E’ comunque dal giugno del 2008, da quando nel ‘mare dei pirati’ è operativa una prima missione navale anti pirateria, la Combined task force 151, Ctf 151, che la vita è stata resa più difficile ai pirati somali. Si tratta di una forza navale multinazionale a guida USA e a cui partecipano ben 14 Paesi dell'Europa, Africa, Asia e Oceania. La Ctf 151, che conduce operazioni di pattugliamento in un’area che comprendente il Golfo di Aden, il Mar Rosso, l’Oceano Indiano e il Mare Arabico. Una missione che poi, è stata seguita da diverse altre, tra cui una europea denominata ‘Atalanta’ divenuta operativa nel ‘mare dei pirati’ dal dicembre 2008. La Ctf 151 però è anche detentrice di un primato. Il primo colpo anti pirateria messo a segno da una delle missioni navale internazionali schierata nel Golfo di Aden per combattere i pirati somali è avvenuto nel mese di dicembre del 2008. A compierlo una nave da guerra della Marina Militare indiana. L’unità navale catturò 23 pirati di nazionalità somala e yemenita. I banditi del mare erano stati arrestati mentre stavano arrembando una nave mercantile nel Golfo di Aden. In seguito furono consegnati alle autorità dei rispettivi Paesi d'origine affinchè fossero giudicati, e se riconosciuti colpevoli, condannati. Però, la comunità internazionale, avendo necessità di avere la certezza che i pirati catturati fossero effettivamente giudicati ed eventualmente condannati, successivamente ha sottoscritto accordi con diversi Paesi africani in merito al trasferimento di persone sospettate di pirateria o terrorismo internazionale. Da allora tutti i banditi catturati nell’Oceano Indiano e nel Golfo di Aden sono stati trasferiti presso questi Paesi per essere detenuti, giudicati ed eventualmente condannati. Il Kenya è il capofila di questi Paesi africani. Da allora nelle acque al largo della Somalia qualcosa è cambiato. A correre un rischio non sono solo i marittimi imbarcati a bordo dei mercantili che vi transitano, ma anche i pirati che li attaccano. Un rischio quindi proporzionato. I governi dei Paesi che possono essere coinvolti in un sequestro di un loro imbarcazione da parte dei moderni filibustieri ormai sono preparati ad ogni evenienza. Specie da parte americana è stata predisposta una particolare strategia per fronteggiare gli attacchi dei pirati somali. Strategia che ha poi, fatto scuola per gli altri Paesi che l’hanno adottata. Questa tattica prevede lo sviluppo della cooperazione multilaterale, lo sforzo per potenziare le autorità legali internazionali, la stretta collaborazione con le società di navigazione, il tentativo politico e diplomatico per ridare una maggiore sicurezza e stabilità alla Somalia da cui provengono in gran parte i pirati. L’11 febbraio 2009 un altro grande colpo. L’incrociatore lanciamissili Uss 'Vella Gulf', che era l’allora nave ammiraglia della Ctf 151, intervenne per impedire l'arrembaggio del mercantile ‘Polaris’, battente bandiera delle Isole Marshall. Nel corso del suo intervento la nave statunitense blocco la piccola imbarcazione a motore che aveva assaltato il mercantile e catturò i 7 pirati che si trovavano a bordo. I prigionieri vennero poi, trasferiti, come da accordi, in Kenya dove le autorità di Nairobi li presero in custodia in attesa di giudizio. Sono ben tre le carceri che in Kenya ospitano pirati somali catturati finora dalle navi della coalizione internazionale anti pirateria marittima. Sono oltre 200 i pirati catturati finora e gran parte di essi sono stati giudicati e condannati da un tribunale keniota autorizzato dalla comunità internazionale. Da tempo però, molti Paesi, Russia in testa, auspicano la costituzione di una Corte internazionale che giudichi gli autori degli atti di pirateria. Sempre in Kenya sono stati condotti i 7 pirati somali arrestati alla fine del mese di marzo scorso da un'unità della marina tedesca quando hanno tentato di assalire una nave cisterna tedesca nelle acque del Golfo di Aden. La loro cattura è stata eseguita dalla Fregata 'Rheinland-Pfalz'. Per la Germania è stata la seconda volta che pirati somali catturati venivano consegnati al Kenia in base agli accordi sottoscritti. Sabato 11 aprile 2009 si è poi, registrata la condanna a 20 anni di carcere per 10 pirati somali da parte del tribunale della regione semi autonoma del Puntland, nel nordest della Somalia. Lungo le coste di questa regione somala i pirati hanno stabilito i loro covi trasformandola nella moderna Tortuga. I dieci erano a bordo del cargo 'Awail' battente bandiera somala che la guardia costiera del Puntland, aveva fermato nel mese di ottobre del 2008. Nel corso di questo processo, per la prima volta, uno degli imputati, Abdirashid Muse Mohamed, ha preso la parola e a nome dei compagni ha affermato: “Non siamo criminali. Il motivo per cui attacchiamo queste navi è che esse depredano le nostre risorse naturali”. Era di fatto la prima volta in assoluto che i cosiddetti pirati somali giustificavano le loro azioni come una ritorsione a quanto, secondo loro, la comunità internazionale compiva nel loro Paese. Questa sentenza emessa da un tribunale del Puntland non è l’unica. Analoghe sentenze, sempre emesse dal tribunale del Puntland, hanno condannato al carcere, anche a vita ,diversi altri pirati.
lunedì 9 agosto 2010
Pirateria somala: prima condanna pirati anche nelle Seychelles
E’ comunque dal giugno del 2008, da quando nel ‘mare dei pirati’ è operativa una prima missione navale anti pirateria, la Combined task force 151, Ctf 151, che la vita è stata resa più difficile ai pirati somali. Si tratta di una forza navale multinazionale a guida USA e a cui partecipano ben 14 Paesi dell'Europa, Africa, Asia e Oceania. La Ctf 151, che conduce operazioni di pattugliamento in un’area che comprendente il Golfo di Aden, il Mar Rosso, l’Oceano Indiano e il Mare Arabico. Una missione che poi, è stata seguita da diverse altre, tra cui una europea denominata ‘Atalanta’ divenuta operativa nel ‘mare dei pirati’ dal dicembre 2008. La Ctf 151 però è anche detentrice di un primato. Il primo colpo anti pirateria messo a segno da una delle missioni navale internazionali schierata nel Golfo di Aden per combattere i pirati somali è avvenuto nel mese di dicembre del 2008. A compierlo una nave da guerra della Marina Militare indiana. L’unità navale catturò 23 pirati di nazionalità somala e yemenita. I banditi del mare erano stati arrestati mentre stavano arrembando una nave mercantile nel Golfo di Aden. In seguito furono consegnati alle autorità dei rispettivi Paesi d'origine affinchè fossero giudicati, e se riconosciuti colpevoli, condannati. Però, la comunità internazionale, avendo necessità di avere la certezza che i pirati catturati fossero effettivamente giudicati ed eventualmente condannati, successivamente ha sottoscritto accordi con diversi Paesi africani in merito al trasferimento di persone sospettate di pirateria o terrorismo internazionale. Da allora tutti i banditi catturati nell’Oceano Indiano e nel Golfo di Aden sono stati trasferiti presso questi Paesi per essere detenuti, giudicati ed eventualmente condannati. Il Kenya è il capofila di questi Paesi africani. Da allora nelle acque al largo della Somalia qualcosa è cambiato. A correre un rischio non sono solo i marittimi imbarcati a bordo dei mercantili che vi transitano, ma anche i pirati che li attaccano. Un rischio quindi proporzionato. I governi dei Paesi che possono essere coinvolti in un sequestro di un loro imbarcazione da parte dei moderni filibustieri ormai sono preparati ad ogni evenienza. Specie da parte americana è stata predisposta una particolare strategia per fronteggiare gli attacchi dei pirati somali. Strategia che ha poi, fatto scuola per gli altri Paesi che l’hanno adottata. Questa tattica prevede lo sviluppo della cooperazione multilaterale, lo sforzo per potenziare le autorità legali internazionali, la stretta collaborazione con le società di navigazione, il tentativo politico e diplomatico per ridare una maggiore sicurezza e stabilità alla Somalia da cui provengono in gran parte i pirati. L’11 febbraio 2009 un altro grande colpo. L’incrociatore lanciamissili Uss 'Vella Gulf', che era l’allora nave ammiraglia della Ctf 151, intervenne per impedire l'arrembaggio del mercantile ‘Polaris’, battente bandiera delle Isole Marshall. Nel corso del suo intervento la nave statunitense blocco la piccola imbarcazione a motore che aveva assaltato il mercantile e catturò i 7 pirati che si trovavano a bordo. I prigionieri vennero poi, trasferiti, come da accordi, in Kenya dove le autorità di Nairobi li presero in custodia in attesa di giudizio. Sono ben tre le carceri che in Kenya ospitano pirati somali catturati finora dalle navi della coalizione internazionale anti pirateria marittima. Sono oltre 200 i pirati catturati finora e gran parte di essi sono stati giudicati e condannati da un tribunale keniota autorizzato dalla comunità internazionale. Da tempo però, molti Paesi, Russia in testa, auspicano la costituzione di una Corte internazionale che giudichi gli autori degli atti di pirateria. Sempre in Kenya sono stati condotti i 7 pirati somali arrestati alla fine del mese di marzo scorso da un'unità della marina tedesca quando hanno tentato di assalire una nave cisterna tedesca nelle acque del Golfo di Aden. La loro cattura è stata eseguita dalla Fregata 'Rheinland-Pfalz'. Per la Germania è stata la seconda volta che pirati somali catturati venivano consegnati al Kenia in base agli accordi sottoscritti. Sabato 11 aprile 2009 si è poi, registrata la condanna a 20 anni di carcere per 10 pirati somali da parte del tribunale della regione semi autonoma del Puntland, nel nordest della Somalia. Lungo le coste di questa regione somala i pirati hanno stabilito i loro covi trasformandola nella moderna Tortuga. I dieci erano a bordo del cargo 'Awail' battente bandiera somala che la guardia costiera del Puntland, aveva fermato nel mese di ottobre del 2008. Nel corso di questo processo, per la prima volta, uno degli imputati, Abdirashid Muse Mohamed, ha preso la parola e a nome dei compagni ha affermato: “Non siamo criminali. Il motivo per cui attacchiamo queste navi è che esse depredano le nostre risorse naturali”. Era di fatto la prima volta in assoluto che i cosiddetti pirati somali giustificavano le loro azioni come una ritorsione a quanto, secondo loro, la comunità internazionale compiva nel loro Paese. Questa sentenza emessa da un tribunale del Puntland non è l’unica. Analoghe sentenze, sempre emesse dal tribunale del Puntland, hanno condannato al carcere, anche a vita ,diversi altri pirati.
DIRITTI E UTILIZZO RISERVATI
GRAZIE
Una fiammella accesa per tutte le persone che soffrono al mondo
Unioni Civili
STOP ALLE VIOLENZE IN SIRIA
Tutta la verità sul sequestro del rimorchiatore Buccaneer
A tutti quei bravi ragazzi morti per l'Italia
Nel mondo ogni giorno vengono compiute carneficine immani in cui le vittime sono inermi civili
sono solidale con gli immigrati clandestini
...a quei bravi ragazzi, figli dell'America di oggi, morti in guerra!
DARFUR:NON C'E' PIU' TEMPO DA PERDERE!
FAI LORO DEL BENE... AIUTA I RIFUGIATI E I PROFUGHI DEL DARFUR FACENDO UNA DONAZIONE ALL'AGENZIA ONU PER I RIFUGIATI UNHCR CHIAMA LO 0680212304 PER SAPERE COME FARE....
RICORDATI BASTANO 31 EURO PER ACQUISTARE 8 COPERTE, 51 EURO PER UNA TENDA E 200 EURO PER DARE ASSISTENZA MEDICA A 25 FAMIGLIE...
Un bambino del Darfur
Il governo sudanese di Khartoum da parte sua ha bombardato senza sosta i civili, e ha reso sempre più difficili le operazioni di soccorso delle organizzazioni umanitarie nei confronti delle genti del Darfur, fino al punto di far scappare via la maggior parte delle Ong operanti nella regione sudanese e liberarsi così di scomodi testimoni di quanto accadeva in quei luoghi. La stessa tattica è stata seguita prima con i peacekeepers dell'Ua e poi con quelli dell'Onu...
Tutto il mondo è a conoscenza di quanto accade in quella remota regione sudanese e lancia denunce. Da un lato Washington parla di genocidio, dall’altro l'Onu parla di catastrofe umanitaria e di pulizia etnica.
Il tutto però resta nella totale impunità!
Intanto, dal Febbraio 2003 anno in cui è iniziata la ribellione della popolazione di etnia africana del Darfur, circa 6 milioni in maggioranza musulmana e in parte animista, contro il governo sudanese, musulmano ma integralista e soprattutto di etnia araba e bianca, è scoppiato il conflitto che ha causato finora circa 300mila morti e due milioni e mezzo di profughi. Una protesta nata per lo stato di totale abbandono e sfruttamento in cui la popolazione nera era tenuta. La repressione del governo centrale è stata spietata, soprattutto facendo uso dei Janjaweed, i diavoli a cavallo, che sono milizie nomadi di etnia araba che hanno compiuto tutti gli orrori possibili e inimmaginabili contro le genti del Darfur di etnia nera, per lo più contadini e pastori.
Il pianto di un innocente a Gaza
Nella Striscia di Gaza siamo ormai quasi alla terza settimana di bombardamenti e inesorabilmente, come non potrebbe essere diversamente con tutta la tecnologia militare del 21° secolo che gli israeliani stanno usando, il numero dei morti tra i civili continuato ad aumentare, mentre l'esercito israeliano bombarda le loro case si moltiplicano tra i palestinesi le scene di disperazione e di dolore causati dagli effetti devastanti della guerra che certamente non sono cambiati nel tempo anzi al contrario.
Giugno 2009: La rivoluzione di velluto in Iran
Il 12 giugno 2010 è caduto il primo anniversario delle contestate elezioni iraniane. Elezioni che decretarono la riconferma a presidente dell’Iran di Mahmud Ahmadinejad. Il Paese ha vissuto le prime ora di questa giornata con una calma carica di tensione che poi, è scoppiata nel pomeriggio intorno alle 16, le 13.30 italiane con i primi scontri tra manifestanti e forze di sicurezza nei pressi dell’Università Sharif di Teheran. Era impensabile che l’opposizione iraniana del movimento riformista dell’Onda Verde si facesse scappare questa occasione per proclamare il proprio dissenso al regime degli Ayatollah. I luoghi delle sanguinose proteste post elettorali di un anno fa si sono quindi di nuovo riempiti di manifestanti. Questo, nonostante l’appello dei leader dell’opposizione, Moussavi e Karroubi, a evitare di scendere in piazza e nonostante che le forze di sicurezza avessero preso posizione in vari punti strategici del centro di Teheran per prevenire manifestazioni. Nonostante le proteste e le accuse di brogli elettorali il contestato presidente Ahmadinejad ha potuto proseguire nel suo mandato, quasi certamente usurpato, grazie all’appoggio dell’ayatollah Ali Khamenei, la Guida Suprema. La lotta continuerà. Viva la Persia! Viva il movimento riformista!
i 44 presidenti degli Usa
The President United States of America
E' morta Miriam Makeba
Notes
Italia. Violenza sessuale è allarme sociale
Dopo i recenti casi di stupri, a Roma, Bologna e Milano non si riesce quasi più a tenere il conto degli episodio di violenza sessuale che, dall'inizio dell'anno, si stanno susseguendo in Italia ad opera principalmente di stranieri. Un orribile reato che si verifica nelle grandi città metropolitane come nei piccoli centri urbani. Emergono dati da brividi dalle informazioni fornite dal Presidente facente funzioni del Tribunale di Como Giuseppe Anzani e dal Procuratore capo Alessandro Maria Lodolini. Ogni 4 giorni in Procura a Como arriva una denuncia per violenza sessuale. I fascicoli aperti tra luglio 2007 e giugno 2008 sono stati 89, tra violenze sessuali e pedofilia. Ma è solo la punta di un iceberg in quanto, il reato, per la quasi totalità è sommerso perché prevale ancora la paura e la vergogna a denunciare la violenza subita. Fino ad oggi la violenza che subivano le donne era soprattutto domestica, ma gli episodi di violenza che hanno visto protagoniste, loro malgrado, delle donne avvenuti negli ultimi giorni, per le strade, propongono una nuova emergenza. Un autorevole testimonianza è portata da Telefono Rosa che da anni conosce il fenomeno ed assiste le vittime. “Ciò che sta avvenendo dall'inizio dell'anno, precisa il presidente Maria Gabriella Carnieri Moscatelli, mi preoccupa. Non so se è solo l'effetto di maggiori denunce ma, dal nostro osservatorio, non era mai stato rilevata una cosa simile”. Gli avvenimenti degli ultimi giorni non fanno altro che conferma un'allarmante costante: in testa alla classifica degli autori di stupri ci sono gli stranieri. Il triste primato vede fra i primi i romeni, seguiti da marocchini e albanesi che sembra abbiano dato il via ad una esecrabile escalation di violenza contro le donne. Assodato che nella stragrande maggioranza dei casi questi episodi sono commessi da stranieri, spesso clandestini, ora si deve dare a tutto questo uno stop. Certezza della pena, custodia cautelare in carcere per chi è accusato di violenza sessuale ed esclusione di attenuanti per chi delinque sotto effetto di alcool e droghe. Tutto ovviamente tenendo conto di due elementi fondamentali: abbattere l'allarme sociale provocato da questo tipo di reati e tutelare la dignità della vittima, che va assicurata anche nel percorso dibattimentale.
Per raggiungere un risultato anzitutto è importante l'introduzione nel ddl sicurezza dell'obbligo del carcere per chi stupra. Forse il decreto 'anti-stupro' sarà pronto per venerdì esso dovrebbe contenere, come annunciato, importanti novità: gli accusati di stupro non potranno beneficiare della libertà condizionale, ci sarà un avvocato a spese dello Stato per le vittime di violenza sessuale, arriveranno nuovi presidi di polizia con relativi stanziamenti, saranno anticipate le norme contenute nel ddl anti-molestie che la Camera ha già approvato. Tra le altre cose, ci dovrebbero essere anche aggravanti se a commettere violenza sono familiari, partner o tutori; un pesante aggravio di pena se la vittima è sotto i 14 anni; uguale trattamento, invece, se la vittima è maggiorenne o appena sotto i 18; ergastolo sicuro, se allo stupro segue la morte della vittima. Mano pesante anche per i complici: nessuna possibilità di godere dei domiciliari neppure per i favoreggiatori.
***
La scuola pubblica in Italia con la 'Riforma Gelmini'
Le cifre presentate nel decreto fanno venire i brividi: i tagli previsti dal decreto legge 112, poi convertito nella legge 133/08, e gli ulteriori provvedimenti contenuti nel decreto 137 porteranno, a livello nazionale, ad una riduzione di circa 100mila posti tra il personale docente e di 43mila posti tra quello Ata (ausiliari, tecnici e amministrativi).
Per molti, anche per i non addetti ai lavori, l'effetto provocato dalla legge che in pratica azzererà in poco tempo le faticose conquiste di anni e anni, non solo in termini di posti di lavoro, ma anche di mission- educativa e di didattica, rende il momento dei più cupi e tristi degli ultimi anni. Ai tagli vanno poi sommati, le conseguenze che scaturiranno dalla reintroduzione del maestro unico nelle scuole elementari.
L'Europa chiede più scuola, più sapere e l'Italia che fa?
Il contrario!
Rientrodurre il maestro unico è compiere, di sicuro, un passo indietro di almeno mezzo secolo. Se non addirittura si ritorna al tempo del libro cuore, senza offesa per quel libro mio compagno di tanti pomeriggi.
Perchè tutto questo? Bella domanda!
Molto probabilmente si tenta di mascherare con questa supposta riforma quello che è il vero scopo del provvedimento: incassare o meglio risparmiare in poco meno di 4-5 anni 8miliardi di euro. Questa è la cifra stimata, che dovrebbe restare nelle casse dello stato.
Un risparmio quindi certo ottenuto tagliando centinaia di migliaia di posti di lavoro ma al contempo che produrrà anche un effetto negativo: quello di un drastico ridimensionamento del servizio scolastico pubblico in favore forse di quello privato. Inoltre un'altra diretta conseguenza della L.133/08 sarà la chiusura di decine e decine di plessi scolastici.
Molte scuole, soprattutto nei piccoli centri urbani, non ci saranno più. A scomparire sarà anche un altro degli elementi cardine dell'istruzione primaria italiana: il tempo pieno. Bisogna fare attenzione, chi sostiene che il tempo pieno non sarà toccato dalla riforma o che addirittura aumenterà mente sapendo di farlo.
Rifletteteci un poco e capirete perchè!
Se prima, per ogni 2 classi, c'erano 3 insegnanti d'ora in poi sarà uno per classe, a seguire e istruire dai 20 ai 30 alunni e che svolgerà il suo orario lavorativo settimanale esclusivamente di mattina. Pertanto al pomeriggio non potrà esserci altro che un sorta di dopo-scuola, trasformando il tempo pieno di fatto in un parcheggio pomeridiano per i bambini, che nulla ha da condividere con l'offerta didattica di cui fino ad ieri, prima della 'riforma Gelmini', gli alunni potevano usufruire con il tempo pieno.
...
ARRIVERA' PER NATALE UNA 'SOCIAL CARD' AD OLTRE 1MLN DI ITALIANI 'POVERI'
In questo caso tra il poco e il nulla ci sono così poche differenze che è difficile distinguerli.
La 'social card, almeno per il momento, sembra più l’ennesimo spot varato dal governo che piuttosto un provvedimento serio in grado di aiutare per davvero i più bisognosi.
Nessuno però si è ricordato di dire che ogni spesa effettuata con la 'social card' in automatico sarà data una commissione alla Mastercard che è la società che ha emmesso ed è la proprietà della card.
Bhe! Almeno qualcuno di certo ci guadagnerà da questa iniziativa...
Appare strano che un'iniziativa così benefica abbia comunque dei costi accessori...stranezze tutte italiane!
***
Parole....di Abraham Lincoln
Non si può arrivare alla prosperità
scoraggiando l'impresa.
Non si può rafforzare il debole
indebolendo il più forte.
Non si può aiutare chi è piccolo
abbattendo chi è grande.
Non si può aiutare il povero
distruggendo il ricco.
Non si possono aumentare le paghe
rovinando i datori di lavoro.
Non si può progredire serenamente
spendendo più del guadagno.
Non si può promuovere la fratellanza umana
predicando l'odio di classe.
Non si può instaurare la sicurezza sociale
adoperando denaro imprestato.
Non si può formare carattere e coraggioto
gliendo iniziativa e sicurezza.
Non si può aiutare continuamente
la gente facendo in sua vece quello che potrebbe
e dovrebbe fare da sola.
Nessun commento:
Posta un commento