Con i suoi 30 ministri e almeno 6 vice ministri, di fatto è il più grande governo nella storia di Israele dopo il record raggiunto dal primo governo Sharon nel 2001. Nuovo ministro degli Esteri è stato nominato Avigdor Lieberman, il leader di 'Yisrael Beiteinu', mentre il leader laburista e ministro della Difesa uscente, Ehud Barak, ha mantenuto il suo incarico. L'ambito ministero delle finanze è andato a Yuval Steinitz che l'avrebbe spuntata su Silvan Shalom.
L'attesa e le tensione dopo il varo del 32esimo governo di Israele sembrano ancora lontane dal dissolversi. I problemi per Netanyahu cominciano da ora.
Nei giorni scorsi il presidente israeliano, Shimon Peres, alla vigilia del suo viaggio nella Repubblica Ceca, aveva voluto rassicurare l'Unione europea e la comunità internazionale affermando che: “Il nuovo governo di Benjamin Netanyahu proseguirà il processo di pace con i palestinesi”. “Il nuovo governo è vincolato alle decisioni prese dall'esecutivo precedente. Ci sarà continuità anche nel processo di pace” , aveva aggiunto Peres. Oggi, quasi come fosse una risposta indiretta a quelle affermazioni, il quotidiano 'Lidove Noviny' ha pubblicato un'intervista a Karel Schwarzenberg, ministro degli esteri della Repubblica Ceca. Da essa traspare il dissenso da parte di Praga alla politica del governo israeliano. “La presidenza ceca dell'Ue non condivide aspetti della politica del governo israeliano e pertanto è difficile che ci sarà un vertice Ue-Israele entro la fine del semestre di presidenza Ceca dell'Ue, a fine giugno” ha affermato Schwarzenberg nell'intervista.
Anche se i giochi sembrano fatti appare evidente che per Netanyahu si preannuncia una difficile gestione. Il premier incaricato riuscendo a convincere il leader del Partito laburista e ministro della Difesa uscente, Ehud Barak, ad unirsi alla cordata della quale fanno parte partiti della destra e partiti religiosi israeliani, è riuscito a segnare un decisivo punto a suo favore per la formazione del nuovo governo di intesa nazionale. Quella che ha messo insieme, il leader del Likud, è però un'insolita coalizione laburisti-destra in cui si evidenzia la marginalizzazione all'opposizione di Kadima, il partito che, pur di misura, un solo seggio in più, ha vinto le elezioni dello scorso10 febbraio. Il cui leader, Tzipi Livni, ministro degli Esteri uscente, ha però, deciso di non entrare nella coalizione ma di porsi all'opposizione. Un decisione sofferta ma presa di fronte al rifiuto di Netanyahu di accettare il principio di 'due popoli, due Stati', e quindi alla creazione di uno Stato palestinese accanto a quello di Israele. Una decisione presa anche se una parte della componente del partito era contraria a farlo. Cosa che di certo ora provocherà un'emorragia nelle fila di Kadima. Soprattutto di quei dirigenti, in maggioranza ex membri del Likud e del Labour, rimasti scontenti della scelta fatta.
Netanyahu sapeva bene che l'ingresso dei laburisti nella coalizione avrebbe dato un'immagine più centrista al suo futuro governo, rendendo anche più facili i suoi rapporti con l'Amministrazione Obama e, soprattutto, con l'Europa che si erano mostrati preoccupati di fronte alla possibilità che in Israele potesse nascere un governo delle destre schierato contro la formula dei 'due Stati'.
Ora però, il leader del Likud si trova a dover cercare di riuscire a gestire una maggioranza così eterogenea oltre che a resistere alle pressioni interne del suo partito.
Mentre dal canto suo l'alleato Barak pur duramente contestato da una porzione significativa dei dirigenti laburisti, che avrebbero voluto il partito non alleato della destra, in qualche modo l'ha spuntata. Netanyahu dal canto suo ora si ritrova a dover fronteggiare il nervosismo e il forte malcontento che serpeggia in seno al suo partito. Il Likud contesta al suo leader di aver concesso tanto agli alleati lasciando poco o quasi niente ai suoi compagni di partito. Il maggior oppositore all'interno del Likud è il già ministro degli Esteri, Silvan Shalom, che fino ad ieri minacciava fuoco e fiamme se non avesse ottenuto il ministero delle Finanze ed a cui è stato invece, offerto l'incarico onorario di vice premier oltre il dicastero per lo Sviluppo regionale. Offerta respinta da Shalom che per ora preferisce restare fuori dalla squadra di governo. Netanyahu intanto starebbe cercando di trovare un incarico di alto profilo per quest'ultimo. Nei gironi scorsi erano circolate voci secondo cui il leader del Likud avrebbe promesso, al suo principale rivale all'interno del partito, la poltrona di ministro degli Esteri nel caso in cui Lieberman sarebbe stato costretto a dimettersi a seguito di una sua incriminazione per corruzione. Pronta la risposta di 'Yisrael Beiteinu', il partito di Lieberman che detiene un 'pacchetto' di ben15 seggi alla Knesset, è che praticamente, tra tutte le componenti della coalizione alleate del Likud, è quella più consistente e pertanto di peso, ha minacciato di chiamarsi fuori dal governo se non gli sarà garantito il dicastero degli Esteri, anche nel caso in cui il suo leader si dimetterà. In proposito, nei giorni scorsi, si era espresso anche il procuratore dello Stato di Israele, Meni Mazuz, che aveva spiegato che non c'erano ostacoli di natura giudiziaria alla nomina di Lieberman a ministro degli Esteri. Lo stesso procuratore che ha invece, annunciato di aver deciso di incriminare il premier uscente Olmert per aver illegalmente ricevuto fondi da un uomo d'affari americano, in parte usati per finanziare sue campagne elettorali e in parte per usi privati, e per essersi fatto più volte rimborsare spese per viaggi all'estero fatti per conto di organizzazioni diverse e dello Stato. Olmert, che tornerà ad essere un privato cittadino in quanto non si è nemmeno candidato alla Knesset nelle ultime elezioni, non si mostra per nulla preoccupato. Da domani comincerà a godersi dei benefici concessi dallo Stato agli ex premier: un lussuoso ufficio in un grattacielo di Tel Aviv, una limousine con autista, servizi di segreteria e guardie del corpo, tutto ovviamente a spese del contribuente oltre ad una pensione mensile di 36 mila shekel pari a 6.500 euro. Nel frattempo stamani almeno 2 palestinesi sono stati uccisi lungo la Striscia di Gaza. Alcuni soldati della brigata di fanteria 'Golani' hanno individuato un gruppo di 4 palestinesi intenti a deporre una bomba nei pressi del valico di confine di Kissufim, nella parte centrale della Striscia. A quel punto i soldati hanno chiesto l’intervento di un elicottero da combattimento, che ha sparato sul gruppo uccidendo i 2 miliziani. L’attacco è avvenuto mentre è in corso una tregua dichiarata unilateralmente, lo scorso 18 gennaio, da Israele e Hamas, al termine dell’operazione 'Cast Lead'. I timori, dimostratisi poi fondati, sono stati subito che Hamas avrebbe di certo risposto all'episodio sparando razzi contro i villaggi del sud di Israele. Così è stato! Nel primo pomeriggio 3 razzi Qassam, lanciati dalla striscia di Gaza, sono scoppiati in territorio israeliano, nel Neghev occidentale, senza causare però, vittime e neppure danni. Nei giorni scorsi Israele ha effettuato test di un sistema 'anti-Qassam' che molto probabilmente sarà pronto entro il 2010. Si tratta del sofisticato sistema anti-missili 'Iron Dome', in grado di intercettare i razzi a corto e a medio raggio del tipo di quelli utilizzati dai miliziani palestinesi di Gaza e da Hezbollah. Il sistema costerà oltre 200milioni di dollari.
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