E' in rotta verso Haiti la portaerei della Marina Militare italiana 'Cavour'. La nave partecipa alla missione umanitaria congiunta con il Brasile, 'White Crane', organizzata in soccorso della popolazione terremotata dell'isola caraibica. L'unità navale da guerra è alla sua prima missione operativa dopo che lo scorso mese di giugno ha ricevuto la bandiera. Una missione che dovrebbe durare almeno 60 giorni come lo stesso ministro della Difesa italiano, Ignazio La Russa ha spiegato precisando anche che il tempo non è stato predeterminato e che si tratta solo di una stima. A bordo un carico di aiuti umanitari offerti dal governo italiano, dal World Food Programme, dalla Croce Rossa Italiana e da altre associazioni umanitarie non governative per i terremotati dell'ex colonia francese. La nave da guerra italiana dovrebbe raggiungere la sua meta all'inizio del mese prossimo, impiegandoci all'incirca 15 giorni, dopo essere salpata lo scorso 19 gennaio da La Spezia per concorrere alle attività di soccorso sull'isola, condotte dalla comunità internazionale e coordinate dall'ONU, nei riguardi della popolazione colpita dal sisma del 12 gennaio scorso. La missione umanitaria nasce dunque da una collaborazione dei ministeri italiani degli Esteri e della Difesa con il ministero della Difesa brasiliano.
Nel corso del suo viaggio la 'Cavour', dopo aver affrontato la lunga attraversata dell'Oceano Atlantico, prima di dirigersi verso Haiti effettuerà una deviazione verso sud per una sosta tecnica in Brasile. Nel Paese latino americano imbarcherà personale sanitario ed elicotteri militari brasiliani. Non è ancora stato possibile quantificare il tempo che verrà impiegato per questa sosta nel corso dell'operazione, ma di certo sarà di almeno 1 giorno. E questo, mentre ad Haiti la gente continuerà a morire per la mancanza di medici ed equipaggiamenti sanitari di cui invece, la nave dispone e per i quali si sta dirigendo verso l'isola. Sono tante le perplessità e i dubbi scaturiti da questa 'epica' missione umanitaria che hanno suscitato anche numerosi interrogativi.
L'idea di inviare una nave militare in soccorso della popolazione terremotata di Haiti era venuta al ministro della Difesa La Russa pochi giorni dopo il sisma, ma era naufragata poche ore dopo il 'parto' di fronte al suo alto costo, che il magro bilancio statale non avrebbe potuto sostenere. Poi, d'improvviso l'idea è come rinata, più vigorosa e forte di prima, venendo 'accolta' con favore anche dal governo italiano. Oltre il 90 percento del costo della missione umanitaria italiana ad Haiti sarà coperto dalle aziende Finmeccanica, Fincantieri, Eni e altre che lavorano con le Forze armate italiane. Questa la svolta annunciata dall'iperattivo ministro della Difesa. Il quale precisava anche che il costo complessivo della missione umanitaria non era quantificabile perchè dipenderà dalla sua durata. Però, spiegava che era stato quantificato il costo giornaliero che era tra i 100 e i 200 mila euro, a secondo se la nave era ferma in porto o in navigazione, e in questo caso, a secondo della velocità. E' infatti, il costo del propellente, per far girare i motori della sala macchina della 'Cavour', quello che incide di più sulla gestione della missione. Esso infatti comporta un aggravio, sul costo totale, pari al 40 percento. La portaerei, che ha una velocità massima di 28 nodi, per ogni ora di navigazione, a questa velocità, consuma 25mila litri di carburante e con un pieno compie 7mila miglia marine.
La Spezia - Port Au Prince sono separate da circa 5mila miglia marine. Sembra che la velocità che la nave terrà sarà di 20 nodi. Pertanto, la nave dovrebbe giungere ad Haiti senza dover fare rifornimento.
Però quella che è, in assoluto, una novità e che ha lasciato in tanti molto perplessi è questa inusuale, almeno per l'Italia, sponsorizzazione privata di una missione umanitaria promossa però dal ministero della Difesa e che coinvolge mezzi e personale militare. Inoltre, lascia titubanti anche la 'strana' collaborazione con il Brasile, sulla cui natura il ministro della Difesa italiano ha parlato solo di operazione congiunta con il ministero della Difesa brasiliano senza però specificare la necessità e l'origine di tale patnership che a conti fatti all'Italia non è poi tanto conveniente. In effetti il contributo dato, alla missione umanitaria, dal Brasile è praticamente irrisorio quanto inutile. Questo in quanto l'Italia poteva benissimo disporre dell'apporto fornito dalle forze armate brasiliane attingendo alle sue risorse. Ed allora sorge spontanea una domanda. Perchè questa partnership con il Brasile. Inutile quanto dispendiosa? Al posto della portaerei 'Cavour' si sarebbero potuti impiegare altri supporti militari o della Protezione Civile, di cui tanto l'Italia va fiera nel mondo. Due o più aerei da trasporto ad esempio avrebbero impiegato meno tempo e sarebbero costati molto di meno. Oppure facendo prevalere lo spirito di popolo di navigatori degli italiani, si sarebbe potuto ricorrere all'ausilio di una delle tante navi anfibie che la Marina Militare italiana ha in dotazione. La 'San Giusto', la 'San Marco', la 'San Giorgio' in passato già hanno contribuito in maniera egregia a missioni di soccorso in caso di calamità naturali o altro. Ed il loro costo di gestione sarebbe stato molto più contenuto di quello della 'Cavour' e senza perderci in qualità ed efficienza. Però, a quanto pare, la 'volontà' di voler inviare ad Haiti la 'Cavour' ha prevalso su tutto. A bordo dell'ammiraglia della flotta italiana sono stati imbarcati oltre agli uomini anche i mezzi militari di ausilio alla missione umanitaria interforze composta per lo più dai militare del 2° reggimento genio guastatori della brigata alpina 'Julia'. Si tratta di 18 veicoli per trasporto del personale, 29 autocarri per trasporto materiali, una gru, 8 pale caricatrici ruotate, 2 escavatori, 1 apripista cingolati, un'autobotte per trasporto acqua potabile, 1 apparato per la potabilizzazione dell'acqua, 1 shelter, frigo per la conservazione dei generi alimentari, 2 cucine da campo e 1 apparato per la disinfestazione. I militari italiani, una volta arrivati ad Haiti, saranno guidati dal tenente colonnello Ovidio Esposito, comandante del genio guastatori, per quanto riguarda il personale e le operazioni di terra e dal capitano di vascello Gianluigi Reversi per quanto riguarda i militari che rimarranno a bordo. L'organismo che sovrintenderà l'operazione 'White Crane' sarà il Comando Operativo di vertice interforze, Coi, responsabile di tutte le missioni militari italiane all'estero. Sulla portaerei, che è tuttora in navigazione verso Haiti, sono stati inoltre imbarcati dei mezzi blindati 'Lince'. La notizia, che è stata data, lo scorso mercoledì, dallo stesso ministro La Russa quando ha riferito in Commissione difesa del Senato sugli obiettivi, modalità, tempi e costi della missione umanitaria della portaerei Cavour. In quella sede il ministro ha spiegato che i blindati avranno il compito di potenziare la sicurezza in loco. Notizia che è apparsa subito, quanto meno, di quelle che incuriosisce. Alla partenza della nave da guerra da La Spezia, e fino ad allora, gli assetti della missione umanitaria resi noti riportavano, oltre a tutto il resto, solo dell'imbarco di un'unità di 'Force Protection' composta da fucilieri della marina del 'Battaglione San Marco' e dell'Aeronautica e da carabinieri. Questi ultimi con funzioni di polizia militare e dotati di due fuoristrada.
Ed allora perchè il ministro, che ha tanto voluto la partenza della 'Cavour' per Haiti, ha 'dimenticato' di dichiarare anche i 'Lince' imbarcati? Potrebbe esserci un motivo diverso da quello sostenuto del perchè siano stati imbarcati?
Dietro a tutto potrebbe esserci un collegamento con il fatto che il Brasile ha in corso forti investimenti nel settore della difesa per aumentare il suo peso in America Latina e con l'Italia sta trattando per l'acquisto di 10 navi, tra fregate, mezzi di pattugliamento e un'imbarcazione multi-uso per la logistica. Con molta probabilità i primi contratti potrebbero essere firmati quando il presidente del Consiglio italiano, Silvio Berlusconi, si recherà nel Paese in visita ufficiale il 18 febbraio prossimo. Mentre lo scorso dicembre il governo di Brasilia ha già siglato con l'italiana 'Iveco' un contratto per la fornitura all'Esercito brasiliano di 2.044 veicoli blindati nei prossimi vent'anni. In ballo ci sono commesse per oltre 20 miliardi di dollari, di cui una parte potrebbero andare a Fincantieri, Finmeccanica, Iveco e altre aziende italiane che lavorano per le forze armate. Mentre la Francia, lo scorso anno, si è già assicurata un'altra grande commessa per oltre 12 miliardi di dollari. Sono cose queste che vanno costruite nel tempo e pezzo dopo pezzo. Forse il tassello 'Cavour' è l'ultimo che completa il mosaico.
Nel frattempo sull'isola caraibica i compiti di sicurezza sono divenuti prerogativa assoluta dei 'caschi blu' dell'ONU. I ruoli nell'aiuto ai terremotati sono stati stabiliti da un accordo scritto, firmato lo scorso 22 gennaio, per primi tra gli Stati Uniti e il Palazzo di Vetro. Però un simile accordo verrà firmato anche con tutti i Paesi intervenuti ad Haiti. Il documento stabilisce che spetta alle Nazioni Unite il compito di assicurare la stabilità del Paese, mentre gli Stati Uniti si limiteranno agli aiuti umanitari. Accordo preceduto lo scorso martedì dal via libera del Consiglio di Sicurezza dell'Organismo internazionale, con la risoluzione numero 1908, all'invio di altri 3.500 caschi blu ad Haiti, di cui 2mila militari e 1.500 poliziotti. Questo allo scopo di potenziare la sicurezza in loco attraverso la ' Missions des Nationes Unies pour Stabilisation en Haiti', Minustah istituita dalla risoluzione ONU 1542 del 30 aprile 2004 e rinnovata fino al 15 ottobre 2010. L'iniziativa prevede che l'attuale contingente di 9.065 peacekeepers, 7mila militari e 2 mila poliziotti, dispiegato dal maggio 2004 sull'isola caraibica si innalzato a 12.651 uomini. A causa del terremoto, oltre al responsabile ONU della missione, il tunisino Hedi Annabi sono morti almeno 12 caschi blu e circa 70 funzionari. Nel corso della sua operatività nell'isola la Minustah aveva finora subito la perdita di 57 peacekeepers. Per pura coincidenza circa 1.266 militari della 'Minustah' sono brasiliani e al comando della stessa vi è, dall'aprile scorso, un brasiliano, il maggiore generale Floriano Peixoto Vieira. Ed appena qualche giorno fa il ministro della Difesa brasiliano, Nelson Jobim si è recato a Port Au Prince per coordinare di persona gli aiuti alle vittime del terremoto inviate dal governo brasiliano. Oltre ad inviare numerosi mezzi pesanti di movimento terra per rimuovere le macerie, il governo di Brasilia ha anche inviato medici e attrezzature mediche. Gli stessi peacekeepers brasiliani della Minustah si sono adoperati ad installare gli ospedali da campo giunti dal loro Paese.
Ed allora sorge spontanea una domanda. Che senso ha per il Brasile inviare altro materiale sanitario e mezzi aerei? E' ancora. Perchè non utilizzare lo stesso canale seguito finora invece, che 'appoggiarsi' all'Italia? Da cosa nasce questa collaborazione tra Italia e Brasile? Quali interessi e vantaggi la spingono?
Forse imbarcare uomini e mezzi basiliani sulla 'Cavour' si tratta solo di un atto di cortesia dell'Italia all'amico Brasile. Eppure i due Paesi appena qualche mese fa sono arrivati allo scontro diplomatico e politico a causa delle tensioni suscitate dal 'caso Battisti'. Che sia questo un modo per appianare le tensioni nate dalla questione? A margine della missione umanitaria congiunta Italia-Brasile infatti, emerge un altro fatto. La scorsa settimana i media del Paese sud americano hanno spiegato che il presidente brasiliano, Luiz Inacio Lula da Silva potrebbe concedere, il prossimo mese di marzo, l'asilo politico per ragioni umanitarie all'ex terrorista rosso Cesare Battisti. Aggirando 'elegantemente' la richiesta di estradizione presentata dal governo di Roma a quello di Brasilia e su cui l'Alta Corte brasiliana ha dato già il suo parere favorevole, ma su cui ha l'ultima parola Lula. D'altronde le proteste italiane sono stati deboli ed inconsistenti.
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