L'Etiopia, che è stato uno dei pochi Paesi che ha sostenuto concretamente, negli ultimi due anni, il governo federale di transizione somalo, Tfg, ha dato via libera al ritiro completo delle sue truppe dalla Somalia. In questi giorni colonne di decine e decine di camion carichi di militari e attrezzature sono stati visti lasciare Mogadiscio.
Da quel lontano dicem

bre 2006 quando le truppe governative e i militari etiopi entrarono vittoriosi a Mogadiscio, dopo la cacciata dal gran parte del Paese dei miliziani delle Corti islamiche, la situazione in Somalia si è completamente ribaltata. Oggi, a distanza di due anni esatti l'insurrezione islamica è quasi compiuta, ormai gli islamisti controllato la parte meridionale e centrale della Somalia e conducono, quasi quotidianamente, attacchi contro le forze governative nella stessa Mogadiscio che insieme a Baidoa sono le uniche due città ancora in mano al governo.
La partenza dei militari etiopi presenti in Somalia dal 2006 in numero imprecisato, si parla di 3mila ma anche di 10mila unità, significherà per il tfg, che finora ha potuto mantenere il potere ma non la pace solo grazie alla loro presenza, la fine. I miliziani islamici non dovrebbero impiegarci molto a dare la spallata finale e prendere il potere. Imponendo, come già hanno fatto nelle zone che controllano, la più rigida interpretazione della 'Sharia', la legge islamica. Il governo di Addis Abeba aveva annunciato il ritiro delle sue truppe lo scorso novembre. A questo punto saranno solo le debolissime forze governative a contrastare l'avanzata degli islamisti nel Paese ritardandola ma non impendendola.
Con la fine del governo di transizione fortemente voluto e appoggiato economicamente dalla comunità internazionale si creerà nel Paese africano un pericoloso vuoto di potere. Un vuoto che affligge la Somalia ormai da oltre un ventennio, dal 1991 quando cadde la dittatura di Siad Barre. A nulla potrà nemmeno la missione di pace di 3200 caschi verdi dell'Ua, l'ANISOM composta in gran parte di ugandesi, dispiegati sul terreno dal 2007, quan

do venne autorizzata, e che finora poco ha potuto fare. Quando ne fu deciso l'invio in Somalia gli uomini previsti per il contingente dovevano essere 8mila ma ancora si attende l'arrivo del resto del contingente. In attesa di rinforzi i 3200 caschi verdi si sono barricati, fin dal loro arrivo, in un fortino nei pressi dell'aeroporto di Mogadiscio. Secondo l'Ua, altri 2.500 soldati messi a disposizione dall'Uganda, dal Burundi e dalla Nigeria sono pronti a partire per la Somalia e sostituire i militari etiopi in partenza, ma ostacoli di natura finanziaria e logistici ne impediscono l'attuazione. Nelle scorse settimane, l'unica azione concreta disposta dall'Ua è stata quella di prorogare di due mesi il mandato della missione, in scadenza alla fine del 2008.
Nel Paese dopo le dimissioni del presidente Abdullahi Yusuf Ahmed, ex signore della guerra e membri del più potente clan del Puntland, i darod migiurtini, è stato nominato un presidente ad interim, Aden Mohammed Nur speaker del Parlamento. E' un augurio comune a molti che la fine della presenza etiope in Somalia e le dimissioni del Presidente Yusuf possano essere eventi che potrebbero favorire la formazione di un nuovo governo di unione, molto allargato, che potrebbe lavorare per la pace in Somalia. Un ottimistica speranza che però non è condivisa da alcuni leader islamisti che hanno dichiarato che continueranno la lotta armata contro il governo anche dopo la partenza del contingente etiope.
Una pesante minaccia incombe sulla Somalia quella dello scoppio di una nuova guerra civile.
La crisi finale nella lunga questione somala era scoppiata a metà dicembre, quando il parlamento si era rifiutato di appoggiare la decisione del presidente Yussuf di destituire il primo ministro Nur Hassan Hussein, in seguito ad una divergenza di vedute su come attuare tentativi di negoziato con l'opposizione islamista armata. Yusuf era andato avanti lo stesso, nominando un successore, Mohamed Mahamud Guled, che però era stato costretto alle dimissioni dopo pochi giorni. Criticato anche dai Paesi vicini, Yusuf alla fine si è ritrovato politicamente isolato.
E' opinione comune che in qualche modo comunque egli esce di scena a testa alta seppur duramente sconfitto.
Le sue dimissioni, presentate lo scorso 29 dicembre, epilogo di questa triste vicenda, sono purtroppo giunte in un momento difficile per il tfg, impegnato nel tentativo sponsorizzato dalla comunità internazionale, Onu in testa, di raggiungere un accordo di pace con l'opposizione.
Nel frattempo la situazione umanitaria nel Paese è disastrosa, con circa 3,2 milioni di persone che hanno bisogno di aiuti alimentari per sopravvivere, pari al 40 per cento della popolazione. Un bambino su sei con meno di cinque anni soffre di malnutrizione acuta, in particolare nel centro e nel sud della Somalia, ma le precarie condizioni di sicurezza ostacolano l'arrivo degli aiuti umanitari.
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