sabato 14 maggio 2011

Pirateria somala: le acque del Corno D’Africa sono controllate dai pirati somali

Mentre in Italia si spinge per la scorta armata sui mercantili italiani. Il fenomeno della pirateria marittima al largo della Somalia è in costante crescita interessando un’area di 5,5 milioni di miglia nautiche quadrate. Un’intera area del mare del Corno D’Africa è quindi ormai caduta sotto la minaccia armata dei pirati somali. Pirati che sembrano spadroneggiare indisturbati in queste acque visti i risultati da loro raggiunti. Tutto ciò ne ha fatto una vera e propria minaccia alla navigazione tra Europa e Asia. Un rotta per dove passa la metà dei traffici commerciali, a mezzo di container, e il 70 per cento del traffico di petrolio mondiali. Un mare che riveste importanza anche per le telecomunicazioni. Attraverso esso vi passa infatti, un cavo sottomarino di 17mila km in fibra ottica che collega Paesi come Sudafrica, Tanzania, Kenya, Uganda e Mozambico con l’Europa e l’Asia. Il fenomeno della pirateria marittima ha fatto registrare in tutto il mondo una crescita esponenziale degli attacchi passati dai 276 del 2005 ai 445 nel 2010. Un trend ancora in salita se si considera che nel primo trimestre del 2011 gli attacchi sono stati già 142. Novantasette dei quali hanno interessato il mare della Somalia, contro i 67 attacchi dello stesso periodo del 2010, con 18 navi cadute nelle mani dei predoni del mare. Dati che dimostrano quanto il fenomeno sia aumentato esponenzialmente e lo sia proprio nel mare del Corno D’Africa. Impossibile quantificare quanti marittimi, membri dell'equipaggio delle navi catturate siano trattenuti in ostaggio dai pirati somali. Di certo sono alcune centinaia, mentre le navi catturate sono almeno una ventina. Nel corso degli arrembaggi sette marittimi sono rimasti uccisi, mentre trentaquattro feriti. Si registra anche un incremento della somma di denaro richiesta come riscatto. Questa è aumentata mediamente di 36 volte rispetto ai 150mila dollari che venivano richiesti nel 2005. Si stima che nel 2010 siano stati pagati almeno 238 milioni di dollari come riscatti e sono state 17 le navi ‘riscattate’. La somma pagata come riscatto mediamente è stata di 5,1 milioni di dollari. Mentre nel 2011, sempre nei primi tre mesi, sono state ‘riscattate’ già 11 navi. La somma pagata come riscatto mediamente è stata di 6,2 milioni dollari. Tutto questo ha galvanizzato i predoni del mare che vedono oltre che campo libero anche crescere i loro profitti . Tra le navi catturate dai pirati somali due sono italiane, la petroliera ‘Savina Caylin’ e la motonave ‘Rosalia D’Amato’. La prima catturata l’8 febbraio scorso e la seconda il 21 aprile successivo. In mano ai pirati somali, trattenuti in ostaggio, oltre alle due barche italiane, anche 11 marittimi italiani, 5 sulla petroliera e 6 sulla motonave. Un fatto questo che ha portato in Italia a far nascere una discussione scaturita dalla convinzione che i mercantili italiani, che solcano le acque del mare dei pirati, godano di una forte carenza di sicurezza. Una convinzione che ha portato molti ad affermare che tutto ciò rende molto facile il ‘lavoro’ ai predoni del mare. Un mercantile senza difese viene facilmente abbordato dai pirati somali che, dopo essersi avvicinati con barchini veloci con a bordo max 5 persone, accostano e prendono la nave senza colpo ferire. Nave che poi, è condotta, insieme al suo equipaggio, nei loro porti-covi lungo la costa del Puntland, regione del Nord est della Somalia autoproclamatosi indipendente dal Paese africano nel marzo del '91. Il principale covo pirata è quello di Eyl, roccaforte della moderna Tortuga dei nuovi filibustieri. Da qui poi, i pirati somali chiedono un riscatto per il rilascio di nave e uomini. Del riscatto al pirata viene data solo una parte, una sorta di commissione sul sequestro. Questo perché dopo il sequestro entrano in gioco organizzazioni criminali a capo delle quali vi sono ‘coletti bianchi’. Organizzazioni che si occupano delle trattative, e una volta incassato il denaro, si occupano di ripulirlo e riciclarlo attraverso società di comodo con sede a Dubai, negli Emirati e a Nairobi in Kenya. A questo punto viene spontaneo chiedersi perché non si cerca di fermare il riciclaggio del denaro proveniente dai sequestri? Inoltre, pur conoscendo il luogo esatto dove vengono condotte navi e uomini, fino ad oggi nessuno è mai intervenuto militarmente per porre fine a tutto questo. La principale spiegazione data è la presenza degli ostaggi. Uomini che in caso di attacco da parte di forze militari internazionali, potrebbero trasformarsi in scudi umani o addirittura essere uccisi per ritorsione. Armare un mercantile però, vuol dire più o meno la stessa cosa. E’ vero che, al fine di prevenire, sulle rotte a rischio, i gravi pericoli derivanti dalla pirateria marittima, gli armatori francesi, spagnoli, inglesi, belgi, statunitensi, tanzanesi, sudafricani hanno dovuto imbarcare sulle proprie navi uomini armati, sia privati sia militari della marina. E’ vero che la legislatura in Italia non prevede alcun strumento legislativo che consenta alle navi, battenti bandiera italiana, di organizzarsi allo stesso modo. Ed è sempre vero che il Parlamento italiano sta per adottare dei provvedimenti per colmare questo vuoto e anche per evitare che gli armatori italiani cambino bandiera, per ottenere maggiore tutela e sicurezza sotto altre di Paesi più ‘attenti’ al fenomeno. Non è detto che questo accorgimento conduca alla salvaguardia e protezione dei lavoratori del mare a bordo di questi mercantili anzi, potrebbe ulteriormente far aumentare i rischi. Il provvedimento potrebbe essere anche eccessivo in quanto di recente è emerso che i mercantili italiani siano esposti alle minacce di sequestro da parte dei pirati somali anche per negligenze e omissioni. Risulta infatti, che la commissione europea abbia segnalato che alcune unità mercantili italiane, che attraversano le aree a rischio pirateria, non si attengono, come dovuto, alle raccomandazioni riportate nelle best management pract/ces vers/on 3, consultabili al link: www.mschoa.org/bmp3/documents/bmp3%20finallow.pdf .In particolare, sembra che mercantili italiani, secondo quanto si legge nel documento Ue, omettano di comunicare sul http://www.mschoa.org/Links/Pages/UKMTO.aspx, come da procedura, i dati del viaggio nell'area a rischio e omettano di riportare via telefono e via email i dettagli del viaggio all'UMKTO. Si tratta dell’organismo che funge da punto di contatto primario per le navi mercantili e di collegamento con le forze navali militari internazionali che operano nel mare dei pirati e che ha sede a Dubai negli Emirati Uniti e che gestisce il ‘Reportin Scheme’. Di fatto viene omessa la registrazione del transito della nave nel mare dei pirati e quindi, la nave si autoesclude dalla protezione navale militare che è in atto nelle acque infestate dai pirati. Cosa questa che, sempre nel documento Ue, è fortemente evidenziata nel punto in cui si legge: “…al gravissimo pericolo cui il mercantile stesso si sottopone nell'attraversare le aree a rischio pirateria senza alcuna possibilità di assistenza”. Un fatto questo inspiegabile, ma che di certo evidenzia che ci sono anche altre ragioni che espongono il naviglio italiano al rischio sequestro e che spiega come finora non sempre gli assalti siano stati sventati. A questo punto la domanda nasce spontanea: “la ‘Savian Caylin’ e la ‘Rosolia D’Amato’erano registrate? Per cui appare evidente che prima di ricorrere ad rimedi molto estremi cercare di sfruttare altri che invece, in molti casi si sono dimostrati risolutivi. Il 5 maggio scorso è fallito, nel Golfo di Aden, il tentativo di sequestro del mercantile italiano 'Ital Glamour'. Contro la nave sono stati esplosi, dai pirati somali, numerosi colpi di armi da fuoco ed alcuni razzi quando il mercantile ha adottato manovre evasive pere sfuggire all’arrembaggio. In suo soccorso è intervenuta la Fregata Espero della Marina Militare italiana che dal mese di febbraio opera nell'ambito della missione Ue antipirateria 'Atalanta'. La nave era registrata all'UMKTO. Un episodio quest’ultimo da cui si evince anche un altro dato. Se ora i pirati fanno ricorso alle armi, se la nave presa di mira tenta la fuga, è immaginabile cosa possa accadere se sanno che a bordo vi sono uomini armati pronti a sparare loro addosso. Di certo la reazione dei pirati, durante l’attacco, non sarebbe contenuta e porterebbe ad un inasprimento della violenza facendo correre maggiori rischi ai marittimi membri dell’equipaggio del mercantile assaltato. Più volte i pirati somali sono ricorsi anche all’uso di lanciarazzi, Rpg, per fermare le navi assaltate. Se ad essere assaltata è una petroliera cosa succederebbe se la nave fosse colpita da un razzo? Eppure sembra quasi che ci sia dimenticati che esistono delle decisioni prese all’unanimità da assisi internazionali che pongono le premesse giuridiche, per una repressione armata della pirateria marittima. Si tratta delle risoluzione ONU 1814 e 1816 del giugno 2008. La prima autorizza le navi delle marine da guerra di Paesi terzi a entrare nelle acque somale per inseguire i pirati in forza di una volontà di contrasto del fenomeno della pirateria nell'Oceano Indiano e sulla terra ferma. Con la stessa risoluzione è stata istituita una missione navale con il compito di contrastare il fenomeno della pirateria marittima e proteggere le navi in transito nel Golfo di Aden, soprattutto quelle con gli aiuti del Programma Alimentare Mondiale, PAM. Alla missione prendono parte Gran Bretagna, Germania, Grecia, Italia, Turchia e Stati Uniti. Una missione autorizzata per la prima volta il 9 ottobre 2008. La seconda tratta gli atti di pirateria come ‘atti di guerra’ a norma del diritto internazionale. Poi, c’è la risoluzione approvata dal Parlamento europeo nell’ottobre dello stesso anno che nel condannare la pirateria marittima, riconosce la pirateria marittima come un ‘atto criminale’ internazionale. In verità di risoluzioni del CdS ONU ne sono seguite tante altre che autorizzano anche al ricorso alla forza per contrastare il fenomeno della pirateria: la 1838 e la 1846 entrambe del 2008 e, la 1897 del 2009. Da questi pronunciamenti, per contrastare il fenomeno della pirateria marittima, è stata creato un dispositivo anti pirateria del Pentagono e gestito dalla V Flotta USA, il Combined Task Force, Ctf-151. Successivamente sono nate la missione dell’Alleanza Atlantica ‘Ocean Shield’, la missione 'Atalanta' a guida Ue e l’ALINDIEN gestita dal comando delle forze francesi nell’Oceano Indiano. Per tutti il compito è di intervenire militarmente contro i pirati somali. I costi di queste missioni navali militari sono però altissimi molto di più di quanto si paga in riscatti. Cosa questa che porta a pensare, visti i pochi risultati raggiunti, a credere che forse conviene più lasciare fare i pirati che cercarli di contrastarli. I costi totali sostenuti per il contrasto della pirateria nel 2010 sono stati stimati essere stati tra i 7 miliardi e 12 miliardi di dollari. Tale cifra include i riscatti, le indennità di assicurazione, il costo delle operazioni navali militari, i procedimenti giudiziari e i maggiori costi derivanti dalla necessità di trovare nuove rotte per le navi per evitare le zone a rischio, il re-routing. Quest’ultimo, nel 2010, ha avuto un costo di circa 3 miliardi di dollari. Mentre per mantenere una nave da guerra operativa nel mare dei pirati costa, al Paese di appartenenza, circa 100mila dollari al giorno. Pertanto il costo totale delle missioni navali militari internazionali CtF 151, Ocean Shild e Atlanta si aggira intorno ai 3 miliardi di dollari. E' stato stimato che i somali attivamente impegnati in questa attività criminale siano un manipolo di uomini, appena 1200. Di essi un centinaio sono finiti nella rete della forza navale internazionale e poi, sono stati affidati al giudizio e custodia delle autorità del Kenya. Con questo Paese africano infatti, prima gli USA e poi altri Paesi occidentali hanno stipulato un accordo bilaterale che prevede che ogni pirata catturato sia affidato alle autorità giudiziarie kenyane per istituire processi a loro carico. L'apposito tribunale di Mombasa viene finanziato dall'ONU, l'Unione Europea, l'Australia e il Canada. Risulta che i militari delle forze navali internazionali abbiano catturato, dal mese di agosto 2008 e fino a maggio 2010, almeno 1.090 presunti pirati, ma che solo 480 siano ora detenuti o siano stati trasferiti per il procedimento penale in Kenya. Risulta anche che siano stati uccisi almeno 64 pirati e altri 24 siano rimasti feriti. Da ciò si evince che esiste una grave situazione di scollamento tra contrasto e repressione. Il costo della prigionia dei pirati e della persecuzione dei reati nelle corti internazionali è costato, nel solo 2010, almeno 31 milioni di dollari. Un fatto questo che induce molti Paesi a ritenere più conveniente rilasciare i pirati catturati che trattenerli e giudicarli. Ed è proprio il problema di poter processare e detenere i pirati somali, catturati e condannati, ad essere uno dei maggiori afflizioni della comunità internazionale. Purtroppo non tutti i Paesi sono disposti a processare, e se condannati, ad ‘ospitare’ nelle loro carceri i pirati somali accollandosi i relativi costi. Processare i pirati catturati è di pertinenza del Paese dell'imbarcazione attaccata o della nave da guerra intervenuta per sventare l'assalto. Però, possono processare i pirati anche Paesi che abbiano altri legami con il caso, ad esempio la nazionalità di membri dell'equipaggio attaccato. Quasi sempre questi Paesi si rifiutano di processare i pirati o fanno sapere di non poterlo fare nei tempi richiesti. Eppure una valida e meno cara soluzione è sotto gli occhi di tutti. L'estendersi del pericolo ha indotto diversi giuristi e uomini politici di tutto il mondo a lanciare l'idea di creare un apposito Tribunale Penale Internazionale, come quello già operante all'Aja per i crimini di guerra, contro l'umanità e il genocidio. Purtroppo questa idea non ha trovato consensi in tutti i Paesi. Tra quelli non favorevoli spicca inspiegabilmente la stessa Somalia. Non si tiene conto nemmeno del fatto che il 27 aprile del 2010, con un voto unanime, il Consiglio di Sicurezza dell'ONU ha chiesto a tutti gli Stati del mondo di ‘criminalizzare la pirateria’ adottando apposite leggi negli ordinamenti nazionali per poter perseguire legalmente i pirati catturati a largo delle coste somale.

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Una fiammella accesa per tutte le persone che soffrono al mondo

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Nel mondo sono tante le persone che piangono e soffrono a loro dedico un affettuoso pensiero....

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A tutti quei bravi ragazzi morti per l'Italia

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Nel mondo ogni giorno vengono compiute carneficine immani in cui le vittime sono inermi civili

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DARFUR:NON C'E' PIU' TEMPO DA PERDERE!

IN DARFUR SONO DECINE SE NON CENTINAIA LE PERSONE CHE MUOIONO OGNI MESE...
FAI LORO DEL BENE... AIUTA I RIFUGIATI E I PROFUGHI DEL DARFUR FACENDO UNA DONAZIONE ALL'AGENZIA ONU PER I RIFUGIATI UNHCR CHIAMA LO 0680212304 PER SAPERE COME FARE....
RICORDATI BASTANO 31 EURO PER ACQUISTARE 8 COPERTE, 51 EURO PER UNA TENDA E 200 EURO PER DARE ASSISTENZA MEDICA A 25 FAMIGLIE...

Un bambino del Darfur

Un bambino del Darfur
aiuta ad aiutarlo sostieni le iniziative pro Darfur
In Darfur dal 2003 ad oggi sono state compiute esecuzioni, anche di massa, stupri, soprattutto di massa, nei confronti di donne, uomini e bambini e interi villaggi sono stati rasi al suolo. Il terrore è stato usato come pratica generalizzata e a sfondo razziale mentre lo stupro è diventato una vera e propria arma da guerra.
Il governo sudanese di Khartoum da parte sua ha bombardato senza sosta i civili, e ha reso sempre più difficili le operazioni di soccorso delle organizzazioni umanitarie nei confronti delle genti del Darfur, fino al punto di far scappare via la maggior parte delle Ong operanti nella regione sudanese e liberarsi così di scomodi testimoni di quanto accadeva in quei luoghi. La stessa tattica è stata seguita prima con i peacekeepers dell'Ua e poi con quelli dell'Onu...
Tutto il mondo è a conoscenza di quanto accade in quella remota regione sudanese e lancia denunce. Da un lato Washington parla di genocidio, dall’altro l'Onu parla di catastrofe umanitaria e di pulizia etnica.
Il tutto però resta nella totale impunità!
Intanto, dal Febbraio 2003 anno in cui è iniziata la ribellione della popolazione di etnia africana del Darfur, circa 6 milioni in maggioranza musulmana e in parte animista, contro il governo sudanese, musulmano ma integralista e soprattutto di etnia araba e bianca, è scoppiato il conflitto che ha causato finora circa 300mila morti e due milioni e mezzo di profughi. Una protesta nata per lo stato di totale abbandono e sfruttamento in cui la popolazione nera era tenuta. La repressione del governo centrale è stata spietata, soprattutto facendo uso dei Janjaweed, i diavoli a cavallo, che sono milizie nomadi di etnia araba che hanno compiuto tutti gli orrori possibili e inimmaginabili contro le genti del Darfur di etnia nera, per lo più contadini e pastori.

Il pianto di un innocente a Gaza

Il pianto di un innocente a Gaza
Ancora una volta il mondo intero si dovrebbe vergognare!!!
La guerra chi puo raccontarla? E' difficile farlo ma tutti possiamo immaginare come sia il sentire l'odore dei morti abbandonati nelle strade o sotto le macerie, il vedere i bambini che muoiono di fame accanto al cadavere della madre, il sentire il lamento dei feriti e lo strazio dei sopravvissuti, di chi si vede impotente e maledice chi gli ha portato via tutto.
Nella Striscia di Gaza siamo ormai quasi alla terza settimana di bombardamenti e inesorabilmente, come non potrebbe essere diversamente con tutta la tecnologia militare del 21° secolo che gli israeliani stanno usando, il numero dei morti tra i civili continuato ad aumentare, mentre l'esercito israeliano bombarda le loro case si moltiplicano tra i palestinesi le scene di disperazione e di dolore causati dagli effetti devastanti della guerra che certamente non sono cambiati nel tempo anzi al contrario.

Giugno 2009: La rivoluzione di velluto in Iran

Giugno 2009: La rivoluzione di velluto in Iran
Sono solidale con i persiani che manifestano

Il 12 giugno 2010 è caduto il primo anniversario delle contestate elezioni iraniane. Elezioni che decretarono la riconferma a presidente dell’Iran di Mahmud Ahmadinejad. Il Paese ha vissuto le prime ora di questa giornata con una calma carica di tensione che poi, è scoppiata nel pomeriggio intorno alle 16, le 13.30 italiane con i primi scontri tra manifestanti e forze di sicurezza nei pressi dell’Università Sharif di Teheran. Era impensabile che l’opposizione iraniana del movimento riformista dell’Onda Verde si facesse scappare questa occasione per proclamare il proprio dissenso al regime degli Ayatollah. I luoghi delle sanguinose proteste post elettorali di un anno fa si sono quindi di nuovo riempiti di manifestanti. Questo, nonostante l’appello dei leader dell’opposizione, Moussavi e Karroubi, a evitare di scendere in piazza e nonostante che le forze di sicurezza avessero preso posizione in vari punti strategici del centro di Teheran per prevenire manifestazioni. Nonostante le proteste e le accuse di brogli elettorali il contestato presidente Ahmadinejad ha potuto proseguire nel suo mandato, quasi certamente usurpato, grazie all’appoggio dell’ayatollah Ali Khamenei, la Guida Suprema. La lotta continuerà. Viva la Persia! Viva il movimento riformista!


i 44 presidenti degli Usa

i 44 presidenti degli Usa
da www.patrickmoberg.com/blog/id:420/november-4-2008

The President United States of America

The President United States of America
Barack Obama

E' morta Miriam Makeba

E' morta Miriam Makeba
Addio Mama Afrika....io continuerò a sognare...

Notes

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Italia. Violenza sessuale è allarme sociale


Dopo i recenti casi di stupri, a Roma, Bologna e Milano non si riesce quasi più a tenere il conto degli episodio di violenza sessuale che, dall'inizio dell'anno, si stanno susseguendo in Italia ad opera principalmente di stranieri. Un orribile reato che si verifica nelle grandi città metropolitane come nei piccoli centri urbani. Emergono dati da brividi dalle informazioni fornite dal Presidente facente funzioni del Tribunale di Como Giuseppe Anzani e dal Procuratore capo Alessandro Maria Lodolini. Ogni 4 giorni in Procura a Como arriva una denuncia per violenza sessuale. I fascicoli aperti tra luglio 2007 e giugno 2008 sono stati 89, tra violenze sessuali e pedofilia. Ma è solo la punta di un iceberg in quanto, il reato, per la quasi totalità è sommerso perché prevale ancora la paura e la vergogna a denunciare la violenza subita. Fino ad oggi la violenza che subivano le donne era soprattutto domestica, ma gli episodi di violenza che hanno visto protagoniste, loro malgrado, delle donne avvenuti negli ultimi giorni, per le strade, propongono una nuova emergenza. Un autorevole testimonianza è portata da Telefono Rosa che da anni conosce il fenomeno ed assiste le vittime. “Ciò che sta avvenendo dall'inizio dell'anno, precisa il presidente Maria Gabriella Carnieri Moscatelli, mi preoccupa. Non so se è solo l'effetto di maggiori denunce ma, dal nostro osservatorio, non era mai stato rilevata una cosa simile”. Gli avvenimenti degli ultimi giorni non fanno altro che conferma un'allarmante costante: in testa alla classifica degli autori di stupri ci sono gli stranieri. Il triste primato vede fra i primi i romeni, seguiti da marocchini e albanesi che sembra abbiano dato il via ad una esecrabile escalation di violenza contro le donne. Assodato che nella stragrande maggioranza dei casi questi episodi sono commessi da stranieri, spesso clandestini, ora si deve dare a tutto questo uno stop. Certezza della pena, custodia cautelare in carcere per chi è accusato di violenza sessuale ed esclusione di attenuanti per chi delinque sotto effetto di alcool e droghe. Tutto ovviamente tenendo conto di due elementi fondamentali: abbattere l'allarme sociale provocato da questo tipo di reati e tutelare la dignità della vittima, che va assicurata anche nel percorso dibattimentale.
Per raggiungere un risultato anzitutto è importante l'introduzione nel ddl sicurezza dell'obbligo del carcere per chi stupra. Forse il decreto 'anti-stupro' sarà pronto per venerdì esso dovrebbe contenere, come annunciato, importanti novità: gli accusati di stupro non potranno beneficiare della libertà condizionale, ci sarà un avvocato a spese dello Stato per le vittime di violenza sessuale, arriveranno nuovi presidi di polizia con relativi stanziamenti, saranno anticipate le norme contenute nel ddl anti-molestie che la Camera ha già approvato. Tra le altre cose, ci dovrebbero essere anche aggravanti se a commettere violenza sono familiari, partner o tutori; un pesante aggravio di pena se la vittima è sotto i 14 anni; uguale trattamento, invece, se la vittima è maggiorenne o appena sotto i 18; ergastolo sicuro, se allo stupro segue la morte della vittima. Mano pesante anche per i complici: nessuna possibilità di godere dei domiciliari neppure per i favoreggiatori.

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La scuola pubblica in Italia con la 'Riforma Gelmini'

Esprimo la mia piena solidarietà con tutti coloro che protestano contro la Legge 133/08 la cosidetta 'Riforma Gelmini'....

Le cifre presentate nel decreto fanno venire i brividi: i tagli previsti dal decreto legge 112, poi convertito nella legge 133/08, e gli ulteriori provvedimenti contenuti nel decreto 137 porteranno, a livello nazionale, ad una riduzione di circa 100mila posti tra il personale docente e di 43mila posti tra quello Ata (ausiliari, tecnici e amministrativi).
Per molti, anche per i non addetti ai lavori, l'effetto provocato dalla legge che in pratica azzererà in poco tempo le faticose conquiste di anni e anni, non solo in termini di posti di lavoro, ma anche di mission- educativa e di didattica, rende il momento dei più cupi e tristi degli ultimi anni. Ai tagli vanno poi sommati, le conseguenze che scaturiranno dalla reintroduzione del maestro unico nelle scuole elementari.
L'Europa chiede più scuola, più sapere e l'Italia che fa?
Il contrario!
Rientrodurre il maestro unico è compiere, di sicuro, un passo indietro di almeno mezzo secolo. Se non addirittura si ritorna al tempo del libro cuore, senza offesa per quel libro mio compagno di tanti pomeriggi.
Perchè tutto questo? Bella domanda!
Molto probabilmente si tenta di mascherare con questa supposta riforma quello che è il vero scopo del provvedimento: incassare o meglio risparmiare in poco meno di 4-5 anni 8miliardi di euro. Questa è la cifra stimata, che dovrebbe restare nelle casse dello stato.
Un risparmio quindi certo ottenuto tagliando centinaia di migliaia di posti di lavoro ma al contempo che produrrà anche un effetto negativo: quello di un drastico ridimensionamento del servizio scolastico pubblico in favore forse di quello privato. Inoltre un'altra diretta conseguenza della L.133/08 sarà la chiusura di decine e decine di plessi scolastici.
Molte scuole, soprattutto nei piccoli centri urbani, non ci saranno più. A scomparire sarà anche un altro degli elementi cardine dell'istruzione primaria italiana: il tempo pieno. Bisogna fare attenzione, chi sostiene che il tempo pieno non sarà toccato dalla riforma o che addirittura aumenterà mente sapendo di farlo.
Rifletteteci un poco e capirete perchè!
Se prima, per ogni 2 classi, c'erano 3 insegnanti d'ora in poi sarà uno per classe, a seguire e istruire dai 20 ai 30 alunni e che svolgerà il suo orario lavorativo settimanale esclusivamente di mattina. Pertanto al pomeriggio non potrà esserci altro che un sorta di dopo-scuola, trasformando il tempo pieno di fatto in un parcheggio pomeridiano per i bambini, che nulla ha da condividere con l'offerta didattica di cui fino ad ieri, prima della 'riforma Gelmini', gli alunni potevano usufruire con il tempo pieno.

...

ARRIVERA' PER NATALE UNA 'SOCIAL CARD' AD OLTRE 1MLN DI ITALIANI 'POVERI'

C’è un detto che dice: "meglio poco che niente!".
In questo caso tra il poco e il nulla ci sono così poche differenze che è difficile distinguerli.
La 'social card, almeno per il momento, sembra più l’ennesimo spot varato dal governo che piuttosto un provvedimento serio in grado di aiutare per davvero i più bisognosi.
Nessuno però si è ricordato di dire che ogni spesa effettuata con la 'social card' in automatico sarà data una commissione alla Mastercard che è la società che ha emmesso ed è la proprietà della card.
Bhe! Almeno qualcuno di certo ci guadagnerà da questa iniziativa...
Appare strano che un'iniziativa così benefica abbia comunque dei costi accessori...stranezze tutte italiane!

***

Parole....di Abraham Lincoln

Non si può arrivare alla prosperità

scoraggiando l'impresa.
Non si può rafforzare il debole
indebolendo il più forte.
Non si può aiutare chi è piccolo
abbattendo chi è grande.
Non si può aiutare il povero
distruggendo il ricco.
Non si possono aumentare le paghe
rovinando i datori di lavoro.
Non si può progredire serenamente
spendendo più del guadagno.
Non si può promuovere la fratellanza umana
predicando l'odio di classe.
Non si può instaurare la sicurezza sociale
adoperando denaro imprestato.
Non si può formare carattere e coraggioto
gliendo iniziativa e sicurezza.
Non si può aiutare continuamente
la gente facendo in sua vece quello che potrebbe
e dovrebbe fare da sola.

USA 2008: ELETTO PRESIDENTE BARACK OBAMA

USA 2008: ELETTO PRESIDENTE BARACK OBAMA

marito e padre

i due rivali

genere umano

GIOCHI OLIMPICI DI PECHINO

GIOCHI OLIMPICI DI PECHINO
da peacereporter

23/02/2002 - 02/07/2008 Ingrid Betancourt è stata liberata!

23/02/2002 - 02/07/2008                  Ingrid Betancourt è stata liberata!
faccio mia la gioia di tutti!

Finalmente liberi!!!

Finalmente liberi!!!

Grazie a loro la Betancourt è libera

Grazie a loro la Betancourt è libera
il ministro della Difesa colombiano Santos e il generale Montoya

Grazie Uribe!!

Grazie Uribe!!
La Betancourt ha incontrato il presidente colombiano Uribe che vinse le elezioni del 2002

madre e figlia!

madre e figlia!
Yolanda Pulecio e Ingrid Betancourt

le due Betancourt

le due Betancourt
Ingrid abbraccia la madre Yolanda

La gioia della libertà riconquistata

La gioia della libertà riconquistata
Ingrid Betancourt dopo la liberazione