotenza per non poter far nulla per aiutarli.
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