Nei giorni scorsi il premier giapponese, Taro Aso, ha più volte affermato che se la la Corea del Nord dovesse procedere al lancio sarà necessario affrontare la vicenda con determinazione al Consiglio di sicurezza dell'Onu. Oggi il premier giapponese, Taro Aso, a margine del vertice del G20 di Londra, è ritornato sulla questione dicendosi preoccupatissimo. Dello stesso orientamento il presidente americano, Barack Obama, anch'egli al Summit dove ha anche incontrato il suo omologo sudcoreano, Lee Myung-Bak. Nel corso del colloquio Lee ha voluto dissipare ogni dubbio sull'idea che forse l'azione sia opera di fazioni predominanti nella gerarchia militare e politica dell'altra Corea. Il presidente sudcoreano si è detto convinto che le condizioni di salute del leader nordcoreano Kim Jong-il, che ha subito un ictus lo scorso anno, sono migliorate. Il “Caro Leader è saldamente al comando a Pyongyang”, ha affermato. I due presidenti, Obama e Lee, hanno convenuto di cooperare strettamente sulla questione. L'inquilino della Casa Bianca si è augurato che ci sia una risposta ferma e unita, da parte della comunità internazionale, nel caso in cui il regime comunista di Pyongyang dovesse effettuare l'annunciato test missilistico. “Il Giappone ha tutti i diritti di proteggere e difendere il suo territorio”, aveva affermato nei giorni scorsi il segretario di stato americano, Hillary Clinton, anticipando nel contempo che ci saranno conseguenze se la Corea del Nord lancerà il suo missile. Trovandosi sulla stessa linea di Taro Aso e del presidente sudcoreano Lee. Di fatto ha annunciato il ricorso a nuove sanzioni da parte del Consiglio di sicurezza dell'Onu. Il lancio del missile costituisce infatti una violazione delle risoluzioni Onu adottate nel 2006, la 1695 e la 1718, che vietano anche le sperimentazioni per scopi militari.
La scorsa settimana il parlamento di Tokyo ha approvato all'unanimità una documento con il quale sollecita il Paese confinante ad abbandonare l'idea del lancio di qualsiasi tipo di missile balistico minacciando di abbatterlo ed ha schierato uno scudo antimissile. Pyongyang in risposta ha dichiarato che l'abbattimento del razzo equivarrebbe a un vero atto di guerra ed ha schierato uno squadrone di caccia MiG23 nel nordest del Paese, nei pressi della base di lancio Musidanri. Dimostrando che il pericolo maggiore, se questo test venisse effettuato, viene soprattutto dalla Corea del Nord. Il Paese comunista è da tempo in stato di semi-guerra. Il suo esercito, l'Armata del popolo, è in stato di allerta ed ha mobilitato i riservisti aggiungendo di fatto agli effettivi, 1,2 milioni di soldati, altri 7 milioni. Una forza militare che resta possente, sebbene sia stato stimato che a causa della drammatica situazione alimentare in cui si trova il Paese, entro il 2013, il 29 per cento delle sue potenziali reclute, quelle nate negli anni delle carestie, 1995-98, avranno gravi problemi fisici e mentali e pertanto inabili al servizio militare. Tokyo, come mossa dissuasiva, ha giocato anche su questo fattore ed ha annunciato che intende estendere le sanzioni economiche, imposte al regime comunista, in scadenza il 13 aprile prossimo, allungando tale scadenza di un anno intero anziché di 6 mesi come invece era stato previsto. Sanzioni queste, che furono decise proprio all'indomani del primo test missilistico compiuto nell'agosto del 1998, quando il missile 'Taepodong1' sorvolò il cielo del Giappone e poi si inabissò nell'oceano Pacifico. Da allora queste sanzioni vengono rinnovate con cadenza semestrale. Tra le misure è contemplato anche il bando alle importazioni, inasprito dopo l'esperimento nucleare compiuto da Pyongyang nell'ottobre 2006.
Come se tutto questo non bastasse il regime di Pyongyang ha alzato i toni del confronto/sfida anche con gli Usa. In questi giorni ha dato il via al processo contro Euna Lee e Laura Ling, le due giornaliste americane del network di Al Gore, 'Current Tv'. Le due donne, dopo essere state arrestate dalle guardie di confine nordcoreane il 17 marzo scorso al confine orientale con la Cina, vicino al fiume Tumen, sono accusate di ingresso illegale nel Paese e sospettate di atti ostili. Lo scorso martedì Washington ha rinnovato la richiesta a Pyongyang per la liberazione delle due giornaliste americane.
Non vi è alcuna certezza che il razzo nordcoreano sia non un satellite, ma un missile. Al contrario, finora le immagini fotografiche, scattate grazie all'uso dei jet spia americani RC-135, hanno mostrato che sulla testata del razzo è stato effettivamente creato un apposito alloggiamento simile a quello utilizzato per il trasporto nello spazio di un satellite. I voli però sono stati sospesi perchè la Corea del Nord ha minacciato di abbattere qualsiasi aereo spia americano che violi il suo spazio aereo.
Oltre agli Usa, sono contrari al lancio del missile o satellite, anche gli altri stati partner nel dialogo a Sei. Il cosiddetto sestetto composto da Stati Uniti, Cina, Giappone, Russia e le due Coree, che sono impegnati da anni in colloqui, nell'ambito del processo di denuclearizzazione del Paese comunista, con il regime di Pyongyang. “La posizione della Russia è nota, le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell'Onu vanno rispettate”, ha detto in una conferenza stampa a Mosca il portavoce del ministero degli Esteri, Andrei Nesterenko. “La prudenza nel campo missilistico contribuirebbe a eliminare le preoccupazioni della comunità internazionale e a rafforzare la fiducia nell'ambito dei negoziati a sei”, ha continuato Nesterenko aggiungendo che: “Non bisogna agitare le paure su questo tema e fare conclusioni affrettate”.
Nel frattempo dall'Iran è giunta la smentita che suoi esperti assistano i nordcoreani nel lancio del missile. Nei giorni scorsi il quotidiano giapponese Sankei Shimbun aveva pubblicato la notizia che una delegazione di 15 esperti iraniani si era recata in Corea del Nord all'inizio dello scorso marzo per assistere i tecnici locali nel lancio del missile.
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