Colombia. La liberazione degli ostaggi in mano alle Farc
La liberazione dei 15 ostaggi in mano alle Farc, tra cui la franco-colombiana Ingrid Betancourt, compiuta in maniera magistrale dalle forze di sicurezza colombiane, è stata finora seguita da un lungo strascico di polemiche. Da un lato all’altro si sono infittite le accuse e le smentite sui meriti e i demeriti della liberazione. Una cosa è certa, la verità su quanto accaduto lo scorso 2 luglio nella Jungla colombiana difficilmente verrà alla luce e se verrà sarà solo una mezza verità. Il mondo intero, nei momenti immediatamente successivi alla liberazione degli ostaggi delle Farc compiuta dai militari colombiani, aveva ascoltato esterrefatto il resoconto che i vertici militari colombiani fornivano sull’operazione eseguita. Un blitz mostrato come perfetto, compiuto senza sparare un solo colpo ma nei giorni successivi, a questa versione, altre alternative sull'accaduto si erano susseguite senza sosta.
Già poche ore dopo la liberazione dei 15 ostaggi, dalla radio nazionale della Svizzera francese, era arrivata la prima versione alternativa secondo cui attraverso la collaborazione della moglie di Cesar, uno dei carcerieri degli ostaggi, il governo sarebbe riuscito a comprare la loro libertà pagando venti milioni di dollari. Una prima controversione che ha dato poi il via a tutta una serie di altre nuove. Una di queste è stata quella lanciata dal giornalista spagnolo Pascual Serrano, secondo il quale l'esercito colombiano si sarebbe appropriato di un successo dei mediatori internazionali, l'ex console francese a Bogotà, Noël Saenz, e il diplomatico svizzero Jean-Pierre Gontard, autorizzati da Bogotà a trattare con i guerriglieri. I due avrebbero ottenuto la promessa del trasferimento dei prigionieri più significativi in un luogo più salubre per loro. Per attuarlo gli ostaggi sarebbero stati tutti riuniti e tutti nello stesso luogo prima del trasferimento, secondo il giornalista spagnolo, i vertici militari hanno poi approfittato di questa situazione per liberare gli ostaggi. In pratica, secondo questa ipotesi lanciata da Serrano, i militari si sarebbero intromessi nel processo di liberazione conoscendone i piani e abbino poi fatto loro il merito della liberazione degli ostaggi. Secondo alcuni, a dare forza a questa ipotesi ci sarebbe l'accusa che il ministro della Difesa colombiano, Juan Manuel Santos
, ha lanciato a Gontard. Il ministro, in relazione alla possibilità che il diplomatico fosse la fonte che la radio svizzera aveva citato come quella che aveva svelato il pagamento di un riscatto, l’ha attaccato: "Dovrà spiegare perchè appare nelle e-mail del computer sequestrato a Raul Reyes, il numero due delle Farc, ucciso nel corso di un blitz militare colombiano lo scorso marzo, come il corriere di una valigetta contenente 500 mila dollari e consegnata ai guerriglieri in Costarica".
Altre ipotesi sono poi arrivate come quella dei media francesi che hanno poi parlato di un riscatto pagato dal governo di Parigi già nel giugno del 2003, risoltosi però in un nulla di fatto: in quanto i negoziatori si sarebbero appropriati del denaro sparendo nel nulla. Sempre dalla Francia, dal sito di informazione Mediapart, è arrivata un'altra ipotesi: quella che l'accordo per il pagamento del riscatto fosse stato già raggiunto da mesi, attraverso la mediazione di un sacerdote cattolico. A provarlo sarebbe anche lo stato psico-fisico in cui si trovavano i prigionieri al momento della liberazione, ben diverso dalle terribili immagini arrivate nei mesi precedenti dalla selva e lontane dalle preoccupanti notizie sulle condizioni disperate in cui si sarebbe trovata la Betancourt. Un altro aspetto ancora non completamente chiaro è quello del ruolo che forze straniere hanno avuto nell'operazione. Secondo quanto scritto dal Washington Post, nei mesi precedenti una squadra delle forze Usa avrebbe affiancato le truppe colombiane nelle ricerche. Un lavoro sul campo che ha fatto la somma con quello di intelligence condotto nella sede dell'ambasciata dove ha lavorato un'unità speciale, composta da negoziatori, servizi segreti e forze speciali. Gli Usa, attraverso il ‘Plan Colombia’, sono da anni, con oltre quattro miliardi di dollari, i maggiori finanziatori di Bogotà nella lotta al terrorismo e al narcotraffico fornendo anche supporto logistico ed equipaggiamento. Secondo il quotidiano americano, l'ambasciatore Usa in Colombia William R. Brownfield, nei giorni che hanno preceduto il blitz dei militari colombiani, avrebbe illustrato in anteprina l'operazione in videoconferenza al vice presidente Dick Cheney, al segretario di Stato Condoleezza Rice e ad altri responsabili dell'amministrazione Bush. Ad avvalorare questa ipotesi c’è la conferma da parte del Dipartimento di Stato Usa che ha ammesso che Bogotà aveva aveva avvertito Washington dell'imminenza dell'intervento, in cui erano in gioco anche le vite dei tre contractors statunitensi in mano alle Farc dal 2002. Poi c’è un altro fattore che sovrasta questa vicenda ossia che dietro al successo dell'intelligence colombiana sembra ci sia la mano del servizio segreto israeliano. La stessa Betancourt, subito dopo la liberazione, aveva paragonato il blitz a simili operazioni israeliane e la conferma è arrivata dal quotidiano Haaretz. Lo Stato ebraico, secondo la ricostruzione della quotidiano israeliano, ha contribuito all'operazione attraverso l'addestramento di truppe speciali, informazioni di intelligence e fornitura di equipaggiamento militare ad alta tecnologia. Si parla inoltre di dozzine di esperti israeliani coinvolti nell'operazione, ma non direttamente nel blitz.
Comunque sia andata a tenere in ansia la diplomazia internazionale e a far discutere non sono solo le modalità della liberazione ma anche le conseguenze politiche e quelle sul futuro degli ostaggi ancora nelle mani della guerriglia. Indubbiamente, dopo questo successo, il presidente colombiano Uribe sta vivendo nel Paese momenti di massima popolarità e questo potrebbe facilitargli il superamento delle difficoltà interne e il raggiungimento della sua massima aspirazione quella cioè di potersi candidare una terza volta alla presidenza.
Intanto il governo colombiano ha deciso di giocarsi il successo dell'operazione anche a livello internazionale: l'Alto Commissario per la Pace del governo, Juan Carlos Restrepo ha annunciato che Bogotà tratterà direttamente con le Farc e che sta valutando la possibilità di revocare il mandato di mediazione concesso ad alcuni Paesi europei, ritenuti troppo vicini ai terroristi. La stessa accusa l’aveva portato, lo scorso novembre, ad escludere dalle trattative il leader venezuelano Hugo Chavez, sebbene questi fosse riuscito ad ottenere la liberazione di diversi ostaggi tra cui Clara Rojas assistente e amica della Betancourt e del deputato Consuelo Gonzalez. Qualsiasi sia la verità non resta che attendere la ‘risposta’ della guerriglia alle azioni che il governo colombiano sta conducendo. Alcuni giorni prima del blitz, il nuovo leader delle Farc, Alfonso Cano, in un comunicato si diceva pronto ad incontrare rappresentanti del governo per trattare lo scambio di prigionieri. Il documento sarebbe stato consegnato dal leader ai negoziatori Saenz e Gontard nel corso dell’incontro avvenuto il 28 giugno. Indubbiamente la proposta fatta da Cano rappresentava un significativo cambio di rotta da parte delle Farc, però questo era valido in quel momento ora, dopo quanto è accaduto, potrebbe anche non avere più valore. Negli ultimi mesi i guerriglieri marxisti appaiono fortemente indeboliti alla base come al vertice. Le Farc si trovano ad un bivio: cercare una via d'uscita attraverso una trattativa che possa consentire una resa onorevole o provare a mettere a segno alcune azione eclatanti dall'alto valore simbolico prima della fine. Una prospettiva quest’ultima non certo rassicurante per il governo di Bogotà che sulla scia del successo raggiunto punta ad ottenere credito sia a livello nazionale sia internazionale. Forse proprio nella ricerca di scongiurare il peggio, il presidente Uribe ha compiuto un ulteriore passo proponendo alla guerriglia di creare una zona di incontro in cui rappresentanti delle due parti si possano confrontare sotto la supervisione di rappresentanti della comunità internazionale e senza la presenza di uomini armati. Intanto, Uribe ha incontrato il presidente venezuelano Chavez ritrovando un amico ma soprattutto un alleato.
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STOP ALLE VIOLENZE IN SIRIA
Il mondo non può più stare a guardare mentre migliaia di siriani si vedono privati della libertà e della vita.....
DARFUR:NON C'E' PIU' TEMPO DA PERDERE!
IN DARFUR SONO DECINE SE NON CENTINAIA LE PERSONE CHE MUOIONO OGNI MESE...
FAI LORO DEL BENE... AIUTA I RIFUGIATI E I PROFUGHI DEL DARFUR FACENDO UNA DONAZIONE ALL'AGENZIA ONU PER I RIFUGIATI UNHCR CHIAMA LO 0680212304 PER SAPERE COME FARE....
RICORDATI BASTANO 31 EURO PER ACQUISTARE 8 COPERTE, 51 EURO PER UNA TENDA E 200 EURO PER DARE ASSISTENZA MEDICA A 25 FAMIGLIE...
In Darfur dal 2003 ad oggi sono state compiute esecuzioni, anche di massa, stupri, soprattutto di massa, nei confronti di donne, uomini e bambini e interi villaggi sono stati rasi al suolo. Il terrore è stato usato come pratica generalizzata e a sfondo razziale mentre lo stupro è diventato una vera e propria arma da guerra.
Il governo sudanese di Khartoum da parte sua ha bombardato senza sosta i civili, e ha reso sempre più difficili le operazioni di soccorso delle organizzazioni umanitarie nei confronti delle genti del Darfur, fino al punto di far scappare via la maggior parte delle Ong operanti nella regione sudanese e liberarsi così di scomodi testimoni di quanto accadeva in quei luoghi. La stessa tattica è stata seguita prima con i peacekeepers dell'Ua e poi con quelli dell'Onu...
Tutto il mondo è a conoscenza di quanto accade in quella remota regione sudanese e lancia denunce. Da un lato Washington parla di genocidio, dall’altro l'Onu parla di catastrofe umanitaria e di pulizia etnica.
Il tutto però resta nella totale impunità!
Intanto, dal Febbraio 2003 anno in cui è iniziata la ribellione della popolazione di etnia africana del Darfur, circa 6 milioni in maggioranza musulmana e in parte animista, contro il governo sudanese, musulmano ma integralista e soprattutto di etnia araba e bianca, è scoppiato il conflitto che ha causato finora circa 300mila morti e due milioni e mezzo di profughi. Una protesta nata per lo stato di totale abbandono e sfruttamento in cui la popolazione nera era tenuta. La repressione del governo centrale è stata spietata, soprattutto facendo uso dei Janjaweed, i diavoli a cavallo, che sono milizie nomadi di etnia araba che hanno compiuto tutti gli orrori possibili e inimmaginabili contro le genti del Darfur di etnia nera, per lo più contadini e pastori.
La guerra chi puo raccontarla? E' difficile farlo ma tutti possiamo immaginare come sia il sentire l'odore dei morti abbandonati nelle strade o sotto le macerie, il vedere i bambini che muoiono di fame accanto al cadavere della madre, il sentire il lamento dei feriti e lo strazio dei sopravvissuti, di chi si vede impotente e maledice chi gli ha portato via tutto.
Nella Striscia di Gaza siamo ormai quasi alla terza settimana di bombardamenti e inesorabilmente, come non potrebbe essere diversamente con tutta la tecnologia militare del 21° secolo che gli israeliani stanno usando, il numero dei morti tra i civili continuato ad aumentare, mentre l'esercito israeliano bombarda le loro case si moltiplicano tra i palestinesi le scene di disperazione e di dolore causati dagli effetti devastanti della guerra che certamente non sono cambiati nel tempo anzi al contrario.
Il 12 giugno 2010 è caduto il primo anniversario delle contestate elezioni iraniane. Elezioni che decretarono la riconferma a presidente dell’Iran di Mahmud Ahmadinejad. Il Paese ha vissuto le prime ora di questa giornata con una calma carica di tensione che poi, è scoppiata nel pomeriggio intorno alle 16, le 13.30 italiane con i primi scontri tra manifestanti e forze di sicurezza nei pressi dell’Università Sharif di Teheran. Era impensabile che l’opposizione iraniana del movimento riformista dell’Onda Verde si facesse scappare questa occasione per proclamare il proprio dissenso al regime degli Ayatollah. I luoghi delle sanguinose proteste post elettorali di un anno fa si sono quindi di nuovo riempiti di manifestanti. Questo, nonostante l’appello dei leader dell’opposizione, Moussavi e Karroubi, a evitare di scendere in piazza e nonostante che le forze di sicurezza avessero preso posizione in vari punti strategici del centro di Teheran per prevenire manifestazioni. Nonostante le proteste e le accuse di brogli elettorali il contestato presidente Ahmadinejad ha potuto proseguire nel suo mandato, quasi certamente usurpato, grazie all’appoggio dell’ayatollah Ali Khamenei, la Guida Suprema. La lotta continuerà. Viva la Persia! Viva il movimento riformista!?xml:namespace>
Italia. Violenza sessuale è allarme sociale
Dopo i recenti casi di stupri, a Roma, Bologna e Milano non si riesce quasi più a tenere il conto degli episodio di violenza sessuale che, dall'inizio dell'anno, si stanno susseguendo in Italia ad opera principalmente di stranieri. Un orribile reato che si verifica nelle grandi città metropolitane come nei piccoli centri urbani. Emergono dati da brividi dalle informazioni fornite dal Presidente facente funzioni del Tribunale di Como Giuseppe Anzani e dal Procuratore capo Alessandro Maria Lodolini. Ogni 4 giorni in Procura a Como arriva una denuncia per violenza sessuale. I fascicoli aperti tra luglio 2007 e giugno 2008 sono stati 89, tra violenze sessuali e pedofilia. Ma è solo la punta di un iceberg in quanto, il reato, per la quasi totalità è sommerso perché prevale ancora la paura e la vergogna a denunciare la violenza subita. Fino ad oggi la violenza che subivano le donne era soprattutto domestica, ma gli episodi di violenza che hanno visto protagoniste, loro malgrado, delle donne avvenuti negli ultimi giorni, per le strade, propongono una nuova emergenza. Un autorevole testimonianza è portata da Telefono Rosa che da anni conosce il fenomeno ed assiste le vittime. “Ciò che sta avvenendo dall'inizio dell'anno, precisa il presidente Maria Gabriella Carnieri Moscatelli, mi preoccupa. Non so se è solo l'effetto di maggiori denunce ma, dal nostro osservatorio, non era mai stato rilevata una cosa simile”. Gli avvenimenti degli ultimi giorni non fanno altro che conferma un'allarmante costante: in testa alla classifica degli autori di stupri ci sono gli stranieri. Il triste primato vede fra i primi i romeni, seguiti da marocchini e albanesi che sembra abbiano dato il via ad una esecrabile escalation di violenza contro le donne. Assodato che nella stragrande maggioranza dei casi questi episodi sono commessi da stranieri, spesso clandestini, ora si deve dare a tutto questo uno stop. Certezza della pena, custodia cautelare in carcere per chi è accusato di violenza sessuale ed esclusione di attenuanti per chi delinque sotto effetto di alcool e droghe. Tutto ovviamente tenendo conto di due elementi fondamentali: abbattere l'allarme sociale provocato da questo tipo di reati e tutelare la dignità della vittima, che va assicurata anche nel percorso dibattimentale.
Per raggiungere un risultato anzitutto è importante l'introduzione nel ddl sicurezza dell'obbligo del carcere per chi stupra. Forse il decreto 'anti-stupro' sarà pronto per venerdì esso dovrebbe contenere, come annunciato, importanti novità: gli accusati di stupro non potranno beneficiare della libertà condizionale, ci sarà un avvocato a spese dello Stato per le vittime di violenza sessuale, arriveranno nuovi presidi di polizia con relativi stanziamenti, saranno anticipate le norme contenute nel ddl anti-molestie che la Camera ha già approvato. Tra le altre cose, ci dovrebbero essere anche aggravanti se a commettere violenza sono familiari, partner o tutori; un pesante aggravio di pena se la vittima è sotto i 14 anni; uguale trattamento, invece, se la vittima è maggiorenne o appena sotto i 18; ergastolo sicuro, se allo stupro segue la morte della vittima. Mano pesante anche per i complici: nessuna possibilità di godere dei domiciliari neppure per i favoreggiatori.
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La scuola pubblica in Italia con la 'Riforma Gelmini'
Esprimo la mia piena solidarietà con tutti coloro che protestano contro la Legge 133/08 la cosidetta 'Riforma Gelmini'....
Le cifre presentate nel decreto fanno venire i brividi: i tagli previsti dal decreto legge 112, poi convertito nella legge 133/08, e gli ulteriori provvedimenti contenuti nel decreto 137 porteranno, a livello nazionale, ad una riduzione di circa 100mila posti tra il personale docente e di 43mila posti tra quello Ata (ausiliari, tecnici e amministrativi).
Per molti, anche per i non addetti ai lavori, l'effetto provocato dalla legge che in pratica azzererà in poco tempo le faticose conquiste di anni e anni, non solo in termini di posti di lavoro, ma anche di mission- educativa e di didattica, rende il momento dei più cupi e tristi degli ultimi anni. Ai tagli vanno poi sommati, le conseguenze che scaturiranno dalla reintroduzione del maestro unico nelle scuole elementari.
L'Europa chiede più scuola, più sapere e l'Italia che fa?
Il contrario!
Rientrodurre il maestro unico è compiere, di sicuro, un passo indietro di almeno mezzo secolo. Se non addirittura si ritorna al tempo del libro cuore, senza offesa per quel libro mio compagno di tanti pomeriggi.
Perchè tutto questo? Bella domanda!
Molto probabilmente si tenta di mascherare con questa supposta riforma quello che è il vero scopo del provvedimento: incassare o meglio risparmiare in poco meno di 4-5 anni 8miliardi di euro. Questa è la cifra stimata, che dovrebbe restare nelle casse dello stato.
Un risparmio quindi certo ottenuto tagliando centinaia di migliaia di posti di lavoro ma al contempo che produrrà anche un effetto negativo: quello di un drastico ridimensionamento del servizio scolastico pubblico in favore forse di quello privato. Inoltre un'altra diretta conseguenza della L.133/08 sarà la chiusura di decine e decine di plessi scolastici.
Molte scuole, soprattutto nei piccoli centri urbani, non ci saranno più. A scomparire sarà anche un altro degli elementi cardine dell'istruzione primaria italiana: il tempo pieno. Bisogna fare attenzione, chi sostiene che il tempo pieno non sarà toccato dalla riforma o che addirittura aumenterà mente sapendo di farlo.
Rifletteteci un poco e capirete perchè!
Se prima, per ogni 2 classi, c'erano 3 insegnanti d'ora in poi sarà uno per classe, a seguire e istruire dai 20 ai 30 alunni e che svolgerà il suo orario lavorativo settimanale esclusivamente di mattina. Pertanto al pomeriggio non potrà esserci altro che un sorta di dopo-scuola, trasformando il tempo pieno di fatto in un parcheggio pomeridiano per i bambini, che nulla ha da condividere con l'offerta didattica di cui fino ad ieri, prima della 'riforma Gelmini', gli alunni potevano usufruire con il tempo pieno.
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ARRIVERA' PER NATALE UNA 'SOCIAL CARD' AD OLTRE 1MLN DI ITALIANI 'POVERI'
C’è un detto che dice: "meglio poco che niente!".
In questo caso tra il poco e il nulla ci sono così poche differenze che è difficile distinguerli.
La 'social card, almeno per il momento, sembra più l’ennesimo spot varato dal governo che piuttosto un provvedimento serio in grado di aiutare per davvero i più bisognosi.
Nessuno però si è ricordato di dire che ogni spesa effettuata con la 'social card' in automatico sarà data una commissione alla Mastercard che è la società che ha emmesso ed è la proprietà della card.
Bhe! Almeno qualcuno di certo ci guadagnerà da questa iniziativa...
Appare strano che un'iniziativa così benefica abbia comunque dei costi accessori...stranezze tutte italiane!
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Parole....di Abraham Lincoln
Non si può arrivare alla prosperità scoraggiando l'impresa.Non si può rafforzare il deboleindebolendo il più forte.Non si può aiutare chi è piccoloabbattendo chi è grande.Non si può aiutare il poverodistruggendo il ricco.Non si possono aumentare le pagherovinando i datori di lavoro.Non si può progredire serenamentespendendo più del guadagno.Non si può promuovere la fratellanza umanapredicando l'odio di classe.Non si può instaurare la sicurezza socialeadoperando denaro imprestato.Non si può formare carattere e coraggiotogliendo iniziativa e sicurezza.Non si può aiutare continuamentela gente facendo in sua vece quello che potrebbee dovrebbe fare da sola.
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