Mentre si aggrava di ora in ora la situazione dei 245 rifugiati eritrei e somali rinchiusi nei centri di detenzione di Brak e di Sebha, nel deserto libico. Oggi il gruppo del Pd alla Camera ha presentato un'interrogazione a risposta immediata per il question time di domani sul dramma dei 250 cittadini eritrei. Stamani poi, è stato reso noto il contenuto di due lettere che il commissario ai diritti umani del Consiglio d'Europa, Thomas Hammarberg, ha inviato lo scorso 2 luglio, al Ministro degli Esteri, Franco Frattini, e al Ministro degli Interni, Roberto Maroni. In sintesi Hammarberg ha chiesto ufficialmente al governo italiano di collaborare al fine di chiarire con urgenza la situazione con il governo libico. Numerose testimonianze dirette raccolte indicano che i 250 profughi sono trattati come bestie dalla Libia. Torture, pestaggi e maltrattamenti d’ogni genere sono il loro pane quotidiano. Tra i profughi ci sono anche 18 donne e bambini. Uno dei profughi è riuscito a far pervenire un messaggio all’esterno in cui parla di condizioni disumane e torture ripetute anche su donne e bambini. “Stiamo morendo nel deserto”, ha detto a CNRmedia. “Molti, ha proseguito l'uomo, hanno braccia, gambe, teste rotte”. Secondo questa e altre testimonianze raccolte nella comunità degli eritrei che risiede in Libia, i 245 sono tenuti in estrema scarsità anche di acqua e di cibo. Alle persone che presentano ferite e gravi condizioni di salute non sono fornite nemmeno le cure mediche. Eppure di fronte a tutto questo si è levato un muro di gomma d'indifferenza. Il ministro Frattini ha prontamente risposto all’appello e lo ha fatto dal Consiglio di cooperazione economica di Mosca affermando che: “la Libia ha già dato segnali di importante disponibilità per fare chiarezza sulla sorte di 250 eritrei detenuti in Libia, come chiesto dal commissario ai Diritti umani del Consiglio d'Europa, Thomas Hammarberg”. “Non escludo che sia permesso ad un rappresentante diplomatico italiano di accompagnare le autorità libiche e di visitare il campo dove questi eritrei sono custoditi”, ha aggiunto Frattini. I profughi sono stati trasferiti lo scorso 30 giugno alle carceri di Sebha e di Brak, nel mezzo del deserto del Sahara dal nel centro di detenzione di Misratah. Sembra che questo trasferimento sia stato deciso come punizione per una rivolta e un tentativo di fuga verificatisi nel centro di Misratah la sera del 29 giugno. Una sorta di rivolta dopo che le autorità libiche avevano fatto firmare un foglio di rimpatrio ai rifugiati eritrei detenuti nel centro. A gestire le sorti dei 250 profughi, secondo quanto riferiscono da fonti non governative locali, sono in questo momento i militari e non la polizia penitenziaria. Fatto questo che spiegherebbe anche il perché del loro particolare trattamento. Stamani l’appello ad un intervento internazionale è giunto dal Consiglio italiano rifugiati, Cir, e da Amnesty international. Il Cir ha chiesto al governo italiano di trasferire e reinsediare i rifugiati in Italia. Inoltre, ha chiesto che una delegazione di enti umanitari non politici sia ammessa ad una visita nel centro di Brak e che, senza alcun ritardo, vengano fornite le cure di emergenza ai feriti. Mentre Amnesty si è appellata alle autorità di Tripoli affinchè, oltre a fornire acqua, cibo, servizi igienici adeguati e cure, non rinviino forzatamente in Eritrea i rifugiati, rispettando il principio internazionale del non respingimento verso Paesi in cui una persona potrebbe essere a rischio di tortura o altre forme di maltrattamento. Se questi profughi fossero espulsi in Eritrea per loro vorrebbe sire la morte o la condanna a pene durissime. La Libia però, non ha mai firmato la convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati, e spesso è stata censurata per aver calpestato i diritti umani più elementari. Nel Paese poi, il 7 giugno scorso è stato improvvisamente chiuso dalle autorità libiche l'ufficio dell'Unhcr, l’agenzia dell’ONU per i rifugiati, da allora la situazione è precipitata. Si stima che siano almeno 9mila i rifugiati e 3mila e settecento i richiedenti asilo registrati presso l'ufficio dell'Unhcr in Libia. La maggior parte di loro sono palestinesi, iracheni, sudanesi, somali, eritrei, etiopi e liberiani. L'agenzia normalmente provvede a fornire loro cure mediche, alloggio, istruzione e formazione professionale. L'Unhcr operava in Libia dal 1991 e forniva l'unico programma di assistenza per i richiedenti asilo nel Paese. Per il fatto che, come riferito dal Cir, tra i profughi, oltre a persone arrestate perchè già abitavano in Libia, ci sono numerosi eritrei respinti nel 2009 dalla Marina Militare italiana nel Canale di Sicilia. Un fatto questo che ha esposto l'Italia, per la prima volta nella sua storia, alle critiche per il mancato rispetto dei diritti degli immigrati e dei rifugiati. Si sono levate dalle fila dell'opposizione insistenti richieste al Governo di intervenire su Tripoli. E di sollecitare il colonnello Muammar Gheddafi, con il quale l'Italia ha recentemente stipulato uno storico Trattato di amicizia, garanzie per il rispetto degli elementari diritti umani. Su ciò che sta accadendo nelle carceri in Libia addirittura i Verdi hanno sollecitato un'inchiesta internazionale immediata e ai massimi livelli. Ieri l’appello più accorato. “Il governo italiano non si macchi del sangue dei 250 profughi eritrei e somali trattenuti sotto torture e pestaggi nelle carceri libiche di Saba e Brak”, ha affermato l'europarlamentare Rita Borsellino la quale ha spiegato che: “Ho sempre detto che gli accordi bilaterali con Tripoli non possono non prevedere delle garanzie sul rispetto dei diritti umani e del diritto all'asilo, come sancito da quella Convenzione di Ginevra che la Libia non ha mai firmato. Oggi, scopriamo ancora una volta che queste garanzie non ci sono, come già denunciato dall' Unhcr, il cui ufficio libico, guarda caso, è stato recentemente chiuso”. “Quanti morti ancora l'Italia dovrà avere sulla coscienza, si chiede la Borsellino, prima di intervenire in difesa di quei principi sanciti dalla nostra Costituzione?”. “Sbandierare il rispetto della sovranità della Libia, come fatto da un'esponente del nostro governo è un non senso diplomatico. Soprattutto quando questa difesa arriva da un Paese, l'Italia, che ha stipulato un accordo bilaterale con Tripoli e che, nelle sue relazioni internazionali dovrebbe sempre e per prima cosa difendere i diritti umani”, ha concluso l’europarlamentare. Della stessa linea era stato l’intervento di alcuni giorni prima del portavoce dell'Italia dei Valori, IdV, Leoluca Orlando. “Dietro alle violazioni dei diritti umani in Libia c'è anche una precisa responsabilità del governo italiano e della sua maggioranza che noi dell'Italia dei Valori non ci stancheremo mai di denunciare”, aveva accusato Orlando aggiungendo che. “La vicenda dei cittadini eritrei fa emergere sempre di più il grave errore commesso dal governo italiano che ha scelto di delegare la Libia nelle politiche d'immigrazione”.
martedì 6 luglio 2010
Vicenda profughi detenuti in Libia: Cresce preoccupazione per la loro sorte
Mentre si aggrava di ora in ora la situazione dei 245 rifugiati eritrei e somali rinchiusi nei centri di detenzione di Brak e di Sebha, nel deserto libico. Oggi il gruppo del Pd alla Camera ha presentato un'interrogazione a risposta immediata per il question time di domani sul dramma dei 250 cittadini eritrei. Stamani poi, è stato reso noto il contenuto di due lettere che il commissario ai diritti umani del Consiglio d'Europa, Thomas Hammarberg, ha inviato lo scorso 2 luglio, al Ministro degli Esteri, Franco Frattini, e al Ministro degli Interni, Roberto Maroni. In sintesi Hammarberg ha chiesto ufficialmente al governo italiano di collaborare al fine di chiarire con urgenza la situazione con il governo libico. Numerose testimonianze dirette raccolte indicano che i 250 profughi sono trattati come bestie dalla Libia. Torture, pestaggi e maltrattamenti d’ogni genere sono il loro pane quotidiano. Tra i profughi ci sono anche 18 donne e bambini. Uno dei profughi è riuscito a far pervenire un messaggio all’esterno in cui parla di condizioni disumane e torture ripetute anche su donne e bambini. “Stiamo morendo nel deserto”, ha detto a CNRmedia. “Molti, ha proseguito l'uomo, hanno braccia, gambe, teste rotte”. Secondo questa e altre testimonianze raccolte nella comunità degli eritrei che risiede in Libia, i 245 sono tenuti in estrema scarsità anche di acqua e di cibo. Alle persone che presentano ferite e gravi condizioni di salute non sono fornite nemmeno le cure mediche. Eppure di fronte a tutto questo si è levato un muro di gomma d'indifferenza. Il ministro Frattini ha prontamente risposto all’appello e lo ha fatto dal Consiglio di cooperazione economica di Mosca affermando che: “la Libia ha già dato segnali di importante disponibilità per fare chiarezza sulla sorte di 250 eritrei detenuti in Libia, come chiesto dal commissario ai Diritti umani del Consiglio d'Europa, Thomas Hammarberg”. “Non escludo che sia permesso ad un rappresentante diplomatico italiano di accompagnare le autorità libiche e di visitare il campo dove questi eritrei sono custoditi”, ha aggiunto Frattini. I profughi sono stati trasferiti lo scorso 30 giugno alle carceri di Sebha e di Brak, nel mezzo del deserto del Sahara dal nel centro di detenzione di Misratah. Sembra che questo trasferimento sia stato deciso come punizione per una rivolta e un tentativo di fuga verificatisi nel centro di Misratah la sera del 29 giugno. Una sorta di rivolta dopo che le autorità libiche avevano fatto firmare un foglio di rimpatrio ai rifugiati eritrei detenuti nel centro. A gestire le sorti dei 250 profughi, secondo quanto riferiscono da fonti non governative locali, sono in questo momento i militari e non la polizia penitenziaria. Fatto questo che spiegherebbe anche il perché del loro particolare trattamento. Stamani l’appello ad un intervento internazionale è giunto dal Consiglio italiano rifugiati, Cir, e da Amnesty international. Il Cir ha chiesto al governo italiano di trasferire e reinsediare i rifugiati in Italia. Inoltre, ha chiesto che una delegazione di enti umanitari non politici sia ammessa ad una visita nel centro di Brak e che, senza alcun ritardo, vengano fornite le cure di emergenza ai feriti. Mentre Amnesty si è appellata alle autorità di Tripoli affinchè, oltre a fornire acqua, cibo, servizi igienici adeguati e cure, non rinviino forzatamente in Eritrea i rifugiati, rispettando il principio internazionale del non respingimento verso Paesi in cui una persona potrebbe essere a rischio di tortura o altre forme di maltrattamento. Se questi profughi fossero espulsi in Eritrea per loro vorrebbe sire la morte o la condanna a pene durissime. La Libia però, non ha mai firmato la convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati, e spesso è stata censurata per aver calpestato i diritti umani più elementari. Nel Paese poi, il 7 giugno scorso è stato improvvisamente chiuso dalle autorità libiche l'ufficio dell'Unhcr, l’agenzia dell’ONU per i rifugiati, da allora la situazione è precipitata. Si stima che siano almeno 9mila i rifugiati e 3mila e settecento i richiedenti asilo registrati presso l'ufficio dell'Unhcr in Libia. La maggior parte di loro sono palestinesi, iracheni, sudanesi, somali, eritrei, etiopi e liberiani. L'agenzia normalmente provvede a fornire loro cure mediche, alloggio, istruzione e formazione professionale. L'Unhcr operava in Libia dal 1991 e forniva l'unico programma di assistenza per i richiedenti asilo nel Paese. Per il fatto che, come riferito dal Cir, tra i profughi, oltre a persone arrestate perchè già abitavano in Libia, ci sono numerosi eritrei respinti nel 2009 dalla Marina Militare italiana nel Canale di Sicilia. Un fatto questo che ha esposto l'Italia, per la prima volta nella sua storia, alle critiche per il mancato rispetto dei diritti degli immigrati e dei rifugiati. Si sono levate dalle fila dell'opposizione insistenti richieste al Governo di intervenire su Tripoli. E di sollecitare il colonnello Muammar Gheddafi, con il quale l'Italia ha recentemente stipulato uno storico Trattato di amicizia, garanzie per il rispetto degli elementari diritti umani. Su ciò che sta accadendo nelle carceri in Libia addirittura i Verdi hanno sollecitato un'inchiesta internazionale immediata e ai massimi livelli. Ieri l’appello più accorato. “Il governo italiano non si macchi del sangue dei 250 profughi eritrei e somali trattenuti sotto torture e pestaggi nelle carceri libiche di Saba e Brak”, ha affermato l'europarlamentare Rita Borsellino la quale ha spiegato che: “Ho sempre detto che gli accordi bilaterali con Tripoli non possono non prevedere delle garanzie sul rispetto dei diritti umani e del diritto all'asilo, come sancito da quella Convenzione di Ginevra che la Libia non ha mai firmato. Oggi, scopriamo ancora una volta che queste garanzie non ci sono, come già denunciato dall' Unhcr, il cui ufficio libico, guarda caso, è stato recentemente chiuso”. “Quanti morti ancora l'Italia dovrà avere sulla coscienza, si chiede la Borsellino, prima di intervenire in difesa di quei principi sanciti dalla nostra Costituzione?”. “Sbandierare il rispetto della sovranità della Libia, come fatto da un'esponente del nostro governo è un non senso diplomatico. Soprattutto quando questa difesa arriva da un Paese, l'Italia, che ha stipulato un accordo bilaterale con Tripoli e che, nelle sue relazioni internazionali dovrebbe sempre e per prima cosa difendere i diritti umani”, ha concluso l’europarlamentare. Della stessa linea era stato l’intervento di alcuni giorni prima del portavoce dell'Italia dei Valori, IdV, Leoluca Orlando. “Dietro alle violazioni dei diritti umani in Libia c'è anche una precisa responsabilità del governo italiano e della sua maggioranza che noi dell'Italia dei Valori non ci stancheremo mai di denunciare”, aveva accusato Orlando aggiungendo che. “La vicenda dei cittadini eritrei fa emergere sempre di più il grave errore commesso dal governo italiano che ha scelto di delegare la Libia nelle politiche d'immigrazione”.
DIRITTI E UTILIZZO RISERVATI
GRAZIE
Una fiammella accesa per tutte le persone che soffrono al mondo
Unioni Civili
STOP ALLE VIOLENZE IN SIRIA
Tutta la verità sul sequestro del rimorchiatore Buccaneer
A tutti quei bravi ragazzi morti per l'Italia
Nel mondo ogni giorno vengono compiute carneficine immani in cui le vittime sono inermi civili
sono solidale con gli immigrati clandestini
...a quei bravi ragazzi, figli dell'America di oggi, morti in guerra!
DARFUR:NON C'E' PIU' TEMPO DA PERDERE!
FAI LORO DEL BENE... AIUTA I RIFUGIATI E I PROFUGHI DEL DARFUR FACENDO UNA DONAZIONE ALL'AGENZIA ONU PER I RIFUGIATI UNHCR CHIAMA LO 0680212304 PER SAPERE COME FARE....
RICORDATI BASTANO 31 EURO PER ACQUISTARE 8 COPERTE, 51 EURO PER UNA TENDA E 200 EURO PER DARE ASSISTENZA MEDICA A 25 FAMIGLIE...
Un bambino del Darfur
Il governo sudanese di Khartoum da parte sua ha bombardato senza sosta i civili, e ha reso sempre più difficili le operazioni di soccorso delle organizzazioni umanitarie nei confronti delle genti del Darfur, fino al punto di far scappare via la maggior parte delle Ong operanti nella regione sudanese e liberarsi così di scomodi testimoni di quanto accadeva in quei luoghi. La stessa tattica è stata seguita prima con i peacekeepers dell'Ua e poi con quelli dell'Onu...
Tutto il mondo è a conoscenza di quanto accade in quella remota regione sudanese e lancia denunce. Da un lato Washington parla di genocidio, dall’altro l'Onu parla di catastrofe umanitaria e di pulizia etnica.
Il tutto però resta nella totale impunità!
Intanto, dal Febbraio 2003 anno in cui è iniziata la ribellione della popolazione di etnia africana del Darfur, circa 6 milioni in maggioranza musulmana e in parte animista, contro il governo sudanese, musulmano ma integralista e soprattutto di etnia araba e bianca, è scoppiato il conflitto che ha causato finora circa 300mila morti e due milioni e mezzo di profughi. Una protesta nata per lo stato di totale abbandono e sfruttamento in cui la popolazione nera era tenuta. La repressione del governo centrale è stata spietata, soprattutto facendo uso dei Janjaweed, i diavoli a cavallo, che sono milizie nomadi di etnia araba che hanno compiuto tutti gli orrori possibili e inimmaginabili contro le genti del Darfur di etnia nera, per lo più contadini e pastori.
Il pianto di un innocente a Gaza
Nella Striscia di Gaza siamo ormai quasi alla terza settimana di bombardamenti e inesorabilmente, come non potrebbe essere diversamente con tutta la tecnologia militare del 21° secolo che gli israeliani stanno usando, il numero dei morti tra i civili continuato ad aumentare, mentre l'esercito israeliano bombarda le loro case si moltiplicano tra i palestinesi le scene di disperazione e di dolore causati dagli effetti devastanti della guerra che certamente non sono cambiati nel tempo anzi al contrario.
Giugno 2009: La rivoluzione di velluto in Iran
Il 12 giugno 2010 è caduto il primo anniversario delle contestate elezioni iraniane. Elezioni che decretarono la riconferma a presidente dell’Iran di Mahmud Ahmadinejad. Il Paese ha vissuto le prime ora di questa giornata con una calma carica di tensione che poi, è scoppiata nel pomeriggio intorno alle 16, le 13.30 italiane con i primi scontri tra manifestanti e forze di sicurezza nei pressi dell’Università Sharif di Teheran. Era impensabile che l’opposizione iraniana del movimento riformista dell’Onda Verde si facesse scappare questa occasione per proclamare il proprio dissenso al regime degli Ayatollah. I luoghi delle sanguinose proteste post elettorali di un anno fa si sono quindi di nuovo riempiti di manifestanti. Questo, nonostante l’appello dei leader dell’opposizione, Moussavi e Karroubi, a evitare di scendere in piazza e nonostante che le forze di sicurezza avessero preso posizione in vari punti strategici del centro di Teheran per prevenire manifestazioni. Nonostante le proteste e le accuse di brogli elettorali il contestato presidente Ahmadinejad ha potuto proseguire nel suo mandato, quasi certamente usurpato, grazie all’appoggio dell’ayatollah Ali Khamenei, la Guida Suprema. La lotta continuerà. Viva la Persia! Viva il movimento riformista!
i 44 presidenti degli Usa
The President United States of America
E' morta Miriam Makeba
Notes
Italia. Violenza sessuale è allarme sociale
Dopo i recenti casi di stupri, a Roma, Bologna e Milano non si riesce quasi più a tenere il conto degli episodio di violenza sessuale che, dall'inizio dell'anno, si stanno susseguendo in Italia ad opera principalmente di stranieri. Un orribile reato che si verifica nelle grandi città metropolitane come nei piccoli centri urbani. Emergono dati da brividi dalle informazioni fornite dal Presidente facente funzioni del Tribunale di Como Giuseppe Anzani e dal Procuratore capo Alessandro Maria Lodolini. Ogni 4 giorni in Procura a Como arriva una denuncia per violenza sessuale. I fascicoli aperti tra luglio 2007 e giugno 2008 sono stati 89, tra violenze sessuali e pedofilia. Ma è solo la punta di un iceberg in quanto, il reato, per la quasi totalità è sommerso perché prevale ancora la paura e la vergogna a denunciare la violenza subita. Fino ad oggi la violenza che subivano le donne era soprattutto domestica, ma gli episodi di violenza che hanno visto protagoniste, loro malgrado, delle donne avvenuti negli ultimi giorni, per le strade, propongono una nuova emergenza. Un autorevole testimonianza è portata da Telefono Rosa che da anni conosce il fenomeno ed assiste le vittime. “Ciò che sta avvenendo dall'inizio dell'anno, precisa il presidente Maria Gabriella Carnieri Moscatelli, mi preoccupa. Non so se è solo l'effetto di maggiori denunce ma, dal nostro osservatorio, non era mai stato rilevata una cosa simile”. Gli avvenimenti degli ultimi giorni non fanno altro che conferma un'allarmante costante: in testa alla classifica degli autori di stupri ci sono gli stranieri. Il triste primato vede fra i primi i romeni, seguiti da marocchini e albanesi che sembra abbiano dato il via ad una esecrabile escalation di violenza contro le donne. Assodato che nella stragrande maggioranza dei casi questi episodi sono commessi da stranieri, spesso clandestini, ora si deve dare a tutto questo uno stop. Certezza della pena, custodia cautelare in carcere per chi è accusato di violenza sessuale ed esclusione di attenuanti per chi delinque sotto effetto di alcool e droghe. Tutto ovviamente tenendo conto di due elementi fondamentali: abbattere l'allarme sociale provocato da questo tipo di reati e tutelare la dignità della vittima, che va assicurata anche nel percorso dibattimentale.
Per raggiungere un risultato anzitutto è importante l'introduzione nel ddl sicurezza dell'obbligo del carcere per chi stupra. Forse il decreto 'anti-stupro' sarà pronto per venerdì esso dovrebbe contenere, come annunciato, importanti novità: gli accusati di stupro non potranno beneficiare della libertà condizionale, ci sarà un avvocato a spese dello Stato per le vittime di violenza sessuale, arriveranno nuovi presidi di polizia con relativi stanziamenti, saranno anticipate le norme contenute nel ddl anti-molestie che la Camera ha già approvato. Tra le altre cose, ci dovrebbero essere anche aggravanti se a commettere violenza sono familiari, partner o tutori; un pesante aggravio di pena se la vittima è sotto i 14 anni; uguale trattamento, invece, se la vittima è maggiorenne o appena sotto i 18; ergastolo sicuro, se allo stupro segue la morte della vittima. Mano pesante anche per i complici: nessuna possibilità di godere dei domiciliari neppure per i favoreggiatori.
***
La scuola pubblica in Italia con la 'Riforma Gelmini'
Le cifre presentate nel decreto fanno venire i brividi: i tagli previsti dal decreto legge 112, poi convertito nella legge 133/08, e gli ulteriori provvedimenti contenuti nel decreto 137 porteranno, a livello nazionale, ad una riduzione di circa 100mila posti tra il personale docente e di 43mila posti tra quello Ata (ausiliari, tecnici e amministrativi).
Per molti, anche per i non addetti ai lavori, l'effetto provocato dalla legge che in pratica azzererà in poco tempo le faticose conquiste di anni e anni, non solo in termini di posti di lavoro, ma anche di mission- educativa e di didattica, rende il momento dei più cupi e tristi degli ultimi anni. Ai tagli vanno poi sommati, le conseguenze che scaturiranno dalla reintroduzione del maestro unico nelle scuole elementari.
L'Europa chiede più scuola, più sapere e l'Italia che fa?
Il contrario!
Rientrodurre il maestro unico è compiere, di sicuro, un passo indietro di almeno mezzo secolo. Se non addirittura si ritorna al tempo del libro cuore, senza offesa per quel libro mio compagno di tanti pomeriggi.
Perchè tutto questo? Bella domanda!
Molto probabilmente si tenta di mascherare con questa supposta riforma quello che è il vero scopo del provvedimento: incassare o meglio risparmiare in poco meno di 4-5 anni 8miliardi di euro. Questa è la cifra stimata, che dovrebbe restare nelle casse dello stato.
Un risparmio quindi certo ottenuto tagliando centinaia di migliaia di posti di lavoro ma al contempo che produrrà anche un effetto negativo: quello di un drastico ridimensionamento del servizio scolastico pubblico in favore forse di quello privato. Inoltre un'altra diretta conseguenza della L.133/08 sarà la chiusura di decine e decine di plessi scolastici.
Molte scuole, soprattutto nei piccoli centri urbani, non ci saranno più. A scomparire sarà anche un altro degli elementi cardine dell'istruzione primaria italiana: il tempo pieno. Bisogna fare attenzione, chi sostiene che il tempo pieno non sarà toccato dalla riforma o che addirittura aumenterà mente sapendo di farlo.
Rifletteteci un poco e capirete perchè!
Se prima, per ogni 2 classi, c'erano 3 insegnanti d'ora in poi sarà uno per classe, a seguire e istruire dai 20 ai 30 alunni e che svolgerà il suo orario lavorativo settimanale esclusivamente di mattina. Pertanto al pomeriggio non potrà esserci altro che un sorta di dopo-scuola, trasformando il tempo pieno di fatto in un parcheggio pomeridiano per i bambini, che nulla ha da condividere con l'offerta didattica di cui fino ad ieri, prima della 'riforma Gelmini', gli alunni potevano usufruire con il tempo pieno.
...
ARRIVERA' PER NATALE UNA 'SOCIAL CARD' AD OLTRE 1MLN DI ITALIANI 'POVERI'
In questo caso tra il poco e il nulla ci sono così poche differenze che è difficile distinguerli.
La 'social card, almeno per il momento, sembra più l’ennesimo spot varato dal governo che piuttosto un provvedimento serio in grado di aiutare per davvero i più bisognosi.
Nessuno però si è ricordato di dire che ogni spesa effettuata con la 'social card' in automatico sarà data una commissione alla Mastercard che è la società che ha emmesso ed è la proprietà della card.
Bhe! Almeno qualcuno di certo ci guadagnerà da questa iniziativa...
Appare strano che un'iniziativa così benefica abbia comunque dei costi accessori...stranezze tutte italiane!
***
Parole....di Abraham Lincoln
Non si può arrivare alla prosperità
scoraggiando l'impresa.
Non si può rafforzare il debole
indebolendo il più forte.
Non si può aiutare chi è piccolo
abbattendo chi è grande.
Non si può aiutare il povero
distruggendo il ricco.
Non si possono aumentare le paghe
rovinando i datori di lavoro.
Non si può progredire serenamente
spendendo più del guadagno.
Non si può promuovere la fratellanza umana
predicando l'odio di classe.
Non si può instaurare la sicurezza sociale
adoperando denaro imprestato.
Non si può formare carattere e coraggioto
gliendo iniziativa e sicurezza.
Non si può aiutare continuamente
la gente facendo in sua vece quello che potrebbe
e dovrebbe fare da sola.
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